honda s2000

- La moto più stabile al mondo, la Honda S2000 -

”...Sono in 3°, alleggerisco il gas un filo prima della veloce destra, che sparisce dietro di me senza quasi girare il volante, l’assetto rimbalza sulla strada ma sembra comunque non incidere sulla traiettoria e non riesco ad ordinare al mio cervello di rallentare. Sto veramente godendo troppo. Eccoci in rettilineo di nuovo, 4°, ora la spinta è meno forte ma il suono, grazie al rapporto più lungo, è più ululante, pura ferocia. La 90° gradi a sinistra, eccola, ci stiamo arrivando con un suono che manco le Valchirie in quei giorni lì. Freno forte, l’S2000 sembra premere con tutte e 4 le ruote a terra, quasi abbia il potere di distribuire il peso con qualche magia e la velocità viene eliminata con efficacia. Punta tacco, i giri salgono talmente veloci che tra una cambiata e l’altra schizzano in alto quasi fossimo su una superbike, 3°, punta tacco, 2°, mollo i freni e giro il volante…”

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27 agosto 2021| scritto e pensato dalla mente malata di M.Carito | editato e corretto dal pensiero distorto di Gabry | Inquadrato, scattato, editato dalla mano mossa di Gabry

E’ stato chiaro a tutti, dieci minuti dopo la presentazione, che la Honda S2000 sarebbe diventata una “instant classic”, come dicono quelli che hanno fatto l’Erasmus. Il perché è sotto gli occhi di tutti: siamo nel 2001 e nella categoria in cui si sfidano la bellissima ma obsoleta BMW Z3, la tranquilla Audi TT, l’odontoiatrica Mercedes SLK e la talentuosa ma castrata (sia mai che possa andare meglio della 911…) Porsche Boxster, all’improvviso arriva Honda con la presunzione di realizzare una spider superiore in ogni singolo ambito progettuale. Prima cosa è una cabrio che nasce progettualmente come cabrio e non una coupé cui hanno asportato il tetto. Questo aspetto garantisce all’auto capacità torsionali eccezionali, fondamentali su una vettura aperta. Il telaio, per esempio, è strutturato come nelle vetture da competizione. Poi no, nessun motore adattato e preso paro-paro dalla produzione, ma un propulsore nuovo di pacca studiato ad hoc, chiamato F20: un 2000 cc aspirato da ben 240 cv a 8500 giri\minuto, che a casa mia sono 120 cavalli\litro. Roba che all’epoca per trovare qualcosa che si avvicinasse bisognava scomodare la Ferrari 360 Modena. La trazione è ovviamente posteriore, il cambio manuale a sei rapporti e la disposizione dei pesi è 50:50. L’assale posteriore è impreziosito dal differenziale autobloccante meccanico e, per non farsi mancare nulla, la carrozzeria è interamente in acciaio. Insomma, 1250 kg di focalizzazione e ricerca della prestazione. Mettiamoci poi uno sterzo che più diretto non si può, una ergonomia eccezionale ed un suono capace di far voltare anche il più insensibile guidatore e l’S2000 è pronta. Ah, è anche bella, tra l’altro, cosa che non si può assolutamente dire di tutte le Giappe prodotte fino a quel momento, anzi. E’ chiaro a tutte le avversarie, ma proprio tutte, che in un paragone diretto il rischio di fare figuracce è molto, molto probabile. Cosa che infatti succede ripetutamente nei test di gruppo dell’epoca dove, dopo aver distrutto le versioni “base” delle avversarie, l’S2000 se la prende anche con le versioni più spinte, tipo Boxster S e Z3 3.0, uscendone a testa altissima. Certo, c’è chi dice che l’erogazione del motore sia troppo “on-off” e che la nuova Honda sia un mezzo troppo focalizzato e troppo “per piloti veri”, a causa delle reazioni fulminee del telaio. C’è persino chi lamenta il fatto che sia troppo aggressiva per poterla usare per andare all’aperitivo, ma si sa che in giro c’è gente strana che giura di volere un sportiva e poi si lagna che lo sia veramente… Personalmente amo le vetture hardcore, da sempre, quindi, oltre a chiedervi di non controllare la mia cronologia di Google, considero tutte queste caratteristiche come medaglie al valore per il lavoro fatto da Honda. Che poi c’è poco da esser stupiti, in realtà: Honda ha già dimostrato di saperci fare sul serio con la NSX, l’Integra TypeR e tutta una serie di vetture urlanti che sembrano nate apposta per rovesciare l’establishment consolidato del campo automotive. Lo dico, perché così potete accusarmi a ragion veduta di “essere di parte”: ho posseduto diverse Honda e con una Integra Type R (la n°1950) ho vissuto alcuni dei migliori momenti di guida della mia vita. Adoro la visione di Honda, il suo essere senza compromessi e la sua costante ricerca della perfezione ingegneristica che contraddistingue le migliori creazioni della casa della H. Vendetti la mia adorata Integra per comprare il soggiorno di casa, con il programma, di lì a breve, di fare il salto prestazionale proprio con una S2000. Poi, purtroppo, la vita alle volte è una meretrice ed ha programmi diversi dai tuoi. Mannaggia. No, non sto piangendo, mi è entrato il VTEC nell’occhio…

