FIAT PANDA, IL BRUTTO ANATROCCOLO?

Oggi vorrei raccontarvi la storia di un modello che tutti noi conosciamo e che almeno una volta nella vita abbiamo guidato, la Panda. Un'auto che, negli ultimi 40 anni di storia, è riuscita a destreggiarsi tra le avventure quotidiane e la Parigi-Dakar: come ogni supereroe deve saper gestire i propri superpoteri.

Anche voi avete delle avventure vissute a bordo di una Panda?

05 marzo 2021| scritto e pensato dalla mente malata di Baffo | editato e corretto dal pensiero distorto di Gabry

Nella vita di tutti noi ci sono e ci sono sempre state delle certezze, punti fermi che ti danno sicurezza. Tipo la sveglia al mattino oppure le tasse, perché quelle arrivano sempre e comunque, per non parlare delle multe. Per fortuna ci sono anche sicurezze positive, come la Fiat Panda, prodotta ininterrottamente per oltre 40 anni, rinnovata in tutto ma sempre fedele a se stessa. Un'auto semplice, concreta, senza fronzoli e pretese. E’ facile parlare di auto che hanno avuto un passato glorioso per via delle vittorie o per le innovazioni che portavano nel mondo dei motori. Più complicato è parlare dell'auto più normale di tutte, che probabilmente tutti noi abbiamo guidato (e forse guidiamo ancora) almeno una volta nella vita. Un po’ come quando guardi il programma di Bear Grylls e pensi che sia un figo perché riesce a sopravvivere in condizioni al limite, ma nessuno pensa alla vita che deve fare quel disgraziato del cameraman.

Torniamo a noi, vi ricordate il famoso spot pubblicitario che girava in TV e recitava: “Panda, se non ci fosse bisognerebbe inventarla”? Ecco, questo accadde nel 1980, su disegno di Giorgetto Giugiaro e da lì partì la leggenda.

Voglio ora ricordarvi alcune curiosità del primo modello, che forse non tutti sanno, come il divanetto posteriore che aveva ben 7 regolazioni diverse e che, insieme all’abbattimento dei sedili anteriori, creava un vero e proprio letto. Un invito all’amore insomma. Io ho posseduto il Restyling del primo modello, una Panda “Hobby” verde, 1100 fire e ben 55 cv di potenza, sfruttati tutti. Inoltre, avevo installato un impianto stereo con casse talmente grosse e pesanti che ho dovuto rinforzare il pianale. Posso dirlo, era spaziosa abbastanza per qualsiasi tipo di amore potesse venirmi in mente… Fu la mia prima auto e un'estate, insieme a tre amici, ci portò fino in Croazia. Una vera e propria avventura. Eravamo stipati come sottaceti dentro l’abitacolo, attorniati da tutte le valigie e dall'attrezzatura da campeggio. Vietato muoversi, pena la perdita di qualche pezzo per strada. Se a tutto questo aggiungete il fatto che fosse piena estate ed eravamo senza aria condizionata vi lascio immaginare il viaggio. I finestrini erano sempre aperti e ogni tanto anche le portiere. Ad ogni salita scattava l’emergenza: tutti rannicchiati a uovo, deflettori chiusi per ridurre la resistenza all’aria e si sperava di scollinare. Una volta ci si divertiva con poco. Le fermate solo in caso di necessità vera e per risalire a bordo sembrava una partita di tetris. Ad un certo punto del viaggio, dovemmo stare fermi per ben 4 ore sotto il sole pomeridiano a causa di un grosso incidente. Quanti meravigliosi sudati ricordi...

Nel corso dei suoi 40 anni di storia, la Panda ha vissuto mille avventure ed io vorrei raccontarvi la storia probabilmente più folle di tutte: la partecipazione della panda 4x4 alla Parigi-Dakar. Il debutto della Panda 4x4 avviene a 3 anni dal suo debutto, nel 1983. Lo sviluppo del sistema a trazione integrale viene affidato alla Steyr-Puch, azienda austriaca specializzata in integrali, che progetta anche frizione, scatola del cambio, l’albero motore a tre parti, l’assale posteriore con differenziale ed i freni. Il tutto montato sulla scocca della Panda di serie opportunamente rinforzata.

Il motore resta il solito 965 cc, con 48 cv di potenza, sufficienti per un auto che pesa 740 kg. Sicuramente non sono numeri da capogiro, ma il carattere di un auto non va considerato soltanto dai freddi numeri. Il carattere lo si dimostra sul campo! Come si può fare, anzi, dove? Semplice. Nel 1984, Fiat iscrive quattro Panda 4x4 alla Parigi-Dakar. Si avete capito bene. Pronti via, due equipaggi si ritirano dopo pochi chilometri per rotture tecniche. La terza vettura, guidata dal campione tedesco di trial Shuerg, si ritira per l'infortunio del pilota. Un cavo del verricello si ruppe e partí come una frusta colpendo il ginocchio del pilota. Resta quindi in gara un solo equipaggio a bordo della Panda numero 213 guidata dall'italiano Cesare Giraudo. Giraudo non è un pilota “di primo pelo", visto che è stato pilota e ricognitore per la Trekking International, società che organizza la trasmissione Overland in giro per il mondo. Torniamo alla gara. Una sola auto in gara e pezzi di ricambio per tre. Situazione perfetta, a voler essere ottimisti. Ma ci sarà un motivo se la Parigi-Dakar è famosa per essere una delle gare più dure del mondo, no? Infatti, lungo il percorso, la povera Panda resta senza gomme a causa delle infinite forature. Vengono addirittura portati, in aereo, due pneumatici nuovi direttamente dalla concessionaria Fiat più vicina. Purtroppo erano troppo grandi per i cerchi della Panda rimasta in gara… Che fare quindi? Le gomme di misura “maxi” vengono montate sull’assale posteriore, ma presto ci si rende conto che le ruote anteriori affondano come un aratro nel terreno soffice. Male.

