fiat uno turbo i.e. racing

- la regina delle periferie -

“...Facciamola breve: il 4 cilindri utilizza il basamento e la testa opportunamente modificati di una Lancia Prisma 1,5 lt. (giuro), ed è cresciuto fino a 1,6 lt. Pistoni stampati, bielle in acciaio, camme, linea di scarico da 70 mm in acciaio, c’è tutto quello che si può desiderare. Tutto questo, aiutato ovviamente da una turbina Garrett GTX 2267 gen2, produce 290 cv. Esatto, 290 cv. Già di suo un bel dato, ma è dopo aver chiesto quanto pesa una di queste bare che questo numero diventa assurdo: 845 kg. Vi risparmio il calcolo mentale, fa 2,9 Kg\cv e vi risparmio anche la curiosità: è lo stesso rapporto peso-potenza di una Aston Martin Vantage e migliore di quello di una Jaguar F-Type V8…”

Ci sono poche auto che ci hanno regalato leggende e dicerie come la Fiat Uno Turbo Racing. Ancora oggi fa girare le teste dei più grandi e sorprende i più piccoli. E’ giunto il momento di capire com’è guidare una di queste auto e, tanto per non farci mancare nulla, ne abbiamo scelta una che sarebbe stata la regina del quartiere nel 1993…

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26 aprile 2022| scritto e pensato dalla mente malata di M.Carito | editato e corretto dal pensiero distorto di Gabry | Inquadrato, scattato, editato dalla mano mossa di Sebastian Iordache

Ora, so che sto per dire qualcosa che potrebbe ferire parecchi ultras delle piccole bombe anni ‘80/’90, ma non sono mai salito su una Fiat Uno Turbo. E così, giusto per costringere a passare dalle parole ai fatti i suddetti ultras, vi dirò di più: non muoio dalla voglia di farlo. Il perché è semplice ed ha a che fare con il concetto stesso di piccola bomba Turbo. Molta più spinta di quello che il telaio può gestire? Non fa per me. E devo dire che il test dell’evoluzione della Uno, la Fiat Punto GT (qua trovi la nostra prova della Punto GT) non ha fatto altro che confermare la mia idea. Mettiamola così: capisco perchè sia un vero mito di periferia, ma con me non fa vibrare le corde giuste. E’ però giunto il momento di toccare con mano questo mito, quindi eccoci qua: la Fiat Uno Turbo i.e. Racing, quindi la seconda serie della piccola bombetta nata a Mirafiori, prodotta tra fine '89 e dicembre 1993. Abbiamo un bellissimo esemplare ancora pre Kat che, per restare in tema anni ‘90, è stato pesantemente modificato. Quanto pesantemente? 200 cavalli? 250? Signore, sono 290! Che faccio, lascio? Lasci lasci. Il comparto telaistico, invece, è stato lasciato un po’ indietro.

Mamma, ti ho voluto bene.

Impressioni a ruote ferme

Pur senza avere la forma “scatola da scarpe” della prima serie che tanto piace agli appassionati, la Uno Turbo i.e. Racing rosso amaranto metallizzato è tutto fuorché timida. Quella che ci si presenta, alla luce di un bel sabato mattina che sa già di infradito e canottiera, è un esemplare clamorosamente in forma. E’ appena tornata da una completa riverniciatura e la meccanica, pesantemente modificata dai ragazzi di 8000rpm di Castelletto sopra Ticino, Novara, ha solo 2000 km di spaventi alle spalle. Nei figli degli anni ‘80 come noi, la forma stessa della Uno è iconica. Ha a che fare con le centinaia di volte che abbiamo sentito sussurrare “ehhh, la Uno Turbo…” ai ragazzi più grandi, degli sguardi ammirati nei loro occhi ogni volta che ne passava una e nell’orgoglio di quelli che la Uno Turbo la sfoggiavano in Piazza. La mitica “Piazza”, il social media pre “era internet”: il politically correct, ai tempi, era non esagerare con gli schiaffi. Infatti la Racing sembra predisposta a schiaffeggiare a destra e sinistra, partendo proprio da chi guida. La seconda serie, nonostante sia solo un pesante restyling della prima Turbo, appare molto più adulta e non sembra minuscola come le concorrenti dell’epoca, come ad esempio la Renault Supercinque GT Turbo (clicca qua per leggere la nostra prova). E’ arrotondata, addolcita e, in particolare nella zona posteriore, mi ricorda la mitica Fiat Tipo. Ci pensano i codolini allargati, i paraurti neri e le minigonne con la scritta rossa “Turbo I.E.” a tirarmi un paio di buffetti per richiamare l’attenzione.

