ford escort rs turbo

- la piu' amata dalle malelingue -

”...nella mia classifica di attenzione la prossima cosa da capire è come influisce il 4 cilindri vecchio stile sulla dinamica della RS, punto focale delle leggende sulle Turbo anni ‘80 a trazione anteriore. In soldoni, se la chiocciola inizia a soffiare a metà curva, morirò? La risposta è un enorme e clamorosamente sicuro “NO”. Freno, inserisco in curva e con ancora le ruote sterzate affondo il gas, pronto a gestire il grande sottosterzo di potenza. E invece, rullo di tamburi, la RS cambia direzione senza troppe storie da parte dell’anteriore. Il turbo lag c’è, ma a differenza di altre vetture dell’epoca la botta di potenza è abbastanza dolce e la spinta cresce in modo gestibile. Mi godo la spinta, corposa e decisamente vivace, prima di passare in 3° e riflettere su quanto appena successo…”

Prima di Cosworth e 4x4 il divertimento a forma di Ford Escort aveva un solo nome: RS Turbo. E’ arrivata fino a noi insieme dalla nomea di auto difficile e scorbutica, in pieno accordo con tutte le Turbo anni ‘80 che si rispettino.

Sarà proprio così?

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14 marzo 2022| scritto e pensato dalla mente malata di M.Carito | editato e corretto dal pensiero distorto di Gabry | Inquadrato, scattato, editato dalla mano mossa di Sebastian Iordache

Mmm, c’è “qualquadra che non cosa”, come direbbe un mio amico famoso per la capacità di buttar fuori parole come fossero dadi. Sono alla guida di una Ford Escort RS Turbo eppure mi sembra tutto stranamente sotto controllo, in barba alla nomea da “bara con le ruote” che questa baby “Fast Ford” si porta dietro dalla nascita. Ora, non vorrei apparire ingrato: sono felice così ma, mentre premo a fondo l’acceleratore in uscita da una stretta curva in discesa, non posso fare a meno che stupirmi di quanto la compatta Escort si stia comportando bene. Educata, direi, voce a parte. Ma facciamo un piccolo riassunto, tanto per entrare in clima RS. Nata sulla terza serie della famosissima berlina “leggera” Ford, la RS non è una semplice versione sportiva, bensì la versione sportiva della versione sportiva. Già, perché la Turbo nasce, in concomitanza con il restyling a metà degli anni ‘80, aggiungendo un turbocompressore Garrett T3 ed un intercooler al 1,6 litri da 103 cv della versione sportiva XR3i.

Oh, qua si parla della prima Ford sovralimentata venduta in Europa, roba da libri di storia. Risultato? 132 cv a 5750 giri\minuto e 180 Nm a 2750, che dovendo spostare solo 950 kg non sono malaccio nemmeno oggi. Per mettere giù tutta la prepotenza dell’otto valvole sovralimentato, la casa americana ha addirittura pensato di installare, di nuovo per la prima volta, un autobloccante di tipo viscoso Ferguson: insomma, si sono messi davvero d’impegno per non avere troppi giovani sulla coscienza. Ok, l’impianto frenante è di tipo misto, dischi all’anteriore e tamburi al posteriore, ma ad aiutarlo c’è persino un ABS di tipo meccanico. L’estetica è chiaramente pensata per essere all’altezza dei bravi ragazzi delle case popolari a cui è destinata, in pieno stile prova speciale tra amici del Bar. All’interno, poi, sedili Recaro e… basta, quanta roba volete? La RS Turbo è stata un successo pazzesco (più di 37.000 pezzi venduti…) e basta guardare le foto per capirne il motivo: è tosta e convinta. Ma, oltre a tutto questo, a noi è arrivata anche la sua nomea di auto difficile e “infame”, se mi passate il termine tecnico. Che poi, a ben pensarci, è la nomea di tutte le auto turbo di quell’epoca: aggiungete ad un telaio con la rigidità torsionale di un grissino un turbo con la delicatezza di un mastino napoletano et voilà, il platano è servito. Di tutte le RS prodotte ne sono sopravvissute poche. Alberi, muretti, canali di scolo ed altre fantastiche attrazioni le hanno decimate durante questi trent’anni. Ancora più rari gli esemplari originali come "mamma Ford" le ha fatte. Quante di queste saranno acquistate, nel 2021 e come prima auto, da una ragazza di 21 anni?

