Alfa Romeo Giulia Ti

- un po' guardia un po' ladra -

Sta cosa che le Alfa Romeo hanno il “cuore sportivo” da dove nasce? Per chi come noi è nato negli anni ‘80, questa definizione è decisamente eccessiva. Per essere chiari: le Alfa su base Fiat non sono all’altezza delle Alfa Romeo purosangue del passato. Almeno fino all’arrivo, nel 2016, della nuova Giulia, salutata come il ritorno della vera “Berlina Sportiva” Alfa Romeo. Ma la sua antenata, la Giulia originale che ha fatto nascere questa definizione, è davvero così speciale? Avete qualche storia di “Cuore Sportivo” da raccontarci? E soprattutto, anche a voi viene voglia di rapina a mano armata quando ne vedete una?

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02 febbraio 2021| scritto e pensato dalla mente malata di M.Carito | editato e corretto dal pensiero distorto di Gabry | Inquadrato, scattato, editato dalla mano mossa di Gabry

Momento sincerità, che tanto qua siamo tra amici: quante volte avete sentito affermazioni tipo: “ehhhh ma le berline Alfa, quelle si che andavano…” oppure “le tedesche ci potevano pulire le scarpe, le Alfa Romeo si che erano auto veramente sportive...”? A noi figli degli anni ‘80 queste affermazioni suonano un po’ così, come dire, annacquate. Ok, conosciamo e apprezziamo le Alfa Romeo del passato, ma la verità è che siamo cresciuti circondati da Alfa a trazione anteriore basate su banalissime auto Fiat, non certo mezzi tecnicamente eccezionali. E’ come quando tuo zio sovrappeso ti racconta: “Eh, ai tempi ero un vero atleta, dovevi vedere che fisico” e mentre lo dice si sta mangiando il quarto cannolo con la ricotta, ha il mento sporco di zucchero a velo e la sedia scricchiola in modo sinistro sotto il suo peso. Insomma, puoi crederci, ma lo fai solo per essere gentile e, nel caso ti mostri qualche foto, non puoi che chiederti come abbia fatto a ridursi così. Stessa domanda che mi sono posto più volte da ragazzino, quando la nuova berlina Alfa Romeo si chiamava 155 e vedevo le immagini di una Giulia GTA. Bella, ma più deludente di quando dai un morso alla brioche al cioccolato e scopri che dentro c’è giusto una pallina marrone, invece che la cascata di crema raffigurata sulla confezione. Per esser sinceri, qua e là Alfa Romeo ha cercato di sparare un colpo per ricordarci cos'è stata in passato, ma fino alla Giulia del 2016 si è trattato di progetti “una tantum” e non di un vero piano industriale.

Quindi, da dove nasce l’espressione “Cuore sportivo”?

I sessanta/settantenni che ci raccontano “delle vere Alfa del passato” hanno ragione o una volta avevano solo droghe migliori delle nostre? Oggi ci troviamo dai nostri spacciatori di classiche italiane, i ragazzi di Garage America. Hanno l’auto giusta per rispondere alle mie domande: un’Alfa Romeo Giulia TI 1600 cc del 1964. Per rendere ancora più interessante la cosa, quella che avremo a disposizione è una delle primissime Giulia costruite, con il cambio al volante e l’omologazione per 6 persone. No, aspetta un'attimo: cambio manuale al volante e 6 posti? Altro che berlina sportiva, qua siamo nel campo “Fiat Ducato da mercataro”. Ok, fermiamoci un attimo, è ora che faccia un po’ mente locale per rinfrescarmi un po’ le idee…

