Mini (Jcw) Gp prima serie

- gp come Gran Pezzo, giusto? -

Ci sono le sportive e poi le vetture ancora più estreme, derivate dalle sportive. Se noi già sbaviamo per le prime, per le seconde serve l’aspiratore per la saliva del dentista. Oggi abbiamo una di quelle auto costruite da uno stretto manipolo di ingegneri e appassionati, gente irrimediabilmente romantica con una sola cosa in testa...

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23 novembre 2020| scritto e pensato dalla mente malata di M.Carito | editato e corretto dal pensiero distorto di Gabry | Inquadrato, scattato, editato dalla mano mossa di Gabry

Ho sempre adorato le auto da guida “estreme”. Attenzione, non quelle con millemilioni di cv, il peso di un autotreno e più controlli di un Boeing 787. Parlo di quelle affinate, svuotate del superfluo, quella razza a parte che mi vien da chiamare “Road Racer”. Quelle dove è stato eliminato qualsiasi orpello, in cui gli ingegneri si sono scervellati solo e soltanto per migliorare la guida, l’efficacia e le doti stradali. I costruttori che hanno avuto il coraggio di muoversi verso questa direzione fatta di scomodità, rumore ed impegno hanno realizzato dei mezzi davvero speciali. Sono auto intense anche da ferme e questo perchè spesso rappresentano la versione hardcore di auto già speciali. Ok, vi faccio degli esempi. La Ferrari 360 Modena, trasformata in Challenge Stradale, con tanto di finestrini in Lexan. La Porsche 911 trasformata in GT3/GT2, con la gabbia tubolare al posto dei sedili posteriori. La Lotus Elise evoluta in Exige. Ma, allontanandosi dal mondo dorato delle supercar, pensate anche solo alla Megane Rs lavorata e affinata dal reparto Renault Sport fino ad ottenere la meravigliosa R26R, un’auto pazzesca. E cosa dire della Honda Integra TypeR originale, con il suo motore da moto a due tempi? Capite? E’ come conoscere uno che batte Usain Bolt nella corsa ed è anche più affascinante, con la barba incolta e lo sguardo cazzuto. Uno che va dritto al punto, senza troppe cerimonie. Forse piace più agli uomini che alle donne, ma adesso non facciamo troppo i pignoli...

Le Case non puntano solo alla leggerezza per creare queste “Road Racer”, è più complesso di così. Altrimenti la Panda Van dovrebbe chiamarsi Panda Gt3. No, c’è da affinare, potenziare, rendere più “Pro” le proprie creature sganciandosi da tutte quelle cose noiose come l’usabilità, il comfort, la facilità di utilizzo, i costi di produzione o l’estetica. Me lo immagino così il Paradiso degli Ingegneri, pieno di gente appassionata che parla di grammi in meno, carico laterale e flessibilità delle sospensioni sgranocchiando cornetti in fibra di carbonio.

Queste versioni hanno un'aura strana attorno, distintamente percepibile se sei malato di motori. Tipo Ken Shiro, avete presente? Si vede che è ben messo già quando è tranquillo, ma quando gli viene voglia di menare le mani i vestiti si polverizzano ed è tutta un’altra cosa.

Potete quindi immaginare la mia felicità quando, senza alcun preavviso, ci hanno proposto una Mini Cooper S John Cooper Works GP, uno dei 2000 esemplari prodotti da Mini nel 2006. Anzi, per essere precisi, prodotta negli stabilimenti di Bertone a Grugliasco (TO) su specifica commissione Mini. Avremo uno dei 200 esemplari destinati al mercato italiano. Precisamente, quella con il numero progressivo “1096” ben impresso sul tetto sopra la testa del guidatore...

Piccolo retroscena. Anni fa ebbi a disposizione per un paio d’ore una Mini Cooper S, primissima versione. Mi piacque moltissimo, un’auto che sprizza divertimento da ogni poro. Le gomme ai quattro angoli, la carreggiata che sembra larga quanto l’auto è lunga, la capacità di curvare e la poca inerzia percepita mi hanno conquistato. E’ una piattaforma talmente buona che anche nelle versioni meno potenti, la Cooper liscia o persino la D, si ritrova questa propensione al divertimento. Come si fa a non volerle bene? Il motore “umile” di derivazione Chrysler Pt Cruiser (ve lo eravate scordato eh?) inaspettatamente non è così male, ed il compressore volumetrico regala un’accelerazione costante, da grosso aspirato. Quel giorno successe però che, durante il test, improvvisamente il motore della S iniziò a non spingere più. Pensai seriamente di averlo rotto e vi lascio immaginare la mia faccia al pensiero di doverla riportare al concessionario con 40 cv in meno. Quando arrivai all’autosalone mi svelarono il segreto: si era semplicemente scaldato troppo il compressore volumetrico. E’ bastato farlo raffreddare per avere di nuovo tutta la potenza a disposizione. Feci finta di non vedere gli sguardi accusatori e me ne andai...

