alfa romeo giulia quadrifoglio

- saggio vivente sull’alfitudine applicata -

“... il livello di attenzione è alto, ma adesso sto apprezzando anche la calma di alcuni comandi. Lo sterzo è veloce ma ha il giusto carico e anche nelle situazioni più complicate resta positivo, tranquillo e pronto. Idem l’anteriore, una roccia su cui puoi sempre contare, così come i freni e, udite udite, a modo suo anche il posteriore. È vero, parte di traverso e non fa nulla per essere democratico, tracciando una linea netta tra gente appassionata di guida e gente da apericena, ma è congruo nelle risposte, una volta che hai capito il meccanismo…”

L’Alfa Romeo Giulia GTA è stata una specie di boccata d’aria fresca per gli amanti del Made in Italy: una veloce, bellissima e di pura razza berlina a trazione posteriore, c’è qualcosa di più Alfa di così?

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18 ottobre 2022| scritto e pensato dalla mente malata di M.Carito | editato e corretto dal pensiero distorto di Gabry | Inquadrato, scattato, editato dalla mano mossa di Sebastian Iordache

Se c’è una vettura che ha provato a ridare speranza agli appassionati del Biscione, beh, questa è sicuramente la Giulia Quadrifoglio. Va bene, tre anni prima c’è stato il tentativo 4C, apprezzatissimo, ma forse per questione di DNA non ha probabilmente fatto breccia come avrebbe dovuto. La Giulia, invece, è stata la vettura giusta: una berlina dall’aspetto fantastico, con un motore anteriore dal pedigree indiscutibile e la trazione dalla parte giusta. C’è una ricetta più Alfa Romeo di così?

Ricordo chiaramente l’avvicinamento al lancio, con il susseguirsi di notizie e dichiarazioni sulla futura Quadrifoglio (Verde, questo lo aggiungo io) che non facevano altro che alzare l’hype, come dicono quelli bravi. Il motore, un 2,9 lt. bi-turbo deriva direttamente dall’unità a 8 cilindri montata sulla Ferrari California-T. 510 cv e 660 Nm di coppia costanti tra i 2500 e i 5000 giri\minuto sono un biglietto da visita impressionante, vero? Le sospensioni, poi, sono un raffinato mix tra un quadrilatero alto all’anteriore e il multilink al posteriore, con buona pace dei rivali della BMW. Il cambio, un automatico ZF a 8 rapporti, per stare al passo con i tempi, ma per non lasciare indietro i più nostalgici ecco l’opzione manuale, un 6 rapporti con rev-matching e possibilità di cambiata senza togliere il piede dall’acceleratore. Se non bastasse, ecco l'aerodinamica attiva e i freni carboceramici. A questo punto gli alfisti (e non solo) sono in visibilio, ma mai quanto il giorno della presentazione, quando si trovano davanti una vettura esteticamente strepitosa, la più bella del proprio segmento, senza se e senza ma.

Come se non bastasse, durante i test la nuova nata stupisce tutti con il proprio carattere duro e deciso e le proprie capacità balistiche. Insomma, sì, l’Alfa Romeo sembrava essere lanciata verso un futuro radioso: iniziano a spuntare sul web render su render di nuovi fantomatici modelli, tutti meravigliosamente “QVizzati”, ma sappiamo tutti com’è andata a finire: uccisi nella culla, in classico stile Gruppo FIAT/FCA, che per ogni ottima idea realizzata ne cestina almeno una decina. Ma ciò non toglie che la Giulia Quadrifoglio sia dimostrata un’auto pazzesca, una di quelle che verranno ricordate per sempre, una instant classic vera e propria: e noi siamo qua per celebrare la sua esistenza a suon di V6 biturbo, oltre che agendo su un orgogliosamente tradizionalista cambio manuale a 6 rapporti.

Impressioni a ruote ferme

Ed infatti, alla luce del mattino, la “nostra” Giulia QV, Rosso Competizione, è semplicemente bellissima.

