Il meglio del meglio: Alfa GT con motore 2000 cc.

- Non vi chiedo se ci si può innamorare di un’auto, ma si puo' essere in grado di dimenticarla...? -

Da quando avete visto le creazioni di Alfaholics tentate di vendere la casa di famiglia, pur di comprare un’Alfa Romeo GT? Avete già impegnato i denti d’oro della nonna, anche se li sta ancora usando? Ma è davvero così figo guidare un’Alfa GT, magari una GT “migliorata”?

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29 dicembre 2020| scritto e pensato dalla mente malata di M.Carito | editato e corretto dal pensiero distorto di Gabry | Inquadrato, scattato, editato dalla mano mossa di Gabry

Voglio essere chiaro, anzi chiarissimo, per non farvi perdere ulteriore tempo prezioso: se in questo momento siete abbastanza fortunati da essere alla ricerca di un’auto anni ‘60 -’70, ma non sapete ancora quale, fermatevi. Ci pensa Ruggine, da sempre attenti ai problemi sociali. La risposta è una sola. Alfa Romeo Giulia GT, preferibilmente prima serie, ma non facciamo i difficili. Scegliete la motorizzazione che fa per voi, sono tutte fantastiche, ma non siate timidi e se potete puntate dritti al 2.0. perché? Semplice, perché è uno spettacolo assoluto. Quando sentirete quanto quest’auto vi entra dentro, tipo Alien ma più affascinante, allora mi ringrazierete. Alien, nel film, si presenta bucando la pancia dello sfortunato ospite, mentre una storica italiana, di solito buca il portafoglio. Questa volta però, sono certo non ve ne pentirete. Ora, l’articolo potrebbe finire qua, immagino. Avrete capito che sì, la GT mi è piaciuta tantissimo ed essendo per me una di quelle auto “da guidare almeno una volta nella vita”, direi anche per fortuna. Non è mai bello quando si resta delusi dai propri miti.

Ora che vi ho detto che auto amare e rispettare per il resto della vostra vita, vi racconto un pò perchè mi aspettavo moltissimo da questo test. Occhiali da lettura, copertina sulle gambe e via con la storia. La gamma Giulia GT nasce nel 1963, disegnata da un certo Giorgetto Giugiaro, un ragazzo che lavora in Bertone e che pare ci sappia fare con la matita. L'auto riprende pari pari la meccanica della Giulia Sprint 1600 ma, accorciando il passo, il nostro Giorgetto disegna un capolavoro di coupè: bassa, larga e con una linea rastremata verso il posteriore che la fa sembrare veloce anche mentre sonnecchia in garage. Sotto il bellissimo cofano anteriore c’è, montato longitudinalmente, il classico 4 cilindri bialbero in lega leggera Alfa Romeo, il 1570 cc già montato sulla berlina Ti. Grazie al doppio carburatore Weber e ad una fasatura diversa, la potenza sale a 106 cv. Le sospensioni sono le più avanzate dell’epoca: ruote indipendenti anteriori e un ponte decisamente raffinato al posteriore. Cambio a 5 rapporti, quattro freni a disco: 950 kg di pura tecnica, bellezza e divertimento. La prima versione, prodotta ufficialmente fino al 1968, si presenta con due soli fari tondi all’anteriore ed il classico “scalino”: in pratica tra il cofano anteriore ed il pannello paraurti c’è una sorta di gradino. Colpo di genio? Più o meno. In origine doveva essere una presa d’aria ma, per contenere i costi di produzione, si è deciso di eliminarla. Peccato che oramai cofano e paraurti fossero definiti, quindi: ok, nessuna presa d’aria, al suo posto lasciamo un bel gradino, chi se ne accorgerà? Tutti, ed è un successone, uno di quei dettagli che ancora oggi mi fanno balbettare dalla felicità. Oltre all’immediato successo di vendita, la Giulia GT scende in pista e toglie il sonno a tutte le avversarie di categoria. Nel 1965 la Scuderia Autodelta prende una Giulia GT 1600 cc e la trasforma in GTA, dove la “A” sta per “Adesso sono c....i amari per tutti”. O forse sta per “Alleggerita”? Nel regolamento del Campionato Turismo c’è una piccola postilla che indica lo spazio minimo per gli occupanti dei sedili posteriori. La Giulia, nonostante sia omologata per quattro, dietro non è così grande da poter consentire uno spazio sufficiente all'omologazione di gara. Infatti, sui sedili posteriori ci stanno al massimo due bambini. Ok, due bambini non particolarmente alti. Ok ok, due bambini a digiuno e mezzi contorsionisti. Insomma, c’è un problema. Carlo Chiti, mitico progettista dell’Autodelta, ha l’illuminazione: perchè sulla versione stradale della GTA non sostituiamo la panchetta posteriore con una panchetta dura tipo panca in legno da sagra di paese per guadagnare spazio e rientrare nel regolamento? Detto fatto, problema risolto, tanto mi dite chi mai siederà sulla panchetta posteriore di una GTA stradale? Superato questo scoglio si parte a lavorare seriamente sulla GTA da competizione. Gran parte della carrozzeria viene sostituita con pannelli in Paraluman 25 (nulla di radioattivo, credo), i vetri vengono alleggeriti o sostituiti con materiale plastico, vengono montati cerchi in magnesio Campagnolo e la campana di frizione e differenziale ZF vengono accorpati in un’unica fusione di Elektron (questo non sono sicuro non sia radioattivo). Tutto questo porta ad un abbassamento del peso sino alla soglia dei 745 kg, mentre il motore viene riprogettato per erogare circa 160\170cv, abbattendo così la soglia dei 100 cavalli/litro. Inutile dire che l’auto inizia a vincere praticamente ovunque fin da subito e questo porta allo sviluppo di GTA sempre più estreme, sempre più potenti…

