Alfa romeo mito quadrifoglio verde (qv)

- MiTolga una curiosità... -

Nonostante l’impegno di Max Pezzali come sponsor, l’Alfa Romeo Mito non ha mai fatto breccia nel cuore degli appassionati. A distanza di anni, com’è guidare la versione top di gamma Quadrifoglio Verde?

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5 novembre 2020| scritto e pensato dalla mente malata di M.Carito | editato e corretto dal pensiero distorto di Gabry | Inquadrato, scattato, editato dalla mano mossa di Gabry

Oggi c’è una nebbia incredibile, talmente spessa che persino i suoni sono assorbiti da tutto questo bianco. Mi aspetto che da un momento all’altro salti fuori uno di quegli zombie di “Io sono leggenda” con Will Smith. O peggio ancora, un impiegato dell’Ufficio Riscossioni, un commercialista... insomma un mostro terrificante pronto a succhiarti il cervello come un Mojito. Mi avvio verso l’appuntamento per il test di oggi un po’ preoccupato. Non tanto per le foto, che immagino saranno molto suggestive, quanto per il test dinamico. Se le condizioni restano queste, serviranno gli omini con le palette segnaletiche fluorescenti, tipo aeroporto.

Vi dico la verità: l’auto che oggi abbiamo in test eccita molto più gli altri due arrugginiti di me. E’ uno di quei modelli che ho sempre guardato con un certo distacco e che non mi ha mai particolarmente incuriosito. Una di quelle che quando te ne parlano, non riesci a dire altro che: “mmm si, sì, boh, non male dai…” solo per cambiare discorso. Simone, il ragazzo che ci ha concesso la sua auto per questo test, lo conosco da un paio di anni e credo si sia accorto di questo mio atteggiamento in passato. Scusa Simò...

Arrivo all’appuntamento ma non trovo nessuno. Mi chiama Simone che mi avvisa “Ehi Marco dove sei? Noi siamo già arrivati, aspettiamo solo te”. Morale della favola, la nebbia era così fitta che non li ho visti nonostante fossero a qualche decina di metri da dove mi ero parcheggiato.

Quella che Gabri ha già iniziato a fotografare e Baffo a riprendere, completamente inumidita, è una Alfa Romeo Mito “Quadrifoglio Verde” del 2011, “QV” per gli amici. Il colore rosso amaranto e i cerchi scuri contrastano bene col monocolore lattiginoso tutto attorno a noi. Nata come la cugina che è andata alle scuole private della Grande Punto Abarth, la Mito QV è l’evoluzione massima del progetto Mito. Lo stile riprende qua e là il design della strepitosa Alfa Romeo 8C Competizione. Beh, questa era l’idea iniziale del centro stile: non dev’essere semplice far assomigliare una compatta ad una sportiva, per di più così bella come l'Alfa 8C. Fari anteriori e posteriori, calandra e scudetto anteriore ricordano quelli della supercar ma la storia finisce qui. Impossibile non accorgersi che la 3/4 anteriore sia troppo stretta e alta, impressione opposta, invece, se osservo la 3/4 posteriore che sembra bassa e larga. Forse sono io che ho la nebbia fin dentro le cornee. Comunque, non è brutta, ed è decisamente diversa dalla Grande Punto che, rispetto a lei, è la cugina delle case popolari. Quel che mi piace sul serio è lo stemma del quadrifoglio verde su sfondo bianco appena sopra il passaruota anteriore. E’ uno dei loghi più fighi mai tirati fuori nel mondo dell'auto, da quando, nel 1923, Ugo Sivocci lo dipinse sulla propria Alfa Romeo RL prima della Targa Florio. Alla faccia di quelli studiati in grafica...

Il logo disegnato da Sivoldi nel 1923 sulla sua Alfa Romeo RL - Fonte
Ugo Sivocci, pilota e grafico pubblicitario di talento, tutto in uno - Fonte

I cerchi da 18 pollici riempiono bene i passaruota, anche se avrei gradito un assetto più basso. Sotto il cofano anteriore c’è un 4 cilindri, il 1368cc turbo “Multiair” da 170cv. Ora, chi mi conosce sa che non sono proprio affezionato ai turbo Fiat, ma questo sembra diverso, almeno sulla carta: la potenza massima viene erogata a 5500 giri, scongiurando l’effetto diesel di alcune realizzazioni "made in Fiat". Spezzo una lancia sulla schiena degli ingegneri Alfa (era così?) che, per migliorare la base Grande Punto non eccellente, questa volta si sono impegnati a fondo. Lo schema sospensivo resta classico: Macpherson anteriore e ponte torcente posteriore. La QV, però, ha le sospensioni a controllo elettronico. Onnipresente il manettino “DNA” che consente di impostare sterzo, risposta del gas, intervento del controllo di stabilità e sospensioni. La “D” sta per Dynamic e rappresenta il setting più sportivo tra i 3 selezionabili. Le altre due lettere della sigla me le hanno spiegate più volte ma non le ricordo. Erano comunque le meno interessanti. Altra cosa interessante è la presenza del differenziale elettronico, denominato “Q2”, che utilizza i freni anteriori per simulare l’intervento di un differenziale autobloccante. Mentre mi domando se il tutto funzionerà (sono un vero fan dei differenziali autobloccanti meccanici) noto che anche nell’impianto frenante c’è del buono. Dietro ai cerchi anteriori ci sono dischi da 305 mm con pinze a due pompanti. Oh, ve l’ho detto che si sono impegnati. Mentre spostano l’auto avanti e indietro per le foto sento il timbro rauco di questo esemplare, che è originale in tutto e per tutto tranne che nella linea di scarico, decisamente più libera. La nebbia inizia a diradarsi e sono curioso di capire se tutto questo lavoro di ingegneria abbia portato ad un’auto piacevole da guidare.

