Porsche 911 930 3,2 lt
- memorabile memorabilia -
”...mi sento un po’ come un direttore d’orchestra: per far funzionare la 911 bisogna chiamare in causa avantreno e retrotreno al momento giusto, con particolare attenzione al ritmo ed al “tono” della strada. Quando si riescono a dare le giuste direttive, la Porsche funziona in modo delizioso, risultando leggera ma al tempo stesso aderente e stabile. E amen se non sono veloce come una moderna compatta sportiva: stiamo parlando di una signora di quasi 40 anni, quindi non facciamo paragoni stupidi, qua si sta parlando di altro. Si parla di momenti, di pelle d’oca e di quanto guidarla mi faccia sentire più figo e speciale…”
La Porsche 911 3,2 lt. segna il nostro esordio nel mondo delle 911 “vere”, di quelle da occhi lucidi per gli appassionati. Raffreddamento ad aria, disposizione dei pesi sbagliata e zero controlli, tranne la tua capacità di capire ed adattarti. Detto così è difficile capire il perchè molti le adorino, vero?
Siamo appoggiati alla Punto che ci godiamo, finalmente, un po’ di sole primaverile quando sentiamo in lontananza un ringhio in rapido avvicinamento.
“Secondo me è lui…”
Abbiamo dato appuntamento a Marcello, il proprietario della Porsche 911 3,2 lt. classe 1984 protagonista del test di oggi, all'inizio di uno degli “stage” di guida preferiti da Ruggine Magazine. E’ una 911 con le radici saldamente piantate nella tradizione più pura di Stoccarda: raffreddamento ad aria, nessun controllo di stabilità, disposizione dei pesi il più “sbagliata” possibile e 231cv sparati fuori da un 3164 cc che, lui sì, nasconde una innovazione, cioè il passaggio all’iniezione elettronica.
“Secondo me questa è una moto…”
Mi avvicino al ciglio della strada: siamo in cima ad una serie di tornanti e tra gli alberi si intravede chi arriva che compare e scompare tra le pieghe del percorso.
“No no, è proprio lui”
Nella piena luce del mattino sbuca una forma che può essere solo quella di una 911, un numero che conosco sin dai tempi in cui attraversavo la strada dando la mano a mia madre. L’aria è piena di un suono unico e particolare: è come sentire il brontolio di un tuono lontano, una BMW GS e una betoniera piena di bulloni mischiato insieme, con una prevalenza di uno o l’altro tono al variare dei giri. La Carrera esce dall’ultimo tornante acquattata sui Fuchs neri e si accosta vicino a noi, tremando leggermente al minimo ed emettendo un suono gutturale ed irregolare.
Wow, voto diesci all’entrata.
Impressioni a ruote ferme
Le 911 dividono un po’ gli appassionati, in particolare quelle classiche. C’è chi le adora e c’è chi le reputa un po’ tutte troppo simili tra loro, due posizioni apparentemente in antitesi ma che hanno molto in comune: in linea con la tradizione tedesca, che da sempre preferisce le evoluzioni alle rivoluzioni, la 911 è sempre se stessa, pur attraversando la bellezza di sette decenni. Personalmente le 911 mi hanno sempre affascinato molto, ma da buon boomer devo anche ammettere che alcune delle ultime 911 mi hanno lasciato piuttosto indifferente: la 992 Carrera Cabrio (qua trovi la nostra prova completa), ad esempio. Ma oggi non c’è spazio per le riflessioni profonde: se potessi tenere più aperti gli occhi per godermi ancora di più la 930, senza sembrare pronto per un’iniezione di calmanti, lo farei. La 3,2 lt. di Marcello è strepitosa.
