hyundai i30n performance

-buonissima la prima -

“...ma quanto ritorno sul gas dal punto di corda in poi il differenziale  stoppa la scivolata e obbliga, letteralmente, la N a restare al suo posto. Non ha la capacità di “stringere” le curve, come per esempio fa il Torsen montato sulla Honda Integra Type R, ma riesce a canalizzare, a far concentrare, ecco, la sensazione è questa, l’avantreno verso l’uscita di curva. E’ talmente efficace da far sembrare i 275 cv del quattro cilindri 2.0 lt. Turbo quasi leggermente sottodimensionato, un filo dimesso rispetto alla capacità di trovare aderenza della I30N Performance. E’ un comportamento sinceramente impressionante, anche perchè è accompagnato da un atteggiamento senza spigoli, senza criticità. Se si guida benino la I30N Performance va forte, se invece si conosce la strada e ci si sente davvero ispirati si può restare vagamente sconcertati dalla velocità di percorrenza e dalla facilità e compostezza dell’auto…”

Hyundai: da produttore di auto su cui fare facile umorismo a costruttore di vetture veloci, cattive, vincenti. Abbiamo amato la I20N Performance, la più anni ‘90 delle moderne piccole pepate; la i30N, invece, ci ha lasciati con l’amaro in bocca. Quindi abbiamo capito una cosa: Va bene la “N”, ma senza “Performance” non è la stessa cosa.

Ed eccoci, quindi, a spremere una I30N Performance, per capire quanto sia diversa I30 liscia…

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12 settembre 2023|   scritto e pensato dalla mente malata di M.Carito   |   editato e caricato dal pensiero distorto di Gabry   |   Inquadrato, scattato, editato dalla mano mossa di Sebastian Iordache

Oggi più che mai mi rendo conto di quanto i ragazzi di Hyundai abbiano cambiato, in pochissimo tempo, la percezione del proprio marchio, anche nella testa di chi come me fa dell’auto sportiva quasi una religione. Ho già avuto modo di godermi i frutti di cotanto impegno scorrazzando a bordo della cuginetta i20N Performance (qui trovi la nostra prova completa) e con la sorellina meno fissata con il fitness, ovvero la i30N priva del pacchetto Performance (qui trovi la nostra prova completa). Allora, direte voi, c’è davvero bisogno di provare anche la I30N Performance? E’ solo una scusa per scroccare un altro giro? Non proprio. Cioè, non solo. Mettiamola così: mentre la I20N Performance mi è piaciuta tanto, la I30 mi ha lasciato, come dire, tiepidino. Certo, non ha nulla da invidiare alla concorrenza meno affilata, ma dandoci dentro sul serio mi è apparsa un po’ troppo grande, goffa e in grossa difficoltà a scaricare tutta la potenza a terra, nonostante la gommatura generosa. Quindi ho sospeso il mio giudizio, in attesa di mettere le mani su una I30 con tutti i dettagli giusti ovvero, per l'appunto, la Performance.

Vedete che lo faccio per amore di cronaca e non, come pensate voi là in fondo, solo per farmi un altro giretto a fuoco?

Impressioni a ruote ferme

La Hyundai I30N deve essere un’auto adorata dai DJ. Già, perchè esteticamente remixa dettagli, prospettive, linee e soluzioni in qualche modo già viste nelle concorrenti. D’altronde l’ultima nata paga sempre lo scotto di dover fare di più, e meglio, per essere considerata in qualche modo originale o, ancora meglio, unica e riconoscibile. Diciamolo, i nostri eroi coreani non ci sono propriamente riusciti, nonostante la ragazza sia figlia della matita di Luc Donckerwolke, ex Lamborghini, tanto per dire. La i30N non è brutta, intendiamoci, ma girarci attorno e riconoscere a quale auto assomiglia potrebbe diventare un bellissimo gioco di società per nerdacchioni delle quattro ruote. L’esemplare di Marco (che bel nome!) è appena arrivato dalla Germania, fresco fresco di importazione: già, costa meno prenderle all’estero, sia mai che qua da noi vogliamo farci mancare una qualche sfiga in campo automobilistico. Comunque, la Performance si presenta con tutte le carte in regola, come da manuale della moderna media cattiva.

