Suzuki Swift Sport ZC31S

- ritorno alle basi -

”...curva dopo curva si fa strada la convinzione che sulla Sport si possa sperimentare tanto a livello di guida. Ad esempio, c’è questa stretta “S” in mezzo ai prati, seguita subito dopo da una stretta a destra: secondo te, Simo, riesco a fare la chicane senza frenare? Arriviamo da un rettilineo, 3°, alleggerisco solo il gas in entrata, taglio la chicane fregandomene della compressione all’interno della traiettoria, la Sport sembra sollevare per un attimo due ruote prima della frenata decisa del tornantino. Adorabile: in questi frangenti la Sport schizza sulla superficie come una pietra lanciata sul pelo dell’acqua…”

Ci sono auto complesse, veloci, difficili, tecniche, fighette. E poi ci sono le auto su cui devi solo salire e dare gas. La Suzuki Sport ZC31S è forse una delle esponenti di spicco di questa tipologia di auto, purtroppo in estinzione: quelle su cui devi solo guidare e goderti il momento.

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05 luglio 2022| scritto e pensato dalla mente malata di M.Carito | editato e corretto dal pensiero distorto di Gabry | Inquadrato, scattato, editato dalla mano mossa di Gabry

Diciamolo: alle volte, quando ci sediamo dietro al volante delle vetture moderne, ci sentiamo un po’, come dire, sopraffatti. I controlli di trazione, che facciamo? Tutto acceso, a metà, un pochino o spenti del tutto? Che mappa usiamo per il motore? E per lo sterzo e l’acceleratore? La strada che abbiamo davanti è da sospensioni al massimo della rigidità o magari lasciamo su “strada”? No dai, le luci ambientali non mi interessano ora… Ah giusto, ora che ho deciso, in sto c*zzo di mega tablet 32 pollici, come si arriva ai vari menù di selezione? Insomma: bello scegliere, ma tutto questo toglie poesia. E, spesso, il setup che si ottiene non è quello che vorremmo, resta il tarlo di poter fare meglio combinando diversamente i vari elementi. Non si arriva mai al dunque. Una volta deciso tutto, però, non è detto che si possa partire, guidare e basta: quasi tutte le auto moderne hanno cavallerie e valori di coppia importanti e sono grandi, larghe e pesanti, quindi le domande successive nascono spontanee, come direbbe il buon Marzullo. “Avrò problemi di trazione? Basterà la carreggiata per divertirmi sul serio?” Insomma, bello il progresso, ma alle volte viene da chiedersi se le sportive non abbiano perso un po’ il filo del discorso. Dai, è come se prima del sesso la tua lei (lui, loro, essi, a gusto vostro) ti chiedesse nell’ordine: programma successione delle posizioni in Powerpoint, scelta vestiario, copione su cosa dire e quando, location e, a metà, se vuoi anche un Gatorade, che ti vede sudato. Per fortuna, tutto questo oggi non accadrà. Non parlo del sesso (la giornata è lunga e la speranza è l’ultima a morire…) ma delle complicazioni dietro al volante: oggi abbiamo una Suzuki Swift Sport ZC31S, ovvero l’ultima Sport (La successiva Z32 è solo un grosso restyling…) prima che, anche in casa Suzuki, arrivasse l’onnipresente turbo. Sotto al cofano troviamo un 1600 cc 16 valvole vecchia scuola ma costruito con una certa cura. 125 cv a 6800 giri /minuto e 148 Nm di coppia a 4800, 1000 kg di peso, tre porte e, scavando a fondo, una certa cura per i dettagli che i giapponesi di solito riservano alle auto speciali. Pistoni forgiati, impianto frenante maggiorato (curiosamente da 276 mm all’anteriore e da 278 al posteriore…) e un telaietto capace di far strabuzzare gli occhi ai tester dell’epoca.

Insomma, oggi ci si diverte, senza dover guardare prima un tutorial su Youtube.

Impressioni a ruote ferme

La Swift “liscia” non è proprio un’auto estroversa. Con la sua linea stretta e alta tipica dei prodotti nati a metà anni 2000, la sua faccina sorridente ed innocua non fa davvero nulla per farsi prendere sul serio. Se pensate che con la Sport gli uomini Suzuki si siano finalmente lasciati andare, vi sbagliate di grosso. Sì, ha paraurti ridisegnati, spoiler, cerchi da 16 pollici (ma si possono avere anche da 17), doppio scarico e, anche se a raccontarla così potrebbe sembrare la descrizione di una piccola bomba di aggressività, il risultato è del tutto diverso. Per essere onesti fino in fondo il colore nero non aiuta per nulla, ma tant’è.