Primo, non è un esemplare perfetto, perché la carrozzeria bianca porta i segni classici di una vita interessante e piena di divertimento e questo ne aumenta a dismisura, ai miei occhi, fascino e aspettative. Vi racconto subito la cosa che non mi fa impazzire, via il dente via il dolore: questo esemplare ha il "Turbo Look”, un optional dell’epoca che prevedeva fiancate allargate in stile 930 Turbo, gommatura più generosa, paraurti diversi e freni prestazionali. Ecco, le fiancate più generose, lo dico sottovoce, non mi fanno impazzire. Intendiamoci, è impressionante, ma ho sempre amato le 911 con le carrozzerie strette, in particolare se non c’è un grosso turbo (o due…) a soffiare nel boxer. C’è però da premettere che la serie “930” è quella che ha dato i natali al mito 911 Turbo, quindi immagino che negli anni ‘80 fosse un vero must avere l’estetica della sorella creatrice di vedove per eccellenza. Le 911 classiche, viste da vicino, colpiscono sempre per le loro piccole dimensioni, esili e delicate. Prendete i montanti anteriori: sono sottili come le gambe di uno sgabello da bar. Il frontale, tra le due celebri “gobbe” dei fari anteriori perfettamente circolari, è piatto e così basso che mi stupirei se tra il logo Porsche e l’asfalto ci fossero più di 30 centimetri. Il famoso posteriore, poi, “picchia” verso il basso con un’inclinazione che mi lascia senza parole, tipo rampa da skateboard. Sembra disegnata da un bambino, da una mano priva di parametri logici o di razionalità e proprio per questo meravigliosamente dedicata a chi vede nell’auto qualcosa di viscerale. Anche grazie all’assetto sportivo di questo esemplare, il gruppo ruota è uno spettacolo per i fanatici del Motorsport vecchia scuola. I famosissimi cerchi in lega Fuchs, con la parte centrale verniciata di nero ed il canale lucidato, montano gomme dalla spalla generosa che sembra riempire fino all’ultimo centimetro il passaruota: mi ricorda quando, da piccolo, montavo gomme più grandi sui modellini BBurago, incollandole spesso direttamente al passaruota. Altro che distanziali ed ET, “Super Attack” e si va a dominare la mensola. Non c’è nulla da fare: questa 911 è una meraviglia: bella, cattiva e stilosa nello stesso momento.
L’esemplare di Marcello ha gli specchietti della serie 964 successiva, più arrotondati e moderni. Devo dire che le stanno benissimo. La scritta “Porsche” sul fascione catarifrangente posteriore, altro classico che non tramonta mai, non riesce a distrarmi dal singolo terminale dello scarico artigianale che sbuca obliquo dal paraurti posteriore, brutale e funzionale come una grondaia ma sonoro come un sax. Più la guardo e più noto dettagli di “vita vissuta” che mi fanno impazzire: ad esempio, la placchetta “Nurburgring” giallo e verde, avvitata sulla griglia posteriore, sembra avere la stessa età dell’auto e rimanda immediatamente a gesta eroiche, sudore e donne con i reggiseni a baionetta. Anche le scritte laterali, che su qualunque altra auto sarebbero pacchiane e ridondanti, qua aggiungono dramma al dramma, così come la piccola indicazione gialla, proprio sopra il foro del fendinebbia anteriore sinistro, che indica il punto di traino in caso uscita di pista. Penso di averlo già detto ma come si suol dire "Repetita Juve”, o una cosa del genere: adoro questi dettagli racinghe.
Quando poi apro la portiera, eccomi avvolto dal classico abitacolo 911, che calza come quel vecchio pantalone che hai nell’armadio dalle superiori ma ti rifiuti di buttare via. Anche qua partiamo da un dettaglio, che in questo caso mi fa venire la pelle d’oca dalla goduria: il volante a calice montato su questo esemplare è… troppo, in senso positivo. Tre razze nere e forate, corona rivestita di alcantara: è incredibile come un oggetto così semplice possa mettermi così tanto di buon umore. Quei montanti così sottili, visti da dentro l’abitacolo, hanno un grande vantaggio: attraverso il curvo parabrezza la vista è eccezionale e priva di interruzioni, una sorta di super schermo avvolgente ad altissima risoluzione. Il sedile, inaspettatamente a regolazione elettrica, non scende quanto vorrei e quindi il volante mi resta un po’ troppo tra le gambe. La semplice disposizione della strumentazione, invece, è sempre lei, chiara e semplice come nelle vetture da corsa. Provo, da fermo, la corsa della frizione e decido così di avvicinare ancora un po’ il sedile: il pedale disegna un arco talmente lungo da non riuscire a compierlo fino in fondo, a meno di sacrificare un po’ di distanza dal volante. Quindi, braccia piegate e gambe distese, eccoci. Sguardo alla James Dean (la cosa bella di scrivere gli articoli è che posso mentire spudoratamente…), giro l’esile chiave di avviamento, a sinistra del piantone, e il flat-six si mette in moto con un ruggito tutto scoppiettii e vibrazioni, in stile partenza della Le Mans del 1975. Diesci anche alla location.