Impressioni a ruote ferme

Con queste premesse personali potete immaginare con che spirito mi avvicini alla S2000 di Jacopo che, oltre a permetterci il test di oggi, ha anche organizzato questo week-end nella terra dei motori con un menù a base di Lamborghini. Insomma, gli vogliamo bene di brutto. Quest’oggi con lui ci siamo dati appuntamento a Maranello, dove ovviamente tutto è marchiato Ferrari: semafori, vie, monumenti, tutto è rosso o comunque dedicato alla casa del Cavallino. Sul serio, è impressionante vedere quanto tutta questa città sia votata al mito Rosso. Ci dirigiamo verso le colline sopra Maranello, le cui bellissime strade sono il teatro di tutti i test Ferrari che vedete su Youtube e sulle varie riviste specializzate. Quando mi accorgo che anche l’asfalto tende ad una sfumatura rossa (giuro), non mi stupisco più di tanto…

L’S2000 di Jacopo, nera, non è propriamente stock. I cerchi sono da 18 pollici (arriva dalla Lituania ed ha solo quella misura a libretto…), ha un assetto a ghiera ed un doppio scarico posteriore che la fa suonare come una grossa moto da competizione. A distanza di 20 anni dalla presentazione, resta un’auto bella sia nelle proporzioni che nei dettagli. Prima di fare quella faccia, a voi anti-giappo (so che ci siete) chiedo di buttare un occhio al passaruota anteriore, bombato e quasi piatto nella sommità, puro atletismo al servizio della dinamica. Che dire poi della forma anteriore a freccia, con i fari allungati sui lati e la bocca anteriore rasoterra? E della coda, corta e tronca? Le fiancate, lisce e nel complesso semplici, mi ricordano nella filosofia quelle della prima 911 GT3: sembrano cesellate, senza un grammo di troppo, tese e senza bombature esagerate se non quelle strettamente necessarie a contenere la meccanica.


