volkswagen golf gti performance

- Forte come il lupo, aggressiva come Cappuccetto Rosso -

“La Performance va in appoggio, sul veloce, con una sicurezza e una noncuranza da far invidia a vetture ben più blasonate, tanto da entrare in territorio “supersportive” in quanto a capacità di spostamento da punto A a punto B. C’è solo da capire quanto voi siate irresponsabili, su strada pubblica, perché il limite della Performance è decisamente più in alto di quanto concesso da codice e buonsenso. La trazione anteriore, su asfalto asciutto, non è un limite, perchè la Golf sta facendo sfoggio di compostezza e trazione assoluta...”

La Golf GTI Performance è, versioni super esclusive (e costose) a parte, la GTI più hardcore che possiate guidare. Con ampi margini di miglioramento, quantomeno a livello di cavalleria, come dimostra la vettura in test. Considerato lo scarso impegno che richiede per accedere alle sue incredibili prestazioni, rende la TAV un inutile spreco di soldi. Una Golf GTI per tutti e con il resto si va a fare benzina.

InstagramFacebookTikTokYouTube
25 maggio 2021| scritto e pensato dalla mente malata di M.Carito | editato e corretto dal pensiero distorto di Gabry | Inquadrato, scattato, editato dalla mano mossa di Gabry

Domenica mattina, 8 meno qualcosa. Saluto, chiudo la porta, scale, entro in auto. Prendo l’autostrada, navigatore già puntato in direzione Ivrea. In giro non c’è praticamente nessuno, fuori c’è il sole e in radio trasmettono persino un pezzo decente al posto della solita Trap. C’è già di che essere felici o no? Arrivati a destinazione, ci attenderanno la bellezza di 1440cv contenuti in sole due auto. Non equamente, ma non facciamo i pignoli. Appena arrivati Omar, il generoso proprietario di tutta questa potenza, ci presenta le sue due creature. Una è blu, ha potenza a sufficienza da rallentare la rotazione terrestre e quando arriva lo fa con un suono che sembra preso pari pari da un film sull’apocalisse. Se Mordor avesse una scuola guida per orchi, penso userebbe proprio lei. Speriamo di parlarvene il più presto possibile perchè è una belva senza pari, ma oggi non siamo qua per lei...

Impressioni a ruote ferme

Quando riusciamo a staccare gli occhi dal mostro blu notte mettiamo a fuoco la vettura del test di oggi. E’ bianca come il latte, ha un aspetto rassicurante e fa a gara con le altre vetture nel parcheggio come “auto più anonima del giorno”. Una candida Volkswagen Golf GTI Performance, in versione “7,5”. Sostanzialmente si tratta del restyling della Golf 7 “pre Golf 8”. Robe da tedeschi.

Riassuntino: la Performance, rispetto alla GTI liscia, ha un abitacolo diverso, 15 cv e 20 Nm di coppia in più, impianto frenante maggiorato, pneumatici più aggressivi e differenziale autobloccante all’anteriore. Insomma, i contenuti sembrano esserci tutti, solo che non c’è modo di accorgersene, a meno di avere una laurea con master in “Golfologia applicata” all’Università di Wolfsburg.

Abbiamo già avuto, sulle nostre pagine, una rappresentante della stirpe “GTI”, una Golf GTI 8V Mk2, per l’esattezza (qui trovi l’articolo). Era un’auto seria ma molto caratterizzata, direi indubbiamente “GTI”. Questa che abbiamo di fronte oggi, invece, mi lascia un po’ freddino. Seguendo il solito copione del gruppo VW-Audi ultime decadi, la GTI Performance si presenta come una Golf un po’ accessoriata. Ok, ha dei paraurti un po’ più “mascelloni”, il doppio scarico posteriore e qualche scrittina “GTI” qua e là, ma siate sinceri: quante Golf avete visto, in giro, che somigliano ad una prima occhiata a questa? Magari diesel, a metano, o semplicemente non GTI? Persino i grossi cerchi da ben 19 pollici, vestiti di (questi si) grintosi pneumatici Pirelli P-Zero Nero da 225/35, riescono a sembrare timidi. Questo un po’ per il disegno poco audace, un po’ perchè la carrozzeria a 5 porte (unica disponibile…) appare grossa, alta e per nulla “incazzata”.

