nissan 350z
- La più classica delle Z-Car moderne -
“...Ma, per fortuna, la grossa coupé si sta dimostrando decisamente aderente e decisa a non deludermi: richiede forza ma risponde con altrettanto impegno, in una sorta di patto di amicizia manesca fatta di pacche sulle spalle e pugni nelle parti basse, in stile scuola superiore. A questo punto perché non escludere i controlli di trazione? Lo faccio, rilasso le spalle e mi concentro. Davanti abbiamo un bel tratto di curve e controcurve, tutte abbastanza strette. La Z si lancia in inserimento con la decisione di un giocatore di football, l’avantreno si aggrappa all’asfalto e, quando torno sul gas, posso sentire le grosse “chiappone” caricarsi di energia e premere gli pneumatici a terra. Da qua in poi, sembra dire, è tutto nel tuo piede destro…”
C’è qualcosa di stranamente romantico nella Nissan 350Z. Certo, potrebbe semplicemente essere, scusate ma state per sentirvi vecchi tutto di un colpo, perchè è stata presentata 20 anni fa. Forse sì, ma per me è stata pensata già all’epoca come una sorta di macchina del tempo. Trazione posteriore, grosso motore anteriore V6, cambio manuale (c’è anche automatica, ma facciamo finta di non saperlo), meccanica semplice e diretta come un'incudine e carattere schietto e sincero, in stile Amaro Montenegro. E siccome anche gli occhi vogliono la loro parte, il tutto è confezionato nella più classica veste da coupé, con tanto di muso lungo e posizione di guida nei pressi della coda raccolta e muscolosa. In Nissan questa ricetta ha persino un nome, ovvero “Z-Car”, che propongono in varie salse fin dalla 240Z del 1969 (clicca qui per la nostra prova completa).
Ah, tra l’altro, proprio quest’anno la Casa è tornata alla carica con la 400Z, che però costa uno sproposito. Non me ne vogliano gli appassionati della ZX300 degli anni ‘90 e dell’ultima nata, ma per quel che mi riguarda le vere Z sono quelle aspirate, esattamente come la progenitrice 240Z. E’ questione di sound, di granulosità e, per l’appunto, di nostalgia. Ecco perché il test di oggi sarà una vera gioia, a prescindere: la 350Z è il perfetto esempio di ciò che mi aspetto da una Z-Car. 280 cv tirati fuori da un V6 3500 cc, trazione dalla parte giusta e zero complicazioni.
Nostalgia canaglia...
Impressioni a ruote ferme
E’ un’auto determinata, di quelle facili da capire dal primissimo momento in cui ti si presentano davanti. In qualche modo i designer sono riusciti a dare un tocco classico ad un insieme di linee che strizzano gli occhi all’hi-tech di inizio secolo, un esercizio molto difficile ma perfettamente portato a termine. Prendete il largo frontale: il paraurti dalla grande bocca centrale, raccordato morbidamente con gli sporgenti passaruota, e il cofano piatto grande come un ping-pong sono tutto sommato semplici e lineari mentre i fari grandi e spigolosi sono più complessi e ricercati. A guardare bene bene, per la verità, il paraurti di questo esemplare è più cattivo del solito: un tocco di Nismo, piccolo regalo del proprietario Alessandro alla propria bestiona. Tra l’altro, proprio i grandi fari accompagnano la vista ai passaruota anteriori, bombati in modo quasi caricaturale, e proprio per questo quasi ipnotizzanti, riempiti fino al bordo dai bellissimi cerchi Rays forgiati da 18 pollici.
L’abitacolo è racchiuso da un lungo e dolcissimo arco che ha l’andamento di un profilo alare quasi perfetto che nella parte posteriore accompagna alla coda raccolta e muscolosa. I rossi fanali sembrano tagliati col flessibile nei fianchi decisi e nei quasi monumentali passaruota posteriori. L’ampia e quasi troppo spigolosa ala posteriore, anch’essa Nismo, rompe un po’ la morbidezza organica della 350Z. Davvero, sembra un grosso animale: persino la voce è quella rasposa e schioccante di un essere feroce.
