BMW Z4 sDrive 20i

- ingrassata e con motori turbo, siamo sicuri che in BMW non bevano troppo? -

La seconda serie della BMW Z4 aveva il difficile compito di sostituire il modello uscente, un’auto amata da tutti. Qualcosa però non è andato per il verso giusto. Se la prima serie di Z4 è ancor oggi un’icona, la seconda non la saluta nemmeno sua mamma. Perchè? Per quel filo di grasso in più? Vi raccontiamo questo dramma famigliare meglio di Maria De Filippi!

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4 ottobre 2020| scritto e pensato dalla mente malata di M.Carito | editato e corretto dal pensiero distorto di Gabry | Inquadrato, scattato, editato dalla mano mossa di Gabry

Me li immagino vestiti di tutto punto, gambe incrociate e calzino di spugna da 300€ su infradito in pelle di cassaintegrato. In sala riunione BMW, si discute il progetto della nuova Z4.

Questa la vorrei un po’ meno driver oriented, come dire, più user friendly, adatta ad un pubblico dai gusti più refined, cioè you know what I mean…”

Deve essere andato più o meno così il primo meeting di definizione della Z4 seconda serie, quella prodotta tra il 2009 ed il 2016, per gli amici E89. Esattamente così, con anglicismi inutili per darsi un tono e dare un senso all'idea (buona?mmm) di fondo.

La Z4 prima serie è una di quelle auto nate con le stigmate del successo. Linea disegnata da C. Bangle, aggressiva e fuori dagli schemi. Misure compatte, trazione posteriore, abitacolo spostato sopra le ruote posteriori e sotto il cofano, lungo come un’attesa dal dentista, motori aspirati 6 cilindri in linea pronti a passare da un basso ruggito ad un flautato grido di battaglia. La cabrio era molto bella ma è la Coupé, con la sua linea da batmobile, a farmi battere il cuoricino. Tutto molto BMW e intendo BMW old school, con la Z4M al top della catena alimentare, dotata del 6 cilindri 3,2 della M3 da 343 cv a 7900 giri.

Fuck! Farei notare che ho usato bene un inglesismo, anzi tre, tanto per. E cosa è venuto fuori da questo incontro di menti teutoniche? La seconda serie della BMW Z4, contraddistinta dalla sigla “E89”. Si basa sul pianale della prima serie anche se ampiamente modificato. Per cosa? Beh, per essere più confortevole, grande ed in grado di fornire risposte più morbide e “vellutate”. La prima serie fu prodotta negli USA, la seconda in Germania: unico caso in cui un’americana è più leggera di un’europea. Notevole. Il risultato fu, per l’appunto, una Z4 più cicciottella, pratica e rifinita. Tetto in metallo e design più classico, basta con queste linee tese alla Bangle che mi spaventano il barboncino. In realtà Bangle, quasi alla fine della sua avventura in BMW, partecipa nominalmente al disegno del nuovo modello. La leggenda narra che ogni qual volta il buon Chris si avvicinasse al tavolo da disegno, uno stagista scelto gli sparasse del sonnifero con una cerbottana. Quasi dimenticavo, hanno anche cassato i motori aspirati. Sotto il cofano ora ci sono 4 o 6 cilindri turbo. Più Mercedes che Porsche, se posso sbilanciarmi.

Me li immagino, i dirigenti, davanti alla versione definitiva:

“Ora si che ha molto spazio interno, ci entro comodo e ci posso andare anche a giocare a golf”

“Scusa ma non hai la station? Il suv?”

“Vabbè ma che c’entra…”

Ok, basta parlare con i miei omini del cervello.

Siamo a metà di una grigia mattina di Ottobre e pioviggina. Il tempo ideale per testare un cabriolet a trazione posteriore... Io e Gabri svoltiamo in un'anonima stradina tra le campagna, poco fuori Torino. Dovremmo esserci. In fondo alla via Baffo si sbraccia per chiamarci. Dietro di lui c’è la Z che oggi porteremo a spasso. È una “sDrive20i”. Cosa indichi esattamente “sDrive” non è dato sapere, forse solo scarse attenzioni al figlio della mamma del capo marketing. “20i”, invece, indica che sotto cofano grosso come un biliardo c’è un 1997cc, 4 cilindri turbo "twin scroll" che sviluppa 184 cv a 5000 giri e una robusta coppia di 270 Nm, già disponibili a 1250 giri. Coppia in basso e bassi regimi di rotazione, dove l’ho già vista questa cosa? Dal vivo la Z4 è bella, ha mantenuto l’impostazione fisica, quantomeno. Muso lunghissimo che curva verso il basso, abitacolo spostato verso il retrotreno e carreggiata importante. Non è così caratteristica come la prima serie, ma si fa guardare. Il bianco le sta bene e grazie al contrasto con le prese d’aria del frontale c’è aggressività, anche se con gli interni beige fa un po’ Miami Vice. Anche i due scarichi a lato del paraurti posteriore mi piacciono. Semplici e puliti, così come i cerchi da 18 pollici che richiamano alla lontana i BBS multi razza degli anni che furono. Peccato che tutto sia coperto da un anno abbondante di smog e chilometri. Prima tappa? Autolavaggio. E magari benzinaio, visto che il computer di bordo indica 40 km di autonomia residua.

