audi quattro coupe'

- La rivoluzionaria in doppiopetto -

”...l’assetto alto e la spalla generosa degli pneumatici ovviamente rendono l’appoggio un po’ fluttuante, ma quando si obbliga la quattro ad agire con una traiettoria un po’ meno fluida, improvvisamente l’Audi entra in rotazione, appoggiandosi sulle ruote esterne e trovando aderenza con un unico movimento fluido. Smetto di preoccuparmi del cambio, i rapporti sono lunghi abbastanza per usare solo la 2° e la 3°, e provo a portare un po’ più su il ritmo, ma ci pensa il pedale centrale a riaccendere la mia attenzione. Per dirla con termini molto professionali, mi sono spaventato a morte, nonostante mi fossi lasciato ampio margine. Più che frenare, i quattro dischi rallentano l’auto…”

L’Audi quattro non necessita presentazioni: è una rivoluzionaria, punto e basta, e poche auto hanno lascito così tanto il segno nella produzione automobilistica mondiale. Ha mostrato la via a tutti i mostri da Rally che tanto veneriamo, e questo basta e avanza per guardarla con gli occhi a cuore. Oggi avrò la possibilità di guidarne una, e so già che non potrà deludermi…

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06 settembre 2022| scritto e pensato dalla mente malata di M.Carito | editato e corretto dal pensiero distorto di Gabry | Inquadrato, scattato, editato dalla mano mossa di Sebastian Iordache

Che questa sarà una giornata speciale è chiaro sin dal viaggio di avvicinamento al tracciato del test. Davanti a me, nella luce ambrata del tramonto che attraversa le fronde degli alberi, il posteriore squadrato dell’Audi quattro (rigorosamente in minuscolo, come da logo) si sta preparando a sorpassare una malcapitata Fiat 500 che arranca in salita. Sento Andrea, il custode di questo esemplare, scalare e poi affondare il gas. Il 5 cilindri sembra prendersi un attimo di pausa, il tempo di riempire i polmoni, e poi parte alla carica ululando come uno Stuka in picchiata. Sì, sarà un bel pomeriggio.

Impressioni a ruote ferme

Ragazzi, ormai ci frequentiamo da due anni abbondanti e so per certo che conoscete la storia che sta dietro la nascita dell’Audi quattro Coupé, l’auto che ha rivoluzionato per sempre il concetto di auto da Rally. Nel caso voleste fare un ripassino abbiamo scritto un articolo proprio sulle radici di quest’auto (Qua trovi il link al nostro articolo). Ne vale la pena, fidatevi, perché davanti ai miei occhi, nella strepitosa luce morente di una giornata di Luglio e con le ombre che si allungano sulle montagne attorno a noi, l’Audi quattro appare incredibilmente speciale.

Se vi sembro stupito è perché lo sono: non è la vettura anni ‘80 che preferisco, la fiancata mi è sempre apparsa troppo lunga e sgraziata, eppure oggi non vorrei essere con nessun’altra. Nel suo abito grigio, con quei cerchi simil-BBS e le gomme ridicolmente panciute è una vera e propria apparizione dagli anni ‘80. Non riesco a smettere di passare il dito nella congiunzione tra la bombatura anteriore e il fianchetto: si crea un piccolo angolo perfetto che mette in risalto quanto questo cuneo di metallo sia stato modificato per demolire la concorrenza sugli sterrati di tutto il mondo. Non su asfalto, quantomeno all’inizio, perché c’era una certa Lancia 037 che non era d'accordo, ma mi sono ripromesso di non parlare di storia…

I due fari separati, caratteristica unica della primissima versione, le stanno benissimo e appaiono molto coerenti con la linea tutta tagli netti e superfici piatte della vettura. Non resisto e apro subito il lungo cofano anteriore, e scopro il 5 cilindri capace di 200 cv, montato longitudinalmente, con la turbina KKK montata sul lato destro. Stranamente, il lato sinistro del vano è molto più libero, tanto che posso tranquillamente vedere un’ampia porzione dell’asfalto sottostante. Le testate riportano il marchio Audi e quello VW, altra cosa che non mi sarei mai aspettato, ed in generale è un motore che ha un aspetto che rimanda agli anni ‘70. La sovralimentazione gli ha però donato un intrico di tubi e cavi e non vorrei mai doverci mettere le mani.

Chiudo il cofano, che sembra ricavato da un unico blocco di ghisa per quanto è pesante, e torno ad osservare la carrozzeria della coupé. L’ampio parabrezza lascia intravedere gli interni, che purtroppo sono i classici di un’auto targata Milano. Mi spiego meglio: l’ex proprietario di quest’auto è un medico lombardo che ad un certo punto ha pensato bene di far rivestire i classici interni in stoffa con della pelle color beige. Me lo immagino che urla “libidine, coi fiocchi!”, al momento del ritiro dal sellaio di fiducia. Per ora mi astengo dall’aprire la portiera, ci penserò dopo. A distrarmi ci pensa proprio la fiancata, con le bombature decise, l’ampia vetratura e i bellissimi adesivi tipici di questa vettura, cioè i quattro cerchi sfumati sulla portiera e le scritte “quattro” sparse in giro. Continua a sembrarmi troppo lunga, ma è un prezzo accettabile da pagare in cambio di questa presenza scenica.