A questa linea riconoscibilissima Riccardo ha poi aggiunto un altro tocco mitico: i cerchi in lega da 15 pollici, gommati (per fortuna con pneumatici di qualità) 195/45, sono replica dei Montecarlo montati sulla Lancia Delta Evoluzione: in pratica è come spalmare la Nutella sull’uovo di Pasqua. L’aggressività è tanta ma, lo dico per tutti quelli che mi vogliono bene, c’è una buona notizia: dietro a questi bellissimi cerchi, all’anteriore, Riccardo ha pensato bene di montare un impianto frenante Brembo a 4 pompanti. L’assetto è un coilover economico, per ora, perché Riccardo ha concentrato le sue forze, oltre che per l’estetica eccezionale di questo esemplare, su quello che c’è sotto al cofano. Facciamola breve: il 4 cilindri utilizza il basamento e la testa di una Lancia Prisma 1,5 lt. (giuro), ed è cresciuto fino a 1,6 lt. Pistoni stampati, bielle in acciaio, camme, linea di scarico da 70 mm in acciaio, c’è tutto quello che si può desiderare. Tutto questo, aiutato ovviamente da una turbina Garrett GTX 2267 gen2, produce 290 cv. Esatto, 290 cv. Già di suo un bel dato, ma è dopo aver chiesto quanto pesa una di queste bare che questo numero diventa assurdo: 845 kg. Vi risparmio il calcolo mentale, fa 2,9 Kg\cv e vi risparmio anche la curiosità: è lo stesso rapporto peso-potenza di una Aston Martin Vantage e migliore di quello di una Jaguar F-Type V8. Persino il motore è orgogliosamente anni ‘90: sfoggia la scritta” Turbo I.E.” sul collettore d’aspirazione (preso dalla Uno Turbo prima serie, perchè è più grande) come fosse una dichiarazione di guerra.

La portiera è sottile come un foglio di lamiera e resto stupito davanti ai sedili rivestiti di tessuto quadrettato: avevo in mente quelli della prima serie, neri, e non mi aspettavo una scelta così particolare. Il volante MOMO è quasi troppo sottile e raffinato per l’atmosfera chiara e decisa della Racing: è come se da piccolo tuo padre ti avesse minacciato ma con l’accento francese. La strumentazione, pur differente, ha qualcosa che mi ricorda la coeva Delta: il font stilizzato e le lineette bianche e vicine regalano un aspetto stranamente ricercato ma al tempo stesso indaffarato. La seduta, un grande classico di casa Fiat che è arrivato fino ai giorni d’oggi, è troppo alta e verticale, anche se meno di quanto mi sarei aspettato. Il volante resta un po’ basso ma la vista rialzata dal grande parabrezza è in 16/9, come esser seduti nei posti buoni del cinema. Come per l’esterno, anche l’interno trasuda uno stile popolare ma non per questo povero. Anzi. E’ un’auto fiera delle proprie origini, origini che geograficamente sono esattamente le mie. Ne riconosco la radice, quel voler fare tutto anche se non ci sono i mezzi per fare molto. Mia piccola amica, che tu mi piaccia o no, ti vedo per quello che sei: forse sono stato troppo duro con te.

Su strada

La Racing mi fa pagare all’istante il momento sentimentale. Devo uscire da un posteggio stretto ma la frizione rinforzata è tosta come la pietra, l’acceleratore sembra agire su un elastico più che su un cavo e il volante mi trova del tutto impreparato da quanto è pesante. Quando poi cerco di capire il punto di stacco della frizione faccio sobbalzare e spegnere l’auto. A mia discolpa posso dire che il tondo pomello del cambio, quando è in 4°, è esattamente in centro, quasi fosse in folle. Mi sono fidato, ma, come ti insegnano a 16 anni, in 4° non si può partire. Ok, ho capito, bando ai sentimentalismi. Chiamo a raccolta i muscoli delle spalle, mastico tra i denti un insulto ed ecco che tutto funziona meglio: è il motivo per cui si usa il tedesco con i Dobermann e anche la Turbo funziona molto meglio col giusto linguaggio. Nella Racing originale la turbina entrava in funzione a 2200 giri\minuto, mentre la grossa girante di questo esemplare non si sveglia per meno di 4000, ma non c’è traccia di eccessiva pigrizia ai bassi regimi. La cilindrata maggiorata ed il peso contenuto semplicemente bastano e avanzano. Così mi ritrovo a guidare con facilità e senza strattoni anche in questa prima fase conoscitiva. La frizione, una volta in movimento, risulta più facile ed intuitiva e la lunga leva del cambio si muove tra i rapporti con una precisione inaspettata. Non è un comando memorabile ma nemmeno terribile come, in un primo momento, mi ha fatto temere. Lo sterzo, invece, continua a stupirmi per quanto è fisico e “solido” nella sua azione. Immagino sia anche colpa degli pneumatici e dei cerchi maggiorati, ma piano piano ci prendo la mano. Non prima però di essermi avvicinato un po’ al volante così da non lasciare i muscoli delle braccia da soli durante la sterzata. Si può sentire chiaramente attraverso la corona del volante una sorta di “ritorno” elastico nelle curve più accentuate, come se la scatola dello sterzo stesse lottando per raddrizzare le ruote.

