alfa romeo 145 quadrifoglio verde qv

- 145 Q.V: è un’Alfa Romeo q.b.? -

“Il rollio è molto pronunciato, ma superato lo choc iniziale si arriva presto a capire che, per quanto la scocca si muova sulle sospensioni, il limite di tenuta è decisamente più in là. Pur pesantemente “schiacciata” sulle ruote esterne, la 145 esce dalle curve con una certa precisione, anche se lo stile è, beh, rivedibile. C’è una veloce “S” che attendo sempre con ansia: destra veloce, sinistra stretta e destra scorrevole da fare in accelerazione, tutto in un respiro. Freno forte, il posteriore sembra quasi volersi staccare da terra, le sospensioni anteriori “a pacco” fanno ondeggiare leggermente l’avantreno…”

L’Alfa Romeo 145 QV è stata rapidamente messa da parte e dimenticata. Ora, nel marasma di Youngtimer pagate a peso d’oro, non è forse il caso di capire se con l’età la percezione di quest’Alfa meno fortunata è cambiata?

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14 settembre 2021| scritto e pensato dalla mente malata di M.Carito | editato e corretto dal pensiero distorto di Gabry | Inquadrato, scattato, editato dalla mano mossa di Gabry

“Ciao Marco, ci siamo quasi: sistemo le ultime cose e possiamo fare il test!”

“Ok perfetto Luca!”

“Ciao, guarda l’auto fa un rumorino, la porto a vedere ma appena il meccanico me la restituisce ci si vede”

“Ah ok, dai fammi sapere”

“Ok. Sto rifacendo il motore...finisco il rodaggio e ci siamo”

“AH”.

Questa è più o meno la corrispondenza tra me e Luca, il proprietario dell’Alfa Romeo 145 Quadrifoglio Verde del test di oggi. Avrete notato una specie di discesa agli inferi, l’incubo di ogni proprietario di Youngtimer, ma ora che la 145 è qua davanti a noi ci si ride sopra. Parafrasando un detto tra motociclisti (ok, potete mettere le mani sul creapopoli per allontanare la sfiga) “Esistono solo due tipi di 2.0 Twin Spark: quelli che hanno già sbiellato e quelli che stanno per farlo”. Insomma, un motore un po’ così, delicatino. Luca, alfista vero come l’Amaro Lucano, la prende come una tassa da pagare e non sembra per nulla arrabbiato con la sua 145.

Vi vedo accigliati: se non avete molti ricordi di questo modello siete perdonati. In effetti non fu esattamente un successo commerciale, nonostante la linea disegnata da Chris Bangle (si, lui) e lo stemma più figo mai creato dall’uomo, il Quadrifoglio Verde. La sorella diversa, 146, fu appena più fortunata, forse perché ricordava nella linea la 33 appena uscita di produzione o forse perchè nel 1996 si facevano più figli e le 3 porte della 145 risultavano scomode. Chi lo sa? Comunque, per farla breve: sotto la carrozzeria due-gusti della 145 (affilata davanti, ricavata dal pieno dietro) troviamo il telaio “Tipo 2” che in quegli anni il gruppo FIAT usava per qualunque cosa. La FIAT Tipo? Si. Anche la Tempra quindi? Si, perchè no. Lancia Delta & Dedra? Ovvio. Alfa Romeo 155? Anche, certo, vai di Tipo 2. Che faccio lascio? Lasci, lasci.

Sotto il cofano anteriore troviamo il 2.0 litri Twin Spark Pratola Serra, anche detto “Sbiello di Notte”, (ok, l’ho inventato adesso, ma ci sta) perchè, difetti a parte, ha un look decisamente accattivante. Sviluppa 155 cavalli a 6400 giri/minuto e 187 Nm di coppia a 4000, non male. Ciò che lascia perplessi è il peso della vettura, tra i 1250 e i 1350 kg, non proprio una ballerina considerando anche la tipologia di auto. Eppure...eppure c’è del buono. Per prima cosa la nostra esperienza con i Twin Spark ci ha insegnto che hanno un carattere decisamente piacevole, seconda cosa è comunque una Alfa Romeo e terzo (consigli per gli acquisti!) è una della poche Youngtimer che si può ancora acquistare ad un prezzo che non puzza di rapina. Sai, tipo quei venditori con un collant in testa e che esordiscono con un “in alto le mani…”

Impressioni a ruote ferme

In quegli anni in Fiat, probabilmente per comodità, avevano un team eccellente che disegnava i frontali delle auto ed uno (che prima lavorava in miniera) che disegnava i posteriori. Avete presente l’Alfa Romeo 155, con il frontale arrogante e muscoloso ed il posteriore che sembra disegnato al buio con un righello? Ecco, nella 145 è la stessa cosa. Il muso è filante, con passaruota decisi ed una forma quasi da coupé, con tanto di logo spalmato sul cofano e lip anteriore aggressivo. Ci siamo.