Se poi ci aggiungi che questa GTI è anche in versione “Performance”, ecco, la mia confusione mentale aumenta. Credo che neanche Pablo Escobar avesse la necessità di essere tanto anonimo negli spostamenti. Nemmeno la tradizionale striscia rossa attorno alla mascherina anteriore, che qua “entra” persino nei fari anteriori, o le pinze rosse con su scritto “GTI” riescono a dare un po’ di memorabilità all’insieme.

Non è brutto, assolutamente, ma è un design al quale sono stati eliminati minuziosamente tutti gli spunti di discussione. Un design molto “Democristiano”, in pratica. Io e Gabri ci guardiamo e continuiamo a bofonchiare cose senza senso, cercando di articolare uno spunto qualsiasi sulla linea della Golf. Gli spunti ce li da Omar: “Questa è la mia daily car, è tutta stock…” Pausetta suspance, perché uno che si presenta con un mezzo da più di 1000 cv la parola stock non sa nemmeno come si scrive. “Tranne per l’aspirazione, lo scarico rivisto con lo spostamento del catalizzatore il più distante possibile dal motore, mappa e aggiornamento software DSG...” Altra pausetta, sorride. “Ha rullato 339 cv”. Stock eh? Il nostro amico pensa che “stock” sia il rumore che fai quando sbatti la testa contro qualcosa ma nulla a che fare con le auto. Beh, ora l’interesse è aumentato di una tacca, in effetti.

Apro la portiera e salgo a bordo. Ecco, quel che vedo mi piace di più. I sedili hanno un disegno avvolgente e sono rivestiti in alcantara antracite con dettagli rossi, quindi zero pelle per fortuna. Appena ci appoggio le mie terga sopra i fianchetti mi tengono bello fermo al mio posto, e questo si che fa “GTI”.

Il volante ha un disegno molto “leggero”, con razze sottili e il centro rotondo. E’ distante anni luce dai volanti cicciottelli che troviamo sulla concorrenza e mi ricorda (alla lontana eh) i tempi dei volantini a calice. Altro tocco promosso a pieni voti. Dietro il volante troviamo una caratteristica della Performance: la strumentazione è tutta digitale, un impressionante schermo ad alta risoluzione che potrebbe tranquillamente pagare il canone, se solo in Rai ci pensassero. Ha una grafica chiara: a sinistra il contagiri con la linea rossa a 6500 giri/minuto ed al centro l’indicazione del rapporto inserito, a destra il tachimetro “analogico” e indicazione centrale della velocità espressa in numeri. Bello e ben leggibile il font usato, un po’ anni ‘90. Vecchio dentro? Sì, e infatti mi piace. Insomma, tra il diversamente stock di questa GTI e gli interni, il morale si è rialzato decisamente.

Omar ci porta a fare un giro per “iniziarci” alla Golf, prima di lasciarci il volante. Sarà che conosce le strade, sarà che è abituato a ben altro, il giro è “interessante”, tanto che poco prima che Omar mi lasci guidare lo rassicuro che no, io non ho alcuna intenzione di guidare come lui. Ride, scende dall’auto, ed eccomi dietro al volante.

Su strada

Ci troviamo su una scorrevole e deserta strada secondaria di campagna, con molte curve a vista, rallentate dalle onnipresenti rotonde, spesso in mezzo al nulla. Imposto il cambio in manuale e prendo il controllo attraverso le palett... non sono palette. Dietro al volante, sulle razze, ci sono degli anonimi pulsanti in plastica per l’innesto dei rapporti. Sia alla vista che all’utilizzo sono in tutto e per tutto assimilabili al tasto di un joystick, con un piccolo “click” ogni volta che vengono premuti.