Il paraurti anteriore ha una presa d’aria più grande, è più basso, è dotato di due bei fendinebbia lenticolari ed è il maggiore responsabile della crescita di 7 centimetri in lunghezza della Sport rispetto alla versione casa&chiesa. La fiancata si arricchisce di due timide minigonne ed uno spoiler un po’ più deciso, mentre nella vista posteriore si può apprezzare, forse, il tocco più hardcore: la bandella inferiore del paraurti lascia uscire, uno per lato, i due scarichi tondi. I cerchi in lega dell’esemplare di Simone sono quelli più piccoli in dotazione, da 16 pollici e ne sono felice: con 125 cv sotto al cofano bastano e avanzano. Però c’è qualcosa, nel design della Sport, che piano piano si fa apprezzare. Ha uno stile asciutto, quasi minimalista, tipo mobile dell’IKEA, ma mescolato con una sorta di simpatia di base. E’ come quell’amico serio che spara battute fulminanti restando composto: la si guarda aspettandosi che da un momento o l’altro si parta col divertimento. Dentro vengo accolto dallo stesso stile diretto e senza troppe pretese dell’esterno. I sedili sono palesemente l’unico tocco realmente “sport” rispetto alla “base”: grazie ad un guizzo di estro sorprendente sono rivestiti in tessuto bicolore, con la parte centrale rossa e la parte esterna nera, ma curiosamente la forma è poco definita. Cioè, mi piacciono, ma sembrano “molli”, quasi che la linea generale (in particolare della parte alta) non sia stata decisa fino in fondo, un po’ Barbapapà se si trasformassero in sedile contenitivo.

Detto questo, una volta seduto, mi sento a mio agio: trattenuto il giusto, forse un filo troppo in alto, come praticamente tutte le auto nate in quegli anni, a proposito, siete mai saliti su una Fiat Panda 100Hp (la nostra prova, eccola qua)? La strumentazione, tornando alla megatiratona da brontolone boomer con cui ho aperto questo articolo, è pura immediatezza. E’ tutto chiaro, facile e onesto: a sinistra un contagiri con la zona rossa che parte appena prima del regime di potenza massima, quindi, come detto, funzionale ed onesto. Al centro un leggibilissimo tachimetro con fondoscala a 240 km\h (l’ottimismo è il profumo della vita!) e, tutto a destra, l’indicatore della temperatura motore e della quantità di benzina residua. Basta, le altre sono solo spie, del tipo “se si dovesse accendere qualcosa ci penseremo, per ora guida”. Il volante, cuciture rosse e parti cromate a parte, ha poco di speciale e, se vogliamo essere critici, è un po’ troppo inclinato in avanti, altro vizietto delle auto di quel periodo. Il pomello del “nostro” esemplare è stato sostituito con uno più lungo, così da avvicinarlo al volante e non mi dispiace affatto. La caratteristica più “strana”, qua dentro, è la chiave di accensione sostituita da una scheda elettronica che si può tenere in tasca. Ma cambia poco, in effetti: per dar vita al 4 cilindri è presente una sorta di interruttore che si gira come una chiave nel nottolino. Così, tanto per non confondere. Ok Ciccia, quel divertimento di cui si parlava?

Su strada

Il percorso su cui ci troviamo è, per lunghi tratti, una specie di toboga che si srotola tra i boschi. Qua e là la superficie si fa irregolare e butterata come la faccia di un adolescente e ci sono foglie, terra e chiazze di umido a sporcare le traiettorie. E’ il classico percorso che con le auto moderne, vuoi per dimensione, per potenza o per gli pneumatici dalla spalla bassissima, farebbe rinunciare ad una guida realmente aggressiva. Oggi invece, grazie alla compattezza ed alla sostanziale semplicità di base della Sport, tre minuti e ventisette secondi dopo essere partito il quattro cilindri sta già girando allegramente in zona rossa. Diciamolo subito, a scanso di equivoci: Il motore, ovviamente, non ha nemmeno lontanamente la spinta ai bassi dei moderni turbo, ma in qualche modo riesce a non apparire mai lento o impacciato, anzi. Ci mette del suo a livello di spinta, carattere ed entusiasmo e sa come farsi voler bene. Da buon aspirato, è la soddisfazione di sentirlo svegliare oltre i 4000 giri\minuto a scatenare gran parte delle endorfine nel guidatore. Frulla fino alla zona rossa aiutato dai rapporti del cambio decisamente corti, tanto che, persino in salita, spesso riesco ad usare la 3, con un valore di coppia che nel 2022 è pari a quella dello spazzolino elettrico. Risultato decisamente apprezzabile.