Mi sposto verso le fiancate, le minigonne sembrano ricavate dal pieno e mi piacciono un botto, decise come le bandelle in balsa delle F1 Turbo degli anni ‘80 e impreziosite dal Quadrifoglio Verd...Blu. Dopo un attimo di sgomento Luca ci spiega di aver scoperto che la sua 145, in origine, era destinata al mercato brasiliano, dove il celebre logo a Quadrifoglio è color Puffo. Mah? Comunque, gira e rigira ti trovi davanti al posteriore, alzi lo sguardo e bam, ecco che ricorda una vettura “van”. Non solo, in Alfa hanno anche scelto di non caratterizzare il passaruota posteriore, che viene giù dritto a piombo, senza valorizzare il gruppo ruota. Nemmeno il finestrino posteriore, che continua sino al lunotto, riesce ad alleggerire l’effetto “pacco di Amazon” di quest’Alfa. Comunque, se ci si allontana di qualche passo e ci si mette di tre quarti (anteriore, ovviamente) la 145 ha una dose di carattere non indifferente, non si può negare. E’ “Alfa Romeo” nel senso più popolare del termine: decisa, un po’ tamarra e con la faccia da uno che fa a pugni anche in coda alla Posta. Forse però il nero non è il suo colore, mimetizza un po’ le linee di taglio “alla Bangle” sulle fiancate.

I cerchi Speedline, specifici del modello, sono da 15 pollici e sono un po’ piccolini per la mole della vettura, ma a livello di design non gli si può dire nulla, con quell’aspetto a gettoniera che ha fatto storia del marchio.

Se all’esterno la caratterizzazione è un po’ un ibrido tra “Wow” e “Ah..”, dentro le cose sono un po’ più lineari. Ma non in direzione “Wow”. La prima cosa che noto è che sono seduto in alto, molto in alto. Inizio quindi subito a palpare il sedile tipo pervertito sul bus, nel tentativo di trovare la leva per abbassarlo.

“Ehm no, è già tutto giù…”

Luca mi guarda e fa la faccia del tipo “te lo avevo detto o no?”. In effetti lo ha fatto, ma non credevo intendesse che la posizione fosse così alta. Il volante a tre razze non è male, mentre del classico (e bellissimo) quadro strumenti Alfa Romeo non c’è traccia: fondo nero, cifre bianche e contagiri timido, posto a destra e con la zona rossa che parte da “70”. Mmm. Anche i sedili in tessuto sono un po’ dimessi, privi di quel “Cuore Sportivo” che si aspetta da un’Alfa.

Detto questo, la copertura in tessuto bianco che Luca usa per il sedile lato guida fa tantissimo “Vacanze a Catanzaro 1999”: l’ha messo proprio per completare l’effetto “tamarro di paese” e questo non prendersi sul serio mi fa ridere. Gli faccio notare che il coprisedile con le palline di legno sarebbe stato perfetto e lui, serissimo, mi dice: “L’ho cercato, cosa credi? Non l’ho trovato”. Altra risata, Luca è un grande. Il 2.0 è acceso già da un po’ ed è ora di portare questa signorina a farsi un giro.

Su strada

Siamo su una strada che conosco bene e che forse non è proprio l’ideale per la 145. Qua c’è da frenare forte, cambiare direzione in un attimo, essere precisi ed affilati: i primi metri a bordo della 145 mi trasmettono esattamente le sensazioni opposte. Sarà per la seduta alta, sarà per l’assetto morbido e la risposta rotonda del motore, ma se chiudessi gli occhi potrei giurare di essere su una berlina FIAT di quegli anni. Almeno credo, perchè se provassi a chiudere gli occhi voleremmo giù dal fianco della montagna, quindi facciamo che oggi vi fidate. Il cambio ha una corsa lunga ed è un po’ gommoso negli innesti ed il volante è distaccato, quasi svogliato.

Aumento la pressione sul gas e la 145 risponde con una spinta morbida che diventa appena più ruvida oltre i 5000 giri/minuto, senza una vera e propria entrata “di potenza” avvertibile. C’è però della sostanza, almeno a credere alla velocità che leggo appena prima di una veloce doppia sinistra. Freno, l’inerzia solleva il posteriore sulle sospensioni, mollo ed entro in curva. La prima sorpresa arriva dal comando dello sterzo, che una volta impegnato di più sembra quasi risvegliarsi dal torpore. Ok, non è propriamente ricco di feedback, ma percepisco chiaramente che il carico grava sull’anteriore. Il rollio c’è e si sente, chiaro e tondo. E’ un avvertimento e prendo nota della morbidezza generale di cui sicuramente sarà fatta questa esperienza. Potrebbe sembrare un inizio poco promettente, lo so, eppure in qualche modo la 145 fa capire di gradire di fare un po’ di esercizio. Nonostante la strada degna di una prova speciale (in effetti lo è) la QV non sembra completamente fuori luogo, solo un po’ approssimativa, come uno sportivo che torna in palestra dopo qualche anno di divano & patatine. E, con queste prerogative, non posso farmi pregare. Ora che la velocità di entrata è più alta emerge la buona propensione al cambiare direzione dell’anteriore e l’inerzia del posteriore, che sembra sempre in ritardo con il resto del telaio. La spinta del 4 cilindri non è mai impressionate e mi sarei aspettato più carattere agli alti regimi, un vero peccato. Oltre al peso (divano e patatine, ricordate?) parte della mancanza di spinta è da imputare ai rapporti del cambio troppo lunghi che ne mortificano l’erogazione. Il rollio adesso è molto più pronunciato, ma superato lo choc iniziale si arriva presto a capire che, per quanto la scocca si muova sulle sospensioni, il limite di tenuta è decisamente più in là. Pur pesantemente “schiacciata” sulle ruote esterne la 145 esce dalle curve con una certa precisione, anche se lo stile è, beh, rivedibile.

