alfa romeo giulietta veloce tct

- ode alle imperfezioni -

”...quando freno, con le ruote leggermente sterzate in uscita dalla curva veloce a destra, la Giulietta ondeggia sulle sospensioni, quasi stesse per partire il posteriore, ma alla fine il tutto si limita ad un movimento dei fianchi. Non è un comportamento che mi dispiace, dopo tutto: la fa sembrare viva, imperfetta, gustosa. C’è però una sensazione che inizia a venire fuori, curva dopo curva, che mi piace meno. Inserisco in curva, leggero ritardo tra l'input dello sterzo e l’effettiva entrata in curva, come se il braccio di sterzo fosse montato più distante dal fulcro della ruota stessa. Ora, so che non è così, ma la sensazione di ritardo è quella…”

C’è stato un momento, non troppo lontano, in cui Alfa Romeo aveva a listino una segmento B di sicuro carisma: la Giulietta. Nella versione più spinta, aveva anche un motore dalla cilindrata storica per Arese, cioè 1750 cc, 241 Cv e un cambio a doppia frizione.

Insomma, cerchiamo di capire cosa ci siamo persi?

InstagramFacebookTikTokYouTube
2 agosto 2022| scritto e pensato dalla mente malata di M.Carito | editato e corretto dal pensiero distorto di Gabry | Inquadrato, scattato, editato dalla mano mossa di Sebastian Iordache

“Perchè non ne hanno fatto una nuova versione?” Bella domanda. In questo momento, se volete un’Alfa Romeo nuova, potete scegliere tra due SUV e una berlina che, bella quanto volete, è un po’ impegnativa a livello di dimensioni. Fa anche un po’ cumenda, se vogliamo dirla tutta. Quindi la domanda è lecita: perché non c’è una sostituta della Giulietta?

Chi lo sa, penso sia il piano di qualche supermanager dallo stipendio a 6 cifre che noi comuni mortali non possiamo capire. Ma, per protestare contro tutto questo (immagino quanto stiano tremando ai piani alti di Stellantis…) sono qua per testare la più prestazionale Giulietta mai prodotta: la Veloce, mossa dal 1750 cc turbo benzina da 241 cv, in questo caso in versione TCT, quindi con cambio a doppia frizione. Stessa identica accoppiata motore\cambio della sorella 4C, quindi c’è della nobiltà.

Impressioni a ruote ferme

Anche se sei uno a cui delle auto interessa poco, la Giulietta è un’auto che non puoi confondere con nessun’altra: può piacere o meno, ma questa affermazione è incontrovertibile. Ora, io personalmente non ne subisco particolarmente il fascino, lo ammetto, ma ciò che è giusto è giusto: è una bella linea. Questo esemplare in particolare ha tutti i tocchi giusti per far svenire di piacere l’Afista medio: colore rosso, cerchi in lega da 18 pollici in stile GTA, assetto ribassato e scudetto Alfa Romeo pronto ad affacciarsi negli specchietti mentre siete nella corsia di sorpasso in tangenziale. Certo, questo esemplare post-restyling ha perso il nome “Quadrifoglio Verde” e con esso il bellissimo stemma in favore in una nettamente meno eccitante scritta “Veloce”, ma che ci volete fare?

Il paraurti anteriore è un insieme di pieni e vuoti: carrozzeria liscia e tondeggiante interrotta da varie ed ampie prese d’aria dalla forma sempre più o meno triangolareggiante. Mi è sempre sembrata “tanta”, massiccia, ma al tempo stesso, in particolare nella vista tre quarti anteriore, filante come si conviene ad un prodotto con il DNA di Arese. La fiancata, per me, è la parte meno riuscita: c’è solo in configurazione 5 porte e, nonostante l’idea fantastica di nascondere la maniglia della porta posteriore nel montante, si nota il passo lungo. Mi piace la muscolarità dei passaruota posteriori. Il retro è invece davvero ben riuscito: fari dalla forma allungata che richiamano i classici “cerchi”, ormai parte della storia stessa del design automobilistico italiano, spoiler appena accennato, lunotto “a punta” e doppio scarico che spunta da un (finto) estrattore.