Quando Gabri ha finito di lavare la carrozzeria come se fosse sua (fotografi…che vuoi farci...), facciamo il pieno di benzina fresca e siamo pronti. Pronti? Quasi… come si mette la retro? Eppure è un cambio manuale classico, la retro dovrebbe essere qua… invochiamo Santo Google che ci illumina la via. Ci vuole tanta forza, cari miei campioni di lancio del coriandolo, per tirare la leva verso sinistra ed inserire la retro. Va beh.

Salto dentro alla Z. Cioè, scendo dentro. Sembra aver smesso di piovigginare ma fa freddo e tengo il tetto al suo posto, nonostante oggi sia “vestito come Er Monnezza”, mi scherza il Gabri con parole di stima mentre indica il mio cappello invernale, i capelli che spuntano e la barba Jumanji. Navigatore impostato e via verso il nostro ormai classico triangolo magico di strade. C’è un po’ di traffico, il navigatore mi indica la prima uscita, ma con la coda dell'occhio noto una stradina che invece sembra arrampicarsi su una collina e sparire dietro gli alberi. E’ più invitante del telecomando quando in tv non c’è nulla. Giro deciso e la imbocco. Altrimenti, cosa siamo venuti a fare oggi? Sicuro non per imparare a mettere la retro…

Salto dentro alla Z. Cioè, scendo dentro. Sembra aver smesso di piovigginare ma fa freddo e tengo il tetto al suo posto, nonostante oggi sia “vestito come Er Monnezza”, mi incalza Gabri con le sue parole di stima mentre indica il mio cappello invernale, i capelli che spuntano fuori e la barba stile Jumanji. Navigatore impostato e via verso il nostro ormai classico triangolo magico di strade. C’è un po’ di traffico, il navigatore mi indica la prima uscita, ma con la coda dell'occhio noto una stradina che invece sembra arrampicarsi su una collina e sparire dietro gli alberi. E’ più invitante del telecomando quando in tv non c’è nulla. Giro deciso e la imbocco. Altrimenti, cosa siamo venuti a fare oggi? Sicuro non per imparare a mettere la retro…

Affronto la salita e mi scrollo di dosso il traffico. Come sempre quando provo un’auto, parto piano e aumento il ritmo, un po’ per darmi il tempo di capirla, un po’ per non farmi raccogliere in un campo. La posizione di guida è molto evocativa: si sta seduti in basso, con il piccolo volante all’altezza giusta e le spalle correttamente rilassate. La corta leva del cambio spunta vicino alla mano destra, pronti a usare la curva del cofano davanti a voi come riferimento per il punto di corda. E’ vivissima la sensazione di essere posizionati molto indietro nel corpo vettura. I sedili sono in posizione corretta ma di una taglia (forse due) troppo grossi ed il rivestimento in pelle non aiuta il contenimento del corpo. Mi puntello con le ginocchia per restare fermo nelle curve ed io sono un metro e ottanta. Vabbè, quasi. Forse in BMW usano Giuliano Ferrara come collaudatore, dovrei controllare.