C’è una veloce “S” che attendo sempre con ansia: destra veloce, sinistra stretta e destra scorrevole da fare in accelerazione, tutto in un respiro. Freno forte, il posteriore sembra quasi volersi staccare da terra, le sospensioni anteriori “a pacco” fanno ondeggiare leggermente l’avantreno. Lascio il freno, inserisco la veloce destra e giù il pedale del gas. La 145 si prende un attimo per premere le ruote esterne a terra e poi curva, il posteriore sotto controllo. Lascio il gas, frenatina per aiutare l’anteriore, tutto a sinistra. Come prima l’Alfa ha bisogno di un attimo per assestarsi e tornare a ruotare su se stessa, ma ora lo so e non mi frega: ho anticipato la sterzata di una frazione di secondo. Nonostante le compressioni presenti all’interno della traiettoria (si, ho tagliato molto la curva, ma è tutto a vista) le morbide sospensioni assorbono i colpi e la 145 non devia la propria traiettoria. Frenata, di nuovo a destra, di nuovo rollio seguito dall’effettivo cambio di direzione.

Faccio largo uso degli stereotipi (mi fan ridere, che posso farci?) e quindi ne uso uno anche qua, perchè penso calzi a pennello. Lo stereotipo classico dell’Alfa Romeo: vetture da poliziotti o da delinquenti. Avete presente i film polizieschi ambientati negli anni ’90, quelli con Raoul Bova in giacca di pelle? In questi film appaiono Alfa della Polizia che rollando a destra e a sinistra, a sirene spiegate inseguono i malviventi. In questo momento mi sento così: la 145, tra un rollio e l’altro, infila le curve facendo stridere le gomme ma senza mai mollare completamente la presa. Sottosterzo, sovrasterzo e scivolatine varie sono fenomeni sfumati e mai “clamorosi”, anzi appaiono e scompaiono senza soluzione di continuità quando si decide di spingere un po’. E’ una specie di balletto sul filo, ma invece di esserci sotto di voi il classico “rasoio”, c’è una passerella larga due metri, se capite cosa intendo: non c’è da spaventarsi. Nei tornanti, poi, nel tentativo di tenere tutte e quattro le gomme attaccate a terra si può sentire il telaio flettere. Morbidezza, morbidezza ovunque, ma la 145 si piega e non non si spezza. Rettilineo in discesa, cambio attorno ai 6500 giri/minuto, limite oltre il quale il 4 cilindri resta a corto di fiato, affronto la S di prima in discesa. Ne esco con ancora più forte la sensazione che la 145 quasi si “spalmi” sulla strada piuttosto che lottare con essa, quasi ne assecondi il manto. Accosto: Luca esce dall’abitacolo, si china sul cofano anteriore e poi ci guarda sorridente: “Nessun ticchettio delle valvole, buono! Brava, piccola, anche questa è andata…

Considerazioni finali

Che le Alfa Romeo di quel periodo siano nate sotto una cattiva stella è chiaro fin dal primo sguardo. C’è una sorta di “fiattismo” che trasuda dalla vettura e che stona con tutto ciò che la casa di Arese è sempre stata: sportività, soluzioni tecniche di rilievo e tanto stile. Nella 145 QV tutto questo è un po’ annacquato ed è inutile negarlo. Se però lascio da parte queste considerazioni trite e ritrite, ciò sento è un’auto che, compromessi a parte, ha senso dell’umorismo e voglia di divertirsi. Ma non ho appena scritto che c’è un sacco di rollio di qualunque tipo, che il telaio è morbido e il motore non...motora? Calma. C’è anche la sensazione che l’avantreno migliori con l’aumentare dell’impegno, cosa non da poco, e la generale impressione che per quanto la si spinga, la 145 resti sempre dalla vostra parte, a prescindere da quanto vi sentiate poliziotti. O rapinatori.

Raoul Bova no, la fantasia ha un limite...

E’ un vero piacere conoscere persone come Luca, un ragazzo che dopo 3 minuti senti già di conoscere a fondo e con cui le ore passano tra una risata e l’altra. Grazie mille Lu, è stato molto divertente!

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