porsche 911 (992) carrera cabriolet
- l'evoluzione (forse) della specie -
“...Quando torno sul gas il posteriore scarta di lato, recupera trazione senza costringermi a correggere e la 992 esce dalla curva con un unico movimento fluido, il gas a tappeto e quegli ultimi 1000 giri/minuto che chiudono il cerchio. Bello, si, ma per godersi questa meraviglia della messa a punto bisogna davvero andare forte, troppo forse. E’ come avere un bellissimo paesaggio con davanti un muro e una finestra per guardare fuori posizionata troppo in alto e troppo scomoda da raggiungere…”
La Porsche 992 Carrera è una delle auto che più mi ha confuso. E’ veloce e tecnica, eppure è come se gli ingegneri abbiano deciso di nascondere queste caratteristiche in alto, tanto in alto da non poter essere raggiunte dall’utente medio. Che, anzi, deve “accontentarsi” della qualità di bordo degna di un Concorde e dell’infinità di elettronica al servizio del guidatore.
Mi chiedo, ma per questo non c’è già la Panamera? In nome della versatilità estrema, non ci stiamo forse perdendo le peculiarità? O forse sto solo invecchiando male?
Sto veleggiando a 70/80 km/h verso il percorso del test. Il cambio automatico PDK a 8 rapporti oscilla tra la 6° e la 7° marcia, con il motore poco oltre il regime minimo. Nonostante io abbia premuto il tasto per “aprire” gli scarichi (la prima cosa che ho fatto...) dal motore nascosto lì dietro arriva solo un lontanissimo brontolio. Inizia a piovere e, tramite il display TFT di destra, l’auto mi informa di essere passata automaticamente in mappa “Wet Mode”. Che, al contrario di quello che potreste pensare (maiali!) è la modalità più castrante di tutte, che mette al riparo i piloti più distratti da eventuali perdite di aderenza, ammorbidendo ancora di più la risposta del gas e delle sospensioni. Se mi svegliassi per magia dentro questa auto e non mi funzionassero gli occhi avrei difficoltà a percepire di trovarmi a bordo di una Porsche 911. Dico di più, avrei difficoltà a percepire di trovarmi al volante di una sportiva. Una GT, forse, ma non una di quelle da brividi sulla schiena. Mi viene da dire una parolaccia a mezza voce.
Impressioni a ruote ferme
La 911 (992) Carrera Cabriolet è un’auto decisamente sicura di sé. Spavalda, direi, in particolar modo questo esemplare quasi full-black, se non consideriamo la capotte e le cinture di sicurezza marrone/bordeaux. Un colore tipo foglie autunnali molto bello. Ok, già vi sento là in fondo che gridate “si ma è sempre la solita 911!”, lasciatemi dire una cosa però: se una linea funziona, è originale ed è bella, perchè rivoluzionaria? Che poi, parliamoci chiaro, la Porsche 911, sotto la “solita” pelle, evolve con estrema capacità di modello in modello, spostando l'asticella sempre più in alto a livello di prestazioni e fruibilità. Ecco, forse in alcuni casi un po’ troppo verso la fruibilità, per i miei gusti, perché gli ultimi modelli per qualche motivo mi lasciano un po’ freddino. GT3 a parte, ovviamente. Infatti mi rendo conto di non essere impressionato come dovrei davanti a questa 992 Cabrio. Io non sono un tipo da cabrio, ok, ma cerco di analizzare cosa mi sta disturbando. E’ troppo grossa? Massiccia? Poco “focalizzata”? Le giro attorno. Il frontale mi piace, semplice e indiscutibilmente 911, con il dettaglio dei fari a 4 “punti luce” che fa un po’ Predator. Il tre quarti anteriore è liscio e muscoloso ma la 992 sembra poco aggressiva, troppo rassicurante.
Il posteriore, che se vogliamo è da sempre il tratto distintivo della 911, è poi quello che mi convince meno. Per farla breve, sembra disegnato dalla dietologa della Kardashian, tanto è tondeggiante e massiccio. La “gobba” tipica delle Cabrio e i due scarichi tondi integrati nel fascione paraurti non fanno altro che enfatizzare la quantità di superficie liscia che sto guardando. Ok, ci sono gli sfoghi dell’aria d'ispirazione retrò a sovrastare la copertura del motore, ma non posso fare a meno di pensare che qua la situazione sia sfuggita un po’ di mano, a livello di dimensioni. Non mancano, però, le note di merito: il dettaglio della luce di stop a led che taglia in due verticalmente il posteriore è bello da vedere, così come il classico spoiler retrattile che ora, quando si solleva, solleva un'intera sezione del posteriore. Sono solo io a pensarla così? Sembra di sì. Gabri è piacevolmente colpito dal posteriore dell’auto quindi potrebbe essere, come sempre, solo questione di gusti.