L’abitacolo è arretrato quel tanto che basta perché il motore e la trasmissione siano dietro l’asse anteriore, così da centrare le masse il più possibile. Da buona jappa, l’aggiunta di tocchi aftermarket come il lip anteriore e l’ala “airduck” sul baule posteriore non disturbano, anzi, amplificano la sensazione di focalizzazione e concretezza del tutto. Apriamo il cofano motore: l’F20, montato in posizione longitudinale, se ne sta rannicchiato verso l’abitacolo ma, con il giallo della testa, la scritta “HONDA VTEC” che ringhia ai passanti ed il grosso collettore di aspirazione a vista, ha l’aspetto di quei motori che vedi sotto la copertura posteriore di alcuni Formula. Cosa che in effetti è: in giro per il mondo, grazie alle prestazioni di cui sono capaci, sia l’F20 che il fratello montato sulle Civic, il K20, sono ancora utilizzati per alcuni campionati a ruote scoperte. Più la guardo e più capisco il perché, all’epoca, abbia gettato nello scompiglio le dirette avversarie: Con la S2000, Honda ha fatto quello che Toyota con la GR Yaris ha fatto oggi, cioè mettere in luce i compromessi, l’ingegneria “al risparmio” e la mancanza di coraggio di tutto il mercato, creando dal nulla una nuova nicchia “pura” nel segmento.

All’improvviso la risposta alla domanda “voglio una cabrio e mi piace guidare, cosa prendo?” diventa “Honda S2000, che domanda...”, a meno che non scegliate una meno focalizzata Porsche Boxster S, che comunque, nonostante il 3,2 lt a sei cilindri, vanta prestazioni inferiori. Apro la portiera ed entro. Ho sempre considerato il sedile un po’ troppo “normale” e poco hardcore rispetto ai Recaro ai quali mi sono abituato nell’Integra ma, nonostante questo, i sedili mi stringono per bene e sono montati praticamente a filo della bassissima scocca. L’ergonomia è talmente perfetta che, se mi lasciassi cadere come un burattino a cui tagliano i fili, le mani ed i piedi finirebbero comunque nel posto giusto. Il volante a tre razze è sorprendentemente piccolo, perfettamente verticale e molto vicino alla seduta, quasi in posizione da WTCC. Alla mia destra, esattamente dov’è cascata la mia mano, la Honda ha posizionato un pomello del cambio che dovrebbero studiare in ogni scuola di car design: un semplice, oblungo pomello di metallo lucido che sbuca di soli 15 centimetri dal tunnel della trasmissione. Perfetto è dire poco, sia per posizione che per la sensazione che dà alle mie dita. Ustioni a parte, si intende… La pedaliera è perfettamente centrata, la seduta è rasoterra e la linea di cintura della portiera mi arriva appena sopra la spalla.

Mezzo giro di chiave e il quadro strumenti, completamente digitale si illumina, caricando tutto il contagiri fino a 9000 prima di tornare al minimo solo per farmi capire che sì, qua si può fare. Il quadro strumenti è uno dei richiami stilistici più importanti che Honda ha voluto inserire in questo modello. Sembra infatti preso paro paro dalla McLaren Honda MP4/6 con cui all’epoca Ayrton Senna vinse il campionato del mondo di Formula 1 nel 1991. L’S2000, spenta e senza aver fatto ancora un metro, mi sta mettendo nell’ottica di guidare come se non ci fosse un domani. Questo magari non lo dico a Jacopo. Ora non resta che accendere l’F20: tastino rosso a sinistra del piantone ed il 4 cilindri si accende dopo quello che sembra un quarto di giro, caratteristica che la accomuna ai B-series dei miei vecchi amori Honda. Ecco un’altra cosa che mi ha sempre fatto impazzire, il modo in cui i motori altamente compressi di Honda si accendono al minimo giro di chiave, come se non vedessero l’ora di scatenarsi. Ok, la smetto, giuro…

