renault clio racing start

- back to the future -

“La Clio perdona tutto di buon grado, ma ti fa capire chiaramente quando azzecchi tutto il processo: la ruota posteriore interna si scarica così tanto da galleggiare nel vuoto, le esterne sono cariche di energia e l’anteriore trascina tutta la struttura fuori dalle curve con incredibile sicurezza nei propri mezzi…”

Perchè le Youngtimer stanno raccogliendo tutto questo successo? E perchè ricchi e facoltosi amanti delle auto sono disposti a spendere cifre assurde per restomod che non fanno altro che riproporre ricette vecchie di 40 anni reingegnerizzate?

Per capirlo abbiamo preso una Clio da corsa vecchia di 30 anni e l’abbiamo scatenata in pista. Spoiler: è una esperienza indimenticabile…

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04 novembre 2023|   scritto e pensato dalla mente malata di M.Carito   |   editato e corretto dal pensiero distorto di Gabry   |   Inquadrato, scattato, editato dalla mano mossa di Sebastian Iordache

Qual’è il senso della vita? Qualcuno ha mai comprato un divano di poltrone e sofà a prezzo pieno? Si può viaggiare nel tempo? Non so rispondere a queste domande. Anzi, all’ultima forse sì. No, non stiamo per provare una DeLorean, ma un’altra auto capace di farci fare un salto indietro di 20 anni. Proviamoci. Siamo nel 1995, siete dei giovani appassionati di auto che passano le ore aggrappati ad un albero ad attendere le auto da rally passare, magari sul mitico Col De Turini. Non avete un cellulare, ma solo delle macchine fotografiche a rullino che, una volta sviluppati gli scatti al costo di una cena a base di pesce, mostreranno solo quanto fate schifo a far foto. Ed eccola, quel piccolo concentrato d’energia a trazione anteriore grigio argento con alla guida un certo Jean Ragnottì: la Clio Williams. Bocca aperta, è solo un attimo, la compatta Renault passa a fuoco, accompagnata dal suono roco del motore 2 litri aspirato che sfiamma e borbotta. Sentite l’atmosfera elettrica? Sentite il desiderio per la versione stradale o, nel caso le finanze siano inferiori, per la sorellina 1,8 16v?

Ma questo articolo non vuole solo essere il classico test di una storica da guerra, no; vuole anche cercare di dare un senso ad un fenomeno che sta dilagando ormai da una decina di anni. Sto parlando delle restomod o, volendo essere meno estremi, dell’incredibile successo delle youngtimer. Cosa ci manca nelle vetture di oggi? Cosa ci spinge ad affrontare l’acquisto e il mantenimento di auto di trenta o più anni fa, pagando spesso cifre assurde? E cosa spinge miliardari con in garage il meglio della produzione di supercar mondiale a spendere ancora di più per restomod Porsche, Alfa Romeo o Ford, auto che per quanto incredibili non potranno mai essere efficienti, veloci e sicure come le moderne hypercar? Salteremo sopra una perla di quasi 30 anni fa per cercare risposte. Risposte a domande che in futuro saranno sempre più centrali tra noi appassionati, dividendo in modo netto chi ama la guida e chi “solo” le automobili in quanto splendidi oggetti. Cosa ci stiamo lasciando indietro sull’altare del marketing? Oppure, semplicemente, è solo una conseguenza dello sviluppo tecnologico, della sostenibilità o della sicurezza e facilità d’uso? Siamo qua per scoprirlo, e per aiutare lo scorrere dei pensieri cosa c’è di meglio di una Clio Williams “Racing Start” gentilmente prestata dalla concessionaria Classy Car Torino?

Impressioni a ruote ferme

Una delle cose che qualunque amante delle vetture storiche o youngtimer vi dirà è che le auto di una volta sono più belle, semplicemente. Per me, più che un fattore puramente estetico (che comunque condivido), la vera differenza sta nel fatto che le vetture di qualche tempo fa sono più… definite. Le forme sono più riconoscibili, più uniche, più soggettive, meno inclini al compromesso. Mentre guardate le forme bombate e cattive di questa Clio richiamate alla mente le concorrenti dell’epoca: Fiat Punto GT (Qua trovi la nostra prova completa), Golf GTI, 205 GTi, fate voi.

Ognuna di loro aveva un proprio carattere, una propria scelta estetica che la rendeva unica e non sovrapponibile alle concorrenti. Oggi è l’esatto opposto: Golf GTI, Hyundai I30N, Peugeot 308 GTI e compagnia bella hanno praticamente tutte gli stessi volumi, le stesse forme. Quindi sì, ci siamo, a livello estetico e di personalità ci siamo persi qualcosa, purtroppo. La Clio è un piccolo concentrato di energia. Ricorda quei pitbull nani, avete presente? Oggettivamente piccoli, ok, ma si può vedere la pelle tesa dai muscoli sovrasviluppati e una presenza fisica che tradisce la quantità di energia potenziale inespressa di cui sono capaci. Ecco, la Clio è proprio così. Per la verità questo esemplare nasce come una 1.8 16v, a cui però è stata trapiantata tutta la meccanica Williams: oltre al motore F7R da 1998 cc e 147 cv è presente anche l’avantreno rivisto (all’epoca ripreso dalla sorellona 19 16v) più largo di ben 34 mm e il cambio a 5 rapporti leggermente accorciati.

