subaru impreza gt turbo www

- Campione di tutto il mondo -

“...Ci prendo un po’ la mano, facendo attenzione ai tratti in discesa e osando di più in quelli in salita, dove riesco a sfruttare l’assetto flessibile tipico delle Subaru per “sciare” tra una traiettoria e l’altra: inserimento, prima del punto di corda pieno gas, leggero sottosterzo, aumento un po’ l’angolo di sterzo, la potenza fa lavorare i differenziali e hop, il posteriore annulla il sottosterzo e usciamo dalla curva “stringendo” la traiettoria mentre gradualmente riduco l’angolo con la corona del volante. E’ davvero divertente, perchè trovare il giusto ritmo azione\reazione è la parte speciale dell’esperienza. Se da un lato, nel 2022, 211cv non sono abbastanza per rendere davvero interessanti i tratti rettilinei, il fatto di non divorare gli spazi tra una curva e l’altra in stile jet ti obbliga a frenare il meno possibile e massimizzare la fase di entrata\uscita…”

Provare una Subaru Impreza WRX WWW è già una bella fortuna, ma farlo su 6 km di strada chiusa al traffico durante la Rievocazione storica Colle del Melogno è quasi un sogno.

L’ho fatto e sono felicissimo di raccontarvelo…

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06 settembre 2022| scritto e pensato dalla mente malata di M.Carito | editato e corretto dal pensiero distorto di Gabry | Inquadrato, scattato, editato dalla mano mossa di Sebastian Iordache

Blu, cerchi oro, aspetto da timida berlina dopo aver trascorso gli ultimi 6 mesi in un centro assistenza rally: il primo modello di Subaru Impreza, nome progetto GC8, è assolutamente inconfondibile. Non averne provata mai una è una grossa mancanza, lo so, ma oggi potrò finalmente riparare.

Questo grazie a Luca e al proprietario dell’auto, Umberto, di @Crev213. Club che, con il Patrocinio di ASI Val Bormida, è stato in grado di creare un evento automobilistico incredibilmente “puro”, una sorta di distillato di guida senza tutte le sovrastrutture che sembrano sempre sul punto di farci passare la voglia. Piste con limiti di decibel? Costi esorbitanti per girare? Gente che per un paio di like ammorba tutti con scoppi artificiali dagli scarichi? Nulla di tutto questo, ma 6 km di strada chiusa al traffico, tra i boschi del bellissimo entroterra savonese, da fare quante volte si vuole, “fino a quando c’è benzina e gomme”. Tutto questo si chiama “Rievocazione storica Colle del Melogno”. Non c’è competizione, non c’è cronometro, solo decine di auto di ogni epoca e di ogni marchio e un sacco di chiacchiere tra appassionati. Quando si termina “un giro”, mentre l’adrenalina scende e i sorrisi aumentano, ci si ritrova a scambiare qualche info, sensazione o consiglio con i compagni di avventura. E poi giù a rifarlo: la versione adulta dello scivolo, in pratica, ed è perfetto così. Se tutto questo non bastasse, il ricavato viene destinato in beneficenza. Insomma, cosa volete di più?

Proprio in questa occasione avrò tra le mani una WRX: ma non tratta di una WRX “normale”, ma di una “WWW”, versione speciale creata in soli 200 esemplari numerati dalla Subaru per bullarsi delle tre vittorie consecutive (1995, 1996 e 1997) nel Mondiale Costruttori Rally.

Se riuscite a staccare gli occhi dalla carrozzeria, all’interno troverete interni in pelle Nabuck specifici creati dall’italianissima ditta Medici, con tanto di numerazione progressiva dell’esemplare sul poggiatesta (nel nostro caso, n° 99/200), particolari in carboon look, volante, pedaliera e pomello Momo e una bella targhetta davanti al cambio che recita: "WORLD WIDE WINNER”, ovvero Campioni di tutto il Mondo.

All’esterno troviamo lip anteriore e ala posteriore alta di Orciari, altra ditta in cui si parla italiano, stemma con le classiche Pleiadi ma su fondo rosa e ovviamente l’abbinamento cromatico blu mica/oro. Il motore è il medesimo EJ20 da 211 cv che troviamo sotto il cofano delle WRX non celebrative ma “alcuni accorgimenti” non meglio specificati regalano 2 kilogrammetri di coppia supplementare, attestandosi oltre i 300 Nm, aiutati per altro nella loro azione anche dai rapporti del cambio leggermente più corti.