Il paraurti anteriore, con il baffo rosso sullo splitter a spezzare il nero imperante diquesto esemplare, sottolinea le linee spigolose e muscolose, con ampie prese d’aria.  L’enorme calandra, con una trama a nido d’ape e una finitura nero opaco, sembra far “galleggiare” il logo Hyundai e la “N” in mezzo al nulla, in stile “sto lievintanto”  di Abatantuonaria memoria. Credo che il nero della carrozzeria renda un po’ più banali le linee: negli altri colori lo stacco tra i pannelli e le parti in plastica, sempre nere, creano un gioco tra pieni e vuoti che da qualcosa da seguire allo sguardo dell’osservatore. Comunque l’impatto c’è tutto, in particolare con i passaruota anteriori che vengono impreziositi da questi cerchi da 19 pollici: non sono originali, ma hanno un aspetto da ETCC che non mi dispiace affatto. Visto che oramai mi sono sbilanciato, beh, lo dico: ci vedo una Mazda 3 con i fari di una Mercedes Classe A, due belle auto, quantomeno. L’andamento della fiancata è, per così dire, scolastico: linea di cintura alta, cinque porte con vetratura abbondante e un paio di minigonne a incarognire il padre di famiglia con velleità corsaiole. Il posteriore, se posso cari designer Hyundai, è un po’ la zona venuta peggio: fanali e lunotto fanno di tutto per confondersi con, che so, le Peugeot 308 o la Fiat Tipo, mentre la zona paraurti è tutta una guerra di linee tese, finte prese d’aria, splitter e un doppio scarico tondo che sì, questo sì, mi sembra perfettamente centrato.

Sul lunotto troneggia un bello spoiler impreziosito da un terzo stop triangolare. Anche lui mi confonde, perché richiama nella mia testa la luce posteriore delle vetture da F1, ma in posizione completamente sbagliata. Detto tutto questo, nell’insieme non è una brutta auto, ma resta in me una strana sensazione di multiplagio con capriola che manco le bancarelle dell’abbigliamento del mercato negli anni ‘90, tutte Adicas, Dolce&Gabbiani, Nice e compagnia bella. Ma non voglio essere troppo critico: in qualche anno Hyundai si è costruita una solida reputazione da costruttore di auto veloci e divertenti e confido che riuscirà anche a trovare il proprio stile estetico. L’abitacolo è serio, asciutto, quasi tedesco. Ma attenzione, tedesco di una generazione fa, quando ancora non era tutto un tripudio di schermi e grafiche illeggibili.

E’ tutto perfettamente comprensibile, quasi minimalista, e questo è un enorme pregio, per quel che mi riguarda. Certo, c’è l’ormai immancabile schermo in mezzo alla plancia, dal quale si possono scegliere le impostazioni di assetto, scarico, sterzo, motore e differenziale elettronico, ma sembra una sorta di concessione in un ambiente decisamente più analogico. Il contagiri e il tachimetro, su fondo nero e con grafica bianca, sono quanto di più leggibile si possa pensare. Il volante ha due tasti “azzurro N” dal quale richiamare velocemente le impostazioni preferite, nel caso siate allergici al tablet, come nel mio caso. I sedili sono comodi e, per quanto profilati, sono a prova di post-pranzo di Natale Calabrese, larghi e abbondanti. Il pomello del cambio è in posizione perfetta e, anche lui, ha un’estetica quasi scolastica. Cambio che, per inciso, è un manuale a 6 rapporti: solo con il restyling del 2019 è arrivata l’opzione di un cambio a doppia frizione, mentre la nostra è nata nel 2017. E’ un ambiente semplice da decifrare, immediato e tranquillizzante, per così dire. Moderno ma con parsimonia, mi verrebbe da dire. 

Su strada

Come nel test della I30N non Performance, anche sulla Performance, quantomeno su strada pubblica, non è possibile usare l’impostazione più cattiva dell’assetto. Il perchè è semplice: è troppo rigido e saltellante. So che è una caratteristica che è stata criticata da alcuni, ma io condivido questa scelta: l’impostazione più hardcore, ovvero “N”, è per la pista, niente di più, niente di meno, senza compromessi di sorta. Quindi, tutto in “N” ma sospensioni in “Sport +”, e ci siamo: la I30 sembra granitica e tosta il giusto, ma avvolta in una nuvola di calma e qualità. La posizione di guida, tanto per iniziare, è quasi perfetta, cosa che mi aiuta a sentirmi perfettamente a mio agio. Eppure mi sento troppo calmo, per essere in una trazione anteriore da 275 cv. Una sensazione strana di cui prendo nota ma che, per ora, lascio da parte in attesa di aumentare il ritmo e capirci qualcosa di più. Freno, scalo, come sempre cerco di ruotare il piede destro per fare il “punta tacco”, ma sono troppo lento: la I30N lo fa per me. E’ fastidioso? No. Sì. Cioè, non lo so. Il “punta-tacco” è una di quelle azioni vecchio stampo utili per la meccanica ma anche alla produzione di serotonina nel cervello di chi guida e, insomma, non la cederei così volentieri.