Perchè? Cioè, ok l’automatico DSG, ma per quale motivo eliminare del tutto la parvenza di una connessione meccanica con il cambio? E’ come se in VW ti dessero la possibilità di usare le “palette” ma poi te le nascondessero per impedirti di farlo. Cerco di tenere un ritmo conoscitivo, sfrutto la coppia e non affondo mai il gas con aggressività. L’assetto è decisamente “umano” e assorbe come se nulla fosse le asperità del manto stradale. Impressionante considerando che le gomme hanno la spalla da 35, di solito preludio di una dinamica tipo tavola da pranzo. Il suono, nonostante lo scarico rivisto, è contenuto a livelli accettabilissimi. Si può chiacchierare con un tono di voce basso senza problemi. Lo sterzo è morbido, tranquillo e richiede pochissimo sforzo nel mandare in traiettoria l’avantreno. La sensazione che trasmette è puramente digitale, come se dietro al volante ci fossero solo i sensori di velocità e di posizione e non un asse dello sterzo vero e proprio. Se chiudessi gli occhi potrei tranquillamente affermare di trovarmi a bordo di una veloce berlina da famiglia. Che so, Audi A4 Avant o robe così. Per ora nulla di questa esperienza è “Performance”. Anzi, in effetti nemmeno “GTI”. Mentre dico a Gabri queste cose guardo il tachimetro per la prima volta. La velocità che leggo è assurdamente alta. E quando dico assurdamente, fidatevi, non sto esagerando. Eppure nessuno dei due se n’è minimamente reso conto, io sono in modalità “conoscitiva” e stiamo chiacchierando tra noi. Ok, ho dato un po’ di gas sulle marce alte ma nulla di più, eppure la Golf sta letteralmente aprendo in due la campagna. E’ assurdo. A questo punto, beh, proviamo a farla sudare. Clicco ripetutamente sulla “paletta” sinistra, scalo due rapporti, 2° marcia, e affondo il pedale del gas. Il duemila turbo, serie E888, è lo stesso che abbiamo già testato e che troviamo in varie salse nel Gruppo VAG. Come sempre, questo motore mi coglie lievemente impreparato a livello di coppia, perché tra i 2000 e i 4000/4500 giri minuto la spinta che riesce a imprimere, dopo una leggera sbandata dell’anteriore, è davvero impressionante per forza e costanza. Peccato che, come sempre quando abbiamo a che fare con questo motore, alle mie orecchie il suono arrivi lievemente...tonto. E’ tipo un muggito che, anche se sale di tonalità vicino alla zona rossa, non aggiunge mai nuove note al “Muuuuu” di base. In effetti, senza guardare il contagiri, si tende a cambiare attorno ai 5000 giri o qualcosa di più, senza spingerti sino ai 6300/6500 giri del limitatore. Il perchè è molto semplice: l’accoppiata “suono bovino” e il sensibile calo della curva di coppia dopo i 4500 giri/minuto invitano chi guida a passare al rapporto successivo ben prima di arrivare alla zona rossa. Anche se, devo dirlo, in questo esemplare il buco che di solito segue la “botta di coppia” è davvero minimo, forse grazie alla mappatura azzeccata del propulsore. Insistendo sul pedale destro, infatti, il 4 cilindri riprende vigore sino al limitatore.

Affronto le curve in modo scorrevole e provo a dare gas sempre più presto e con maggiore convinzione. Ora stiamo andando decisamente forte, eppure il telaio, le sospensioni e lo sterzo continuano a restare muti come la vostra compagna quando vi dice “non ho niente!”. La Golf GTI va in appoggio, sul veloce, con una sicurezza e una noncuranza da far invidia a vetture ben più blasonate, tanto da entrare in territorio “supersportive” in quanto a capacità di spostamento da punto A a punto B. C’è solo da capire quanto voi siate irresponsabili su strada pubblica, perché il limite della Performance è decisamente più in alto di quanto concesso da codice e buonsenso. La trazione anteriore, sino ad ora e su asfalto asciutto, non è un limite, perchè la Golf sta facendo sfoggio di compostezza e trazione assoluta, restando un’auto sicura e velocissima in queste curve da 3°, 4° e 5° marcia. Ormai da qualche minuto stiamo girando in una sorta di “anello” nel mezzo della campagna eporediese e, a furia di ripeterlo, ho forse trovato un paio di punti che potrebbero scalfire questa fastidiosa spavalderia teutonica. In particolare, c’è un tratto dopo un lungo rettilineo dove si affronta una stretta sinistra-destra, con quest’ultima che apre su un rettilineo piuttosto lungo che permette quindi di accelerare a fondo in uscita. Arrivo dal rettilineo e, facendo finta di non leggere la velocità, mi attacco ai freni. L’impianto maggiorato della Performance si dimostra all’altezza, smaltendo la velocità in eccesso senza fare una piega. Il mio misuratore di G interno mi dice che l’anteriore è molto carico, eppure sotto il mio sedere il telaio della Golf fa giusto un ondeggio leggero, restando sempre bello educato e con il posteriore saldamente al suo posto. “clicco” la 2°, entro nella prima curva a sinistra ancora sui freni e poi, con il telaio ancora impegnato, mollo il gas e imposto la destra successiva. Mi aspetto che la Golf sbandi sulle quattro ruote o che il posteriore si ribelli, invece lei resta perfettamente composta. Quando torno sul gas, in 2°, l’anteriore perde aderenza, con un accenno di sottosterzo ben avvertibile, alleggerisco un pelo il gas e, quando il differenziale a slittamento limitato comincia a mordere, torno a dare tutto gas. Il lavoro del differenziale è ottimo: per mandare in crisi l’anteriore ci vuole uno stile di guida “o la va o la spacco” e, anche quando questo avviene, basta alleggerire un filo il carico sull’avantreno perché tutto torni sotto controllo.