Curva a destra in salita, una sorta di “rampino” a 90°, sono in 2° e appena ho le ruote dritte porto con cautela il motore oltre i 4000 giri, tanto per vedere che effetto fa. Il volante si alleggerisce immediatamente, la ruota interna inizia a fischiare e i giri schizzano verso il fondo scala, scoppio a ridere ed alleggerisco subito la pressione sul pedale dell’acceleratore. Oggi sarà un test impegnativo… Ora so per certo che non sono ancora pronto a capire cosa può fare sul serio il motore, quindi aumento il ritmo sfruttando la coppia ai bassi e ai medi, stando attento a non provocare esplosioni di accelerazione nei rapporti più bassi. Arrivo velocemente al punto in cui si può distintamente sentire, con il fondo dei pantaloni ma anche con l’udito, il telaio protestare. E’ palese che gli pneumatici e l’assetto sviluppano una forza laterale che la struttura non riesce a gestire, tanto che da dietro arrivano sinistri cigolii. Per farvi capire qual’è la sensazione vi invito a fare un esperimento. Non servono forbici dalla punta smussata, non preoccupatevi. Prendete un mattone di panna cotta, di quelli che trovate nel frigo del supermercato. Poi, lasciandola sul piatto, intagliatela a forma di Uno Turbo. Fatto? Ora afferrate il piatto e iniziate a correre per la casa. Osservate, nella curva tra la cucina e il soggiorno, come si comporta la Panna Turbo I.E. Vedete che mentre la parte bassa resta incollata al piatto la parte sopra flette verso l’esterno della curva? Ecco, è esattamente ciò che succede qua, e vi assicuro che non sto assolutamente esagerando con la velocità d’entrata. E so già che non ho intenzione di farlo, perchè non voglio sapere cosa succede se la panna cotta schizza fuori dal piatto…

E’ chiaro che la Racing, a discapito del nome, non è fatta per le scorribande sulle strade secondarie. Lo sterzo fa troppa resistenza per essere anche comunicativo, il telaio flette e la mancanza di trazione non è arginabile. Preso atto di tutto questo, però, una zona del mio cervello (la stessa area in cui, a tredici anni, ho valutato che lanciarmi da uno scoglio senza vedere sotto fosse una buona idea) vuol capire cosa può fare la Turbo a gas spalancato. C’è un rettilineo, che scende verso il fondo della vallata prima di risalire leggermente trasformandosi una veloce destra - sinistra a vista, proprio dietro ad un paio di curve. Ci siamo: 2°, apro tutto il gas. Ho le ruote perfettamente dritte e entrambe le mani sul volante, eppure quando la turbina inizia a soffiare non posso fare altro che tentare di mantenere l’auto in corsia. Il suono è rozzo, metallico, furioso e risale attraverso la scocca come una grossa vibrazione. Lo senti proprio che stai facendo qualcosa che non puoi perfettamente controllare, ma solo contenere in qualche modo, così per mitigare un po’ l'assalto inserisco la 3° e premo di nuovo a fondo l’acceleratore. Con un rapporto più alto la sbandata è comunque preoccupante ma più contenuta e quando, alleggerendo un po’ l’acceleratore, le ruote anteriori sembrano finalmente trovare trazione, riporto il pedale sul tappetino. Eccoci, i pianeti si sono allineati e veniamo schiacciati dentro i sedili con una prepotenza rara. Il rettilineo sta per finire e quando lascio il pedale del gas la scocca “sbatte” pesantemente sull’avantreno: non mi ero nemmeno accorto di quanto fossimo “impennati” a causa dell’accelerazione. Freno poco, resto all’erta per eventuali alleggerimenti del posteriore, non scalo, confidando ci sia abbastanza coppia ai bassi da riprendere un’eventuale sbandata ed inserisco l’avantreno nella prima curva a sinistra. Il telaio protesta da subito ma gli pneumatici tengono duro e si sente chiaramente la spalla della gomma posteriore interna sfregare contro i locari, torno sul gas, altra piccola esplosione di accelerazione, freno ed inserisco la seconda curva a destra.