Su strada

Ci sono auto che, meccanicamente, non vanno modificate a meno di essere un mezzo genio. Le Honda spinte, proprio a causa delle tolleranze con cui i tecnici hanno dovuto lavorare per ottenere risultati così estremi, sono alcune di queste. Metti un filtro dell’aria sbagliato e perderai decine di cavalli, assicurato. Per questo motivo è tutto il giorno che mi preoccupo per il test drive: l’assetto sembra troppo rigido e basso e gli pneumatici da 225 sembrano enormi a causa dei cerchi da 18 pollici. Eppure, ora che finalmente ci stiamo muovendo, non riesco a pensare ad altro che a quanto, nella S2000, alcuni aspetti spicchino sopra la media immediatamente. Prima cosa: il cambio. Il pomello scorre di pochissimi centimetri tra una rapporto e l’altro e sembra quasi che ci sia una molla o qualche congegno che “risucchi” il rapporto. Si cambia solo con il movimento del polso, 2°, 5 centimetri più su la 3° quasi “tirata dentro” del cambio. All’improvviso ogni singolo cambio testato fin’ora sembra rotto o difettoso, nella migliore delle ipotesi. Il pedale della frizione è tarato alla perfezione con il minimalismo del cambio: la corsa è cortissima e, a fondo battuta, picchia su qualcosa che emette un “clac” metallico. Può sembrare un difetto, eppure dopo 50 metri prendi il tempo della cambiata proprio con quel suono. Mano sul pomello, “clac” frizione giù e nel contempo muovi il pomello di qualche centimetro, frizione su. Non sto cercando “la prestazione” eppure la cambiata avviene in un attimo, velocissima. Se è mai esistito un movimento “bello” a livello meccanico è proprio quello che si fa per cambiare marcia in una S2000. Cerco di pensare ad altro che non sia quanto ami questo cambio, sposto l’attenzione davanti a me e mi rendo conto che il volante è diretto in modo pazzesco. Posso affrontare qualunque curva con pochissimo angolo di sterzo: mi lascio dietro una curva di 100\110° con una rotazione minima, roba di pochi gradi. Assurdo. L’S2000 non ti permette di andare “spedito” senza impegnarti perché, cambiando troppo presto, l’F20 resta distante dalla sua zona di follia e sembra quasi protestare dagli scarichi. Le critiche dell’epoca sul comportamento “o tutto o niente” sono vere, vi assicuro. Anche i miei timori sull’assetto, purtroppo, sembrano fondati, perché le sospensioni trasmettono anche le ondulazioni più leggere direttamente alla scocca e ci regalano un andamento saltellante. Dirò di più, quando l’asfalto peggiora sia io che Jacopo smettiamo di parlare, stringendo i denti in attesa delle “botte” che inevitabilmente arriveranno, un disagio che un po’ rovina l’esperienza di perfezione meccanica vissuta fin’ora. Il suono che esce dallo scarico è decisamente invasivo, con il 4 cilindri che protesta ai medi regimi facendo un suono tipo “UUUUUU” risonante e fastidioso. La risposta a questi regimi può imbrogliare, perché il motore cambia tonalità appena gli si da modo di respirare con tutta la farfalla aperta. Tra saltelli dell’assetto e iper-reattività dei comandi, si ha l’impressione di andare abbastanza forte, ma in realtà la ripresa che otteniamo non è nulla di ché, anzi, è quasi troppo poca per i moderni standard iper-pompati di coppia. In questi frangenti l’F20 è talmente fuori fascia di utilizzo da prendere i giri in modo quasi compassato, cosa che non ti aspetteresti mai da un prodotto di questo genere. Ma, ovviamente, la colpa è mia: non è così che va guidata una Honda S2000. Stretta a destra, piano che c’è un buco enorme e, davanti a noi, in leggera discesa, si apre un tratto di rettilineo che si immette in una veloce destra a vista ed in una 90° a sinistra che proprio sul punto di corda diventa in salita. Siamo in 2° marcia ed io non ce la faccio più a trattenermi: il mio cervello lancia da parte tutte le remore e schiacciando a fondo il pedale dell’acceleratore, l’F20 si schiude e mostra tutto il suo glorioso splendore. Il suono passa da un rumore prettamente di scarico ai medi regimi ad un fortissimo rumore di aspirazione, come se il motore si stesse caricando d’aria. Dai 6000 giri\motore in su tutto cambia: i giri iniziano a salire come se all’improvviso non ci fosse più nulla a rallentare il volano e la sensazione è quella di guidare una vettura da competizione nuda e cruda, una Gruppo A aspirata. E’ proprio il modo in cui si percepisce la meccanica dell’F20, martellante e folle al tempo stesso, a dare questa fortissima impressione. Quando i giri arrivano a 7500 giri\minuto, però c’è ancora un ulteriore salto in avanti. Il suono adesso prende d’assalto i timpani con le note più alte. Non riesco più a distinguere tra le note dello scarico e quelle dell’aspirazione e la potenza arriva in modo ancora più folle alle ruote posteriori. Sembra di sentire i pistoni volare nelle loro sedi e l’albero motore girare ad una velocità assurda, eppure non c’è vibrazione o imprecisione, il motore sembra perfettamente a suo agio, senza il minimo segno di ruvidità o sofferenza.