L’ala posteriore, come spesso in quegli anni, è realizzata in gomma e sovrasta un altro stilema classico dell’epoca dei Duran Duran, cioè i fanali posteriori congiunti da una striscia catarifrangente in stile 911, con impressa la scritta "coupé". Poco più giù, “appeso” sotto la bandella squadrata, un bello scarico doppio tondo chiude perfettamente il cerchio (anzi, i quattro cerchi) teutonico. E’ indiscutibilmente una linea vintage, quasi più classica di quello che ci si può aspettare da un’auto di inizio anni ‘80 (date un’occhiata alle giapponesi dell’epoca…), ma al tempo stesso si può avvertire distintamente l'aura da vettura speciale che hanno le auto con uno scopo ben preciso.

C’è da spostare la quattro per esigenze fotografiche e, moooolto generosamente, mi fiondo dentro, ma resto sospeso a mezz’aria tipo quei film di Celentano che ancora oggi mi fanno ridere come un cretino. Sul cruscotto, davanti al sedile passeggero, c’è avvitato un telefono, con tanto di cornetta, cavo a molla e tastierino numerico. Come avrete intuito, anche questo dettaglio è figlio di un’idea del medico di cui sopra...

Le classiche forme dei sedili Recaro dell’epoca, minimaliste e concrete, vengono fuori nonostante il rivestimento in stile “aperitivo a Portofino, estate 1985”. Sono comodi e montati in basso, anche se non particolarmente avvolgenti. Davanti a me c’è un semplice volante a quattro razze che curiosamente riporta la scritta “turbo” e una strumentazione seria e precisa, come ci si aspetta da una tedesca. Anche il pomello del cambio non regala molto all’atmosfera Rally, ma per fortuna ci pensa il rudimentale ma incredibilmente affascinante sistema di bloccaggio e sbloccaggio dei differenziali, nella parte basse della consolle, a farmi sentire dentro un’auto pioniera della propria epoca.

Con le leve, lo schema di funzionamento dal carattere anni ‘80 e le lucine verdi, il sistema sembra preso da un film di fantascienza degli anni ‘60. E’ semplicemente bellissimo. Giro la chiave di avviamento e, dopo un attimo di incertezza, i cinque cilindri iniziano a darsi da fare con una piccola esplosione che si trasforma in un battito gutturale, ricco e asimmetrico, proprio quello che mi ha deliziato poco fa sulla strada. Beh, io sono pronto.

Su strada

Sul serio, se avessi dovuto scrivere una sceneggiatura migliore per l’atmosfera durante il test di una Audi quattro non avrei saputo fare di meglio. Strada di montagna libera, tramonto e temperatura perfetta.

Quello che non avrei scritto sicuramente è che, purtroppo, il sistema di iniezione ha deciso di fare un po’ di bizze, proprio adesso: Andrea mi ha avvisato che, spesso, una volta che la turbina va in pressione il sistema “taglia” potenza, lasciandoti con un 5 cilindri aspirato. Non riesco comunque ad essere deluso: sono stato anche informato che il cambio di questo esemplare, così come i freni, sono stati revisionati da poco, quindi sono sicuro che potrò godermela lo stesso. Dopo la prima scalata 3°-2°, però, vacillo: il cambio è duro e quando entra il rapporto sembra sempre sul punto di schizzare fuori, anche se per fortuna non succede mai. D’altronde la tecnica dietro questa auto è davvero un piccolo incubo ingegneristico, come spesso accade con i primi tentativi quando bisogna inventarsi da zero qualcosa, e ci può stare.

Quello che mi stupisce in positivo, invece, è quanto questa vettura appaia moderna da dietro al volante. Lo sterzo ha un peso fantastico, complice anche quel grosso motore proprio sopra l’asse anteriore (anzi, a vederlo sembra anche un po’ più in là), vibra e si contorce deliziosamente tra le mie dita anche a velocità contenute, rivelandosi chiacchierone e collaborativo. L’assetto alto e la spalla generosa degli pneumatici ovviamente rendono l’appoggio un po’ fluttuante, ma quando si obbliga la quattro ad agire con una traiettoria un po’ meno fluida improvvisamente entra in rotazione, appoggiandosi sulle ruote esterne e trovando aderenza con un unico movimento fluido. Smetto di preoccuparmi del cambio, i rapporti sono lunghi abbastanza per usare solo la 2° e la 3°, e provo a portare un po’ più su il ritmo, ma questa volta ci pensa il pedale centrale a riaccendere la mia attenzione.

