Mitsubishi Lancer EVOlution X MR
- l'ultima della stirpe -
“Accelero per la prima volta con forza e la EVO si impenna leggermente, acquattandosi sulle ruote posteriori mentre il MIVEC inizia ad emettere una sorta di “ruggito soffiato”, con forza crescente man mano che si avvicina alla zona rossa, posta oltre quota 7000 giri\minuto. La spinta è vigorosa ed il suono, che assomiglia a quello di una grossa turbina industriale, arriva da sotto e non da dietro. Il perché di questa curiosa sensazione me la spiega Paolino: lo scarico ha un sistema che, a pieno, rilascia appena oltre i collettori, così da mantenere le temperature sotto controllo. Seconda marcia a limitatore, premo la paletta destra: il cambio ha un attimo di pausa, si sente chiaramente il momento in cui l’elettronica taglia l’erogazione, e poi la 3° entra con un colpo secco…”
La Mitsubishi Lancer EVO X è l’ultima della gloriosa e leggendaria stirpe delle Lancer Evolution. Si diceva di lei che fosse un po’ meno affilata, un po’ troppo “auto” e un po’ troppo poco “Evolution”. Ma la domanda è: nel 2021 può essere così male una Lancer dotata di cambio a doppia frizione, motore da 300 e più cavalli e trazione integrale? E poi questa è anche una Lancer particolare, con comandi speciali: insomma, un’esperienza a tutto tondo. Mi sento già più maturo.
A metà anni 2000, tra le picchiatrici di strada 4wd che tanti schiaffi avevano tirato nel decennio precedente, c’era grossa crisi. Aumento dei costi, auto a trazione anteriore sempre più veloci, il mondo dei Rally sempre più distante dalle auto di serie… insomma, le vendite calano. Di brutto. Subaru e Mitsubishi, con le loro eterne rivali “Impreza & EVO”, si guardano in faccia e cercano di reagire, anche se c’è già odore di smantellamento. La Casa delle Pleiadi tira fuori la Impreza a due volumi, tanto per vedere che effetto fa; la Mitsu invece prova a trasformare la Evolution in qualcosa di più rifinito, elegante e utilizzabile, tirando fuori la EVO X.
Ecco, beh, se il piano Subaru ha funzionato “così così”, quello Mitsu deve essere stato orchestrato da uno con l’arguzia tattica di Giampiero Ventura, tanto che la X è stata la EVO che ha messo la pietra tombale (per ora) alla dinastia delle Lancer c@zzute. Bravi tutti, insomma. Ma ora siamo nel 2021, andiamo in giro con una mascherina in faccia e c’è gente che fa i soldi perdendo la dignità su Tik Tok: è un mondo completamente diverso. E la domanda nasce spontanea: può essere così deludente una EVO da 300 cavalli? Così tanto da essere l’ultima della sua stirpe? In fondo la X è una vettura dai numeri impressionanti, abbastanza impressionanti da volerci mettere le mani su. Ed eccoci qua: potrebbe bastare, ma c’è di più.
Spazziamo via tutti i meriti non nostri: non cercavamo un’auto con comandi speciali. Semplicemente, è apparsa come una opportunità ed appena si è palesata ci è sembrata fin da subito un’idea brillante. Paolino è uno dei fondatori dell’Antilag Club nonchè proprietario della Mitsu Lancer Evo X di questo servizio, che riesce a guidare (decisamente forte) proprio grazie ai comandi speciali. Già, perchè Paolino non può usare i pedali e così si è organizzato per sverniciare chiunque incontri sul suo percorso con la sola imposizione delle mani (semicit). Ora, i comandi speciali agiscono meccanicamente sui comandi “classici”, quindi è possibile guidare la Evo anche usando i classici pedali. E quindi, beh, “du gust is mei che uan”, perché oggi:
1) testiamo l’ultima Lancer Evolution, la X, qua in versione “MR” con cambio a doppia frizione, una delle prime applicazioni di questa tecnologia;
2) Possiamo anche guidarla usando i comandi speciali, così, tanto per capire che effetto fa.
Ah, questa EVO ha anche qualche cavallo in più dell’originale, diciamo circa 370 totali. Ora capite quanto ci è sembrata strepitosa come idea?
Impressioni a ruote ferme
Che la X sia una EVO di “rottura” è chiaro già alla prima occhiata. Mentre le precedenti versioni, tutto sommato, sembravano l’affinamento del progetto iniziale, questa sembra da subito più grossa, gonfia e “caricaturale”. Il “nostro” esemplare, quantomeno, mantiene il colore delle vere “pronto rally” degli anni ‘90, un bel bianco che sembra aspettare solo adesivi e numeri di gara. Sembra quasi troppa, come se la meccanica che c’è sotto spingesse per uscire e bollasse la carrozzeria dal di dentro. Prendete ad esempio il frontale: a parte la presa d’aria nera che ha la forma dei baffoni (calabri) di mio padre, ha una dimensione impressionante, massiccia e piena. E’ quasi come se quei noiosi concetti, quali il coefficiente di penetrazione arodinamica, fossero solo menate da Politecnico che non sfiorano la EVO.