I cerchi da 20 e 21 pollici, neri anch’essi, hanno una linea retrò che apprezzo molto ma che, incredibilmente, sembrano di dimensioni appena sufficienti per non sfigurare nei passaruota rigonfi della 992. Mentre Gabri scatta foto dei dettagli esterni afferro la particolare maniglia che scompare a filo carrozzeria, apro la portiera e mi calo nell’abitacolo.
L’unica 911 con cui posso fare paragoni è la 996 che abbiamo testato qualche mese fa (qua trovi il link della nostra prova) e devo dire che la 992 è indiscutibilmente discendente della stessa specie. I sedili, ad esempio, ricordano incredibilmente sia nella forma che nella “postura” quelli della 996, aggiungendo però un po’ di "sostanza", come il sostegno lombare e delle spalle. Davanti a me, al centro come da tradizione, c’è un contagiri analogico con fondoscala a 8000 giri/minuto. La lancetta è fissata al centro da un cono lucido ma non cromato, esattamente identico a quello che si trova sulle 911 d’epoca. Bravi ragazzi, questa è pura classe. A sinistra del contagiri c’è il tachimetro, digitale ma dalla grafica classica, mentre a destra c’è uno strumento multifunzione che comprende le varie temperature e le modalità di guida.
Il volante è rivestito in morbida alcantara grigia e anche qua non posso che fare i complimenti a mamma Porsche. Bello, anche se, guardando le razze del volante, me ne esco con un: “ah...qua manca un pezzo…”, salvo poi essere spernacchiato da Gabri. In sostanza, la superficie interna delle razze volante che contengono i comandi per l’infotainment. Ecco, tra questi comandi e la razza c’è una cavità (volutamente creata per alleggerire la volumetria del volante), ma la mia impressione è che mancasse la finitura estetica in acciaio satinato dei comandi stessi (come invece è presente su Macan), e ci sono delle viti a brugola a vista. Che vi devo dire, sono un ragazzo semplice. Cercando la posizione di guida ideale mi rendo conto, di nuovo, che questa 992 è davvero più grande di quanto mi aspettassi. Quello che mi fa pensare alle dimensioni di questa Porsche sono i comandi della regolazione (altezza e inclinazione) del sedile. Mi spiego. Questi comandi sono, come spesso accade, sul lato sinistro della seduta, incastrati tra portiera e sedile stesso. E’ una zona raggiungibile un po’ a tentoni, di solito, a meno di agire con la portiera aperta. Nessuno sa esattamente cosa ci sia disegnato su questi tasti, perchè in pochi li hanno mai visti...Sulla 992, invece, lo spazio tra la portiera ed il sedile è talmente ampio da riuscire senza problemi non solo ad usare i comandi, ma anche a voltarmi per guardarli e capire come si usano. Non è un difetto, ovviamente, ma è indice di un abitacolo davvero ampio. Porto avanti il sedile, questa volta tramite una semplice leva meccanica, alzo un po’ il volante ed eccoci: la posizione di guida è perfetta, con il volante dritto davanti a me, le gambe distese e le spalle rilassate. Il volante copre in parte gli strumenti, lasciando libero solo il bellissimo contagiri e devo dire che per me va bene così.