Torniamo a noi: sono dietro al volante di una Impreza WRX Turbo, davanti a me c’è la salita del Melogno e il commissario di gara al via ha appena ricevuto un “OK” alla radio ed è partito con il conto alla rovescia. E’ tutto vagamente troppo bello per essere vero, quindi mi concentro al massimo per non far danni e quando sento “Vai” parto…

Impressioni a ruote ferme

Ciò che mi ha sempre attirato nella prima generazione di Impreza sono le dimensioni: guardatela, è stretta, corta e sembra essere stata disegnata per avere meno carrozzeria possibile. Ok, il design leggermente triste tipico delle giapponesi dell’epoca aiuta, in questo caso, a far risaltare ancora di più i dettagli “racing”, ma è davvero affascinante… a modo suo.

Il cofano anteriore è piatto ma ciò che manca in sexy appeal lo riguadagna con gli interessi grazie ai dettagli funzionali: se si lascia scorrere lo sguardo dal frontale verso l’abitacolo troviamo a darci il benvenuto la mascherina frontale, completamente “aperta” e con il particolare stemma color LGBT+ che “galleggia” in mezzo alla rete a maglie esagonali, seguono due grosse doppie branchie per lo sfogo dell’aria calda e poi, ancora più su, la tipica presa d’aria centrale in stile cassetta delle lettere al servizio dell’intercooler: tutti dettagli prettamente tecnici che non lasciano nulla al sensazionalismo delle vetture moderne.

I fari anteriori sono leggermente accigliati ma è tutto il frontale, con il lip inferiore e i grossi e tondi fendinebbia ai lati della presa d’aria centrale ad essere molto aggressivo, ai limiti del racing vero e proprio. I passaruota anteriori sono leggermente bombati e insieme alle minigonne dal disegno minimalista sono le uniche concessioni alla fiancata dell’Impreza, semplice e rotondeggiante, tutta casa & tempio buddista.

Il posteriore è dominato dall’ala Orciari, che compie un ampio e dolce arco di congiunzione tra le due fiancate. Il paraurti è semplicissimo, i grossi fanali tondeggianti sono quasi troppo grandi, in particolare in contrapposizione con il doppio terminale di scarico che occhieggia da sotto il lato sinistro del paraurti, dal diametro appena sufficiente. Può non sembrare molto, ma è abbastanza per capire lo sforzo, da parte di ingegneri e collaudatori, di trasformare comuni e per nulla speciali auto da tutti i giorni in mostri capaci di appassionare e vincere sugli sterrati di mezzo mondo. C’è eroismo con un pizzico di ingenuità, se rendo l’idea.

E’ come vedere vostro padre con la pancetta e gli occhiali col cordino ma con l’aggiunta di quadricipiti, braccia e collo taurino in stile lottatore di MMA. Apro la piccola portiera ed entro a bordo.

Anche qua, la sensazione è più o meno la stessa. I sedili rivestiti dall’italianissima azienda Medici mi piacciono meno degli originali, lo devo ammettere, ma sono comodi e trattengono bene il corpo. Il volante MOMO a quattro razze è un po’ troppo grosso e serioso per i miei gusti e la distanza tra le mie cosce e la corona è appena sufficiente, diciamo un 6 meno meno. Il pomello tondo è un bel flashback: su tutte le Subaru che ho provato ha sempre avuto questa forma, e scoprire dettagli che resistono al passare del tempo è una delle cose che mi piace di più del mio lavoro. La strumentazione, beh, è praticamente l’inno all’umiltà giapponese: tachimetro centrale, contagiri a destra leggermente più piccolo, indicatore carburante e temperatura olio a sinistra, più piccolini.