Sono in 3°, alleggerisco il gas un filo prima della veloce a destra, che sparisce dietro di me senza quasi girare il volante, l’assetto rimbalza sulla strada ma sembra comunque non incidere sulla traiettoria, non riesco ad imporre al mio cervello di rallentare. Sto veramente godendo troppo. Eccoci in rettilineo di nuovo, 4°, ora la spinta è meno forte ma il suono, grazie al rapporto più lungo, è ancora più ululante, pura ferocia. La 90° a sinistra, eccola, ci stiamo arrivando incontro con un suono che manco le Valchirie in quei giorni lì. Freno forte, l’S2000 sembra premere con tutte e 4 le ruote a terra, quasi abbia il potere di distribuire il peso con qualche magia, e la velocità viene eliminata con efficacia. Punta tacco, i giri salgono talmente velocemente che tra una cambiata e schizzano in alto quasi fossimo su una superbike, 3°, punta tacco, 2°, mollo i freni e giro il volante. Di rollio non ne avverto per nulla, così come di un eccessivo peso sulle ruote esterne, è un monolite di tenuta e agilità: come prima in frenata, il telaio riesce a distribuire il lavoro con un’efficacia eccezionale, direi professionale. L’altra cosa che succede, mentre riapro il gas con forza in 2°, è che la gomma anteriore striscia sul passaruota con un rumore appena meno fastidioso di quello del trapano del dentista. Rallento sul rettilineo successivo, Jacopo capisce tutto dal silenzio successivo al rumore molesto. “Sto cercando dei cerchi da 17 e un assetto meno estremo, pensa che così è tarato sul morbido…”