Diciamolo: la Racing non è fatta per raccordare azioni diverse dall’accelerazione pura. La si percepisce leggera, che in un’auto ho sempre ritenuto un grandissimo pregio, ma nella Turbo questo non fa altro che aumentare la sensazione di essere un po’ in balia delle altre forze in gioco. E’ come fare il cameriere e servire il brodo nei piatti di plastica: se tieni dai due lati, il peso sformerà il piatto al centro, se metti una mano sotto, i lati cederanno. Faccio inversione per tornare al campo base con in mente queste considerazioni. Quindi, senza andare a cercarsi rogne, questa volta mi concentro solo ed unicamente sul godermi l’assurdità della spinta disponibile sotto al piede destro. Quando arrivo al rettilineo di prima sono pronto: 3° a fondo, l’accelerazione è impressionante, l’avantreno sbanda qua e là anche quando sembra in piena trazione, butto dentro la 4° il più rapidamente possibile e, incredibilmente, la Racing sembra ancora più veloce. Riccardo conferma: in 4°, finalmente, la Racing trasforma tutto il lavoro del motore in spinta in avanti e la velocità sembra salire allo stesso ritmo del contagiri. Esilarante, ma in fondo a questo rettilineo c’è una stretta curva a destra, quindi mi attacco al pedale centrale. San Brembo fa il suo dovere, ma, di nuovo, appena il motore smette di sollevare l’avantreno il peso torna sulle ruote anteriori in modo palese e tutta l’attenzione viene riversata sulla gestione del rallentamento. Per fortuna i freni maggiorati funzionano alla perfezione e la risposta della pompa sotto al pedale è veramente rassicurante, esattamente ciò di cui ho bisogno. Non mi permetto una vera e propria “staccata”, non avrebbe senso, ma il posteriore resta bene al suo posto. Riesco a percorrere la curva con sicurezza, a patto di stare calmi quando si torna sull’acceleratore. Prima della fine del test c’è una zona con diverse curve in successione, un continuo destra - sinistra. Già che ci sono provo a dare un po’ più di ritmo alla Racing, scoprendo che c’è una zona “grigia” nella dinamica, in cui si può giocare con il tira e molla del gas per regalare un po’ di agilità extra alla Uno. Per quanto sia preoccupante il trasferimento di carico quando si rilascia il gas, il posteriore non sembra mai mollare completamente la presa, seguendo sommariamente l’anteriore e alleggerendosi senza alzare bandiera bianca. Quando arriviamo sul rettilineo finale del test, in lontananza, vedo Gabri e Seba che tornano da un giretto con la rediviva MX-5 di quest’ultimo. Sono in 3°, quindi, perchè no? Giù tutto l’acceleratore e, aggiungendo un paio di capelli bianchi alla collezione, mi godo la piccola Mazda diventare sempre più grande man mano che la raggiungiamo ad una velocità preoccupante. Infantile? Un po’, ma essere adulti è mai piaciuto a qualcuno?

Considerazioni finali

La Uno Turbo Racing è esattamente ciò che tutti dicono di lei. E’ grezza, non sviluppata a pieno, quasi buttata là: un telaio non all’altezza del motore, che da parte sua non fa nulla per nascondere l’anima da turbo "vecchia maniera". E no, non c’è modo di portarla in giro per una guidatina “spedita” sulla vostra strada preferita. Anzi, se siete possessori di questo modello non credo proprio che abbiate un percorso “preferito”. Non è fatta per gente che sogna punti di corda, staccate e traiettorie perfette, è fatta per regalare a chi non poteva permettersi una Ferrari o una Porsche, un mezzo con cui sognare, un progetto a quattro ruote con cui incollare la testa degli amici al sedile e creare momenti da ricordare. Per alcuni proprietari questi momenti forse sono stati un filo troppo memorabili, ma ci siamo capiti. Vista così, beh, la Uno Turbo i.e Racing è una delle vetture più riuscite della storia. Un’auto che non aveva grossi mezzi, ma ci provava lo stesso. In fondo questo è l’importante.

Per la cronaca, quando abbiamo deciso di spostarci per fare le foto dinamiche la Turbo ha deciso di non partire. Proprio non le piace quando faccio il sentimentale…

Riccardo, grazie mille dell’occasione. Si vede che ami la tua Racing con tutto te stesso e non dev'essere stato facile vedermi sudare al volante…

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