La prima GTA stradale

“Ingegner Chiti, c’è anche un altro problema da risolvere. Con l’aumento della potenza c’è sempre meno trazione...”

“Ci penso io, facile facile”.

La domanda è nata con le ulteriori evoluzioni della Giulia GTA, equipaggiate con motori sempre più potenti. Ma Chiti è uno decisamente sveglio, è così si inventa lo “slittone” un sistema meccanico che, applicato alla sospensione posteriore, abbassa il centro di rollio e aumenta la trazione in uscita. Se guardate le foto delle GTA dell’epoca, noterete lo “slittone” in azione: non proprio lui, ma l’effetto che provoca. Avete mai visto la foto di una Giulia GTA con la ruota anteriore esterna alzata in uscita di curva? Ecco, è lo “slittone” che schiaccia il posteriore a terra, massimizzando la trazione sulle ruote motrici. Un'impennata dietro l’altra le GTA vinceranno Campionati Turismo a ripetizione, risultando imbattibili in pista e nelle gare in salita, oltre che essere decisamente le più belle auto in gara. Quando poi, nel 1971, arriva la massima espressione della Giulia GT stradale (GTA a parte, ovvio), i problemi per gli avversari diventano insormontabili. Viene presentata infatti la 2000 GT Veloce, con il 2000 cc da ben 132 cv, che in pista si trasforma nella GTAm (“m” sta per “modificata”) 2000. Una bestia dai paraurti allargati, cerchi dal canale infinito e con il 2.0 portato a 240 cv. Come al solito la nuova bestia di Satana del biscione riduce in lacrime la concorrenza nel Campionato Europeo Turismo e anche in praticamente tutti i campionati minori.

La Giulia GTAm che impennando impone la propria legge

Insomma, ora lo capite perchè amo la serie GT? Stiamo parlando di un’auto bellissima e con un pedigree nelle competizioni. In pratica una modella di intimo che lavora al CERN e fa cabaret nel tempo libero.

Ora che sapete perchè ne voglio provare una da sempre, capite anche meglio perchè da 5 minuti sto fermo con la bocca aperta, in piedi davanti a questo capolavoro amaranto. Avete presente quando durante una videochiamata il vostro interlocutore si “freeza” mentre dice qualcosa, tipo “Ovvio”, con la bocca aperta e la faccia da scemo? Così, esattamente come sono io ora. I ragazzi di Garage America (www.garage-america.it) hanno appena tirato fuori la loro GT, che avremo la fortuna di usare oggi per il test. E adesso è qua davanti a me, in tutta la sua gloria, che spara volute di fumo dallo scarico obliquo. E’ un esemplare quasi completamente restaurato. Quasi, infatti mancano alcuni dettagli estetici, oltre che un affinamento ulteriore a livello dinamico, ma non ho saputo aspettare. Vi spiego. Durante il primo incontro, i titolari di Garage America mi hanno mostrato tante auto pronte per il test, svelandomi veri e propri tesori completamente messi a punto. Roba da diventare pazzi, sul serio. Il problema è che, sollevata su un ponte, un pò in ombra, mi appare questa GT amaranto. Da quel momento non sono più riuscito a pensare ad altro. Il fatto che mancassero i paraurti, mostrando una linea perfettamente liscia in stile GTA, per me era solo un motivo in più per farmi cadere la mascella, assieme alla dignità ed alla già traballante capacità lessicale. “Quella...voglio..vorrei...la GT...è possibile…”? Questo è ciò che sono riuscito a dire. Quando poi mi han detto cosa c’era sotto la carrozzeria, beh, Andrea e Pino (i generosissimi titolari) han dovuto tirare fuori i Sali all’Nduja, specialità tipica delle loro zone, per rianimarmi. Ha funzionato, mi sono rialzato ed ho corso i 100 metri in 9,87 secondi, ad un soffio dal record mondiale. Per farla breve, nonostante continuassero a dirmi che l’auto non fosse ancora pronta, da quel momento esatto per me c’era soltanto più lei. In fondo dai, gli specchietti retrovisori a cosa servono?