Dal singolo scarico tondo, che sbuca leggermente in diagonale dal lato sinistro del cicciotto paraurti posteriore, fuoriesce un suono puro, da pelle d’oca. Non vedo l’ora di godermelo ad alti giri, quindi afferro la grossa maniglia della portiera lato guida e la tiro. Non succede nulla: la 350Z ci tiene a dimostrare di essere “ricavata dal pieno” già al primo approccio. Aumento la forza e finalmente la lunga portiera si apre. Quello che ammiro è un abitacolo che, rispetto all’esterno, dimostra un po’ di più il passare del tempo. Ha uno stile lineare e massiccio: il volante a tre razze è spesso, sia nell’impugnatura che nella parte centrale, e ha la zona inferiore rivestita di pelle beige, in contrasto con la parte superiore nera. Il tronchetto di plastica traslucida che il proprietario ha installato al posto del grosso pomello del cambio Nissan è corto e dal diametro generoso e ha tutto l’aspetto di una barra di Teflon tagliata e avvitata ad hoc.
I sedili tradiscono la vocazione da gran turismo della 350Z, con i loro rivestimenti beige e l’aspetto più da poltroncine che da oggetti duri&puri. Ecco, questo va capito, da subito: nonostante le migliaia di video di 350Z da millemila cavalli in giro per il web, lei non è un’auto estrema, e basta saper leggere le schede tecniche per capirlo. Entro nell’abitacolo: si sta seduti in basso, con la parte inferiore del corpo a pochi centimetri dall’asse posteriore, il volante verticale all’altezza giusta e i chiari e analogici strumenti davanti agli occhi, in particolare il contagiri, come in tutte le auto intelligenti. Si sta bene e ci si sente a bordo di qualcosa di speciale, ancora di più quando schiaccio la frizione e avvio il V6.
Ecco, forse non avrà numeri fenomenali e i cavalli\litro non sono la specialità della casa, ma quando la scintilla la miscela aria\benzina esplode e il motore si avvia tutte le considerazioni tecniche svaniscono. E’ un ruggito basso, indaffarato, ma con una nota isterica che mi fa brillare gli occhi, oltre che spuntare un sorriso che è una via di mezzo tra godimento e principio si vena chiusa…
Su strada
Oramai è chiaro: la missione primaria della 350Z è dichiarare al mondo la propria “durezza”. La si sente larga, piazzata, muscolare. Lo sterzo è sostanzioso, i freni vanno premuti con decisione e persino l’acceleratore oppone resistenza. L’azione più fisica, però, è la cambiata. La frizione va premuta azionando il quadricipite e la corsa del pomello tra un rapporto e l’altro è un insieme ben distinto di movimenti consistenti: il blocco/pomello va prima mosso per “disinnescare” il rapporto inserito, portato in folle “di peso” e solo successivamente spinto verso il successivo. E’ talmente macchinoso da obbligarmi a rallentare il movimento con la frizione per non andare “fuori tempo”. Ma, come sempre accade con le (migliori) cose non comuni, dopo qualche minuto tutto inizia a scorrere. Non che la 350Z diventi all’improvviso “morbida”, assolutamente, ma mi scrollo di dosso le gentilezze moderne ed entro in sintonia con la grossa Nissan: il risveglio muscolare più figo mai provato.
Posso iniziare a solleticare il grosso V6, che non ha smesso nemmeno per un secondo di urlare al mio emisfero destro, quello delle emozioni, la voglia di fare sul serio. In particolare c’è una risonanza, in rilascio a circa 4000 giri\minuto, che è capace di farmi tremare persino il diaframma, oltre che l’istinto di conservazione. Bando alle indecisioni: 3°, afferro il volante con tutte e due le mani e affondo il gas fino al tappetino. Nello stesso momento vengo investito da un suono che non saprei come altro definire se non epico. L’aspirazione, cupa e vorace, lascia ad un urlo sempre più alto man mano che la lancetta si avvicina alla zona rossa. E’ qualcosa di solido, reale, puramente meccanico, che lascia via via le tonalità più nobili a favore della pura violenza sonora. Le mie orecchie fanno la hola e il mio entusiasmo cresce, ma noto con la coda nell’occhio il mio giroscopio interno con il ditino alzato che cerca di comunicare qualcosa, cioè che la spinta effettiva è molto più moderata di quello che la voce del V6 sembra suggerire. La 350 non è lenta, assolutamente, ma da buona Granturismo i rapporti sono lunghi e la potenza è spalmata, piatta, e appena oltre i 6000 giri\minuto il gioco è praticamente finito.