Un po' di storia

Nei primi anni ‘60 l’Alfa Romeo deve sostituire la gloriosa ma ormai obsoleta Giulietta. Nel Giugno del 1962, presso l’Autodromo di Monza, viene presentata la Giulia TI (Turismo Internazionale). Un buon inizio, nome giusto e posto giusto, non c’è che dire. La nuova nata è costruita come una vera “berlina sportiva”: il classico 4 cilindri bialbero Alfa Romeo, tutto in alluminio, viene portato a 1570 cc ed ora sviluppa 92 cv. Lo schema sospensivo prevede un raffinato quadrilatero anteriore e, pur trovando un semplice ponte al posteriore, questa soluzione viene ottimizzata lavorando sugli attacchi delle sospensioni. Il cambio è un 5 rapporti, soluzione che all’epoca era destinata ad auto ben più prestanti. Oh, ha la scatola del differenziale in alluminio, c’è della sostanza. Gli interni prevedono, di serie, una strumentazione molto completa: contagiri, temperatura acqua e olio, tachimetro a nastro. A livello estetico la Giulia abbandona le linee arrotondate della Giulietta per uno schema più spigoloso e deciso. Che ci crediate o no, è la prima Alfa Romeo di serie ad usufruire della galleria del vento, ed infatti, grazie alla coda Kamm e allo studio dei flussi, la Giulia ha un CX (coefficiente di penetrazione aerodinamica) pari a 0,34. Un risultato incredibile, considerando che il muso è piatto come la faccia di un bulldog. Le linee discendenti e spigolose dei passaruota anteriori incorniciano i 4 fari dando all’auto un’aria imbronciata più maschia di Tomas Milian nel film “Er Monnezza”. Insomma, quest’Alfona ha la faccia più da Gaetano che da Giulia, come nome però non suonava bene. Con i suoi 180 km\h di velocità massima, una tenuta di strada ai vertici della categoria ed un aspetto muscoloso, la Giulia non può che essere un successo di vendite. Diventa subito l’auto del maschio-alfa (romeo) per eccellenza e riesce anche in un’altra impresa, unisce due mondi uguali e contrapposti: Forze dell’Ordine (che la impiegano come auto di servizio) e delinquenti (che la preferiscono per le sue prestazioni). In sostanza, gli inseguimenti negli anni ‘60 e ‘70 sono competizioni monomarca tra Alfa Romeo Giulia. Personalmente sono grato a questo modello perché, su questa ottima base, l’Alfa Romeo sviluppa l’eccezionale Giulia GT di cui sono profondamente innamorato e di cui vi ho già raccontato in questo articolo su Ruggine.

Impressioni a ruote ferme

Ora che ho ripassato la storia, guardo la Giulia che mi posa davanti con altri occhi. Il bianco pastello di questo esemplare esalta l’enorme quantità di nervature presenti sulla carrozzeria. Da lontano sembra disegnata con la squadretta ma, avvicinandomi, noto che l’auto non ha un solo spigolo vivo. Tutte le forme sono raccordate in modo morbido. Il posteriore ha un accenno di coda Kamm come le auto da corsa dell’epoca e lo scarico singolo esce obliquo, tipicamente Alfa Romeo. Ma è il frontale che caratterizza tutta l’auto: solo a guardarlo viene voglia di rapina a mano armata, con tanto di inseguimento e pantaloni a zampa d’elefante, tanto è maschio. Bella forse no, ma ha una personalità borderline che mi piace molto. Pino, uno dei proprietari di Garage America, guarda la sua creatura con gli occhi dell’amore. “Quanto mi piacciono le Alfa...Hai visto la Giulietta appena arrivata?

Si, Pino, ma quando ce la fai provare?

Apro la portiera squadrata e mi siedo dentro l'abitacolo. Come ho già detto, quella di oggi è una delle prime prodotte e la leva del cambio spunta dal piantone dello sterzo, sulla destra, come un enorme devio luci in acciaio. Questa caratteristica permette, al posto dei classici due sedili anteriori, una panchetta unica. Lo schienale è sdoppiato 50/50, reclinabile ed è omologato per tre posti. Guardo alla mia destra. Chi aveva la fortuna di sedersi nel “posto di mezzo” aveva anche, tra le gambe, la gobba della campana del cambio. Omologata per 5 posti ed un nano, facciamo così. Anzi, considerando la dimensione dell’abitacolo, un nano e 5 sardi (non me ne vogliano). La strumentazione non è per nulla Alfa Romeo, almeno per quelle che sono le mie precedenti esperienze: nessuna strumentazione tonda, nessuna impostazione “da cuore sportivo”. Dai, il tachimetro a nastro sembra la regolazione delle frequenze radio Am/Fm dei vecchi stereo. Non è vero, uno strumento tondo c’è, è il piccolo contagiri tutto a sinistra. Non so bene cosa misuri: non c’è nessuna indicazione numerica, ma c’è una zona rossa. No aspetta. Ma davvero questa Giulia ha meno di 13.000km? Pino mi guarda e conferma. “Sì, è stata abbandonata per decenni, all’aperto. L’abbiamo rifatta tutta da cima a fondo…” Ha meno chilometri delle scarpe che indosso. Mentre Pino mi mostra il funzionamento del cambio io annuisco, ma sono un po’ distratto dal borbottio del bialbero.