Non c’è modo, però, che questo mi distolga dal momento. I chilometri successivi sono tra i più divertenti che io abbia mai passato a bordo di un’auto. Però…ci sono dei però. Il motore è talmente estremo da non permettere, con tutto il bene che gli si può volere, un utilizzo soddisfacente a 360°. Se vuoi andare piano puoi farlo, se vuoi andare forte ancora meglio, ma se vuoi andare “spedito andante” mi dispiace, non puoi farlo. E’ intrinseco nella natura di questa vettura: se si vuole mantenere un ritmo allegrotto il motore non risponderà, obbligando spesso a scalare e lanciarlo su di giri, cosa che in alcuni frangenti potreste non avere voglia di fare. Che so, davanti ad una pattuglia, a vostra mamma, al datore di lavoro che pensa che siate in ufficio… Rifletto su queste cose ed il mio tempo a bordo della S2000 sta per scadere, quindi bando ai ragionamenti, torno a darci dentro. Mi fido al 100% della vettura: per quanto abbia forzato l’ingresso non c’è traccia di sottosterzo, in percorrenza è stabile e velocissima e sto tornando sul gas più in anticipo, limitando al massimo il tempo tra frenata/accelerazione. Di fronte a noi c’è la stessa curva a 90° di prima, che ora è a destra e arriva dopo un lungo rettilineo in discesa. Siamo in 4° piena, l’S2000 ulula tra i campi come uno Stuka in picchiata e freno molto ma molto più a fondo di prima, fino al punto di corda: l’S2000 adesso non è più piatta ma ha del beccheggio in avanti, lo splitter deve essere a pochi millimetri dall’asfalto, eppure resta perfettamente controllabile e sotto il mio sedile la sento stabile, inchiodata sulla traiettoria. Scalo due rapporti, non mi stancherei mai di usare questo cambio, mai. Via dal freno\concludi la sterzata\giù il gas: queste azioni mi sembra di eseguirle praticamente nello stesso momento, una roba che su strada avevo provato a fare solo con la RoadRunner. L’S2000 si inserisce e, nonostante sia in 2° ed abbia il piede a fondo corsa, non molla la presa con gli pneumatici posteriori se non per un attimo, un movimento minimo, prima di tornare sui binari. Lo sterzo, nonostante il carico di forze a cui è sottoposto, resta calmo, quasi sappia filtrare ciò che non è utile e trasmetta solo quello che in questo momento mi serve. Ho talmente tanta tenuta laterale da gestire una curva del genere senza sfruttare a pieno l’altra corsia, anzi, osservando quanta carreggiata resta alla mia sinistra mi rendo conto che avrei potuto tenere una traiettoria ancora più veloce. Rallento, farfuglio qualcosa a Jacopo mentre le endorfine si lanciano nel mio corpo urlando “banzai”. L’S2000 è un capolavoro: un capolavoro dal quale non scenderei mai.

Considerazioni finali

Scrivere test di auto è un esercizio di equilibrio. Da un lato ci sono quei valori oggettivi per definizione chiamati numeri, dall’altro ci sono le sensazioni, le emozioni e lo stato d’animo che una determinata vettura sa regalare. E’ difficile, vi assicuro, anche su un Magazine come Ruggine, che fa della soggettività il proprio punto di forza, non scadere nel tifo da stadio. Più o meno. Quindi, beh, parto da ciò che è chiaro: l’S2000 è un’auto che o si ama o si odia. Capisco chi sostiene sia lenta, magari dopo un giro veloce o dopo averla posseduta dopo un’auto turbo. Ed è vero: se non la guidi in modalità “giro della vita” il motore è pigro, indolente e poco prestazionale. Spendete 55 milioni (vecchio conio, alla Bonolis) e poi, in 4°, guardate il diesellone di vostro fratello che vi svernicia sfumacchiando in rettilineo mentre voi aspettate che il motore si svegli. Insomma, capisco il fastidio. Però, cari amici infastiditi, siete voi che avete sbagliato tutto. L’S2000 è semplicemente una delle vetture dal carattere più racing che possiate acquistare. Non fatevi ingannare dal fatto che sia una spider coi sedili in pelle. Va forte solo quando…andate forte. Richiede l’assoluta convinzione da parte del pilota di farlo, richiede la “vena chiusa” e l’assoluta mancanza di autocontrollo, oltre che una strada sicura. Quando farete tutto per bene, sempre che siate tipi per farlo, ciò che avrete in cambio è uno sterzo perfetto, un cambio più che perfetto ed un telaio dalle reazioni assolutamente professionali, veloci e sicure. Tutto questo lavora per farvi avere alcune delle migliori guidate della vostra vita, e vi assicuro che a 8500 giri/minuto della coppia vi frega come del Campionato di Tiro al Coriandolo. Per me, esattamente come detto da alcuni tester inglesi (che adoro) per la sorellina a trazione anteriore Integra TypeR, l’S2000 nel suo segmento rappresenta ciò che la 911 GT3 rappresenta per le supercar: un distillato di pura guida con il coltello tra i denti.

E noi adoriamo le GT3, o sbaglio?

Beh, i ringraziamenti a Jacopo meriterebbero un articolo a parte.

Quindi la faccio breve: ti dobbiamo molto Jaco, grazie mille.

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