Su strada
Su questo stesso percorso ho guidato diverse 911, dalla strepitosa 991.2 GT3 RS (Qua trovi la prova completa) alla 993 Carrera 2 (Qua trovi la prova completa) e ritrovo fin dal primo metro il classico family feeling 911: come in Porsche riescano a replicare la vibrazione sul volante tipica di questo modello generazione dopo generazione, è un vero mistero. Ci dev’essere una specie di team che studia queste cose, facendo infinite riunioni su carichi, vibrazioni e pesi. Partendo da qualcosa che già conosco, richiamo alla memoria l’esperienza con la 993, considerata l’ultima delle 911 “classiche”. Lei mi aveva intimorito fin dall’inizio: a seconda di come intervenissi sui comandi, sembrava davvero sul punto di non curvare o di partire con il posteriore, ma l’antenata non sembra così scorbutica. Le carreggiate allargate, la gommatura generosa e l’assetto rivisto trasmettono una sensazione di aderenza meccanica molto più sicura e rocciosa. Questo crea una base di fiducia solida da cui partire per costruire il rapporto uomo-macchina. Tipo quando una torta ha la base di biscotto e la puoi maneggiare con sicurezza, senza paura di lanciarla sul vestito buono. Tornando alla 3,2 lt, prima di tutto, c’è da prendere confidenza con il comando del cambio. Come detto prima, questo esemplare è del 1984 e quindi monta ancora la scatola del cambio “Tipo 915”, che viene dritta dritta dagli anni ‘60, esattamente come suggeriscono la corsa lunghissima e la mancanza di precisione della leva. Dal 1987 in poi fu installata la scatola “G50”, più in linea con la qualità generale dell’auto. Non che questo sia un comando disastroso, anzi, ma è chiaro come il sole che per tutto il test dovrò porre molta attenzione alle cambiate. La lunga corsa della frizione non aiuta, perché bisogna far fare un arco lunghissimo al pedale prima che questa agisca, allungando ancora di più i tempi: cambiare rapporto è un’operazione macchinosa, ma devo dire che con molta calma, per adesso, tutto funziona. Lo sterzo, decisamente pesante a bassa velocità, si risveglia appena superati i 50 km\h diventando deliziosamente comunicativo e diretto mentre il pedale del freno è tarato, come da tradizione 911, come uno strumento di precisione. E’ pesante, duro da premere, ma una volta che si supera il piccolo shock iniziale ci si rende conto della progressività stupefacente, cosa che, conoscendo un pochino lo stile di guida delle auto di Stoccarda, è fondamentale se si cerca di far funzionare il pacchetto. L’assetto, per quanto basso e “hardcore” alla vista, sembra incredibilmente docile: assorbe le buche più grandi e ignora quelle più piccole anche se obbliga a continui piccoli aggiustamenti con il volante per impedire che il muso della 3,2 lt si faccia distrarre troppo dai cambi di pendenza. All’inizio ci si sente come bombardati da troppe informazioni, ma come per il cambio bisogna darsi tempo per metabolizzare e capire quali di questi input possono essere lasciati da parte e quali invece sono fondamentali per aumentare il ritmo.