Funziona ancora oggi, a distanza di 12 anni dalla presentazione, qualcosa vorrà pure dire. Se ci si allontana di qualche passo, poi, non si può fare a meno di apprezzare l’originalità e la personalità di base di questo modello.

Dentro le cose sono un po’ meno riuscite, per me. I sedili sportivi “a cannelloni” rimandano alle 147\156 GTA, ma hanno fianchetti smussati e un design che, sull’altare della "nostalgia" perde un po’ troppo in definizione. Il volante ha la zona centrale più grande che io abbia mai visto, sul serio. Chissà perchè, forse in caso di incidente viene fuori un canotto per 6 persone invece dell’airbag. Fanno capolino dietro di esso le due piccole palette del cambio, che ruotano assieme al comando dello sterzo. Come sulla Mito QV (qua trovi la nostra prova) la strumentazione è composta da due piacevolmente retrò elementi circolari principali, che incorniciano gli indicatori secondari e un piccolo display che sembra venire da un GameBoy di prima generazione.

Il pomello del cambio automatico mi piace: richiama un comando manuale e, appena davanti alla base, vedo il comando per la selezione delle modalità di guida DNA. La posizione di guida non è male, riesco a sistemarmi in modo corretto con le braccia, il volante è abbastanza verticale ma vorrei che il sedile scendesse ancora di cinque o sei centimetri, ma non si può avere tutto dalla vita.

Finite le foto: ci siamo, accendo il 4 cilindri turbo con basamento in alluminio e mi avvio per il test.

Su strada

Per essere sincero due cose vanno dette. Primo, questo esemplare è stato dopato e dovrebbe sviluppare 290 cv. Secondo, la strada scelta per motivi logistici è pessima e dovrò essere abbastanza fortunato da ritagliarmi qualche momento di vera guida. Che oggi non sarà una giornata facile mi è chiaro fin da subito: davanti a noi un anziano con il cappello avanza a 33 km\h (ma in mezzo alla strada, zigzagando anche un pochino) e quando tento di sorpassarlo incrocio 4 ciclisti, uno affiancato all’altro (ovviamente), che mi guardano male nonostante stia andando a velocità da codice. Stando così le cose, mi concentro sul funzionamento dei principali comandi, in attesa di tempi migliori.

In una stretta curva a sinistra, in discesa, mi rendo conto che la Giulietta richiede molto più sterzo di quanto mi aspettassi. Lascio per un attimo in sospeso il giudizio, perché il servosterzo elettrico di casa FCA è il classico comando disconnesso e non vorrei essere stato messo di malumore da lui, tipo ortica nelle mutande. Sono ovviamente molto curioso verso TCT. Essendo un doppia frizione mi aspetto cambiate velocissime e impeccabili, ma persino andando piano capisco che non è propriamente un PDK. In scalata, spesso, si rifiuta di inserire la 2° e mi reguardisce con un “Biiiiippppp” infastidito, e questo nonostante non stia per nulla cercando la cambiata al limitatore. Finalmente davanti a noi si apre un tratto libero, la 3° è già (dovrei dire mio malgrado, ma vabbè) inserita e spingo a fondo l’acceleratore. In questo mondo moderno di auto tutte molto simili, i motori italiani (quantomeno quelli di 15 anni fa…) continuano ad avere un carattere ben distinto. Il 4 cilindri mi tira un coppino a poco più del regime minimo e poi si arrabbia fino a circa 6000 giri\minuto. Dopo diverse prove (si chiama metodo scientifico!) il motore mi ricorda un po’ quello della cuginetta 595 Abarth: la parte succosa è l'esplosione di coppia ai bassi\medi regimi, mentre la rincorsa al limitatore è più zoppicante. Anche perchè a qualcosa meno di 6000 giri\minuto la spinta si “siede” e conviene passare al rapporto successivo, cosa che il TCT fa senza lamentarsi.