Dietro, idem: i fari sembrano troppo piccoli e si perdono un po’ nell’alto e piatto posteriore, che è così massiccio da poterlo scalare. Se però volete sentirvi improvvisamente piccoli, osservate la fiancata: la EVO X lateralmente è veramente… Moby Dick. Persino le proporzioni sono da grosso cetaceo marino, in particolare nell’altezza generale e nelle forme arrotondate. L’ala posteriore, che vi assicuro è grossa come una mensola dell’IKEA, da questa prospettiva sembra appena sufficiente per non venire declassata a “spoilerino sul baule”. A questo aggiungete il doppio scarico del diametro di piatti da dolce, il lip anteriore in carbonio, gli sfoghi dell’aria sui fianchetti e sul cofano, i parasassi in stile rally ed i grossi cerchi multirazza neri: ho l’impressione di trovarmi di fronte a qualcosa di estremamente cattivo e fuori scala, l'effetto “Hummer H1 Vs SUV da aperitivo”, tanto per dire.
Per il mio gusto personale, però, a livello visivo non ha l’impatto “omologata per le corse” delle vecchie EVO. Per quanto sia larga e bombata è anche molto più alta, meno schiacciata a terra e, usando un termine proprio dei designer, troppo sborona. Mentre le antenate erano studiate come base per le Gruppo A e successivamente per le WRX, si percepisce che nella X l’intenzione è più di apparire grossa&bulla che di essere effettivamente un’arma per sconfiggere gli avversari. Detto questo la X è comunque decisamente impressionante. A starle vicino sembra sul punto di morderti da un momento all’altro. Se la si ascolta borbottare al minimo, poi, l’aura di cattiveria aumenta, perchè fa il verso di un grosso mastino a cui vi siete avvicinati troppo mentre mangia: un ringhio basso, scoppiettante e asincrono. Questo suono proviene dal “solito” 2.0 Turbo MIVEC che troviamo anche sotto le ultime antenate, ma in questa variante guadagna il basamento in alluminio invece che in ghisa, a tutto vantaggio del peso complessivo.
Questa attenzione per i pesi sarebbe anche rincuorante, non fosse per il fatto che complessivamente la EVO pesa in ordine di marcia 1700 kg, quasi 200 kg più della IX…
In piena contrapposizione con il bianco imperante dell’esterno, l’abitacolo è completamente scuro, a parte qualche dettaglio rosso che collabora alla cattiveria d'insieme. Come spesso accade per le jappe, i sedili anteriori sono le vere star: due Recaro iper-profilati, dal disegno vagamente futuristico, che una volta dentro ti abbracciano come una vecchia zia. La strumentazione è chiarissima, con grossi numeri bianchi che spiccano su fondo nero e le zone rosse ben visibili. Il volante ha un diametro generoso ed è impreziosito dalle cuciture rosse, ma è appena dietro di lui che possiamo trovare due indizi che ci portano alla vera novità che troviamo sulla X: le palette del cambio automatico. Già, la X è la prima (e ultima, per ora) Lancer Evo disponibile, a richiesta, col cambio automatico, uno dei primi doppia frizione in commercio.
Era talmente una “chicca” tecnologica che, qualora si fosse deciso di dotarla di cambio automatico, cambiava il nome della vettura stessa: Lancer Evo X MR. Ovviamente, per le specifiche di Paolino, la versione automatica è perfetta, ma anche per noi è un’occasione unica di mettere le mani su una delle prime applicazioni di questa tecnologia, che quindici anni dopo sembra aver soppiantato il manuale in quasi tutte le applicazioni. A tutto ciò si va ad aggiungere che questo esemplare è unico: nella “Paolino special Evolution”, appena a destra del volante, c’è una grossa leva in carbonio che fa molto Top Gun. Funziona da acceleratore e freno, oltre che da contenitore per i comandi secondari. E’ collegata in modo meccanico ai pedali, quindi per ora posso ignorarla: non vedo l’ora però di provare a guidare la X anche con la leva di Star Wars. Questo però dopo, prima è arrivato il momento di vedere cosa può fare questa bestia sul tracciato di oggi e per farlo useremo i comandi che conosco meglio…
Su strada
Ci sono auto che, una volta in movimento, sembrano stringersi attorno al guidatore. Ecco, la Evo X non è una di queste. Pur conoscendo a fondo questo tracciato il mio cervello è impegnato a tenere l’auto nella giusta corsia, quasi fosse troppo grossa per una strada secondaria. Il comando dello sterzo sembra studiato appositamente per amplificare questa sensazione: è leggero e distaccato, quasi da videogame e, in aggiunta alla massa della X, non posso dire di essere a mio agio. Paolino è d'accordo con me: in questi primi metri mi sento come se dovessi posteggiare una petroliera agendo sul timone di “Chicco Giovani Capitani” o un gioco simile. Sto esagerando un po’, ma è una sensazione totalizzante, quantomeno nei primi chilometri di test. Sono in modalità “Super-sport”, una impostazione che prevede la massima aggressività da parte del cambio, e davanti a me la strada smette di accartocciarsi su se stessa e si apre in un rettilineo. Accelero per la prima volta con forza e la EVO si impenna leggermente, acquattandosi sulle ruote posteriori mentre il MIVEC inizia ad emettere una sorta di “ruggito soffiato”, con forza crescente man mano che si avvicina alla zona rossa, posta oltre quota 7000 giri\minuto.