Ci si sente a casa da subito, pronti a fare festa, e con festa intendo guidare alla grande. Seguo la linea rettilinea del cruscotto, verso la mia destra, che riprende le vecchie “mensole” delle 911 classiche. Sopra spunta il cronometro tipico del “Chrono Pack”, che non so come si usi ma è bello da vedere. Abbassando lo sguardo, proprio in mezzo all’abitacolo, c’è uno schermo gigante (10,9 pollici, leggo sul sito Porsche…) da cui si può accedere alla navigazione, alla radio e ad alcuni menu’ per modificare l’esperienza di guida, ma lo lascio perdere. Sul volantino, sotto la razza destra, c’è un piccolo selettore per le impostazioni di guida: mi basta quello, non sono qua per studiare un tablet. Appena sotto al megaschermo ci sono i tasti per aprire lo scarico e per l'impostazione più sportiva delle sospensioni, oltre che l’hazard. Se spostiamo ancora lo sguardo verso il basso troviamo il tunnel della trasmissione, piatto come una pista d’atterraggio, da cui sbuca il selettore del cambio PDK che sembra una chiave elettronica di accensione. Sembra un oggetto piccolo e fragile rispetto all’imponenza del tunnel, che fa tanto (troppo) Panamera e che devo dire non mi piace. E’ troppo grosso, così tanto da contenere senza problemi anche un portabicchiere (ma dai…) e una bracciolo/contenitore rivestito anch’esso in alcantara, oltre che un pozzetto cassaforte da 60 litri. No, quest’ultima cosa me la sono inventata, ma secondo me ci starebbe senza troppi sforzi.
La sensazione, se non considero il volante sportivo, il contagiri analogico e la perfetta posizione di guida, è quella di stare in una grossa berlina di rappresentanza. C’è della qualità vera, ma sono confuso da ciò che vedo rispetto a ciò che mi sarei aspettato. Giro il selettore a sinistra del piantone, che riproduce la vecchia chiave di accensione, e la 992 si accende con un rumore timido. Eh no, così non ci siamo. Spengo, metto la vettura in “Sport-Plus”, schiaccio il pulsante dell’apertura degli scarichi (il disegnino sul tasto a me sembra un binocolo, deviazione mia) e riaccendo la vettura. Ora il 3.0 biturbo si accende con un boato degno di nota ma per nulla maleducato o eccessivo. Mi chiedo perché mai qualcuno voglia un suono più ovattato e sordo di così su una sportiva. Otite? Acufene? Confusione mentale? Non so, la gente è strana.
Esco dall’auto e guardo la 992. Non è brutta, assolutamente, ma c’è un “sì...però...” che continua ad affacciarsi alla mia mente e che non saprei definire. Forse, semplicemente, non mi colpisce come dovrebbe.
Su strada
Se possibile, quando arriviamo sulla strepitosa strada del test, sono ancora più confuso. Il viaggio sino a qua è stato degno di una prima classe, con la 992 che non ha smesso mai di coccolarci con un certo distacco professionale, tipo Hostess Lufthansa. Il cambio ha snocciolato i rapporti, morbidissimo come se invece dell’olio nella scatola del cambio ci fosse miele. L’auto è silenziosa, ovattata, quasi timida. Un maggiordomo. In un tratto un po’ più libero ho messo il cambio in “M” e il manettino in “Sport”, ma anche così la 992 risulta semplicemente troppo restia a lasciarsi andare per invogliare a prenderti qualche secondo di pura gioia al volante. Scalo un paio di rapporti e, tenendo il motore più pronto, accelero un po’ più a fondo per sfruttare i buchi nel traffico, ma smetto subito. Mi sono sentito stupido, fuori luogo, come una battutaccia da bar ad un matrimonio. Per fortuna siamo arrivati: davanti a noi si snoda un bel tracciato misto che si trasforma in un tecnico percorso veloce. E’ quasi il crepuscolo e in giro non c’è praticamente nessuno. Quindi, per quanto la 992 provi a sembrare una Jaguar, è ora di darsi una sveglia. Porto il manettino su “Sport Plus”, scarico e sospensioni settate sul “datevi una mossa”, cambio in 2° marcia e affondo il pedale del gas. Il 3.0 finalmente tira fuori un po’ di voce e mi regala una risposta immediata e convinta, con la coppia che mi fa affondare leggermente nel sedile. Questo motore riesce a sviluppare 450 nm costanti tra i 1950 e i 5000 giri/minuto (!), ed in effetti non c’è alcuna sensazione di turbo-lag. Ciò che la 992 regala è una costante e vigorosa ondata di coppia sempre disponibile. La spinta non è veramente speciale, perchè siamo in un’epoca in cui una vettura da 385 cv per 1550 kg non è più considerata “veloce” in senso assoluto, ma gli ingegneri Porsche hanno deciso di fare un piccolo dono a noi irriducibili. Guardo la lancetta salire, in 3°, oltre 6500 giri/minuto e quando mi attendo di dover cambiare marcia il 3.0 cambia voce, trova tra le sue innumerevoli centraline il programma “violenza” e sale con vera ferocia fino a 7500, quando il limitatore mi coglie quasi impreparato. Ora si che me la rido di gusto: questa ulteriore botta di potenza è meravigliosa quanto inaspettata. Questi ultimi mille giri sono il piccolo monolocale in cui hanno confinato i nostalgici dell’aspirato Porsche. Tra i 6500 ed i 7500 giri/minuto mi sento a casa, a mio agio e pienamente soddisfatto nel godermi un momento speciale alla guida della migliore ingegneria tedesca.