Ora, lo sapevo già prima ma, forse perché so che tra poco saremo “in intimità”, ai miei occhi appare ancora più impressionante di quanto mi aspettassi. Ha proprio l’aspetto deciso, ai limiti dell’arroganza, delle migliori Alfa Romeo. Nonostante le dimensioni abbastanza impressionanti ha muscoli ben disegnati ma mai pacchiani, e ogni dettaglio tecnico è stato occasione per i designer di dimostrare il proprio machismo. Non so perché, ma a questo punto me li immagino a petto nudo, sudati, chini davanti ai propri pc, con una sigaretta dietro l’orecchio e tutti ingrugniti a disegnare la Giulia più feroce che si sia mai vista, almeno fino a quel momento. Il paraurti anteriore è talmente basso da non necessitare nemmeno di un ulteriore splitter, ma solo di una leggera lama in carbonio, quasi un vezzo. Le prese d’aria frontali sono a tutta larghezza, divise in due da un’ulteriore presa d’aria, verticale e a forma di petalo (di quadrifoglio, ovviamente) che fa da cornice allo stemma del Biscione. I fari della Giulia non vanno incattiviti: sono già molto felini, anche nella versione diesel da 150cv, e vanno bene così.

I passaruota anteriori sono rigonfi e morbidi e abbracciano i bellissimi cerchi da 19 pollici gommati Pirelli Pzero Nero (quelli di questo esemplare in mescola Mclaren). Dietro, ecco l’impianto carboceramico opzionale, da 380 mm all'anteriore e 360 al posteriore, sfoggiato insieme alle pinze a sei pompanti (quattro le posteriori) verniciate di rosso.

Il cofano, con le branchie nere per il raffreddamento del V6 che spiccano tra le nervature, è elegante e feroce allo stesso tempo. La fiancata, nella parte superiore, sembra scavata dall’aria che fuoriesce dalla presa d’aria sul passaruota anteriore, mentre in basso le minigonne sono massicce e, anche loro, non rinunciano ad un tocco di carbonio. I fianchi sono larghi e accompagnano ad un coda raccolta, da coupé, con tanto di spoiler in carbonio e 4 scarichi leggermente sovrapposti che sbucano dal rigonfio paraurti posteriore. Il risultato è impressionante, oggi come nel 2016. Certo, come per il nostro test della sorellina Veloce (qua trovi la nostra prova completa) anche nella Quadrifoglio rimane quel difettuccio, per me, molto fastidioso: la carreggiata anteriore troppo stretta rispetto alla posteriore. Otticamente mi urta un po’, ma sono gusti personali.

Ho capito solo adesso cosa mi colpisce sul serio, a parte la bellezza delle linee: è orgogliosamente vecchio stampo. Non cede a linee da Mazinga, a prese d’aria disegnate da un miope o a scarichi dalla forma strana e magari falsi. No, è bella in modo classico, direi in modo europeo, se capite cosa intendo. All’interno ritrovo lo stesso stile: i sedili Sparco opzionali, con la scocca in carbonio, disegnano una posizione di guida assolutamente concentrata e focalizzata al momento in cui si inizierà a fare sul serio. Sono rivestiti in alcantara antracite con cuciture rosse: non c’è spazio per la pelle, qua si fanno le cose per bene, e si possono abbassare fino a sfiorare il pavimento. Il volante a tre razze riprende lo stile classico delle Alfa di un tempo, ma gli inserti in carbonio e il grosso pulsante rosso di accensione lo catapultano nel presente. Non nel futuro, attenzione, ma nel presente, esattamente ciò che tutta la vettura sembra urlare da ogni angolazione.

Ho anche il presentimento che questa “presenza” asciutta, questa pulizia di intenti, la farà invecchiare molto meglio di tutte le concorrenti, ma questo lo scopriremo tra qualche anno. Il pomello del cambio è perfettamente rotondo e sovrasta una corta leva che spunta dall’alto tunnel della trasmissione. Appena più in basso il piccolo rotore di selezione della modalità di guida, con all’estremo superiore l’opzione “Race”, che permette di spegnere completamente tutti gli aiuti elettronici. Persino la strumentazione è incredibilmente analogica, anche se in realtà la parte centrale è digitale e al centro dell’abitacolo troneggia il classico schermo multifunzione, che da spento diventa quasi invisibile. Davanti a me ecco il contagiri, con fondoscala a 8000 giri\minuto e il tachimetro, che con una certa nonchalance sfoggia a fondoscala un bel “330”. Anche qua, la strumentazione è racchiusa dentro una doppia palpebra tondeggiante che richiama fortemente quelli che possiamo trovare in tutta la produzione di Arese fin dagli anni ‘60.