Sento i brusii di dissenso di voi puristi fin qua. In effetti si tratta di una GT Junior 1300 del 1972, quindi seconda serie. Quando fu ritrovata era in condizioni penose e durante il restauro i ragazzi hanno avuto l’illuminazione. Si sono guardati in faccia e han deciso di tirare fuori la massima espressione possibile della GT, mixando il meglio delle varie versioni stradali, lasciando perdere le introvabili GTA. D’altronde, in un altro angolo dell’officina, una GT Junior 1300 cc completamente originale c’è già, se proprio si vuol fare il purista. Quindi, via il motore originale (hanno fatto in fretta, il motore in effetti già mancava) e dentro han montato il 1962 cc della GT Veloce 2000, il bialbero più grande mai montato da Alfa Romeo sulla serie GT.

Come se non bastasse, per migliorare ancora un pò il “tiro” (ma quanto vi voglio bene?), la squadra ha deciso di mantenere il cambio del 1300 cc, coi rapporti un pò più corti, pur mantenendo l’autobloccante ZF montato praticamente di serie sulla GTV 2000. Ora, cari i miei puristi, che oramai siete in apnea da 3 minuti, quella che mi trovo davanti è un incrocio tra una Junior e una Veloce, una specie di distillato di figaggine, se così si può dire. Mi scuserete se non riesco ad esserne deluso, anzi, mi sembra un’idea fantastica. Se poi ci mettiamo che il motore ha subito un ulteriore “affinamento”, come dimostrano i 4 tromboncini d’aspirazione che fanno capolino sul lato destro del bialbero, ecco spiegato perchè il mio personalissimo Paradiso, oggi, è dalle parti di Leinì.

Un po' di pasta abrasiva e torna come nuova
Anche qua mi pare tutto ok

Alla luce del mattino la GT appare compatta, piccola, muscolosa e al tempo stesso morbida e sinuosa. La vista di tre quarti posteriore è tosta, così come il frontale “tronco”. Ma la fiancata e la linea che curva discendente verso il posteriore rendono l’insieme leggero e atletico. Ci sono dettagli che dalle foto non si notano. Ad esempio, tra le luci posteriori, la curva del pannello crea una sorta di “vuoto” che rende la linea del baule posteriore lievemente sporgente e ancor più filante. Lo scarico obliquo è semplice e perfetto. La ruota posteriore viene “scoperta” dalla curva della carrozzeria. Wow. Il rosso amaranto scelto per la carrozzeria le sta benissimo: nella luce incerta del mattino sembra scuro ed elegante, nascondendo nelle proprie ombre gli spigoli. Appena il sole viene fuori e la tonalità si fa più luminosa, il gioco di luce fa risaltare ancora di più la stupenda nervatura laterale, rendendo il tutto più aggressivo e “maschio”. Oh, sto Giugiaro ci sa fare davvero, per me ne sentiremo parlare negli anni a venire, ma non vorrei sbilanciarmi troppo... I cerchi di questo esemplare sono i classici della GTV 2000 originale, un po’ troppo anni ‘70. i tipici cerchi da 15 pollici a “gettoniera” della GTA sarebbero stati per me ancora meglio, ma sto veramente cercando il pelo nell’uomo. O era nell’uovo, il pelo? Meglio nell’uovo. Vabbè avete capito. La GT è strepitosa, da qualsiasi prospettiva la si osservi. Una volta dentro si viene letteralmente bombardati da emozioni tattili e visive. C’è il contagiri, a cifre bianche su fondo nero, la scritta “Jaeger”, il piccolo logo del biscione e la lancetta che balla al minimo, a 1300 giri\minuto. C’è il vissuto legno della consolle “piatta” che incornicia le levette dei comandi, piccole ed in stile aeronautico; la leva del cambio sottile dall’aspetto fragile vi viene incontro vibrando. I sedili fissati praticamente sul pianale mi accolgono scrocchiando sotto al mio peso, stringendomi la parte bassa e lasciando libere le spalle. Gli esili montanti lasciano entrare tutta la luce possibile, regalando una visione in 16:9 della strada. Che dire del suono dei tromboncini che risucchiano aria appena sfioro l’acceleratore, così, perchè non ho saputo resistere, facendo schizzare la lancetta verso l’alto? Sono già invaghito della Giulia, ancora prima che le ruote facciano un solo giro. Ci siamo appena conosciuti ma è ora di approfondire il nostro rapporto, giusto per capire se per averla devo vendere un rene subito o, con più calma, quando torno a casa.