Ed è proprio quell’avantreno così prepotentemente largo ad attirare il mio sguardo come una calamita: anche grazie ai paraurti “spessorati” il tre quarti anteriore è semplicemente la realizzazione fisica del concetto di “gruppo ruota cazzuto”. I passaruota in stile anni ‘80, quando non si faceva alcuno sforzo per "accompagnare" l'allargamento, anzi, lo spigolo vivo faceva figo. Posso dirlo? Se oggi uscisse una versione sportiva con allargamenti così netti e grezzi sarebbe sicuramente un successo. Il cofano sfoggia una bombatura che ha fatto la storia: asimmetrica, funzionale e assolutamente necessaria per completare lo stile da battaglia dell’avantreno. E’ un’auto piccola, tanto che la portiera sembra quasi compressa tra i due passaruota anabolizzati, con il posteriore che è solo leggermente meno cattivo del fratello là davanti. Il posteriore è semplice e lineare, con il singolo scarico tondo a prendersi la scena. E’ una linea bella in senso assoluto? Non lo so, ma quello che posso dire con certezza è che chiunque, passandole accanto, non può fare altro che girarsi a guardarla sorridendo, sia che si parli di un cinquantenne in vena di ricordi o del figlio teenager. Come detto prima, è definita, cesellata, muscolare.

C’è sempre un certo brivido nell’aggrapparsi al rollbar e lasciarsi scivolare dentro ad un sedile da competizione. Il sedile è fissato al pavimento e quindi mi dovrò un po’ adeguare, ma penso sia fattibile, anche grazie al volante a calice con tanto di distanziale che fa di tutto per avvicinarsi al mio petto.

Il castelletto del cambio porta il pomello del cambio a 5 rapporti ad una spanna dalla mia mano destra, mentre la pedaliera è quasi troppo sottile e delicatina. Sono seduto molto in basso, con parte della corona a limitare la mia visibilità esterna, eppure persino da ferma la clio appare piccola e compatta come un giocattolo per bambini mai cresciuti. Quale, in effetti, sono. Porto lo stacca-batteria in posizione orizzontale, sento la pompa carburante ronzare dietro di me, e poi premo il pulsante rosso di accensione posto al centro della plancia. Il 4 cilindri parte con un rombo cupo e indaffarato, premo la frizione, inserisco la prima con un “clonc” metallico e mi avvio sul tracciato.

In pista

Oggi siamo su un piccolo tracciato alle porte di Torino, il Club Des Milles. E’ un nastro d’asfalto stretto e contorto che si avvita su se stesso più volte. Più da motard che da moto da corsa, se vogliamo dire così, e proprio per questo diverse auto moderne potrebbero sentirsi a disagio a girare qua. Ma non la Clio: con il suo passo cortissimo e gli sbalzi ridotti al minimo non sembra mai fuori posto, nemmeno nei tornanti più stretti. Ancora una volta è la mancanza di peso che mi colpisce per prima, più di qualunque altra caratteristica. E’ qualcosa che modifica il tuo giroscopio interno e la predizione che il tuo sistema nervoso proietta in ogni manovra.

Punto di frenata, sono partito da subito arrembante visto che ho tutta la pista per me, inserisco l’avantreno e tutta la struttura ruota sul proprio perno, quasi come se fossi io fermo e sul parabrezza proiettassero un video accelerato. Le slick sono vecchiotte e fredde, ma la Williams cambia direzione con la velocità di una rondine a caccia di mosche, pronta ad accelerare sul piccolo e ondulato rettilineo di fronte. Piede destro a fondo, il 2.0 cc ha un suono arrabbiato e ringhiante e una erogazione che non so come altro definire se non feroce; la percezione di accelerazione e forza va oltre i valori numerici, quindi circa 160 cv e qualcosa di più di 170 Nm di coppia. E’ capace di un'erogazione piena sin dal basso, ma è oltre i 3000 giri\minuto che carica a testa bassa, con una ulteriore piccola esplosione di potenza a circa 6000 giri\minuto sino al limitatore, posto più o meno a 6800 giri\minuto. Certo, il 4 cilindri fa bella figura anche grazie ai 920 kg circa di questa Racing Start, ma non posso che restare colpito dal carattere arrembante del duemila.