La posizione di guida è quella di una sportiva vera, senza compromessi: il volante è verticale e piccolo, con una bella impugnatura, il basso sedile trattiene bene e già da fermo devo fare un certo sforzo per ricordarmi di essere a bordo di una berlina di cinque metri. Frizione giù e premo il bottone rosso: il V6 si accende istantaneamente con un ruggito basso e concitato. “Ha qualche cavallo in più, grazie al catalizzatore sportivo e alla centralina rivista…”

550 cv e 700 Nm di coppia per spingere 1524 kg a secco dichiarati da mamma Alfa, per la precisione.

Sono pronto?

Su strada

Sì, lo sono, anche se per motivi logistici siamo su una strada non propriamente da supercar quattro posti (550 cv, voi come la chiamereste?): a tratti è stretta, piena di tornanti, ma qua e là si apre in sezioni più guidate e a vista, con la montagna a destra e la vallata a sinistra, se si sale verso la vetta. E’ una strada su cui mi sono divertito spesso ma sempre con feroci 4x4 di ispirazione rallystica o con qualche compatta pepata dall’autobloccante facile. Può una vettura lunga 464 cm e con un passo di 282 cm brillare su questa strada?

I primi momenti dietro al volante, quelli di studio, in cui si assaggia ogni comando, cercando di capire con cosa si ha a che fare, con la QV sono già interlocutori. Lo sterzo, ad esempio, è diretto, veloce e accurato: non per nulla si tratta del comando più diretto del segmento, con un rapporto di 11.8:1, e questo traspare immediatamente. Nelle curve più ampie, ben trattenuti dai fantastici Sparco, basta una minima rotazione della corona del volante per inserirsi in traiettoria, ma è nelle curve più strette che la facilità di appoggio e la minima richiesta di angolo di sterzo danno un gran gusto. Una volta in appoggio la Giulia sembra decisamente più corta di quello che è: posso sentire i due assi lavorare assieme e mantenere una certa capacità di correzione, quasi ci fosse sempre una piccola riserva di agilità dalla quale attingere. Tutto bello, vero? Sì, ma la QV, con questa sua reattività dell’anteriore, si avverte tesa, trattenuta. Accetta di andare piano ma non sembra molto felice di farlo, quindi inserisco la 3°, in un tratto rettilineo, e affondo il gas. Siamo in “Dynamic”, ovvero l’ultimo step prima della modalità “ora sò c@zzi tua”, per gli amici “Track”, e il V6 risponde con un muro di coppia già a 3000 giri\minuto. Le valvole dello scarico si aprono e veniamo invasi da un rumore che non saprei bene come definire.

Mi piace? Pochi minuti fa l’ho ascoltata da fuori e il suono mi è apparso ricco di note e schiocchi, ma leggermente digitale al salire di giri. Dall’interno è più o meno la stessa cosa: ai bassi regimi è corposo, asimmetrico e pieno, mentre al salire dei giri diventa un po’ più sintetico, meno meccanico, quasi troppo accordato. Intendiamoci, suona bene, ma forse i tecnici Alfa Romeo ci hanno pensato un po’ troppo. D’altronde i due turbo stoppano un po’ la furia sonora, ma devo dire che in questo momento le due chiocciole mi stanno ripagando con una spinta costante e forte, in stile jet al decollo. Comunque sia, la forza con cui il V6 ci spara su per la salita non lascia spazio a dubbi sull’efficacia del motore. Quando però sto per passare dalla fase mentale “a fuoco” a “vena chiusissima”, quindi attorno ai 6000 giri\minuto, la spinta si plafona, smette di crescere. Lo dico anche qua, come l’ho detto per vetture molto più umili: se il contagiri arriva a 8000 (e la zona rossa parte a 7000) è deludente non poterlo riempire. E’ come scoprire, sul più bello, un reggiseno imbottito. E’ infantile? Forse, ma la verità è che in qualche modo mi sento derubato di qualcosa, oltre che avere oramai capito che un motore deve una curva di potenza affilata fino al limitatore perchè lasci un ricordo indelebile in me. Ma non c’è tempo per fare filosofia: davanti a noi c’è una chicane, sinistra - destra, che porta ad un destra in cui bisogna frenare forte. Di solito riesco a fare la prima parte solo parzializzando il gas, ma la velocità accumulata dalla QV necessita di una frenata.