In movimento è un’auto incredibilmente semplice. La trasmissione, nonostante sia un filo rumorosa a causa di un cuscinetto (“Ma Marco, questa GT non è ancora finita”!), è perfetta e la frizione è molto facile da utilizzare. Davvero, per essere un’auto progettata 60 anni fa (eh già) è incredibilmente semplice da portare a spasso. Il motore è corposo ed estremamente “presente” fin dai primissimi metri, anche senza sfruttare le sue potenzialità. Già così, il suono mi fa sorridere come un cretino. Se lo solletico premendo l’acceleratore con un rapporto alto, suona come una valanga lontana, mentre brontola e cresce di intensità. Il pedale del gas provoca una risposta immediata, come se sotto l’acceleratore ci sia la manopola del volume di un Hi-Fi perfettamente tarato. L’accoppiata con il cambio del “milletrè” è fantastica e rende la GT capace di variare regime in un attimo. Mi rendo conto di trovarmi spesso sopra la tacca del “50”, che sul contagiri indica i 5000 giri\minuto. E sto andando a spasso. Il cambio poi è un’altra sorpresa. Spesso, sulle auto storiche, il cambio non particolarmente preciso e la lunghissima leva crea un po’ di apprensione durante le cambiate, come se ci fosse una qualche formula magica da impartire per mandare a segno la cambiata. Spesso bisogna davvero prenderci la mano, oltre a conoscere la giusta “formula”. Tipo Harry Potter: “Metterum la secondam”. Qua no. Si impugna il pomello a forma di fungo, bastano 3 dita, giù la frizione, dal comando duro ma non troppo, spingete la leva in avanti e un po’ verso il volante, ed ecco la 1°. Per la 2° portate la leva semplicemente indietro, bastano due dita. Poi ecco la 3° con la leva quasi dritta e al centro, dopo inclinate la leva sopra il freno a mano e avrete la 4°, spingete il pomello con il palmo in avanti e leggermente verso il passeggero ed ecco la 5°. Nulla di strano, eppure è incredibilmente appagante sentire accoppiare così bene gli ingranaggi del cambio attraverso una leva così sottile. Non sbaglierete mai una cambiata, tutto è esattamente lì dove dev’essere, senza alcuna incertezza. Ci si potrebbe tranquillamente andare in giro per tutto il giorno. La “nostra” GT è sì incompleta, ma a livello di trasmissione\cambio\motore, non potrei chiedere di meglio. Esploro la potenza del 4 cilindri, ma è così inebriante e naturale spingerlo che salto tutte le fasi intermedie e mi ritrovo quasi subito sopra i 7000 giri, con il suono che si trasforma da un roco borbottare ad un urlo vero e proprio, mentre i tromboncini risucchiano tutta l’aria che trovano per trasformarla in esplosioni armoniche e potenza. Non c’è nessun buco d’erogazione, nessun tentennamento, solo una sostanziosa spinta crescente e continua. Sicuramente, anche grazie alla messa a punto fatta dagli specialisti di Garage America, il bialbero non sembra mollare mai, arrampicandosi con ferocia fino al fondo scala del contagiri, segnalato dalla cifra “80”. Alla fine la smetto io, sia per darmi un contegno, sia per rispettare questa “vecchietta”, che comunque sembra più in forma di me. Come mi dimostra per l’ennesima volta lanciandosi in avanti, urlando e facendo sbandare un po’ il posteriore, quando butto giù l’acceleratore in 3°, ruggendo e accovacciandosi sui cerchi posteriori da 14 pollici...