Una di sicuro, ed è qua con noi, nera come la pece.

Impressioni a ruote ferme

La Escort RS che abbiamo qua oggi è di proprietà di Michela, che per l’appunto l’ha acquistata come prima auto: si amici, c’è speranza per il futuro. Piccola e nera, la Turbo è un insieme di aggressività ostentata, linee ingenue e, per qualche motivo, mi ricorda Taz, il diavolo della Tasmania dei cartoni animati. Ha anche la voce di Taz, visto che lo scarico libero le regala una voce tonante e ricca di note medie. La RS ha una linea quasi da coupé: frontale lungo, abitacolo piuttosto spostato indietro e baule sfuggente.

E’ chiaro perché le Ford sportive fossero diventate le eroine della classe operaia, in particolar modo in Inghilterra: detta in soldoni, è impossibile non essere attirati dalla crudezza della RS. Ostenta le aggiunte racing e le somma, senza troppi giri di parole, alle forme semplici e rassicuranti della Escort "liscia". In particolare, su di me fanno effetto i codolini allargati: sembrano fatti a mano in garage, tanto sono decisi e privi di timidezza. Il cofano anteriore ha una linea strana ed i fari anteriori sono anonimi, ma anche qua le doppie prese d’aria ed i faretti supplementari attirano lo sguardo, distogliendolo dalle linee un po’ così del resto. I cerchi in lega da 15 pollici sembrano le stelline ninja dei film anni ‘80: appaiono un filo troppo grossi e questo vi fa capire quanto sia piccola l’auto nel complesso. Le minigonne riprendono la linea “a scalino” dei codolini allargati ma stranamente si protendono verso il basso più dei due paraurti, che sembrano meno muscolari e definiti del resto dell’auto. La vista più oldschool di tutta l'auto, però, è quella posteriore. Fanali rettangolari e sovradimensionati, spoiler sbruffoncello attaccato direttamente ai lati del vetro posteriore, il grosso terminale di scarico ovale ed il mio dettaglio preferito, la scritta rossa “ESCORT RS - TURBO”, grossa e visibile anche al buio.

Il nero della carrozzeria forse appiattisce un po’ le linee, mitigando l’aggressività complessiva, ma devo dire che la RS si fa guardare volentieri. Rossa, bianca o grigia forse sarebbe ancora più convinta, ma vestita di scuro sembra un mezzo con uno scopo serio, meno caciarona e più focalizzata. Una volta aperta la portiera, spessa come una piadina squacquerone e rucola, ci si trova davanti ad un abitacolo talmente ingenuo che mi viene voglia di abbracciare la piccola Ford. Recaro a parte, che sono sempre un bel vedere (anche se rivestiti con questo tessuto grigio topo e quadratini rossi sembrano un po’ sotto tono) il resto dell’abitacolo è preso pari pari dalla Escort 1,1 lt che usava tuo nonno per andare all’orto col cappello in testa. Contagiri a forma di spicchio a sinistra, tachimetro centrale con fondoscala a 220 km\h e, a destra, indicatore della benzina e temperatura dell’acqua. Indicatore che, ci tiene a precisare, il pieno corrisponde a 47 litri e, con la benzina a 2€ al litro, fate un po’ voi i calcoli. Ed è anche peggio di come pensate, perchè Michela usa solo la 100 ottani. Guardandomi attorno mi viene da pensare che alla fine non è nemmeno male, ma c’è una cosa che mi disturba fortissimo, più di quelli che dicono “Top” per ogni cosa: il volante. E’ talmente poco delineato che sembra sciolto con la fiamma ossidrica, con le due razze che “colano” verso il basso e la finitura liscia della plastica.