Il pedale centrale, nonostante i carboceramici siano ancora freddi, è solido come una roccia e modulabile. Dona una sensazione di sicurezza immediata, assoluta. Inserisco con poco sterzo, adoro questa sensazione, attraverso la corona del volante, di urgenza nell’andare in appoggio, e torno sul gas per la seconda destra, da cui voglio uscire in pieno prima di attaccarsi ai freni per la curva successiva. Appena appoggio il piede sul gas il posteriore scarta di lato, cosa che mi coglie leggermente impreparato, ma correggo, di nuovo full gas e poi freno prima dell’ultima destra. Come prima, i freni sembrano in grado di rallentare la QV senza alcuna fatica, quindi inserisco e torno sul gas, questa volta con più cautela. Sinceramente vorrei un pedale del gas dal feeling più meccanico, in particolare vista la reattività del posteriore della Giulia, ma riesco con la giusta cautela a far rimanere incollata la vettura al punto di corda, lo specchietto destro a pochi centimetri dalla roccia. Quando vedo l’uscita affondo il gas. e adesso so cosa aspettarmi: il posteriore parte di nuovo, il differenziale elettronico è tarato per la massima reattività e reagisce subito alla coppia. Questa volta alleggerisco un filo l’angolo di sterzo, gas costate, recupero subito la motricità e appena le ruote sono dritte mi catapulto sul rettilineo successivo, questa volta con il gas spalancato. 2°, 3°, appoggio la 4° prima di rallentare, perché la cifra che leggo sul tachimetro è da ritiro di patente…in autostrada, e qua siamo su una strada di montagna. In questa scalata però mi accorgo che il manuale della QV è un po’... particolare. E’ contrastato e non velocissimo, nonostante la doppietta automatica in scalata, ma devo ringraziarlo: sono convinto che lo ZF, richiedendo meno RAM mentale, mi avrebbe tenuto meno vigile.

Arrivo ad una fondamentale conclusione dopo poche curve: la Giulia QV non è un’auto per sprovveduti. Ci tengo a precisare che adoro questo suo comportamento, così concentrato e sicuro di sé, ma è chiaro che non sia un’auto per tutti. Consiglio spassionato: se te la sei comprata solo per status-symbol e non hai confidenza con oggetti simili sarà meglio che non scegli le ultime due modalità di guida. Ti ho avvisato… L’avantreno si rifiuta di cedere al sottosterzo, lanciando il meraviglioso frontale dentro le traiettorie senza alcun ritardo, e mantiene una sicurezza invidiabile anche quando si porta la frenata fin dentro la curva, quasi fosse un compatta sportiva da 1200 kg. Si comprime sugli ammortizzatori ma spreme aderenza e sicurezza da un asfalto sporco e umido come questo, ed è impressionante, sul serio. Però, da questo punto in poi, con l’auto già inserita e in rotazione, la richiesta della QV nei confronti del pilota sale di un paio di scalini, e lo fa molto rapidamente. Per quanti tentativi io faccia, il punto tra trazione piena\leggera scivolata e decisa perdita di aderenza è labile, sottile: d’altronde, ogni volta che torno sul gas, ho sotto il piede 700 NM di coppia costanti, che arrivano tutti in una volta.

Anche qua, per i miei gusti personali, un motore dall’erogazione più appuntita sarebbe stato più gestibile e regolabile, ma non c’è verso di non far picchiare il 2,9 lt come un fabbro. In uscita, quindi, torno sul gas con attenzione e, una volta messo “sull’attenti” il differenziale e caricate a dovere le gomme posteriori, ricerco la massima trazione. Tutta questa attenzione ripaga e esco dalla curva con un leggero scivolamento del posteriore e una feroce accelerazione. Appagante, sul serio, ma basta una zona in ombra, meno attenzione sul gas o un angolo di sterzo leggermente superiore perchè il posteriore parta con decisione, in stile auto da drifting, non appena si ricerchi l’uscita. Di solito questo è il momento in cui disattivo tutti i controlli, ma non oggi: nonostante l’ok da parte del proprietario non ho alcuna intenzione di cercare rogne, non siamo sulla strada giusta e la QV mi sta dimostrando una volta di più, con l’ennesima correzione (in 3° piena…), che non mi farà alcuno sconto. Il test sta per terminare, ma ho ancora una risalita, quindi faccio inversione e decido di godermela a fondo.