Ci pensa il fondo bianco, un vero must degli anni 90 (vi ricordate la Birba Racing o sono solo io il finto giovane, qua dentro?) e aggiunge un pizzico di sportività che non guasta mai. La semplicità del cruscotto rimanda alla brutalità delle vetture da corsa, quelle col 555 sulle fiancate, riportando chiaramente solo le informazioni utili al pilota nel frattempo che quest’ultimo cerca di evitare i platani lungo il percorso. Curiosamente, c’è un telefono: esattamente come per l’esemplare di Audi Quattro che abbiamo testato (qua trovi la nostra prova completa) è stato aggiunto un telefono di bordo. E, esattamente come per la coupé teutonica, è stato aggiunto dal precedente proprietario, un dottore. Evidentemente, chi studia medicina ha una certa inclinazione per i rally… Ma non eravamo rimasti al conto alla rovescia?

Su strada

Appena sento “Vai” rilascio la frizione e parto. Cerco di rispettare al massimo la frizione, perché l’auto non è mia e per quanto lo sembri questa non è una gara. Rallento con anticipo prima della prima curva del percorso, una stretta sinistra, e dopo aver toccato il punto di corda libero la mente e premo l’acceleratore fino a fondo, in 2°.

Ho già fatto un giretto, per motivi fotografici, e so cosa aspettarmi: l'EJ 20 è un motore turbo particolare che si è evoluto tanto nel corso degli anni, e anche se in questa prima versione non è felice di girare alto come nelle successive, ha una spinta lineare, con un ingresso del turbo ben avvertibile attorno ai 3000 giri e da lì, fino a circa 6000, sembra non mollare nulla, anzi. Sotto la spinta dei 211cv l’assetto flessibile della Impreza carica le ruote posteriori, tanto che attraverso il volante posso sentire alleggerirsi il muso e perdere per un attimo parte della direzionalità, ma so che non bisogna mollare il gas per far lavorare il sistema di trazione integrale.

Infatti, un attimo dopo, le ruote posteriori ricevono il carico di coppia necessario per far ruotare l’auto attorno al proprio asse centrale, e così ci si ritrova sparati fuori dalla curva senza problemi e con il boxer che grida al limitatore. Ecco, a proposito di questo: lo scarico originale fa trasparire il tipico “battito” dei cilindri contrapposti solo al minimo, mentre una volta in movimento emette una sorta di soffio misto rumore di ingranaggi, quasi il rumore di un cambio a denti dritti. Strano, ma non ho tempo per distrarmi, freno prima di una stretta destra, la forza frenante non è così… ”forza” come vorrei, ma spremendo il pedale centrale con il muscolo della coscia riesco a tirare fuori ancora una stilla di capacità dalla pinza, il muso “picchia” verso terra e inserisco. Con il frontale così “carico” l’inserimento è molto buono, anche perchè quest’auto è decisamente leggera: 1230 kg, per l’esattezza. Casualmente, proprio il peso minimo regolamentare delle Gruppo A…

Sento le Yokohama non troppo performanti deformarsi e far perdere così un po’ definizione all’anteriore, ma un po’ è colpa mia, perchè mi sono lasciato prendere la mano. La mancanza di inerzia e le dimensioni esterne contenute risplendono con la chiarezza di un'insegna al Neon in mezzo al deserto, in particolare quando, come in questo caso, arrivi un po’ lungo in curva. Già, perché distratto dall’erogazione del motore ho sovrastimato i freni, ma non c’è problema. Manco il punto di corda, leggero sottosterzo e poi, con più gradualità, ritorno sul gas fino a quando le gomme non trovano l’appiglio giusto sull’asfalto.

Da qua in poi, giù tutto il gas, il rollio aumenta e nonostante la Subby carichi le ruote esterne trova il modo di chiudere la traiettoria. La leggerezza crea fiducia più di qualunque assetto rigido o gommatura generosa, non c’è nulla da fare. La pedaliera è stretta e bisogna fare attenzione a non “pizzicare” l’acceleratore in frenata, ma in compenso il punta tacco è così naturale da essere un obbligo morale. Il cambio è davvero particolare: gli innesti sono sicuri e la corsa è accettabilmente corta, ma una volta in posizione la leva si muove e vibra in ogni direzione come se fosse sconnessa. Sembra spezzata da qualche parte vicino all’innesto, ma in qualche modo funziona. Quello a cui non ero pronto è la demoltiplicazione eccessiva della scatola dello sterzo, che mi obbliga a cambiare impugnatura in continuazione.