Saluto, tolgo il freno a mano appena sotto la leva del cambio che somiglia più ad un bastone da passeggio e parto.

Su strada

La prima impressione è di un’auto veramente vecchio stile. Non ho mai usato il cambio al volante (ok, a dire il vero si, un DSG, ma non è lo stesso) ma devo dire che non è difficile da manovrare. Lo schema delle marce è uguale al comando classico a cui siamo tutti abituati e la posizione stessa dei rapporti è ben definita. Pensavo fosse facile sbagliare il rapporto, invece no, nessun problema. Il volante vibra molto, è leggero, non molto diretto e la corona è talmente sottile che si flette sotto le mie mani. Anche lui, alla vista, non è per nulla “sportivo”, con l’anello interno semicircolare in acciaio che funge da clacson e mi ricorda quello di un’auto americana coeva. E’ un po’ barocca e non diretta e grezza come si conviene alle auto “da guida”, non so se mi spiego. Il comando della frizione è leggero, mentre quello del freno sembra avere una corsa cortissima e poca forza frenante. Ecco un’altra cosa non proprio sportiva su una Giulia primissima serie: è equipaggiata con freni a tamburo sulle quattro ruote e questi sì che sono di un’altra epoca. I pedali di frizione e freno sono incernierati sul pavimento e, per essere azionati, mi obbligano a sollevare il piede e spingere quasi verso il basso, come se stessi gonfiando un canotto in spiaggia. Insomma, è tutto molto particolare. Tempo di prenderci un pò “il piede” e posteggio l’auto per la sessione di foto. “Ok Marco, girala al contrario, con il posteriore verso di me…”. No problem. Entro, accendo, provo a mettere la retro. Nulla, non entra. Riprovo, ma nulla. Forse dovevo ascoltare meglio Pino...Tenta Gabri, nulla. Entra Baffo, frizione giù e la retro entra al primo colpo, anche se all’apparenza non sembra aver fatto nulla di diverso da noi. Ma va bene così, esultiamo come se avesse appena segnato al ‘90 nel derby.

Ultime foto e poi è ora di guidare ancora un po’. La panchetta alla vista è liscia è morbida come un divano ma appena ci si siede nasconde forme sagomate in cui incastrare il sedere. Sembra un po' strano ma funziona e, grazie anche al tessuto che riveste tutto, si scivola meno di quanto pensassi.

Continuo a non essere pienamente convinto della definizione “berlina sportiva”. Per fortuna che c’è quel bialbero là davanti. Suona roco, pieno, scoppietta a caldo ed è felice se lo porto agli alti regimi. Almeno credo, il contagiri come detto è solo una freccia che sale ma non indica nessuna cifra, quindi diciamo che il bialbero è felice di stare vicino alla zona rossa. Per gli standard moderni non è veloce, ma imprime alla signora un certo piglio arrembante. Ci troviamo su un tratto di strada di campagna con curve a vista, perfetta per una storica, ed il mio piano è di farla avanti e indietro aumentando il ritmo, giusto per sentire cosa ha da dirmi la Giulia. Arrivo in fondo al primo “giro” ed è ora di tornare indietro. Quindi freno, accosto e cerco di mettere la retro. Nulla, non entra. Cosa mi diceva Pino? E Baffo? “Metti la prima e poi la retro”…nulla. Dopo aver ripetuto il tutto 239 volte Gabri si avvicina, appoggia le mani sul cofano anteriore e mi spinge indietro. Con le palestre chiuse fa anche comodo, vero Ga? Ora sono finalmente girato nel verso giusto, parto ed aumento l’andatura. Ooooooh, finalmente viene fuori un altro lato da “berlina sportiva”.