La spinta è vigorosa ed il suono, che assomiglia a quello di una grossa turbina industriale, arriva da sotto e non da dietro. Il perché di questa curiosa sensazione me la spiega Paolino: lo scarico ha un sistema che, a pieno, rilascia appena oltre i collettori, così da mantenere le temperature sotto controllo. Seconda marcia a limitatore, premo la paletta destra: il cambio ha un attimo di pausa, si sente chiaramente il momento in cui l’elettronica taglia l’erogazione, e poi la 3° entra con un colpo secco. Com’era prevedibile, il doppia frizione è decisamente meno efficiente delle moderne applicazioni, ma la “pausa” ed il relativo innesto con colpo secco aumentano la sensazione di cambio da competizione rispetto ai cambi moderni fin troppo “bravi”. Lanciare la massa della X con così tanta forza mi mette un attimo in allerta, alla fine la fisica non si batte, così mi attacco ai freni. Questi rispondono impegnandosi a fondo per non farci volare nella vallata. Il pedale del freno sembra accordato con il resto dei comandi: va spremuto a fondo, senza cercare troppa sensibilità o fare troppo i raffinati. Anche con angolo di sterzo maggiore, purtroppo, il comando resta sconnesso: ho paura che non ci resti altro da fare che fidarci della EVO. Non ho i controlli di trazione attivi, ma sinceramente non credo che ce ne sia bisogno, nemmeno sull’asfalto umido e freddo di oggi. Appena il muso sembra stabile, in 2°, spalanco il gas. Dopo un primo momento in cui il telaio sembra sorpreso della mia richiesta, il sistema AWD capisce le mie intenzioni e carica le ruote posteriori: la EVO X si aggrappa e scarica a terra tutti i cavalli richiesti in modo decisamente efficace, anche se poco raffinato. La EVO X in questi frangenti continua a sembrare grossa ma incredibilmente capace, stupendo come quando si vede un grosso gorilla correre tra gli alberi con agilità. Sul veloce, poi, questa sensazione di auto grossa ed inarrestabile è ancora più vivida. Una volta che trovo la fiducia nello sterzo e nella tenuta dell’anteriore, posso provare a chiedere di più alla Lancer, in particolare in percorrenza ed in uscita di curva, dove i cavalli e l’impressionante coppia del turbo non danno alcun problema alla trazione. E’ un’andatura impressionante: la EVO fa a pugni con la strada e nel contempo tira testate alla fisica, saltando sui cambi di pendenza, impennandosi in accelerazione e puntandosi in frenata, senza che nulla possa modificarne l’andatura. Nelle curve più strette, a meno di volersi guadagnare l’inferno con sbandate rallystiche, il modo migliore per sfruttarla è rallentare a ruote dritte, in modo da non caricare troppo l’anteriore, mandarla in appoggio e appena si può usare l’incredibile trazione per scaricare tutta la prepotenza del MIVEC a terra.