Freno forte, la mancanza di inerzia pompa quintali di confidenza in me, inserisco un tornantino a sinistra la le slick posteriori, fredde e alla frutta, lasciano scivolare il didietro della Williams. Per un attimo mi vengono in mente tutte le storie sui “culetti assassini” delle francesi di un tempo, ma  è solo un momento, perché la Clio è naturalissima anche mentre derapa in ingresso. Riduco l’angolo di sterzo, torno sul gas e la scivolata si stoppa all’istante, lasciandomi solo con un grande senso di divertimento. E’ la purezza della dinamica di guida in tutta la sua semplice brutalità, qualcosa che è completamente andata persa e che, una volta riprovata, è quasi commovente. Qualche giro dopo le gomme si scaldano a dovere e il posteriore ora resta decisamente più al suo posto, cosa che un po’ mi dispiace. La confidenza è cresciuta molto, tanto che in frenata spesso blocco una ruota interna (ABS? Cos’è, una malattia sessualmente trasmissibile?) e ogni tanto sbaglio traiettoria, arrivando lungo o semplicemente mancando i punti di corda.

La Clio perdona tutto di buon grado, ma ti fa capire chiaramente quando azzecchi tutto il processo: la ruota posteriore interna si scarica così tanto da galleggiare nel vuoto, le esterne sono cariche di energia e l’anteriore trascina tutta la struttura fuori dalle curve con incredibile sicurezza nei propri mezzi. Nonostante gli pneumatici, il motore ha così tanta “schiena” da far rimpiangere l’assenza di un bell’autobloccante, in particolare percorrendo una lunga curva a sinistra: in 2° l’avantreno non riesce a gestire la potenza, slittando sotto i colpi del 4 cilindri, quindi spesso “appoggio” la 3°, utilizzando la coppia per uscire di curva al meglio. Posso dirlo? Mi sembra sicura di sé, istintiva da guidare e per nulla scorbutica, a meno di cercarsi i guai.

L’avantreno ha un appoggio, una qualità di inserimento e una capacità di copiare l’asfalto assolutamente brillante, in senso assoluto. Dà la sensazione di avere a disposizione delle leve assurdamente abbondanti in relazione alla lunghezza dell’auto, un po’ come fa la Mini Cooper S R53 (Qua trovi la nostra prova completa). Dieci minuti e sono sudato fradicio, i miei ricordi sono un unico flusso di frenate, inserimenti, gestione del gas e lavoro di sterzo, il caldo è soffocante e devo rallentare un attimo. Apro la portiera ancora in movimento, così da far entrare un po’ di aria dall’esterno, che nonostante penso sia oltre i 30° gradi quando mi arriva sul viso mi sembra fresca fresca di montagna. Non ho mai provato, così netta, la divisione tra le sportive di “una volta” e quelle moderne. La distanza tra le due esperienza è così nette che penso andrebbero inventate definizioni diverse per descriverle, perché, da qualunque parte le si guarda, toccano corde diverse.

Mi fermo e ascolto per un attimo la Clio cercare di respirare attivando la ventola, poi osservo il pomello del cambio vibrare leggermente e la lancetta dei giri tremare attorno al minimo, impaziente. Apro la portiera, esco, tolgo il casco e respiro. 

Considerazioni finali

Oramai si corre il rischio di essere ripetitivi, o in qualche modo noiosi, boomer, insomma fastidiosamente nostalgici. Non vi dirò che si stava meglio prima, perché è una cosa che ogni singola generazione dice ai ragazzi e alle ragazze più giovani, ma vi dirò una cosa: un’auto come questa non ha tempo. Certo, è più lenta delle auto moderne. Certo, è più difficile da guidare. Certo, consuma molto, puzza, non ha comfort e se investi un cinghiale sarà lui a mangiare te sulla brace, probabilmente. Ma, o forse proprio per questo, è uno strumento che lavora su piani emozionali diversi, irraggiungibili dal 99% della produzione moderna. E’ la pura e semplice verità, dovete starci. Lo fa lavorando sulle proprie mancanze ma aggiungendo sale, pepe e tutte le spezie che vi vengono in mente. Il telaio flette, ed è proprio per questo che lascia spazio alla tua abilità, alla tua interpretazione, alla tua capacità, cosa che permette al pilota di crescere e diventare più bravo e sensibile, in un circolo virtuoso, un crescendo di goduria motoristica. Il motore sprigiona con forza il proprio essere puramente meccanico, vibrando in frequenza con il tuo respiro, fino a quando non ti sentirai parte dell’auto; le sospensioni, attraverso lo sterzo, comunicano con te, strattonandomi le mani quando l’aderenza è al massimo e alleggerendo la pressione quando il peso si sposta al posteriore. Alla fine dell’esperienza sono sudato, mi tremano le mani e le orecchie mi fischiano, eppure il mio cervello è invaso di serotonina e dopamina, i ricordi sono vividi e reali e dentro di me c’è un misto di euforia, pace e felicità. Sarei stato più felice andando più veloce? No.

Alla fine non c’è bisogno di viaggiare nel tempo, fidatevi; anche nel 2023 basta saltare su una Clio vecchia di 30 anni per godersi quelle sensazioni. Alla faccia della DeLorean.

Un enorme ringraziamento ai nostri “partner in crime” di Classy Car. Paolo, il titolare, è il vincitore dell’ultima Susa-Moncenisio in categoria Speciale; ho detto tutto, no?

Classy Car tratta vetture storiche e sportive, andate a trovarli in Via Solero 2, a Torino, e seguiteli sui social.

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