Ci prendo un po’ la mano, facendo attenzione ai tratti in discesa e osando di più in quelli in salita, dove riesco a sfruttare l’assetto flessibile tipico delle Subaru per “sciare” tra una traiettoria e l’altra: inserimento, prima del punto di corda pieno gas, leggero sottosterzo, aumento un po’ l’angolo di sterzo, la potenza fa lavorare i differenziali e hop, il posteriore annulla il sottosterzo e usciamo dalla curva “stringendo” la traiettoria. E’ davvero divertente, e per me la parte speciale dell’esperienza è proprio il trovare il naturale ritmo azione\reazione. Se, da un lato, nel 2022 211cv non sono abbastanza per rendere davvero interessanti i tratti rettilinei, il fatto di non divorare gli spazi tra una curva e l’altra in stile jet obbliga a frenare il meno possibile e massimizzare la fase di entrata\uscita. In un tratto più veloce, con una “S” stretta tutta vista delimitata da alberi e guardrail a filo, inserisco al 3° e tengo il gas giù. Lo sterzo ai piccoli angoli è insospettabilmente preciso, a discapito della demoltiplicazione, tanto che riesco a tenere la traiettoria con piccoli interventi sul MOMO e alleggerendo il gas impercettibilmente in fase di inserimento, tanto per aiutare la WRX a mantenere il ritmo. Esattamente questo momento, con il boxer quasi al limitatore in 3° e la stretta strada che serpeggia tra gli alberi, ecco, è la giusta copertina di questa esperienza.

L’ultimo tratto di strada regala qualche curva più lunga, “da appoggio”, e ancora una volta non posso fare altro che godermi il passo relativamente corto e l’immediatezza di questa vettura mitica. E’ facile, intuitiva e amichevole, quantomeno a questo ritmo, che pur lasciando ampio margine di sicurezza posso dire essere comunque impressionante. Mai come in questo caso la parola “ritmo” è quella giusta, perché ci si ritrova in un vortice di azioni: da parte mia dietro al volante e da parte sua, a livello di telaio, sospensioni e sistema di trazione integrale. Curva veloce a destra, corta, e poi lenta sinistra: Arrivo forte, freno con le ruote sterzate, il muso punta terra e il posteriore, già alleggerito, incontra un grosso avvallamento. Posso sentire l’asse posteriore alleggerirsi mentre si solleva, ma sono tranquillo. Appena torniamo “giù” la Impreza è pronta per inserirsi, ancora più agile di prima, quasi che finalmente si possa divertire sul serio, almeno un po’. Sembra “respirare” con la strada, galleggiandoci sopra e adattandosi a tutti gli ostacoli, quasi fosse fatta di gomma. Fluisce. Arrivo all’ultima curva a destra e resto stupito di aver già completato i 6 km a mia disposizione. Mi sono sembrati molti meno, segno che la WRX riesce a divertire e al tempo stesso a non stressare troppo con richieste troppo stressanti il pilota. Veniamo inondati dalla luce quando, a fine percorso, sbuchiamo dal bosco in una zona aperta. Accosto tra una Lancer EVO V e una Peugeot 309 GTI e non posso fare a meno di ridere.

Che esperienza.

Considerazioni finali

La Subaru Impreza WRX WWW mi ricorda un albero di mangrovie. Spiego, forse è meglio: provandola, le radici del mito Impreza sono ben visibili e a portata di mano, all’aria aperta, riconoscibili al primo sguardo. L’assetto flessibile e regolabile, il motore turbo pronto e dalla fascia di potenza gestibile, la trazione incrollabile, tutte cose che troviamo nelle discendenti. Forse meno nell’ultima WRX Legendary Edition (qua trovi la nostra prova completa), ma nelle altre c’è molto di questo DNA primordiale venuto dalle Pleiadi.

Avevo paura che mi deludesse, lo ammetto, ma sono felice di dire che non è successo. Anzi, senza scomodare la mitica 22B, penso che la versione giapponese Type R da 280 cv potrebbe in effetti avvicinarsi molto al concetto di… Legendary.

Un GRAZIE enorme a Luca e Umberto di @Crev213 e ad ASI Val Bormida per averci permesso questa incredibile esperienza. Ci rivedremo, spero, molto presto.

Lunga vita al Melogno!

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