Piccola nota a margine: il motore montato dal 2007, codice VQ35HR, è stato svegliato agli alti regimi ed è capace di 313 cv: evidentemente anche in Nissan la pensano come me. C’è una punta di delusione, lo ammetto: con una voce del genere ero pronto a godermi una parte alta del contagiri in crescendo, in stile tempesta di fuochi d’artificio al termine di un bello spettacolo pirotecnico, ma non è così. In qualche modo l’utilizzo “suggerito” dal motore è quello dei grossi V8 americani: va sfruttata la coppia spalmata, non “scannato”, per godersi così l’ampio respiro da grosso animale ogni volta che lo si richiama all’azione con il gas. A questo punto sono abbastanza rilassato da poter approfondire la mia amicizia con la “Zetona”.
Questo esemplare ha qualche miglioria a livello di ciclistica: assetto Tein, distanziali da 2,5cm ed elementi elastici dell’avantreno rivisti. A vederla così, grossa, bassa e larga, devo ammettere che avevo una gran paura di ritrovarmi per le mani un oggetto incapace di gestire le (abbondanti) inerzie e i movimenti verticali. Ma, per fortuna, la grossa coupé si sta dimostrando decisa a non deludermi: richiede forza ma risponde con altrettanto impegno, in una sorta di patto di amicizia manesco fatto di pacche sulle spalle e pugni nelle parti basse, in stile scuola superiore. A questo punto perché non escludere i controlli di trazione? Davanti abbiamo un bel tratto di curve e controcurve, tutte abbastanza strette. La Z si lancia in inserimento con la decisione di un giocatore di football, l’avantreno si aggrappa all’asfalto e, quando torno sul gas, posso sentire le grosse “chiappone” caricarsi di energia e premere gli pneumatici a terra. Da qua in poi, sembra dire, è tutto nel tuo piede destro.
Forse, a questo punto, per capirci meglio c’è da fare un piccolo ragionamento tecnico. Giuro di fare veloce. La 350Z è dotata di un differenziale autobloccante di tipo viscoso, che per sua stessa meccanica non “morde” con la durezza di un Torsen o di un Quaife. Agisce più come un morbido “aiuto” alla trazione e non ha quell’incredibile affetto di “chiusura” al punto di corda degli LSD più cattivi. Ho fatto questa piccola parentesi perchè, nel momento in cui si torna sul gas, questa caratteristica definisce il comportamento della Nissan. Dunque, siamo sul punto di corda e ritorno sul pedale destro con decisione. Posso sentire, attraverso i pantaloni, il posteriore caricarsi e poi iniziare a scivolare sotto l’effetto della coppia. A questo punto il differenziale inizia, come detto in modo morbido e elastico, quasi “gommoso”, a trasferire la potenza sulla ruota interna. E’ una sensazione chiara e semplice da decifrare: in questo momento la Z è in leggero sovrasterzo e non richiede null’altro se non delicatezza sul gas e una traiettoria morbida con il volante. E’ un equilibrio flessibile che quasi rallenta il tempo, facile da mantenere se si è presenti a se stessi: il tipico bilanciamento da auto a motore anteriore e trazione posteriore e che per molti è il fondamento base della guida sportiva.
Sotto tutta quell’aria da spaccona, la 350 è capace di una comunicazione uomo\macchina quasi commovente. E’ una dura dal cuore tenero, in fondo. Tutto avviene in modo chiaro, sincero, e non posso che sentirmi soddisfatto nel sentire questa grossa auto ruotare attorno al proprio asse, accompagnati dal V6 che intanto accumula giri scoppiettando come le castagne sul fuoco. Attenzione, la sensazione di “massa” la si percepisce sempre chiaramente, ma si rivela un vero problema solo quando si ricerca veramente un ritmo elevato, quantomeno sul lento. Sul veloce, con meno G laterali e più tempo tra un appoggio e l’altro, la Nissan è più efficace ma come detto è il continuo flusso di comunicazione tra me e lei che mi piace particolarmente. Veloce chicane, cerco di aiutare la 350Z a contenere le forze con traiettorie rotonde e frenate morbide, e immediatamente la Nissan regala una frazione in più di trazione in uscita e persino una inaspettata agilità fino al punto di frenata. Ci capiamo io e lei: io non le chiedo doppi carpiati e lei mi regala più impegno e capacità base. E’ un’auto generosa che va oltre ciò che sono gli evidenti, e per nulla nascosti, limiti come auto focalizzata sulla guida “pura”. Pesa, è vero, e non ha probabilmente abbastanza potenza per mettere davvero in rotazione il telaio. Eppure mi sto divertendo, ed è tutto merito di questo flusso azione/reazione tra me e lei. Lo sterzo è consistente, abbastanza veloce nella prima parte della rotazione per poi diventare via via più calmo, esattamente quando il movimento della scocca ha quel momento di “pausa sospesa" in uscita di curva, quando il posteriore è morbidamente appoggiato tra la trazione, avanzamento e scivolata.