E’ incredibile, ma la sento dalla mia parte, molto più della 993, tecnicamente molto più evoluta. Come può essere? I casi sono due: o l’esperienza a bordo delle 911 più disparate mi ha reso meno sensibile ai suoi difetti, o il giudizio è distorto dall’aria da eroina del Motorsport che “lei” si porta dietro e che mi ha fatto invaghire dal primo momento. Si, insomma, come quando le mamme vi dicono “guarda che bello mio figlio” mostrandovi una foto di una cernia che gioca a pallone, avete presente? Sia come sia, qua dentro ci sto benissimo, da subito. Sono solo così gasato dal suono del motore e da tutto il resto che non resisto più: mi sistemo meglio sul morbido sedile, rilasso le spalle e in 2° marcia porto l’acceleratore al tappeto. Oltre quota 5000 giri\minuto vengo colpito dall’effetto “stereo” della spinta, che cresce di uno step in stile Honda "VTEC": da quel momento in poi, il suono si incattivisce e la 911 balza in avanti, dimostrando una volta di più che i cavalli degli anni che furono valgono, a culometro, almeno il 50% in più di quelli moderni. Parlo di effetto ”stereo” perchè in verità tutto il corpo viene bombardato dall’azione del motore: le vibrazioni verticali a onda lunga e la leggerezza della corona del volante ti fanno capire che il carico si sta spostando verso il retro, mentre le tue orecchie vengono invase da note sempre più aspre e puramente racing provenienti dal 6 cilindri, che sinceramente dà l’impressione di non avere nulla da invidiare al più potente motore della 993. A circa 6500 giri\minuto cambio rapporto, prendendo ovviamente prima un bel respiro e spingendo la frizione fino in fondo, mentre muovo in avanti con calma il tondo pomello. La pausa nella spinta dovuta alla luuuunga cambiata, se possibile, rende ancora più “epico” il ritorno alla ripresa. Curva sinistra in salita, freno ma arrivo “corto” al punto di inserimento. Cavolo. C’è davvero da prenderci la mano (il piede…) con il pedale centrale, perché il fatto di sapere che dovrai “pestare” con una certa forza inizialmente ti rende un po’ precipitoso e insicuro. Nonostante questo errore la 911 si inserisce in curva, anche se con una certa indolenza e più rotazione del volante, tanto per farmi notare l’errore. Per la verità a centro curva lo sterzo diventa quasi troppo pesante, obbligandomi a usare la schiena per mantenere l’angolo, probabilmente è colpa di una scatola sterzo non perfetta. Arrivo ad una “S” leggermente in ombra con l’obiettivo di fare molto meglio di prima con la frenata e di caricare come si deve l’anteriore, come da manuale “Guida una 911 classica in 129.268 semplici passi”. Attendo un attimo in più rispetto a quanto farei di solito, appoggio il piede sul pedale centrale e premo con forza, modulando poi il rilascio man mano che il punto di corda si avvicina. Ci siamo, la 911 richiede metà della sterzata di prima e tutta la struttura sembra ruotare su se stessa, esattamente ciò che ti aspetti da una vettura che pesa solo 1160 kg e ha pneumatici grossi e aderenti. In frenata la grande massa posteriore sembra “spalmarsi” sul pianale, arrivando infine a premere le ruote anteriori a terra. Per la verità avvertire così tanto carico davanti in frenata porta ad avere fin troppa cautela in uscita, fin quando non ricordo a me stesso di trovarmi su una 911 e che quella disposizione dei pesi acquista un senso proprio in questo momento. Con questo concetto bene in mente spalanco il gas all’uscita da una curva destra da seconda marcia. La Carrera si acquatta come un cane un attimo prima che gli lanci la pallina e ci spara fuori senza nessun problema, scaricando a terra tutti i cavalli con una specie di effetto giroscopico che mi fa chiudere la traiettoria ancora meglio. Questo effetto, all’inizio, mi illude che stia per sovrasterzare di potenza, ma non è così: caro Marco, è semplicemente una 911 che fa la 911.
I rapporti del cambio sono un po’ troppo lunghi e oltre la 3° marcia la spinta è un po’ mortificata, così inserisco la 4° e poi la 5° tanto per prendermi un po’ di pausa dal 6 cilindri, così da riflettere su quanto appena accaduto. Continua a venirmi in mente la parola “stereo”. So di averla già usata, scusatemi, ma non trovo nulla di più chiarificatore. Rivivo ciò che ho fatto un attimo fa. Freno forte in entrata, modulo il pedale, lo sterzo si appesantisce e diventa più solido appena la direzionalità sale di livello, zero sottosterzo, “tolgo” un po’ di sterzo nel momento in cui passo dal freno all’acceleratore, che porto subito a fondo corsa. Il volante adesso si alleggerisce ed inizia a tremare man mano che l’avantreno perde carico, correggo un po’ con lo sterzo, mentre le grosse ruote posteriori sembrano scavare l’asfalto per tirane fuori trazione e traiettoria, ed eccoci di nuovo in zona “over 5000”, con le orecchie che si godono il ruggito del motore e il mio sorriso che si allarga a dismisura. Sembra di fare qualcosa di eroico, ma un angolino del mio cervello, quello più noioso, mi dice che non stiamo andando poi così forte, anzi. Lo zittisco, perché mi sento un po’ come un direttore d’orchestra: per far funzionare la 911 bisogna chiamare in causa avantreno e retrotreno al momento giusto, con particolare attenzione al ritmo ed al “tono” della strada. Quando si riescono a dare le giuste direttive, la Porsche funziona in modo delizioso, riuscendo ad essere leggera ed al tempo stesso aderente, stabile. Ho ripetuti brividi di piacere e amen se, palesemente, non sono veloce come su una moderna compatta sportiva: stiamo parlando di una signora di quasi 40 anni, quindi non facciamo paragoni stupidi, qua si sta parlando d’altro. Si parla di momenti, di pelle d’oca e di quanto guidarla mi faccia sentire un guidatore fortunato, figo e, quando la faccio funzionare a dovere, bravo e speciale. Le 911 sono auto che necessitano di un processo di apprendimento, processo che passa obbligatoriamente dal venire a patti con le idiosincrasie (maestra Emma, questa la dedico a te!) di questo modello, sfruttando i suoi congeniti difetti per creare un unico movimento fluido. Quando ci riesco, si capisce che dietro tutti quei “difetti” c’è un equilibrio unico che, incredibilmente funziona eccome. Vorrei guidarla ancora e ancora, imparando e applicando, e quando lo dico a Marcello lui trova le parole giuste per descriverla: “Non è una da una scop@ta e via…”.