Ecco, quell’aura di cui vi ho parlato, ora è qua davanti ai miei occhi. Mentre chiacchiero con Flavio, il proprietario, non riesco a staccare gli occhi dalla Mini. Come tutti gli atleti, non fa grande sfoggio di muscoli, è più cesellata nelle forme e sembra piena di energia anche da spenta. Gli ingegneri avevano a disposizione un’ottima base da cui partire, la Mini Cooper S John Cooper Works che, con i suoi 211 cv ed il suo comportamento stradale, era già all’apice della catena alimentare per quel che riguarda le piccole bombe. Come si affina qualcosa di già speciale? Semplice: qualche cv in più, assetto, freni, aerodinamica ed un po’ di dieta. Scendiamo nel dettaglio. Il motore ha 7 cv in più ed un pò più coppia (218 cv e 255 Nm) ottenuti da un intercooler più efficiente (sta a vedere che questa non mi lascia a piedi!), iniettori maggiorati e una mappatura elettronica dedicata. L’assetto è stato rivisto con molle e ammortizzatori speciali e addirittura (prendete fiato) con bracci longitudinali inferiori della sospensione posteriore (respirate) in alluminio. I freni sono stati potenziati ed è stato installato uno splitter anteriore più basso, oltre ad un maschissimo spoiler posteriore in vero carbonio. L’auto così configurata è stata poi messa a dieta, perdendo circa 50 kg rispetto alla JCW di serie. Se siete preoccupati per la prova costume vi spiego come hanno fatto: set di cerchi alleggeriti da 18 pollici, rimozione del divanetto posteriore e via anche una parte del materiale fonoassorbente. Al posto del divanetto c’è, in bella vista, una barra satinata. I tecnici Mini non hanno mai spiegato se questa abbia una reale funzione di irrigidimento, ma voglio crederlo. Non so perchè, ma adoro le auto con le barre al posto di morbidi cuscini e tessuti. Chissà cosa direbbe Freud. No, forse non voglio saperlo.

Dopo aver scambiato due chiacchiere con Flavio capisco subito che è uno di noi. Fortunatamente mi rivela che questa Mini non l’ha comprata a scopo investimento, l'ha comprata per guidarla. Flavio ha una vera passione per la guida, un lungo elenco di auto interessanti alle spalle e tutta l’intenzione di godersela facendo schizzare la GP sulle sue strade preferite. Menomale, non c’è nulla di più triste di una sportiva ferma solo per far salire la sua quotazione, inutile e sola.

Poi dimmi cosa ne pensi, in pratica non l’ho ancora guidata... Come Flavio? “Si, l’ho ritirata la scorsa settimana a Roma, e ci ho fatto solo autostrada. Sei il primo a guidarla come si deve.

Pressione? Ma vaaaaa….

Entriamo nella GP. Posso dirlo? Sono un po’ deluso. Mi aspettavo che tutta quella focalizzazione ben chiara all’esterno fosse presente anche dentro, ma mi sbagliavo. Dentro la GP sembra una Mini qualsiasi, sempre che non ti metti a cercare il sedile posteriore e non fai caso all’eco che arriva da dietro. Volante, pomello, radio: tutto ordinario, senza magia. Ma la cosa più fuori luogo sono i sedili. Intendiamoci, sono dei Recaro in pelle nera, belli e contenitivi, ma sembrano presi da un’auto molto più grossa e lussuosa. Che so, una Mini moderna, di quelle da aperitivo, per intenderci. Persino il design dello schienale è un po’ troppo standard, poco in linea con l’indole dell’auto. Non riesco a togliermi dalla mente che certamente peseranno molto. Già immagino la faccia di quei poveracci che hanno lavorato notte e giorno per limare qualche kg qua e là per l’auto quando gli han comunicato che avrebbero montato delle poltrone Frau che manco Mastrota nelle offerte per anziani. Sono anche troppo imbottiti, mi sento un po’ troppo alto, qualche centimetro troppo “fuori” dalla vettura. Lo dico sottovoce a Fulvio ed anche lui concorda. Mi aspettavo dettagli più semplici: un pomello liscio, un volante rivestito di alcantara più sporgente verso il guidatore e sedili così bassi da sentire i sassolini sollevati dalle gomme colpirmi il sedere.

In verità, non me lo sarei mai aspettato, ma in questi primi chilometri a velocità “codice della strada” tutta l’auto appare un po’ timida. Il motore emette un suono civile ed è trattabilissimo, anche grazie alla vellutata coppia sviluppata dal 1,6 compresso. Sterzo, cambio e freni sono solo marginalmente più “fisici” di una Cooper S liscia. Mi sarei aspettato di trovare quella impazienza propria delle auto più estreme, con più energia repressa. A ricordarmi però che questa è un’auto speciale ci pensa l’assetto, che appare già flessibile ma al tempo stesso decisamente controllato, insieme al differenziale autobloccante meccanico (sempre sia lodato) che non si nasconde per nulla nemmeno quando si va a spasso.