Ok, in frenata l’auto tira da un lato, la geometria delle sospensioni non è ancora ben definita, rendendo un pò “galleggiante” l’auto e bisogna correggere spesso la traiettoria con il volante. Sterzo che comunque risulta molto diretto e facile da interpretare. Ok, forse la scocca è anche troppo alta da terra. D’altronde sono io che ho insistito per guidarla ancora imperfetta, quindi ci sta. Continuo a scriverlo, ma è fondamentale, perché tutto ciò che è già “a punto” sta brillando in maniera assoluta. Dal motore, cambio e trasmissione non potrei chiedere di più, neanche sforzandomi. Al volante ho dei momenti di pura goduria, con la GT che scivola leggermente sulle gomme, leggera come una piuma. Si percepisce chiaramente il telaio torcersi, flettersi e lavorare sotto di te. Adoro questo bombardamento di informazioni, un flusso continuo di sfumature che dal posto di guida puoi decidere se usare o ignorare man mano che si presentano. E’ impossibile non rendersi conto della qualità intrinseca presente in questo progetto, ed è impressionante che sia chiaro già adesso che non è completamente definita. Anzi, mentre lancio per l’ultima volta l’auto in 2°, su questa stradina che taglia la campagna, non posso fare a meno di pensare che sto vivendo un momento che ogni appassionato dovrebbe vivere, almeno una volta nella vita. Sono lì da qualche parte sopra i 7000 giri, metto la 3° e la lancetta ricomincia a salire, così come la tonalità dell'aspirazione che si indurisce, mentre l’anteriore alleggerito ondeggia. Frenata, punta tacco, spingo il pomello indietro e verso di me, 2°, scivola un po’ sulle 4 ruote quando sterzo, pizzico il punto di corda alla mia sinistra, mi sembra di non aver quasi dovuto girare lo sterzo per curvare, ritorno sul gas ed ecco che il 4 cilindri torna a ruggire istantaneamente, l’auto si accuccia sul posteriore e di nuovo correggo un po’ l’ondeggio dell’anteriore. E’ così tattile e soddisfacente che lo rifarei per tutto il giorno, non fosse che siamo quasi a secco. Forse eh, perchè l’indicatore non funziona ancora. “Marco, l’auto non è ancora finitaaaa”!

Avete ragione, eppure la GT è stata la scelta giusta.

Dopo aver sentito e toccato con mano quello che i ragazzi di Garage America hanno tirato fuori dal gruppo motore\trasmissione\cambio sono certo che quando sarà completa, questa GT sarà un vero gioiello. Una di quelle auto per cui vale la pena puntare la sveglia alle 5, fare una colazione veloce e uscire a godersi le strade deserte, da soli, poi fermarsi e guardarla mentre il metallo caldo scricchiola mentre si raffredda. Ne sogno una grigio argento con il muso giallo, tipo quelle che correvano da private dei campionati Turismo, con cerchi da 15 pollici ed il selvaggio 2.0 sotto al cofano. No paraurti, due sedili sportivi e poco altro. Non serve altro.

Tornando all’inizio del pezzo: fidatevi, se potete comprate una GT e fatela mettere a punto da persone capaci come i ragazzi del Garage America. Se il budget non basta per una GT già funzionante, comprate la migliore che trovate e risparmiate tutto quello che potete per metterla a posto. L’attesa e la spesa sarà abbondantemente ripagata con gli interessi, visto e considerato che quest’auto, oltre alle doti su strada, continuerà a salire di prezzo, sulla scia della sua storia e della sua qualità. Quest’ultima è la carta da giocare con mogli\mariti\fidanzate\fidanzati: e non dite che non vi voglio bene.

A qualcuno serve un rene? ben tenuto, pochi km, revisionato?

Un ringraziamento speciale a tutto lo staff ed ai proprietari di Garage America. Oltre ad essere incredibilmente appassionati, competenti e disponibili, sono una vera famiglia con cui condividere la propria passione. Grazie, grazie, grazie.

Se avete un'auto storica da sistemare o mettere a punto, questi sono i loro contatti:

Garage America, Via San Francesco al Campo 119, Leinì.

Sito Web | Tel. 011-9974876 | Mail: garage.america@libero.it

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