ecco i superpoteri della Panda

L'equipaggio prova allora a montarle sull'asse anteriore. Anche in questo caso però non va bene, perchè il differenziale centrale non lavora correttamente, facendo diventare la 4x4 una normale Panda a trazione anteriore. Male di nuovo. Provano a montarle tutte e due su un unico lato ma, così facendo, la Panda rischia il ribaltamento. Nulla. Ultima opzione, una gomma grande davanti e l’altra dietro dalla parte opposta, in diagonale. Risultato? Differenziali sempre al lavoro e la Panda, un po’ sbilenca, in qualche modo riesce a procedere. In Sierra Leone la Panda incontra un altro problemino. La foresta attorno al percorso va a fuoco. Ci si ferma? Figurati, un bel respiro e via, si passa attraverso fiamme e fumo, arrivando a fine tappa con la fiancata bruciacchiata e gli adesivi degli sponsor arricciati. Ma non finisce qui, in Senegal comincia un’altra avventura che consiste in un ponte di legno da attraversare. Nulla di complicato per una leggerissima Panda, se non fosse che il pesante Range Rover che la precede abbia appena fatto crollare una metà del ponte, finendo in acqua. E adesso, si nuota? No, l’equipaggio ingrana la prima e attraversa quello che resta del ponte, con il copilota Paolo Contegiacomo appeso fuori dal finestrino per fare da contrappeso. Incredibilmente funziona e l'equipaggio arriva dall'altra parte, sfruttando la leggerezza della Panda ed il peso del navigatore. Dietro di loro una Citroen Visa decide di tentare lo stesso gioco di prestigio, finendo in acqua. Successivamente, per loro grande sfortuna, si fora l’ennesima gomma alla piccola Panda ma, grazie al cielo, l’equipaggio riesce a raggiungere la concessionaria Fiat di Niamey che in sostanza è un piazzale di sabbia. Va beh, che ci vuole? L'operazione in sé richiede una decina di minuti, non fosse che la gomma montata era sì nuova, ma sgonfia. E quindi? Si chiede la pompa della bicicletta ad un ragazzino del posto e si fa un po’ di attività fisica. Sempre meglio che gonfiarla a bocca. Con quest’ultima follia finisce la Dakar e, nonostante tutto, la Panda superstite arriva in fondo. Anzi no, in realtà le follie non sono finite. La Panda viene data per dispersa dalla direzione gara nonostante sia arrivata al traguardo. Per farla breve, all’ultimo controllo i commissari di gara, stufi di aspettare, sono andati via prima dell’orario stabilito. Probabilmente non conoscevano il detto “chi va piano va sano e va lontano”. C’è voluto un reclamo da parte del Team con l'aiuto dei testimoni per riammettere la Panda in gara, con un onorevole 60° posto finale su 101 equipaggi giunti al traguardo. Se consideriamo che sono partiti in 362, non è stata proprio una passeggiata di salute.

Miki Biasion, Parigi Dakar 2007
Antonio Cabini, Parigi Dakar 2017

Che l’equipaggio della Panda e l’auto stessa fossero speciali era chiaro a tutti fin da subito, in effetti. Appena partiti da Parigi, la Panda n°213 si ferma quasi subito, generando una lunga coda di concorrenti dietro di lei. Tutti a chiedersi cosa fosse successo, pensando ad un guasto. Invece, il pilota si era semplicemente fermato a prendere un panino da un ambulante. Meno male che non aveva bisogno di fare un po’ di spesa…

Se pensate che quella che vi ho appena raccontato sia stata l’unica esperienza di una Panda in una competizione vi sbagliate. Alla Dakar nel 2007 partecipò anche Miki Biasion. Purtroppo per lui e per la sua Panda, non vide il traguardo per colpa di un insabbiamento. Nel 2017 la “Pandakar”, un modello di 3° serie dotata di motore 2,0 Mjtd, raggiunse invece il traguardo guidata da Antonio Cabini.

Carlos Sainz, 1981

Addirittura uno dei più grandi piloti come Carlos Sainz ha iniziato la sua carriera nei Rally proprio a bordo di una Seat Marbella Gr2, la cugina con le nacchere della Fiat Panda, vincendo il Trofeo monomarca nel 1981.

Insomma, ora capisco perché dicono che la 4x4 può andare ovunque. Basta portare le gomme giuste!

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