Dopo foto e video di rito, finalmente, è il momento di saltare sulla GP e capire di che pasta è fatta. Improvvisamente tutto sembra avere un senso, come se la GP si fosse scrollata di dosso il torpore con un bel caffè. Quest’auto si diverte e si impegna solo quando la si prende per la collottola e la si lancia sulla strada, come un gatto arrabbiato. Il modo in cui affronta le curve è assolutamente brillante, con un assetto frenato ma al tempo stesso malleabile, da perfetta stradale. Sembra che riesca a trasferire il carico attraverso tutti gli angoli della vettura, curvando piatta come un grosso kart. Il motore non è forte come mi sarei aspettato da una vettura da 218 cv per 1090 kg, ma non appare lenta, spingendo fino al limitatore posto a 7200 giri, appena sopra il picco di potenza. Lo sterzo è diretto, veloce e grazie alla rapidità con cui la vettura va in appoggio, sembra seguire sempre la traiettoria desiderata. Affronto le curve senza mai frenare troppo, e mi affidando alle capacità magnetiche dell’assetto della GP. Per quanto io maltratti il cambio, lui butta dentro i rapporti con un minimo movimento del braccio, senza mai un problema. Sono felice come un bambino. Mi rendo conto che questa Mini si guida con l’acceleratore più che col volante. Se entro in curva abbastanza forte si sente l’anteriore cedere un pelo al sottosterzo, ma è solo una sensazione transitoria tra la frenata e il ritorno sull’acceleratore. Appena ridò gas, il differenziale scaraventa l’auto al punto di corda, permettendo alla GP di ruotare attorno ad un perno invisibile che passa attraverso l’auto da qualche parte appena dietro ai sedili. Quando prendo dimestichezza con questo meraviglioso modo di curvare posso scegliere se affondare il gas per chiudere la curva oppure ritardare il ritorno del gas per far allargare l’anteriore, così da centrare sempre la linea che preferisco. E’ una comunicazione telegrafica con l’acceleratore, lo uso per regolare l’angolo di attacco in curva, passando dai freni al gas sempre più rapidamente. Mi sento immerso ed impegnato, mai impaurito da un processo logico troppo complicato. Ora si che la GP si comporta da vera “Road Racer”. Andiamo su e giù per i tornanti con la GP che schizza come una biglia da una curva all’altra alla ricerca della traiettoria giusta, usando quel poco di corsa degli ammortizzatori per tenere sotto controllo la scocca senza mai trovarsi in balia del manto stradale. Non voglio un briciolo di rigidità di più. So che in altri test, su strade molto rovinate, i piloti si sono lamentati di una certa irrequietezza della Mini. Oggi, tra gli alberi sfocati dalla velocità, questa GP è eccezionale. Il suono poi è un pò particolare: un mix tra un grosso generatore elettrico ed un mostro da film horror, un grido acuto da donna maledetta che viene a trovarti nella notte perché hai lasciato la tavoletta alzata. Non so dirvi se mi piace, ma è particolare. Io e Flavio ce la ridiamo di gusto ma, mentre affronto la discesa per l’ultima volta, mi rendo conto che qualcosa non va. No, non è il compressore ed il motore spinge bene. “Non frena più” dico timidamente a Flavio. I freni alzano bandiera bianca e protestano con il loro caratteristico odore. Le pastiglie un po’ vecchiotte, forse i tubi dell’impianto standard (non tubi in treccia), non so. Restituisco le chiavi a Fulvio che sa già dove intervenire. Restituisco la GP n°1096 con una certa riluttanza.

E’ stata un’esperienza purificante. Come già detto, adoro le auto focalizzate unicamente sulla guida, però ho sempre paura che poi su strada si rivelino frustranti. Che tutta quella specializzazione di cui mi riempio la bocca quando parlo di auto alla fine sia eccessiva, fuori scala, nel mondo reale? Come andare a caccia di zanzare con un fucile a pallettoni, per capirci. La Mini GP non è nulla di tutto questo. Se fosse mia, monterei immediatamente sedili più snelli, darei un’occhiata ai freni (appena smettono di fumare…) e me la godrei ovunque. Sicuramente la userei per andare avanti e indietro per le mie strade preferite, alla scoperta di nuovi percorsi, un po’ anche in pista, per portare un po’ di gioia nella mia quotidianità. Che poi, a ben vedere, è esattamente ciò che un’auto per appassionati dovrebbe fare. A maggior ragione se così speciale. Lasciate perdere i numeri, quelli vanno bene chiacchierando al bar o per giocare al lotto. Il divertimento è altrove. Questa Mini è come un cucciolo pieno di energia, forte, divertente e pieno di voglia di vivere.

Fidatevi, se potete, compratene una. Non rimarrete delusi.

Anche perchè, serial killer a parte, conoscete qualcuno a cui non piacciano i cuccioli?

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