Ora, non voglio sembrare ingrato: il 3.0 biturbo Porsche è probabilmente il miglior turbo moderno che abbia mai testato, in quanto a coerenza di erogazione, adattabilità e godibilità, ma quegli ultimi 1000 giri sono esattamente il manifesto di ciò che avrei voluto in tutti gli altri giri: eccitazione, lieve sudorazione e scoppio di risa. Porsche ha lavorato per rendere questo turbo il più simile possibile ad un grosso aspirato, rendendo l’erogazione attraverso i giri motore una scalata verso il divertimento e non solo una banale richiesta di potenza. C’è riuscita, ma, pur facendo questo sforzo, il 3.0 lt manca di quella eccitazione meccanica presente negli aspirati Porsche. Fino a poco tempo fa, nel dire una cosa del genere, avrei abbassato di un tono la voce per non farmi sentire e non farmi dare del “talebano arretrato”. Non fosse che la stessa Porsche è tornata sui suoi passi, installando di nuovo gli aspirati sulle Cayman e Boxster più spinte dopo le lamentele dei porschisti, delusi dai 2.0 turbo delle versioni base. Ah, la casa di Stoccarda ha anche dichiarato che “la serie GT3/GT4 resterà sempre aspirata”, in nome del puro godimento che questi motori regalano alla guida. E adesso, chi è il talebano? Se poi ci mettiamo che il suono del turbo è un po’ carente di note speciali, tranne che in quegli ultimi 1000 giri/minuto… Insomma, avete capito. Continuo a giochicchiare con il cambio e con il motore che, lamentele da ultras a parte, è impossibile da trovare impreparato o poco pronto. I paddle al volante sono solidali allo sterzo e si trovano sempre nella posizione in cui te li aspetti, per fortuna, ma anche qua Porsche sembra averli fatti qualche centimetro troppo corti, come a dire “ci sono i paddle ma cerca di usarli il meno possibile, senti l’automatico come va bene senza che tu debba metterci mano...”. Ora che sto affrontando la parte “toboga” del percorso, però, nelle curve più strette devo muovere la mano per raggiungere correttamente la paletta e non è il massimo. Dopo l’assoluto sfoggio di ergonomia su tutto il resto dell'abitacolo permettetemi di dubitare che questo sia un semplice “errore” da parte di Porsche. Comunque sia, ad un ritmo da GT, l’aderenza che la 992 sta sfoggiando è sontuosa, la vettura va in appoggio con un minimo movimento dello sterzo e resta solida come una roccia, eppure non mi sento completamente coinvolto. Come per il motore, però, anche qua c’è il trucco. Una volta acquisita la giusta fiducia, quando si decide davvero di darci dentro esce fuori il DNA Porsche, quello che gli ingegneri hanno tentato di coprire con badilate di Panamera. Imposto una curva da seconda marcia, freno a ruote dritte, inserisco e poi torno con forza sul gas. L’anteriore, scarico e leggero anche attraverso il volante, si “impenna”, con gli pneumatici anteriori che lottano con il sottosterzo e quelli posteriori che “spingono” l’anteriore, invece che aiutarlo a curvare. La 992 in questo momento risulta goffa ed improvvisamente pesante, ma grazie alla pura impronta a terra degli pneumatici riesce a curvare. Ok, cambiamo approccio.