Marco, sentendomi borbottare, mi avvisa che la funzione “Rev-Matching” si può disattivare, ma decido di non farlo. Prima o poi dovrò abituarmici, inutile opporsi o fare il talebano. Sono decisamente impressionato dalla qualità dello sterzo, che nonostante sia un comando elettrico riesce ad avere una coerenza e un peso naturale, pur senza la granulosità meccanica di un idraulico. Anche la pedaliera è perfettamente tarata, con il pedale del freno duro il giusto e una frizione morbida ma non cedevole che aziona un cambio contrastato il giusto e ben spaziato. Non riesco, però, ad aggrapparmi ad una caratteristica, un comando, un suono, un difetto o un pregio, insomma a qualcosa su cui sviluppare il mio stile di guida. L’avantreno va in appoggio sicuro e veloce, ma anche adesso che sto aumentando il ritmo la I30N non sembra mai stringersi attorno a me, rimpicciolirsi, o dimostrarsi più agile e reattiva. Posso dirlo? Richiama alla mia mente la Golf GTI Performance 7,5 (qui trovi la nostra prova completa), lo stesso sfoggio assoluto di ingegneria e di capacità surreali ma anche la stessa impressione di leggero distacco. Elimino i controlli elettronici, oggi non credo ce ne sarà bisogno: fa caldo e conosco alla perfezione la strada e la Performance sembra una compagna di giochi affidabile. Una delle cose che volevo capire è quanto la Performance si distaccasse dalla versione liscia, e posso definire con precisione cosa scava un solco enorme tra le due: il differenziale a controllo elettronico. Ora il ritmo si è fatto decisamente alto, tanto elevato da sentire l’avantreno lamentarsi, con gli usurati Pilot Sport che stridono nel tentativo di contenere la I30N, ma quanto ritorno sul gas dal punto di corda in poi il differenziale stoppa la scivolata e obbliga, letteralmente, la N a restare al suo posto.

Non ha la capacità di “stringere” le curve, come per esempio fa il Torsen montato sulla Honda Integra Type R (qui trovi la nostra prova completa), ma riesce a canalizzare, a far concentrare, ecco, la sensazione è questa, l’avantreno verso l’uscita di curva. E’ talmente efficace da far sembrare i 275 cv del quattro cilindri 2.0 lt. Turbo leggermente sottodimensionati, un filo sottomessi rispetto alla capacità di trovare aderenza della I30N Performance. E’ un comportamento di altissimo livello, anche perché è accompagnato da una totale assenza di spigoli o criticità. Certo, le sospensioni lavorano duramente, ma non sembra capace di mettere non dico un piede in fallo, ma anche solo di appoggiarlo male. Se si guida benino la I30N Performance va forte, se invece si conosce la strada e ci si sente davvero ispirati si può restare sconcertati dalla velocità di percorrenza e dalla facilità e compostezza dell’auto. Eppure, c’è qualcosa che mi tiene a distanza, e non capisco cosa sia. Il motore è forte e, per essere un moderno turbo, suona anche bene, con una discreta gamma di tonalità al crescere del regime di rotazione. La coppia, come spessissimo accade con i sovralimentati moderni, suggerisce di tenere una marcia più alta per sfruttare con più calma e con un passo più lungo gli onnipresenti 350 Nm abbondanti di coppia. L’allungo è buono fino a circa 6000 giri/minuto, ma a parte il gusto di vedere le luci  sul cruscotto che si accendono progressivamente sul fino al momento di massima potenza, è più istintivo cambiare un po’ prima di quella soglia. E’ un motore pieno di capacità ma un po’ sintetico nell’erogazione, ma oramai è una prassi sui motori sovralimentati, quindi non so più nemmeno se ha senso lamentarmi.