Ho criticato questi sedili troppo frettolosamente: sono perfettamente in sincro con i movimenti della scocca. Sono, esattamente come le sospensioni, un po’ ingannevoli. Già, perché se sulle prime sembrano morbidi e poco tecnici, una volta che i G laterali aumentano trattengono sufficientemente il mio corpo, anche se per la verità aiuto “puntellandomi” un po’ con il ginocchio contro il tunnel della trasmissione. Le sospensioni, dicevo, hanno lo stesso imprinting. Nonostante a bassa velocità diano un'impressione di rigidità, appena si inizia a spingere sembrano lasciare un po’ troppo spazio al rollio ma, quando si impegna di più la Sport, reagiscono opponendo una resistenza ed una coerenza da manuale. Il ritmo, come detto, è subito da 7/10, eppure la Sport salta sulle sconnessioni e guizza attraverso le compressioni con la felicità e lo sprezzo del pericolo di un bambino all'Acquapark. Lo sterzo è una discreta via di mezzo tra un comando elettronico, di quelli da gettare nell’umido immediatamente, e un comando più idraulico\meccanico. Non chiacchiera troppo e i primi gradi di rotazione sono poco “attivi” ma, una volta impegnato seriamente, risponde presente e comunica con sufficiente chiarezza quanto carico stia agendo sulle ruote anteriori. Vi assicuro, questo è importante perché curva dopo curva si fa strada l’idea che sulla Sport si possa sperimentare tanto a livello di guida. Per prima cosa spengo il controllo di trazione, che, per farla breve, su asciutto non serve a nulla. E badate bene, non è solo un’idea mia, perché quando la centralina della Sport si accorge che si sta guidando in modo “allegro” lo disattiva in automatico. Dicevamo, esperimenti alla guida: c’è questa “S” in mezzo ai prati, con una stretta destra subito dopo: secondo te, Simo, riuscirò a fare la chicane senza frenare? Arriviamo da un rettilineo, 3° piena, alleggerisco solo il gas in entrata, taglio la chicane fregandomene dell’avvallamento interno, la Sport sembra sollevare per un attimo due ruote prima della frenata decisa del tornantino, affrontata senza problemi. Adorabile: in questi frangenti la Sport sembra schizzare sulla superficie come una pietra lanciata sul pelo dell’acqua. Ok, forse la posizione di guida non è poi così “giusta”, è troppo alta, in stile sgabello, e non riesco a farmela piacere sul serio.

Ma la Sport sembra sempre avere qualcosa da regalarti per far pendere l’ago della bilancia dalla sua parte: in questo caso, la posizione della pedaliera. Lungo rettilineo in discesa, 4° piena, punta-tacco, scalo in 3°, punta-tacco 2°, eccoci ad affrontare una destra in salita che si arrampica sul fianco della montagna. La pedaliera è perfetta per momenti come questo, perchè è sempre possibile fare un perfetto punta tacco “istintivo”. Sentire il motore che lancia per aria i giri e la marcia che entra nel momento esatto in cui la vuoi inserire è una goduria che no, non smetterà mai di piacermi. Simone, il proprietario, con questa vettura ci ha fatto parecchi “numeri” e non sembra impressionato quanto me dal ritmo che stiamo tenendo. Ritmo che, a dirla tutta, personalmente trovo ottimo considerata la scheda tecnica di quest’affare. Il motore sembra in vera difficoltà solo nell'affrontare le salite più ripide ed è impegnatissimo a non sfigurare, ma ciò che sta iniziando a brillare sul serio è il telaio. E’ flessibile, tanto da fluttuare sopra le sconnessioni senza alcun problema ma, in qualche modo, in inserimento e percorrenza trova una solidità ed una precisione insospettabili, tanto che spesso si entra in curva senza necessità di frenare sul serio. In questi frangenti basta alleggerire il gas per poi riaffondarlo appena le ruote esterne trovano l’appoggio.