Comunque sia, con i sedili che mi stringono i fianchi (ma stranamente mi lasciano libere le spalle) ed il 4 cilindri che bofonchia insulti ai passanti, mi sento pronto alla sfida. Devo però ricordare che, grazie ad un mix di prestazioni e difetti strutturali che oggi le farebbero bandire dalla Convenzione di Ginevra, le trazioni anteriori turbo anni ‘80 sono di una brutalità notevole. Quindi, Marco, vedi di non fare il fenomeno.

Su strada

Parto con molta calma, impartendo alla Escort un input alla volta, così da prendere le misure e capire se in effetti ho preso sottogamba tutte le dicerie che circolano su questa Ford. Le auto sportive di una volta, derivate senza troppe modifiche dai modelli più economici, spesso hanno comandi vaghi a cui fare un po’ l’abitudine: cambi che non cambiano, freni che non frenano ed altre cose così. Al volante della RS sembra invece tutto decisamente accettabile e, se non moderno, funzionante con pochissimi accorgimenti da parte mia. Michela ha montato ammortizzatori Sachs nuovi e si sente: le sospensioni “stoppano” i rimbalzi, anche quando passiamo sopra avvallamenti e sconnessioni. La leva del cambio è un po’ gommosa ma riesco a mandare a segno le cambiate senza problemi, aiutata anche da una frizione dallo stacco semplice nonostante la corsa abbastanza ridotta del pedale. I freni mettono subito in chiaro le cose: freno poco, ma quel poco che so fare è lineare e facilmente gestibile. La posizione di guida è altrettanto amichevole, sterzo a parte. Certo, i Recaro sono formato Michela, stretti e piccoli, e non mi contengono come vorrei. A livello di seduta sono ottimi, ma mi sento “spinto fuori” all’altezza delle spalle.

E poi c’è lui, il volante: oltre all’aspetto da impiegato del catasto è anche inclinato fortemente in avanti, ed obbliga ad usare gli avambracci persino nelle sterzate minime. Che, come mi accorgo velocemente, equivale a dire tutte le sterzate, perché il volante ha un’azione contrastata ed è molto demoltiplicato: in pratica si fanno braccia e cardio nello stesso momento. Per adesso mettiamo da parte lo sterzo, perché la prossima cosa che vorrei capire è come influisce il 4 cilindri sovralimentato sull’avantreno della RS, punto focale delle leggende sulle Turbo anni ‘80 a trazione anteriore. In soldoni, se la chiocciola inizia a soffiare a metà curva, morirò? La risposta è un enorme e clamorosamente sicuro “NO”. Freno, inserisco in curva e con le ruote ancora sterzate affondo il gas, pronto a gestire un grande sottosterzo di potenza. E invece, rullo di tamburi, la RS cambia direzione senza troppe storie. Il turbo lag c’è, ma a differenza di altre vetture dell’epoca la botta di coppia è abbastanza dolce ed il differenziale viscoso lo gestisce senza alcun affanno. Mi godo la spinta, corposa e decisamente vivace, prima di passare in 3° e riflettere su quanto appena successo. Sono sorpreso dalla compostezza dimostrata dalla RS, e questa sicurezza inaspettata mi porta immediatamente al livello successivo, cioè cercare di portare più velocità in percorrenza. Almeno, l’idea è questa, perché c’è sempre il solito elemento che si oppone al divertimento. Avete presente le barre con la molla in mezzo, quelle che vendevano sui canali privati e che promettevano di tonificare le braccia alle signore di mezza età? Ma sì, le mitiche “Power Twister” per “braccia più toniche e un fisico più asciutto”, avete presente? Ecco, lo sterzo restituisce la stessa sensazione di resistenza gommosa, opponendosi alla rotazione con la fermezza di mio padre al cibo indiano. A questa cosa va poi aggiunta la demoltiplicazione del comando, che obbliga a girare il volante molto più di quanto ti aspetti. In uscita da una curva stretta, poi, se si aggredisce l’acceleratore il Ferguson aggiunge la propria azione al peso complessivo, così mi ritrovo con la catena cinetica avambracci-bicipiti-spalle-schiena completamente impegnata a forzare lo sterzo a lavorare.