Sulla Giulia l’inserimento “morbido” in curva, tipico delle auto d’epoca, è decisamente limitato ed è dovuto più alla spalla generosa delle gomme che alla cedevolezza delle sospensioni. Il rollio c’è, ma è contenuto e permette al telaio di trovare rapidamente un appoggio solido. Stiamo parlando di un’auto progettata nei primi anni ‘60, ed effettivamente è un comportamento stradale decisamente sportivo.

Bravo Gaetan...ehm, volevo dire Giulia, brava Giulia, un punto per te.

Lo sterzo si sta rivelando meno preciso di quanto mi sarei aspettato. Continuo a correggere la traiettoria dell’Alfa, con lo sterzo che ora vibra con decisione. Qualche grado qua, qualche grado là, nel tentativo di indirizzare le ruote dove voglio. Per quanta “mano” uno possa prenderci, la posizione della leva del cambio spezza il ritmo di guida. Non che abbia problemi di funzionamento una volta capito il ritmo. La cambiata non si effettua in un movimento unico, ma in tre step definiti. Tipo: 2° marcia - punto centrale (dove c’è la folle) - 3° marcia. Se gli si dà il tempo di fare questo passaggio intermedio, senza fretta, tutto fila liscio. Ma, siamo sinceri, ovviamente non è propriamente un comando sportivo. Ma questo lo sapeva benissimo anche l’Alfa Romeo, che infatti ha spostato definitivamente il cambio nella posizione più consona, tra i sedili, un paio d'anni dopo il lancio della Giulia. La frenata mi costa un paio di capelli bianchi in più e, anche qua, l’Alfa Romeo corre ai ripari sulle versioni successive passando ad un sistema a 4 dischi. Arrivo allegro ad una S, pesto un pochino sui freni, nulla, pesto di più, capello bianco e premo come se volessi spegnere un incendio col piede. L’auto frena ma scarta con forza a destra. Correggo con il volante, ma mi accorgo che, anche mollando i freni, l’auto continua a rallentare. Almeno uno dei tamburi è rimasto leggermente frenato, “pompo” un paio di volte sul pedale centrale e finalmente si sbloccano, con la Giulia che riprende velocità con l’allegria di prima. Ok, per oggi facciamo che va bene così.

Non me ne vogliano i puristi, per me la primissima serie di questa Giulia è decisamente troppo “primissima serie”.

Ok, partiamo dai lati positivi: il motore ha davvero tanto carattere e la Giulia si inserisce in curva con un entusiasmo invidiabile. Si capisce che queste aree sono all’avanguardia, che c’è della tecnica, c’è precisione meccanica e c’è qualità progettuale. Tuttavia questa prima serie ha dei difetti davvero importanti. Passi la panchetta a prova di digestione post-cena al messicano, ma la posizione del cambio ed i freni da carrozza medioevale non sono all’altezza della definizione “berlina sportiva” nemmeno per l’epoca. E’ anche vero che questi difetti sono stati corretti appena Alfa Romeo ne ha avuto possibilità. Anzi, per la verità, l’Alfa ha trasformato questi difetti in punti di forza, spostando l’ottimo 5 marce al posto giusto e montando 4 freni a disco. Ecco, vorrei confermare le mie impressioni guidando una di queste Giulia corrette e riviste. Che so, una Giulia TI Super, con il motore da 102 cv, i quattro freni a disco e l’ottimo 5 marce messo lì dove deve stare. Così sì, potrebbe essere una degna “Berlina Sportiva”.

Riportiamo la Giulia dai ragazzi di Garage America sana e salva. Andrea, il fratello di Pino, mi mostra una cosa interessante. In fondo alla leva del cambio c’è un piccolo pomello nero che si tira verso l’esterno. Come una penna a scatto, più o meno. In questo modo la retro entra senza problemi, liscia come l’olio. Si, stamattina dovevo ascoltare meglio Pino.


Ma vuoi mettere che gambe muscolose ti vengono nel modo Ruggine?

Un grazie, come sempre, ai ragazzi di Garage America. Sembra di stare in famiglia, una famiglia piena di auto spettacolari. Se vi dovesse interessare, la Giulia del servizio è in vendita. Se ne trovate un’altra con 13.000 km originali vi offriamo una birra.

Se avete un'auto storica da sistemare o mettere a punto, questi sono i loro contatti:

Garage America, Via San Francesco al Campo 119, Leinì.

Sito Web | Tel. 011-9974876 | Mail: garage.america@libero.it

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