Salendo a bordo, la Mito è molto più ordinaria che dall’esterno. La plancia ha un rivestimento simil-carbonio ma non c’è molto da dire, è un abitacolo un po’ giù di tono” e curiosamente lo spazio sembra più piccolo di quello che avrei immaginato guardandola da fuori. Il design del volante mi colpisce: la parte centrale è veramente grossa e bombata. Forse, in caso di incidente, al posto dell’airbag si gonfierà un gommone da salvataggio con tanto di capitano? Non ho voglia scoprirlo, ma la curiosità è tanta. I sedili, in stoffa nera, hanno anch’essi un aspetto un pò anonimo ma, una volta seduto, sono comodi e imbottiti nei posti giusti. Sarò fatto male io, visto che riscontro questo difetto in molte delle auto che provo, ma penso i sedili dovrebbero scendere un pò più in basso. Riesco comunque a trovare una posizione di guida comoda, con il volante vicino e le braccia piegate un po’ più del solito, tipo pilota da turismo. Imposto il manettino in “D”, cercando di ricordare cosa volessero dire le altre lettere di “DNA”. Forse mi ricordo: “N” sta per “Nulla di chè” ed “A” per “Allora non hai fretta sul serio”. Difficile… Non importa, mi verrà in mente.

Si inizia a guidare, la nebbia ci da tregua. Oggi, però, mi dovrò accontentare: niente stradine di campagna. Vuoi per lo scarico dritto, vuoi perchè mi aspettavo di peggio, questo motore mi stupisce in positivo. In modalità Dynamic, l’acceleratore da una forte botta ad ogni movimento del piede destro. Ok, non è un MIVEC Mitsubishi e non gira alto come piace a me, ma superato il generoso turbo-lag spinge con decisione fin quasi 6000 giri, contro ogni mio pronostico. La cosa che più mi piace è che sembra quasi felice quando lo spingo su di giri, al contrario di molti turbo moderni, con un bel vocione, un'erogazione pronta e scoppiettii di felicità. Bene. Il cambio manuale è ben rapportato per tenere il 4 cilindri oltre i 2500 giri, così da evitare il lag, e non si impunta. Per aiutarlo e per piacere personale tento un punta tacco, cosa che riesce anche grazie alla corretta spaziatura tra i pedali in metallo dall’aspetto un pò aftermarket. Aumentando il ritmo mi rendo conto che, anche in Dynamic, le sospensioni non irrigidiscono mai realmente. C’è un po’ di rollio in curva e l’auto in appoggio scarica molto le gomme interne. Ok, questo è un pò meno “Quadrifoglio”. C’è però il modo di usare questo rollio: se rilascio il gas in inserimento, si può far allargare di qualche grado il posteriore per aiutare l’entrata in curva. Non devo mai correggere un eccessivo sovrasterzo, ma si percepisce chiaramente che l’auto può essere aiutata a girare dal posteriore ed è sempre un bene, in particolare per una trazione anteriore. Quel che mi lascia un pò perplesso è il funzionamento del Q2, il differenziale elettronico. Quando torno sul gas dopo una curva, in particolare con l’asfalto umido come quello di questa mattina, l’azione è un po’ “seghettata”. Si sente chiaramente che c’è qualcosa che tenta di chiudere la traiettoria, o meglio, prova a non farla allargare, ma non è una sensazione lineare. E’ come se ogni tanto funzionasse, in una scala da 1 a 10, 8, per poi scendere a 4 la curva dopo e 10 quella successiva. Non so se ho reso l’idea, comunque potete giocare i numeri al lotto sulla ruota di MIlano e Torino. Dopo aver tentato di capire il Q2, non ho più fatto completo affidamento sul sistema. Gas nel modo più pulito possibile, come se non ci fosse l’autobloccante o presunto tale e Amen. Per altro, come mi conferma Simone, le pastiglie anteriori si consumano ad una velocità impressionante se si guida in modo sportivo, perché vengono usate dal Q2 per rallentare la ruota interna alla curva per simulare l’autobloccante. Ora mi rivolgo a lei, Ing. Pino Cudue: bravo, ma per me è no. Sono un uomo semplice e continuo a pensare che un buon Torsen avrebbe trasformato l’esperienza di guida, rendendo più divertente e affilata la Mito, un po’ più da “Pro”. I freni, invece, sembrano buoni. La MiTo rimane stabile anche pestando sul pedale centrale come se sotto ci fosse un ragno da mezzo chilo da schiacciare. Attraverso lo sterzo passano poche informazioni, è il classico servosterzo elettrico Fiat, ma non è completamente muto come in altre applicazioni. Ad esempio si sente il Q2 che fa cose strane ed anche il carico alle ruote anteriori che si alleggeriscono in fase di accelerazione e si caricano in frenata.

Raccolgo le idee mentre la MiTo si allontana all’orizzonte. La QV è un’auto che comprerei? No, direi di no. La sua dinamica e le sue caratteristiche tecniche sono troppo poco “profonde” per attirarmi. Il motore spinge, è felice di farlo e prende giri velocemente. L’assetto tende al morbido ma permette ai più smaliziati di usare il rollio per convincere il posteriore a dare una mano in curva. Atteggiamento un pò vintage ma tutto sommato piacevole. Il Q2 a mio avviso è uno spreco di cavi e centraline, ma è meglio che non averlo.

Devo dire, però, è decisamente meglio di alcune tra le più blasonate sportive italiane compatte.

Mentre scrivevo questo pezzo ho fatto un paio di ricerche ed ho scoperto che nel 2010 l’Alfa Romeo presentò la concept della MiTo Gta: motore da 240cv, niente sedili posteriori e aspetto cazzuto.

Solo a me sembrava un’ottima idea?

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