Quando esagero e il posteriore allarga basta un po’ di naturale controsterzo e tutto torna sotto controllo, facile e intuitivo. Il peso dei comandi, la cui fisicità accentuata adesso mi pare geniale, è perfettamente accordata con il carattere generale dell’auto. Il cambio, ad esempio, migliora decisamente quando gli si impongono cambiate a limitatore, ed in scalata gradisce un punta tacco ben fatto. Te lo fa proprio capire attraverso il palmo della mano: 3°, frenata prima di un tornante in discesa, punta-tacco e la 2° entra con una sensazione di ingranaggi che si accoppiano perfettamente. Anche qua, non è un comando in grado di fucilate in stile Honda S2000, ma è decisamente piacevole. Ora il ritmo è insospettabilmente elevato, in particolare nelle chicane a vista: allargo la traiettoria, con meno velocità in entrata riesco a portare la frenata fin dentro al punto di corda, attimo di assestamento del telaio e giù il gas, ecco il punto di scivolata perfetto, leggero controsterzo, la curva si apre e giù tutto i gas. Il V6, arrivato a questo ritmo, mostra ancora di più il fianco: se da un lato lo adoro per la sua voce e il suo essere animalesco, dall’altro desidero ardentemente provare la versione da 313 cv, in particolare per la sua promessa di cattiveria ad alti regimi. Ora che la velocità è aumentata i freni iniziano ad alzare bandiera bianca: se nelle prime frenate si sentono sempre un po’ “al limite” ma riescono comunque a contenere la massa, dopo un paio di pestate decise semplicemente iniziano a mollare il colpo, allungando gli spazi di frenata. Ci sta, è nella normalità delle cose: questa Nissan è tutto tranne che leggera. Ultima uscita arrembante da una lunga curva destra, 3° piena, 4°, mi godo le ultime boccate di V6 e poi rallento.
Considerazioni finali
Per godersi la Z è fondamentale approcciarsi all’esperienza con la giusta filosofia. Perché, se è vero che è chiaro quanto sia stata studiata per colpire immediatamente gli appassionati, in particolare per la voce da soprano isterico e con l’aspetto muscoloso, è anche vero che se si sale a bordo con l’idea sbagliata si finisce per trovarla… “troppa”. Troppo fisica, larga, pesante. Secondo me, e lo affermo perché con me ha funzionato, bisogna vederla dall’inizio come una granturismo vecchio stampo. Quindi, proprio come accadeva nell’epoca pre-elettronica, bisogna prendersi il tempo per capire come azionare tutti i vari comandi, interiorizzando il giusto tempismo e la giusta forza necessaria. Se vi piace la meccanica, beh, nel farlo starete già godendo, perché questo impegno viene immediatamente ripagato dalla 350Z. Un punta tacco ben fatto, che permette al cambio di “aspirare” dentro la 2°, l’acceleratore pesante ma ben modulabile, tanto da poter suonare il V6 come un grosso strumento a benzina, e il telaio piazzato ma docile, sempre pronto ad eseguire gli ordini smussando errori o frettolosità da parte del guidatore. Arrivato a questo punto potrei chiudere l’articolo: la 350Z è una grossa GT, punto. Ma per fortuna durante il test ho chiesto di più ed è stato in questo momento che la Nissan ha aperto le proprie braccia generose per regalarci una inaspettata propensione al lavoro e al divertimento.
Esattamente quando mi sono concentrato nel dare i giusti input, alla ricerca della massima velocità di ingresso e di trazione in uscita, l'ho sentita chiaramente rimboccarsi le maniche per provare a stare dietro alle mie crescenti richieste. La fisica, ad un certo punto, ha ovviamente preso il sopravvento, facendo perdere scorrevolezza alla 350Z. Tutto inizia con un sottosterzo crescente che si trasforma, in fase di appoggio, in una sensazione di affanno da parte del telaio, ma ci ha messo talmente tanto impegno che quando questo accade non posso sentirmi deluso. Anche perché a questo punto sto sorridendo di gusto, ho un po’ di pelle d’oca e sono soddisfatto di ciò che io e la grossa 350Z abbiamo raggiunto.
Quindi, per tornare all’inizio: è una granturismo vecchio stile, sì, ma con una certa propensione a menare le mani. Instant classic, da sempre.
Grazie mille Alessandro, ci siamo divertiti un mondo! La tua 350Z è davvero uno spasso!
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