Prima chicane, in ombra, in uscita dalle curve la QV derapa leggermente, piccolo colpo di freni per caricare l’anteriore, curva destra in percorrenza, la Giulia è neutra ma il posteriore è teso, quasi tirasse il guinzaglio, e quando la strada si apre scarico tutta la 2°e la 3°. Eccoci di nuovo alla chicane di prima, colpetto di freni, ma questa volta porto più velocità. L’avantreno sembra ancora più felice di inserirsi ma quando torno sul gas il colpo del posteriore è netto, veloce. L’elettronica e il mio controsterzo immediato tengono tutto sotto controllo, mi lancio dentro la destra successiva, passo da un appoggio a una leggera scivolata in stile Albertone Tomba, apro di nuovo tutto il gas, allargo leggermente, 2°, tornante destro. Ovviamente l’uscita è un po’ una guerra tra me e la trazione, ma sto instaurando un rapporto di fiducia con la QV: è vero, è feroce e non ama gli stupidi, ma ti dice da subito come stanno le cose e ti premia se ti adatti a lei, se fai funzionare i neuroni nella giusta direzione.

Il ritmo è decisamente impressionante e il mio livello di attenzione è alto, ma adesso sto apprezzando anche la calma di alcuni comandi. Lo sterzo è veloce ma ha il giusto carico e anche nelle situazioni più complicate resta positivo, tranquillo e pronto. Idem l’anteriore, una roccia su cui puoi sempre contare, così come i freni e, udite udite, a modo suo anche il posteriore. È vero, parte di traverso e non fa nulla per essere democratico, tracciando una linea netta tra gente appassionata di guida e gente da apericena, ma è congruo nelle risposte, una volta che hai capito il meccanismo. Con questo mix di concentrazione e sicurezza ogni uscita di curva è “arrotondata” dall’asse posteriore e mi sto impegnando per non far entrare l’elettronica, circoscrivendo l’angolo di scivolata con il pedale destro, ed è estremamente soddisfacente ed efficace. Devo dirlo: il cambio manuale, beh, non so se sia la scelta giusta. Adoro il fatto che ci sia la possibilità di scelta e che in Alfa abbiano pensato anche agli irriducibili, ma non è un comando memorabile per velocità e goduria meccanica e forse non aggiunge il piacere sperato all’esperienza. Arrivo all’ultima chicane forte, freno fin dentro la curva, torno sul gas, controsterzo leggero mentre la QV guadagna velocità a decine di unità alla volta e poi rallento. Sì, la definizione di supercar a quattro porte le calza a pennello…

Considerazioni finali

Dopo tanta attesa, il mio contatto con la QV è stato decisamente memorabile. Oramai l’avrete capito: la Giulia più feroce di tutte (GTAm a parte) è un’auto per veri malati di guida. Te ne rendi conto già osservandola, con il suo aspetto cesellato e senza eccessi messi lì tanto per fare gli stravaganti: come sempre, le cose speciali non hanno bisogno dei fuochi artificiali per far parlare di sé. E’ un’Alfa Romeo in tutto e per tutto, una di quelle capaci di scavare un solco nel mercato e di mettere in affanno e confusione le concorrenti: basta vedere il design del frontale delle rivali BMW per capirlo. Alla guida, è un concentrato di meccanica senza troppi compromessi: non fatevi ingannare dalle quattro porte o dalle dimensioni, la QV non lascia spazio a dubbi sulla propria indole, punendo con decisione la goffaggine e gli errori di valutazione. L’avantreno va in inserimento con pochissimo sterzo, quasi fosse mezzo metro più corta, frena tanto e ha un mucchio di potenza e coppia, abbastanza da dover valutare in ogni momento la strada, il percorso e lo stato delle gomme, senza scherzarci troppo su. E’ perfetta, per me? No: avrei felicemente barattato parte della coppia ai bassi per una rincorsa più feroce agli alti e avrei preferito una curva di coppia più graduale, così da poterla gestire con più precisione. Detto questo, però, una volta che mi sono sciolto e ci sono entrato in sintonia ho scoperto un’auto completamente dalla mia parte, generosa, coerente e decisamente hooligan, e anche qualcosina in più. Per tutte queste ragioni ne vorrei una, senza se e senza ma.

Il futuro di Alfa Romeo è nelle mani della nuova dirigenza, Stellantis.

Se saranno in grado di capire il nucleo “dell’alfitudine” della Giulia QV il futuro potrebbe essere roseo. Se la reputano troppo feroce, troppo passionale, troppo di nicchia, beh, la vedo grigia…

Non ci resta che sperare.

Grazie mille al Sig. Giancarlo per averci messo a disposizione la sua Giulia QV: è stata una bellissima esperienza. E non vediamo l’ora di vedere anche… l’altra!

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