Arrivo ad una chicane veloce, sinistra piatta, corto rettilineo prima di una destra che si arrampica un po’ su se stessa, regalando così una inclinazione delle strada perfetta per far spaventare i proprietari dell’auto, che non si aspettano una velocità di entrata così alta. Arriviamo forte, critiche a parte il 4 cilindri spinge con cocciutaggine, mi attacco ai freni. Ecco, se vogliamo, le pinze maggiorate “N” fanno il loro lavoro ma non sono “rassicuranti” come i migliori impianti in commercio. Appaiono congrue ma non a prova di bomba, se capite cosa intendo. Peccato, perché attraverso il pedale la modulabilità dell’impianto è abbastanza buona. Uso i freni per aumentare la capacità di inserimento della N, portando un po’ di frenata fin dentro la curva, il posteriore segue con calma mentre l’avantreno scava la linea, perdendo frammenti di aderenza ma tenendo duro, piccola pausa e poi giù il pedale del gas, a fondo, in 3°. Il differenziale elettronico “blocca” l’iniziale normale sottosterzo di potenza, le ruote anteriori mi insultano ma la I30N esce veloce e composta. Lo sterzo è diretto e pesante il giusto, ma ora lo sto usando in “Sport +”, leggermente meno “pesante”, e adoro il fatto che non obblighi quasi mai a cambiare posizione con le mani sulla spessa corona del volante. Il corto rettilineo viene divorato dalla Performance, appoggio la 4°, mi allargo un po’ sfruttando la visibilità della strada, frenata, 3°, e poi mi lancio dentro la destra veloce, con il piede sinistro “appoggiato” sul freno in inserimento per “incollare” l’avantreno al punto di corda. Il posteriore “molla” un attimo la linea, d’altronde lo sto veramente obbligando agli straordinari, piccolo controsterzo, l’avantreno resta sicuro e torno sul gas di nuovo. Trazione anteriore, 275 cv e zero problemi: sì, viviamo davvero in un’altra epoca, anche solo rispetto dieci anni fa. E’ ora di lasciare andare la Performance, anche se rimane una sorta di, come dire, leggera insoddisfazione.

Considerazioni finali

Leviamoci il pensiero, diciamolo subito: la i30N Performance è impressionante. Se la può giocare ad armi pari con tutte le concorrenti, Civic TypeR a parte. Ha studiato così bene da riuscire a sovrapporsi alla regina assoluta di vendite della categoria, ovvero la Golf GTI. Sembrano cugine separate alla nascita, e ci può anche stare, visto che il padre del reparto N, Albert Biermann, è un ex BMW M e tedesco fino al midollo, quindi probabilmente uno che di Golf GTI ne ha guidate (e studiate) un bel po’. Talmente studiata bene che, proprio come avviene per la Golf GTI, c’è sempre qualcosa che mi fa scendere impressionato ma non innamorato. Troppa precisione? No, non è questo. Si comporta come una sportiva credibile ma mantiene una sorta di distacco sensoriale. Il motore suona bene, ma eroga in modo piatto; il cambio è buono ma non velocissimo; lo sterzo ottimo ma un filo troppo filtrato. Questo, quantomeno per me, non permette mai di calarsi nell'esperienza fino in fondo, lasciando il mondo fuori per godere solo di una bella guidata come si deve. Finisco sempre per pensare “è un po’ grande”, oppure “mi piacerebbe fosse più aggressiva, più scatenata, più feroce…”. Insomma, non è così viscerale da entrarmi dentro. La I20N Performance, invece, riusciva a tirare fuori l’hooligan che c’è in me, nonostante non fosse capace di queste prestazioni pure.

Penso che le auto sportive vanno progettate con un 90% di cervello e un 10% di cuore, obbligatoriamente. Un ultimo 10% di vera, grezza, imperfetta ma pulsante, pura e infantile passione in cerca di quella pelle d’oca che è il fulcro attorno al quale costruire l’esperienza che sta alla base di un’auto costruita per essere guidata..

Insomma, cari amici Coreani: bravi siete bravi, ma ogni tanto lasciatevi andare, gridate, ridete, fate rumore e litigate. Scoprirete quanto è divertente sporcarsi un po’.

Un grandissimo Grazie a Marco per avermi fatto strapazzare la sua I30N Performance arrivata fresca fresca dalla Germania. Grande!

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