Ecco, non avrei saputo dirlo meglio. Mentre ragiono su tutto questo, il ritmo è di nuovo aumentato e, in quella sorta di euforia che ci prende quando sentiamo di stare guidando sul serio, mi sto lasciando andare di più ma, al tempo stesso, è come se vedessi le cose leggermente rallentate. Doppia curva sinistra in discesa, lascio scivolare l’avantreno nella prima parte per poi disegnare un’unica morbida traiettoria con i freni e lo sterzo. Torno sul gas prima del secondo punto di corda ed eccoci, ci siamo, la trazione a prova di bomba dimostrata fino a questo momento “sfuma” leggermente. Non parlo di perdita di aderenza, ma di una diminuzione perfettamente percepibile e misurabile in millimetri, tanto è il livello di dettaglio che la 911 sta trasmettendo al mio cervello. Diminuisco l’angolo di sterzo mentre il volante inizia a vibrare e posso sentire il posteriore mettersi in punta di piedi e scivolare impercettibilmente. E’ solo un attimo, ma è così chiaro che Marcello, una volta che ho riportato tutto sotto controllo alleggerendo un po’ il gas e contro sterzando un filo, esclama: “c’eri eh…da là in poi se tieni il piede a fondo lei parte…”. Ci ripenso: è impressionante che in quell’esatto momento la 911 appariva ancora più agile, veloce e per nulla “sorpresa”, come se fosse finalmente dove voleva essere sin dall’inizio, cioè appena oltre il limite di tenuta del posteriore. Che roba. Non sento il bisogno di prendermi altri rischi, anche perché anch'io sono esattamente dove volevo arrivare prima di questo test: dare una sbirciatina alla dinamica eroica di questa splendida vettura. Vettura “sbagliata”, ok, ma allora perché in questo momento sembra così giusta?
Considerazioni finali
La 3,2 lt. ti pone una domanda: vuoi scendere piagnucolando o vuoi guidare? Scegliete la seconda opzione e vi troverete al centro di una esperienza fatta di meccanica, fisica e psicologia, nell’esatto momento in cui dovrete affrontare i comandi stupendamente tattili, cercare di generare le forze, le inerzie necessarie e trovare in voi la calma e la concentrazione per fare tutto al meglio. Verrete ripagati con gli interessi, fidatevi. Un’auto di 40 anni che, tecnicamente, vista da una certa prospettiva ne dimostra forse anche qualcuno in più, può essere quindi memorabile e affilata come le vetture moderne? Sì, ci potete scommettere. E non importa se una berlina diesel dei nostri giorni riuscirà a starvi dietro su una strada impegnativa, non è questo il punto. Lui arriverà annoiato dal percorso, mentre voi sarete felici e in pace con il mondo. E, ricordate, solo le auto memorabili sanno trasformare un semplice trasferimento in un viaggio.
Adesso scusatemi, devo controllare gli orari della banca per quella cosuccia della rapina…
Marcello, grazie mille di tutto.
Ti invidio!
Ti è piaciuto l'articolo?
Supportaci cliccando sul pulsante qua sotto!
Ruggine Magazine è gratis. Se ti piace quello che facciamo e vuoi aiutarci a migliorare, puoi farlo cliccando sul pulsante.