Curva successiva, sempre da seconda ma molto più chiusa della prima. Freno a fondo fino al punto di corda, sfruttando i freni tipicamente Porsche, quindi forti, decisi e regolabili al millimetro. Ora la 992 si percepisce profondamente diversa. Come da tradizione, caricando l’anteriore, questo si scrolla di dosso ogni insicurezza e si aggrappa alla traiettoria desiderata, quasi come se gli avessi dato un coppino per svegliarlo. Quando torno sul gas il posteriore scarta di lato, recupera trazione senza che debba correggere e la 992 esce dalla curva con un unico movimento fluido, il gas a tappeto e quegli ultimi 1000 giri/minuto che chiudono il cerchio. Bello, si, ma per godersi questa meraviglia della messa a punto bisogna davvero andare forte, troppo forse. E’ come avere un bellissimo paesaggio celato da un muro ed una finestra per guardare fuori posizionata troppo in alto e troppo scomoda da raggiungere. Appena si scende un po’ con l’impegno, magari cercando una linea più morbida o frenate meno decise, la 992 ritorna ad essere un po’ annacquata, quasi ti dicesse “sono brava, sono bella, cosa vuoi di più, lascia perdere e goditi il sole”.
Nel tratto veloce la 992 sfoggia ancora più stabilità e un’aderenza assurda, alternando qualche momento di puro Porschismo a momenti di indifferenza, quasi di distacco. Entro in una sinistra-destra-sinistra, leggermente in contropendenza. La prima curva, arrivando da una forte frenata, è un’unica pennellata in equilibrio tra anteriore e posteriore. Appena la 992 si raddrizza lascio il motore sfogarsi per qualche attimo agli alti regimi, veloce curva a destra con un colpetto di freno giusto per convincere l’anteriore che si, stiamo ancora giocando, di nuovo full gas e forte frenata per l’ultima sinistra, con l’anteriore perfettamente accordato e il posteriore che scivola in modo naturale. Quando è così, beh, la 992 è un’auto godibile, anche se forse manca un po’ di pura forza bruta al motore. Ma per questo c’è la sorella “S” da 450 cv… La posizione di guida non è mai meno che perfetta e ogni comando ha il giusto peso, ma per il mio gusto c’è una patina di “artificiosità” che non mi fa urlare al miracolo. Ad esempio, il servosterzo elettronico non è il massimo della tattilità. Ci prova e per essere un comando elettronico è quasi miracoloso, ma non venitemi a dire che assomigli ai vecchi comandi Porsche perchè, beh, non è vero. Per altro, il netto passaggio tra “wow” e “che noia” che la 992 sfoggia in base all’impegno del guidatore si riflette anche sulla percezione delle dimensioni dell’auto. Può sembrare grossa, pesante e poco agile ed al tempo stesso sentirla stringersi sul pilota quando ci si impegna sul serio. Anche quando è in vena di divertirsi, però, sembra sempre un po’ troppo larga per la strada su cui ci troviamo, che vi assicuro è una strada da bacio in bocca a chi l’ha disegnata. Ancora confuso? Meno di prima, ma può andare bene così. Accosto, il test è finito.
Considerazioni finali
La 992, al tramonto, mi appare più bella di prima, con i riflessi oro e rossi che donano a tutto quel nero una specie di aura luminosa che la fa sembrare più snella e leggera.
E’ bipolare, la 992: una splendida donna (o uomo, fate voi) anaffettiva il 90% del tempo, per il restante 10% è tutta abbracci e baci. Così, giusto per enfatizzare la delusione per ciò che sarebbe potuta essere. Voi direte, esiste la GT3 proprio per questo motivo, per donare alla serie 992 il massimo della tattilità, ma io non credo sia così semplice. Credo che un mondo in cui guidare una 911 non sia sempre un evento da ricordare con assoluta gioia sia un posto in cui c’è qualcosa che non funziona a dovere, se si parla di auto. Ok, la 911 è sempre stata la più “normale” tra le sportive, l’unica con cui è possibile vivere la quotidianità con un certo equilibrio. Ma “normalità” non significa “banalità”: avere una 911 come unica auto dovrebbe significare poter accedere ad una vettura speciale in ogni momento, sia in coda in tangenziale che sulla vostra strada preferita, sia che si parli di Carrera “liscia” che di GT3. E, mi spiace, la 992 di oggi non è stata sempre speciale, brillando con forza solo in alcuni momenti di impegno assoluto e vivacchiando in 6°, 7° e 8° marcia per il resto del tempo.
Forse, però, sono io...
Un ringraziamento a Simone di RS Detailing di Leinì ed a Giancarlo, il proprietario di questo magnifico esemplare di 992 Cabrio, per averci permesso di provare questa vettura speciale.
Date un’occhiata al negozio di Simone, è in grado di trasformare una bella verniciatura in qualcosa di unico, molto meglio di come la vostra auto sia uscita dal concessionario.
Grazie!
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