L’acceleratore è incernierato sul pavimento (per un invitante punta-tacco, 10 punti felicità per me) e dal primo affondo il 4 cilindri turbo dimostra che la coppia dichiarata è veritiera. Anche al minimo, se affondo sul pedale, la Z affronta questo tratto in salita senza problemi. Anzi, al primo impatto sembra un motore decisamente più vivace delle aspettative. Ma è solo un altro imbroglio, uno di quelli nascosti qua e là nelle auto moderne. Infatti a tutto questo slancio iniziale non corrisponde un allungo adeguato. A 4800 giri la festa è finita, gli invitati se ne sono andati e a te non resta che cambiare marcia per ricominciare. Ricominciare una festa con giusto due stuzzichini e nient’altro. Con la zona rossa che parte a 7000 giri (aaabbugiardi!), il 4 cilindri può anche spingere a regimi più alti, ma non ha senso farlo: la curva di potenza cala drasticamente e persino il rumore diventa insofferente, tipo il cane che sbuffa mentre tenta di dormire e voi gli dite di spostarsi. A proposito di suono, il 2.0 da freddo all’accensione sembrava ben accordato: basso, scoppiettante, insomma già pregustavo il concerto. Purtroppo però, quando si scalda suona come un diesel moderno, piatto e monocorde con timido accenno di sbuffo del turbo. Da fuori, mentre si muove per far manovra, il suono è proprio quello di un diesel di ultima generazione. Che palle. Il turbo twin scroll invece fa di tutto per mascherarsi, dando un'erogazione corposa e priva di turbo-lag, quasi fosse un volumetrico. Mi avvicino aggressivo ad una serie di curve in sequenza. Lo sterzo è piacevolmente diretto. Peccato non trasmetta feedback e non dica nulla su quello che succede sotto le ruote anteriori. Mi devo fidare del grip degli pneumatici, nulla di più. Questo mi mette un po’ a disagio quando si fa sul serio, ovviamente. Colpa del solito servo sterzo elettrico, ma forse il MacPherson anteriore poteva essere più “chiacchierone” di così. Il cofano finisce in un punto indefinito là davanti, invisibile, ma per fortuna il movimento delle masse sospese è ben controllato dagli ammortizzatori morbidi e mai cedevoli, scongiurando il pericolo di far baciare il paraurti anteriore e l’asfalto sulle compressioni più pronunciate. Provo a fidarmi e aumento il ritmo, frenata, sento l’auto ondeggiare leggermente sotto il mio sedile, il posteriore si scarica. Finalmente qualche informazione, lo schema multilink dietro è una garanzia. Scalo in 2°, inserisco e riapro il gas, provo a mettere la terza ma il cambio si impunta un po’, il posteriore si acquatta e mi porta fuori dalla curva. Tutto inequivocabilmente trazione posteriore, l’inserimento e il posteriore che si sente caricarsi d’energia, scivolare per un attimo e chiudere la traiettoria. E’ sempre un piacere. Peccato che, aumentando il ritmo, continui ad avere difficoltà ad inserire la 3°. Ogni volta che salgo di marcia in velocità, questo si impunta e perdo il ritmo. Stranissimo, l’auto ha meno di 30.000 km e tutti gli altri rapporti entrano facilmente. Poco male, tutta quella coppia deve pur servire a qualcosa. Tengo la 3° e uso i Nm per uscire dalle curve. Ci fermiamo per fare le foto e scambiare due impressioni con gli altri due arrugginiti. Tiro giù il tetto, già che ci sono, ma tiro su il cappuccio della felpa e accendo il riscaldamento. Sopra la mia testa, nella luce autunnale, gli alberi che ci avvolgono sono scuri, malinconici ma bellissimi.

Mentre dietro di me c'è Gabri appeso fuori dal finestrino della Smart che mi scatta foto a raffica e Beppe “Baffo” alla guida tipo “Fast And Furious 15: Lenti e Contenti”, mi tornano i dubbi che non sono riuscito a eliminare. Questa Z4, la consiglierei? Cosa c'è di autentico e cosa è frutto delle mie aspettative e dei miei preconcetti da talebano della meccanica? Mentre ragiono mi accorgo dallo specchietto che Gabri è rientrato nell’abitacolo e ha smesso di scattare. Sono libero. Affondo l’acceleratore, i fianchi della Z ondeggiano cercando trazione con la spia del Dsc (Dynamic Stability Control, insomma il controllo della trazione) che fa capolino sul cruscotto, leggera curva a destra in pieno, stacco forte e mi inserisco in un tornante in salita, umido ma non troppo stretto. E’ il momento, affondo il gas e lei si mette di traverso. Nulla di esagerato, ma è qualcosa che una trazione anteriore non potrà mai darti. Purtroppo in BMW non hanno montato il differenziale autobloccante ed il traverso appena innescato, da momento di assoluta libertà, diventa una leggera sgommata della ruota interna che rovina tutto, tipo puzzetta a una cena romantica. So già cosa state pensando. E la risposta è NO. Togliendo il controllo di trazione, infatti, le cose peggiorano ancor di più: la posteriore interna inizia a girare su se stessa in cerca di trazione e così si perde ancora più velocità. Peccato, davvero. E’ un comportamento "soft" che rende la trazione posteriore della Z4 alla portata di tutti. Anche di quelli che non sanno cosa sia “LA trazione posteriore” ed in caso di “traverso” l’auto rallenta invece che avanzare. Come se ti chiedessero di sollevare 100 kg al bilanciere mentre un altro a fianco a te ti dà una mano. Che gusto c’è? Soprattutto: perché dovrei farlo? Se non rappresenta una sfida o un momento ludico, cosa ho da imparare?

Mentre torniamo a casa sono curioso di sapere quanto pesa la Z4 entry-level che abbiamo sotto mano. 1395 kg a secco. Dichiarati, non misurati. Sono 200kg in più della progenitrice equipaggiata col 2,5l da 192cv. Tanti, troppi, perché la Z4 non si allontani dalla progenitrice. Questa Z è meno “driver oriented”, inutilmente “oversize” e, penso, non resterà nella memoria degli appassionati come l’antenata, cui classe, comodità e vivibilità comunque non mancavano. Quella di oggi è un bell’oggetto cui manca carisma. Sembra fatta per essere dimenticata appena viene presentato alla stampa il nuovo modello: iper accessoriato, iper connesso e dotato del nuovissimo sedile massaggiante con “happy-ending mode”. Insomma, come qualsiasi telefonino.

Oh, ma quanti inglesismi conosco?

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