E’ un comportamento molto “turbo”, nell’accezione più anni ‘90 del termine e so che piace all’utente italiano, con i ricordi a forma di Uno Turbo e Punto GT ben saldi nel cervello. A me… meno, ma apprezzo la scelta. Quantomeno è una scelta unica, di cuore, di rottura con la media e sono felice di ritrovarla nei mezzi italiani. Curva a destra che scollina, la velocità è alta e quando “torno giù” mi rendo conto di dovermi dare una calmata prima di una sinistra medio\lenta. Freno, ho ancora le ruote leggermente sterzate in uscita dalla veloce destra, la Giulietta ondeggia sulle sospensioni, quasi stesse per puntarsi e far partire per la tangente il posteriore, ma alla fine tutto si limita ad una leggera correzione ed un movimento dei fianchi. Non è un comportamento che mi dispiace: la fa apparire viva, imperfetta, gustosa. C’è però una sensazione che inizia a venire fuori, curva dopo curva, che mi piace decisamente meno. Inserisco in curva, noto un leggero ritardo tra l'input dello sterzo e l’effettiva entrata in curva, come se il braccio di sterzo fosse montato distante dal fulcro. Ora, so che non è così, ma la sensazione di ritardo è netta.

Questa incertezza viene poi curiosamente copiata dal posteriore, che a sua volta fa una sorta di “pausetta” nel seguire l’avantreno in curva. Se state pensando ad un problema di questo esemplare in particolare vi devo deludere: ho avuto in famiglia una Giulietta, anche se 1,6 lt. diesel, e aveva lo stesso comportamento disunito. Questo ritardo generale non mi ispira fiducia, nonostante il ritmo che riesce a tenere non sia per nulla male. In uscita di curva il Q2, il sistema elettronico che usa le pinze freno per simulare il funzionamento di un autobloccante, sembra funzionare in modo più lineare rispetto a quello montato sulla sorellina Mito. Nonostante questo, però, spesso la coppia vince la battaglia e l’aderenza viene meno: va gestito il gas in uscita, pena sottosterzi consistenti. Il cambio è rapido in salita, ma non veloce come un DSG, e in scalata sembra un po’ troppo conservativo, in particolare nel 3°-2°. Tanto che ad un certo punto decido di tenere la 3°, di default, e sfruttare la coppia ai bassi del 1750 lt. Anche le palette di innesto potevano essere pensate meglio: sono un po’ corte, in particolare considerata la quantità di sterzo che la Veloce richiede a causa dello sterzo troppo demoltiplicato. Non solo: a livello tattile sembrano degli interruttori, più che delle palette, e sono meno “meccaniche” del Logitec G29 con cui gioco alla PlayStation.

La Giulietta dà il meglio di sé sul veloce: il motore spinge con forza e, con poco angolo di sterzo, il ritardo di risposta non è così forte da infastidirmi. In questi frangenti la velocità che esprime è di tutto rispetto, cosa che mi fa anche apprezzare il lavoro fatto a livello di freni: come sempre, la pinza Brembo assicura decelerazioni a prova di bomba e una costanza di rendimento fantastica. E proprio dopo l’ennesimo colpo sui freni decido che per oggi va bene così…

Considerazioni finali

L’Alfa Romeo Giulietta Veloce è, probabilmente, la più bella vettura del segmento. Dai, sinceramente, le concorrenti sono tutte un po' slavate, poco personali e quindi poco memorabili. Questo non è poco. Alla guida, se siete un po' maniaci come me, potete però chiaramente sentire che non è stata sviluppata bene come l’esterno. Ci sono tanti piccoli difetti, tanti momenti in cui non tutto scorre come dovrebbe. Tra le altre cose, posso accettare il cambio automatico solo se arriva dove il corpo umano non può arrivare: sfido chiunque a cambiare più veloce di un PDK, e purtroppo il TCT non sembra un reale miglioramento rispetto ad un buon manuale.

Insomma, forse non fa per me, ma capisco perché piaccia. E’... la Giulietta e tutti sanno cosa vuol dire.

Non è poco.

Grazie mille per l’auto Francesco, è stato divertente!

Ti è piaciuto l'articolo?

Supportaci cliccando sul pulsante qua sotto!

Ruggine Magazine è gratis. Se ti piace quello che facciamo e vuoi aiutarci a migliorare, puoi farlo cliccando sul pulsante.