Ho scalfito la sicurezza della Performance? Insomma. Quando ripasso nello stesso punto ancora più arrembante, basta lasciare la 3°. Al ritorno sul gas l’anteriore resta più stabile, il differenziale lavora meglio e, grazie alla coppia ed alla trazione sensibilmente migliore, esco ancora più forte dalla S. Su questa strada, con questi pneumatici, non capisco perchè qualcuno dovrebbe scegliere una trazione integrale piuttosto che una anteriore come la Performance. Semplicemente è inutile, anche con 340 cv che scaricano sull’asse anteriore. Da originale deve essere praticamente impossibile mettere in difficoltà questa Golf GTI Performance, a meno di lanciarsi di proposito in un campo. Avevo detto ad Omar che non era mia intenzione guidare la sua Golf con il suo ritmo, eppure mi ritrovo, quantomeno nei tratti in cui la strada è a vista, a procedere con lo stesso devastante ritmo, meno di dieci minuti dopo essermi seduto dietro al volante e senza averla mai guidata prima. Non sono io che sono un fenomeno, tutt’altro. E’ merito delle capacità della Performance. Non è solo questione di telaio e stabilità. Togliete dall’equazione “guida a cannone” la difficoltà nell’inserire i rapporti, trovarsi al giusto regime di motore in uscita di curva e gestire i trasferimenti di carico. Quel che resta è solo la velocità. Ora, questo è impressionante e penso che diversi ingegneri tedeschi, se leggessero queste righe, piangerebbero di gioia: la Golf GTI Performance gestisce perfettamente 100cv in più di quelli deliberati da casa Madre come se fosse la cosa più semplice del mondo. E senza particolari accorgimenti o impegno eccessivo dal guidatore. Anzi, mettendolo vagamente in disparte.

Considerazioni finali

La GTI non sembra un’auto felice di andar forte, diciamo che lo fa perchè sa farlo senza problemi, ma appena il ritmo si abbassa, lei si rimette a girare sorniona come un’Audi da rappresentanza, con tanto di DSG che passa automaticamente in “D”. Cosa resta nella testa di chi guida, per giunta molto forte, un’auto come lei? Certamente non il suo sound che, come detto, è soltanto il mero sottoprodotto della combustione. Non il telaio, che sembra sempre troppo impegnato a fare le cose fatte bene per scambiare due chiacchiere, così come lo sterzo. I freni sono molto efficaci ma dopo qualche pestata decisa sventolano bandiera bianca. L’unico aspetto realmente eccitante al volante della Golf GTI Performance è il ritmo che si riesce a mantenere. Nelle ore successive della giornata, mi sono trovato a rincorrere la belva da 1000 e più cv sulle stesse stradine del test. Vi assicuro che, rettilinei a parte, questa Golf su strada non ha paura di nessuno. Però cos’è il ritmo senza eccitazione di fondo? Vi dirò di più, una volta passata la “botta da velocità”, anche il ritmo impressionante di cui è capace la Golf diventa (quasi) normale. Normale in un mondo in cui velocità da codice penale in autostrada possono essere tenute su stradine di campagna, attaccandosi ai freni prima delle curve e uscendo sparati come proiettili, il tutto chiacchierando del più e del meno con chi siede di fianco.

Performance tanta, in effetti. Noia, un pochino. Omar, cosa si diceva dell’altra? Quella blu che lancia fiamme dal posteriore...

Un ringraziamento speciale a Omar che, oltre ad averci regalato questa esperienza, produce un miele spettacolare. So che c’entra poco col pezzo di oggi, ma è la pura verità. Tanti cavalli sotto al cofano, vita rurale, aria pulita, lontano da smog e traffico: mostraci la via, oh maestro!

Date un'occhiata all’azienda di Omar, ecco il sito: www.mielegatta.it

Ti è piaciuto l'articolo?

Supportaci cliccando sul pulsante qua sotto!

Ruggine Magazine è gratis. Se ti piace quello che facciamo e vuoi aiutarci a migliorare, puoi farlo cliccando sul pulsante.