Purtroppo le palette del cambio sono solidali con il piantone: sarò poco coordinato io, ma spostare le mani nelle sterzate più impegnative per ritrovare la paletta giusta mi infastidisce. Ora che stiamo andando più forte i freni vengono molto (ma molto) impegnati, ma parliamoci chiaro: la EVO X è capace di velocità devastanti e pesa molto, quindi è normale. E’ una guida “ignorante”: frena a fondo, curva, spalanca il gas. Il grosso del lavoro viene sbrigato dall’ottima capacità del telaio e delle sospensioni di gestire le forze in gioco, con uno sforzo ben avvertibile da dietro il volante. Alla ricerca di maggiore coinvolgimento provo a giocare un po’ con le inerzie, e dopo un paio di tentativi mi sembra di aver capito come sbloccare un ulteriore livello di agilità in fase di inserimento. Ciò che faccio è portare la frenata fino all’inserimento, impostare una traiettoria più squadrata e con un colpetto di sterzo “caricare” di più le ruote esterne. Ovviamente l’auto non sovrasterza nemmeno così, ma il posteriore si alleggerisce di una frazione, quel tanto che basta per guadagnare qualcosina in uscita. Ora non resta che affondare il pedale del gas sino al tappetino, così che la X torni ad accelerare come un Boeing con la sua voce da orco de “Il Signore degli Anelli” che ha picchiato il mignolino del piede contro una pietra. Si va fortissimo ma non sembra di essere vicino al limite, nemmeno lontanamente. Rallento. Paolino mi confida di essersi “spaventato” (ok, non l’ha detto così, ma avete capito), in netto contrasto con la mia sensazione di assoluta sicurezza. Penso che questo dica molto sulle capacità della EVO X: forse è un po’ inerte alla guida, un po’ distaccata e superba, ma per un eventuale passeggero tutto questo frenare a fondo e venire investiti dalla coppia in uscita di curva è un'esperienza ben più impressionante. Strano, ma vero. Ora però è giunto il momento che attendevo da molto. Accosto per farmi spiegare da Paolino il funzionamento della cloches: “La leva che sembra una maniglia è l’acceleratore: fletti in giù e darai gas, portarla di nuovo orizzontale e smetterai di accelerare. Se invece spingi tutta la leva in avanti azionerai i freni”.
Non provo nemmeno a farmi spiegare i pulsanti dei comandi secondari, quali frecce, fari ecc: già così mi sento teso, più di prima quando la Lancer divorava la strada. Piego le gambe, così che per riflesso non mi venga da schiacciare i pedali, metto il cambio in auto e ci siamo. Il movimento per accelerare, che assomiglia in tutto e per tutto al movimento che si fa per aprire una porta di casa con la maniglia, è stranamente naturale. Sarà che per ruotare il tutto si usano muscoli piccoli, sarà che è un movimento leggero, ma riesco a dosare il gas quasi da subito, anche se non ho la minima intenzione di provare ad andarci forte. La frenata...beh, è un altro discorso, quantomeno all’inizio. Portare avanti la leva è un’azione che nella mia mente impegna più muscolatura, quindi per quanto mi impegni al primo tentativo tiro una frenata esagerata: scusa Paolino. L’ho visto recentemente girare in pista e so che anche con questi comandi, con un minimo di esperienza, si può andare forte: ecco, io sono già felice di riuscire a rilassarmi un attimo e di percorrere l’ultimo tratto senza far danni. Anzi, riesco pure ad “aprire tutta la maniglia del gas”, così per capire che effetto fa. Ve lo dico: dovendo agire con la mano e sentendomi decisamente insicuro mi sembra che la EVO vada il doppio di prima. Quando arriviamo alla nostra “Batcaverna” (oggi siamo ospiti di un pazzo furioso di nome Amerigo che prima o poi porteremo sul Magazine…) sono talmente concentrato che mi sembra normale posteggiare usando i comandi di Paolino. Che esperienza: quando scendo parto a raccontare a Gabri, Seba e Fede di questi ultimi metri e solo dopo gli parlo della EVO X a cannone. Grazie Paolino!
Considerazioni finali
L’ultima delle EVO non è perfetta ma a suo modo è impressionante: è come vedere un peso massimo di boxe fare sacco in palestra. Grande, grosso e grezzo, eppure inequivocabilmente efficace. Ciò di cui si sente un po’ la mancanza è la capacità di immergersi nell’azione. La EVO sa fare tutto da sola, o quasi, e sembra disinteressarsi di te come guidatore. “Stupido umano: schiaccia i pedali con la massima forza possibile e goditi la violenza”. Lo sterzo in particolare, unito alla pesantezza della Mitsu, è davvero tarato per obbligarti ad un voto di fiducia: poi, con l’esperienza, finisci per fidarti della macchina, ma in un angolo del cervello resta sempre il dubbio che tu stia per volare nei boschi. Il doppia frizione è grezzo ma efficace e con i suoi difetti di velocità forse (forse forse) ripaga in “divertimento” ciò che gli manca in velocità. Perché diciamolo, gli iperveloci DSG e compagnia bella passano da un rapporto all’altro così rapidamente da assomigliare al variatore di uno scooter.
La EVO X è a suo modo un dinosauro: grossa, pesante e potente.
E chi odia i dinosauri?
Un grazie gigante a Paolino ed all’Antilag Club per la compagnia e la doppia esperienza di oggi. E’ stato davvero interessante e per nulla spaventoso.
Per me almeno, vero Paolì?
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