Nelle curve veloci, ovviamente, la situazione migliora, ma nella mia testa inizia a farsi largo il pensiero che forse la pericolosità della RS sta tutta qua: immaginare di dover recuperare un'improvvisa sbandata del posteriore, con un comando dello sterzo che sembra immerso nel catrame, è un vero incubo. E’ un peccato, perchè in tutte le altre aree la Turbo sembra flessibile e amichevole. Ha una buona aderenza in appoggio, non soffre particolarmente il tira/molla con l’acceleratore e si fa maltrattare sui dossi e sulle sconnessioni come suggerisce l’estetica Rallystica. I freni sono sottodimensionati e in discesa ispirano poca fiducia, ma è nei tratti a vista che su questo percorso riesco a fare qualche traiettoria decente. Sì, solo decente, perché pur provando tutti i trucchi che conosco, come anticipare la sterzata o frenare fino al punto di corda, è impossibile raccordare una serie di punti di corda senza sbuffare contro lo sterzo. E’ talmente poco collaborativo che anche nelle curve più aperte e veloci ci si ritrova con mezzo giro di volante e il muso che cambia direzione di pochi gradi. Cioè, capite che di fiducia ne ispira pochina… Mi piacerebbe sapere se questa impostazione è stata obbligata dalla necessità di scaricare a terra la potenza. Se così fosse obiettivo centrato, ma a che prezzo? Ho il vago sospetto che gli pneumatici moderni abbiano risolto alcuni problemi di telaio, perchè la RS va in appoggio con molta sicurezza e premendo a terra con tutte e quattro le ruote, sia in accelerazione che in frenata. Il posteriore esegue senza problemi, anche se ho la sensazione che il suo lavoro sia semplificato dalle traiettorie che riesco ad impostare, sempre molto arrotondate a causa della lentezza dello sterzo. Questo è il momento del test in cui di solito inizio a parlare di ritmo, ma oggi non sarà possibile. Il ritmo viene inesorabilmente deciso dalla scatola dello sterzo perché, per quanto stia girando le braccia come nella macarena degli anni 2000, mi è impossibile attaccare sul serio le curve. Tra le altre cose è un’azione così muscolare da risultare piatta e priva di dettagli, è tutto un tirare e spingere. Mentre mi godo un 3°- 4°, non posso fare altro che rammaricarmi di questo enorme difetto.

La ragazza (non Michela, parlo della Escort) ha personalità ed una guida sopra la media, parlando degli anni ‘80. Eppure, dopo aver affrontato l’ennesima chicane muovendo le braccia tipo “metti la cera togli la cera”, ma molto meno elegante, decido di accostare.

Considerazioni finali

La Ford Escort RS Turbo. Da un lato si è rivelata decisamente meglio del previsto, anzi, non c’è traccia della bara con le ruote di cui si legge in giro. Ad esempio, il mix di aderenza dato dagli pneumatici moderni e dagli ammortizzatori Sachs è molto buono, i due assi sembrano ben accordati tra loro. Se non si chiede troppo, anche i freni stringono i denti e fanno il loro lavoro. Il motore spinge con entusiasmo sino a 6000 giri/minuto ed il cambio sembra persino sciogliersi un pochino se maltrattato. E poi c’è lei, la sorpresa più grande della giornata, la trazione in uscita di curva: il Ferguson funziona alla grande, scaricando a terra sino all’ultimo cavallo. Ok, un Torsen avrebbe anche permesso di “chiudere” ulteriormente la traiettoria, ma ora non facciamo i pignoli. Sembra tutto ottimo, vero? Lo sarebbe, non fosse che lo sterzo è un tale miscuglio di disagi che può far domanda per il sussidio. E’ lento, pesante e demoltiplicato ed occupa tutta la ram del mio cervello, impedendo di lasciarmi andare ad una guidata come si deve. Peccato.

Ho solo una domanda che mi frulla in testa. Michela, ma esattamente di panca piana quanto sollevi?

Un grosso ringraziamento a Michela, che nell’unico giorno davvero invernale del 2022 ci ha prestato la sua adorata RS Turbo, mantenendo anche il sorriso. Grazie mille, e grazie ad Antilag Club!

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