Questa facilità mista a capacità lascia libero spazio alla fantasia del pilota: vuoi entrare più forte e, nel caso di eccessivo entusiasmo, lasciare il gas a metà curva? Nessun problema, l’alleggerimento del posteriore porterà (almeno con gomme ottime, come in questo caso…) ad una chiusura della traiettoria quasi immediata. Vuoi spigolare la traiettoria, arrivando un po’ lungo in frenata per poi farla “voltare” con più sterzo nel tentativo di aprire il gas prima e raggiungere velocità più alte nel rettilineo successivo? Fallo pure, la frenata è costante e, nonostante l’odore di ferro caldo che sta invadendo l’abitacolo, non ti abbandona a metà. Dopo qualche esperimento, come spesso accade, la mia opzione preferita è adottare uno stile di guida il più redditizio possibile: curo la traiettoria, freno poco, lascio scorrere e appena ho la possibilità ridò potenza al massimo. Il mantra è: non sprecare nulla, non fare un centimetro in più del dovuto e tenere quel piccolo motore al massimo dei giri, facendo qua e là un punta tacco o correggendo un piccolo sovrasterzo. Così facendo la Sport schizza da un punto di frenata ad un punto di corda con entusiasmo e mi sento esattamente dove dovrei essere, cioè alla guida di una piccola ed iperattiva compatta sportiva. Sono anche sicuro che questo telaio potrebbe gestire qualche cavallo in più, perché nemmeno mentre inforco un tornante dietro l’altro, aprendo completamente il gas in uscita, la trazione viene meno. Vero è che questo esemplare appoggia su quattro pneumatici prestazionali Nankang NS-2R 195/50/16 nuovi di zecca, ma è chiaro che ha decisamente più telaio che motore.

Forse sono stato troppo generoso con i freni: dopo l’ultimo tratto “a fuoco” la corsa del pedale si è allungata e con lei la frenata, ma ci abbiamo dato dentro sul serio. E’ ora di fermarci. Durante il test è cresciuta in me un'analogia a cui non avevo mai pensato prima: la Swift Sport ZC31S è, per le trazioni anteriori, quello che la Mazda MX-5 è per le trazioni posteriori: un bel punto di arrivo ma anche, se si vuole, un’ottima scuola per prepararsi a qualcosa di più prestazionale ed affilato. Insegna a guidare bene, se si vuole andare forte, e ripaga con velocità di percorrenza, regolabilità e puro divertimento. In cambio non richiede grossi investimenti o costi di manutenzione assurdi: c’è qualcosa di più onesto di così?

Considerazioni finali

Test concluso e saluti fatti, con l’analogia Swift Sport \ MX-5 a rendermi particolarmente orgoglioso, mi ritrovo a seguire la Sport di Simone direzione bar. La Sport è una di quelle rare vetture a darti, in ogni ambito, più di quello che ti aspetti. Il gruppo motore\cambio, ad esempio, è messo a punto in modo da sfruttare al massimo i numeri a disposizione e lo fa con gioia. Idem i freni, potenti il giusto, mentre lo sterzo parte così così ma si riprende poi con il giusto ritmo, tanto che non mi sento di definirlo sbagliato. Tutto questo sarebbe già molto, ma poi mi rendo conto di quanto il telaio sappia brillare, pur senza effetti speciali o chissà quale rigidità torsionale. Per farla breve, vi asseconda sempre, a prescindere da ciò che avete in mente di fare, ma cresce di livello al crescere della qualità di guida. Se siete spigolosi con lo sterzo scaverà alla ricerca di trazione e vi tirerà fuori dalla curva senza farvela pagare. Ma, fidatevi: impostate bene una curva, disegnate la migliore della traiettorie possibili e poi uscite lasciando scorrere la Sport: in questo momento il telaio e le sospensioni faranno un ulteriore step in avanti e, con vostro enorme stupore, avrete per le mani un vero piccolo diavolo da stradina secondaria. Se avete un budget non troppo alto, non sentite il bisogno di potenze enormi e di una estetica memorabile, la Swift Sport potrebbe davvero rispondere a molte delle vostre domande da petrolhead.

Comunque sia, vi assicuro che risponderà in modo onesto.

Simone, grazie mille per averci messo a disposizione la tua Sport: va come una scheggia!

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