Per dirla con termini molto professionali, mi sono spaventato, nonostante per fortuna in fase conoscitiva lascio sempre ampio margine. Più che frenare, i quattro dischi rallentano l’auto, e per quanto si possa pestare non c’è modo di mettere fretta sul serio alle pinze freno. Ok, ricevuto: d’altronde è un’auto del 1982, il mio stesso anno, e nemmeno io riesco più a fermarmi con l’efficienza di prima, in particolare quando devo dire qualcosa a qualcuno non mi sta molto simpatico… Nonostante queste mancanze tutto sommato concepibili, la quattro mi mette a mio agio in pochissimo tempo. C’è poco della rozzezza e dell’approssimazione tipica delle auto ad alte prestazioni di quarant'anni fa. Tutto è liscio, levigato e soprattutto funzionale, cambio e freni a parte. Scorre sulla strada e sembra capace di adattarsi alla superficie con la morbidezza di un pouf.

Ovviamente, una volta alzato il ritmo, c’è da mettere in conto una sorta di ritardo tra l’input e l’effettiva rotazione della vettura, effetto che peggiora velocemente se si insiste con la velocità d'entrata, ma ci vuole poco ad adattarsi al pattern di azione\reazione e a reagire di conseguenza. Ho anche imparato a mettere meno in difficoltà il sistema di iniezione, dando gas con gradualmente durante l’entrata del turbo, a circa 3000 giri\minuto, per poi affondare del tutto il pedale. Quando questa “delicatezza” funziona, beh, la quattro si acquatta sulle gomme posteriori, il cofano si alza sull’orizzonte e si viene spinti su per la strada da una mano forte ma amichevole. Anche qua, della rozzezza tipica dei turbo vecchia scuola c’è ben poco, a parte il lag. Ma, anche dopo la “botta” della turbina, invece che affievolirsi, il 5 cilindri fa valere la sua cilindrata abbondante e continua a spingere, affossandomi dentro al morbido sedile fino a 6500 giri\minuto. All'aumentare del ritmo inizia a venire fuori un po’ di sottosterzo, mentre in uscita di curva quella meraviglia tecnologica (per gli anni ‘80) della trazione integrale semplicemente si fa beffe della coppia e scarica a terra tutto.

Cerco di guidare il più fluidamente possibile e di tenermi alla larga dalle frenate improvvise, e semplicemente la quattro sembra in grado di andare avanti così fino alla fine dei giorni, o della benzina, che immagino avvenga molto prima. Provo a forzare un po’ la mano dentro le chicane, con il risultato che il sottosterzo si fa più marcato, le gomme iniziano a stridere ma, nonostante tutto, la quattro continua imperterrita ad accumulare velocità in uscita. Sembra un Panzer, e giuro di aver finito gli accostamenti tra questa vettura e la memorabilia militare tedesca della Seconda Guerra Mondiale. E’ ovvio che il grosso del peso grava sulle ruote anteriori, d’altronde lo sterzo che si appesantisce e perde definizione in appoggio e il sottosterzo marcato sono la a dimostrarlo, ma il passo lungo riesce a gestire le inerzie con una certa calma e non arrivo mai a far “puntare” l’asse anteriore. In qualche modo il posteriore “ruota” assieme all’anteriore, alleggerendone così il lavoro, e anche questa sensazione è tanto lampante quanto piacevole. Ora, la vettura in questione ha raggiunto quotazioni importanti e questo esemplare è uno dei meglio conservati, quindi non ho nessuna voglia di prendere eccessivi rischi, ma la quattro continua a sussurrare di spingere e al tempo stesso di rilassarmi, mantenere le traiettorie il più tonde possibili e non preoccuparmi di nulla.

Ad un certo punto, all’uscita da una veloce destra, mi rendo conto di quanto questa esperienza mi lasci l’incredibile desiderio di provare una “Sport quattro”, la versione accorciata da ben 306 cv che fece da base per l’ultima evoluzione della Gruppo B. E’ chiaro, che, sotto la pelle grigio argento e i modi tutto sommato civili della quattro ci sia un potenziale inespresso di clamorose dimensioni. E’ giunto il momento di riportare la quattro al suo custode, ma non prima di aver abbassato il finestrino ed essermi goduto per l’ultima volta l’ululato del 5 cilindri, che rimbalza sulla pareti di roccia con un clamoroso effetto dolby tutto al naturale.

Considerazioni finali

L’impressione iniziale di giornata memorabile è stata assolutamente confermata. La quattro è una vettura con una personalità talmente chiara e determinata da sgombrare, dopo pochissimi metri, ogni dubbio sulle proprie richieste. Ovviamente ha dei limiti e raggiungerli non è per nulla difficile: l’assetto morbido, la gommatura e i freni insufficienti sono figli di un’altra epoca e la quattro non è nemmeno lontanamente veloce, aderente ed efficace come le vetture dei giorni nostri. Eppure, come sempre con le vetture con qualche decennio sulle spalle, è proprio nell’adattarsi alle loro caratteristiche che si scopre il vero piacere. Fatelo e la quattro reagirà regalando tanta trazione, un’aderenza insospettabile e una regolabilità eccelsa, oltre che una erogazione davvero impressionante.

Datemi una quattro Sport, per favore.

Andrea e Luca, grazie mille per l’occasione: avere una quattro a disposizione è stato bellissimo, una vera pietra miliare nella mia personale esperienza come tester. Come sempre, grazie mille, e spero ci si possa vedere per raccontare anche il Valmessa Graffiti!

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