DAF (Dakar Al Futuro) TWIN TURBO

Nelle competizioni sportive degli anni ottanta c'erano auto incredibili. Le case automobilistiche sperimentavano ogni tipo di diavoleria per andare sempre più forte. Che dire dei camion da corsa? Vi racconto la storia di un “camionista” olandese ostinato e sufficientemente coraggioso da governare 10 tonnellate di metallo a più di 200 all’ora sulle dune. Altro che le auto di adesso…

21 gennaio 2021| scritto e pensato dalla mente malata di Baffo | editato e corretto dal pensiero distorto di Gabry

Si è concluso da poco il Rally Raid più famoso al mondo, la Dakar 2021. Nonostante le restrizioni dovute al Covid per gli equipaggi, l’organizzazione è riuscita anche quest’anno a far disputare questa gara fenomenale e, mi viene da dire, anche un po matta.

Ricordo quando vedevo correre sulle dune di sabbia del deserto questi mezzi assurdi, pieni zeppi di adesivi, con i piloti che guidavano come matti ed i navigatori che imprecavano a fianco. Bei tempi! Beh, diciamo che lo spirito di avventura è rimasto lo stesso, temprato negli anni dal susseguirsi delle edizioni, che quest’anno è arrivato alla numero 43. Oggi i mezzi ovviamente sono molto più evoluti e le categorie sono modificate rispetto ad un tempo. Oggi infatti troviamo: auto, moto, camion (e fino a qui tutto normale), quad (e ci sta), classic (e ne parleremo più avanti) e SxS che praticamente sono delle golf car modificate per il rally (la gente non sta bene)! Da buon arrugginito, mi sono chiesto subito cosa fosse la Dakar Classic. La risposta è semplice, può partecipare qualsiasi mezzo prodotto prima dell’anno 2000. Questo significa che tutto ciò che è stato costruito negli anni ‘80 può partecipare! Parlo di quegli anni in particolare, perché c’era qualcosa di magico che aleggiava sul motorsport. Il Gruppo B nei Rally, gruppo C nell’Endurance e DAF nella Dakar. Vi racconto una storia, correva l’anno 1982 ed un certo Jan De Rooy, ex pilota rally olandese e titolare di una azienda di trasporti, decise di partecipare alla Dakar, ovviamente con un camion. Il primo anno non andò benissimo, perché il DAF NNT 2800 con soli 200 cv, dovette alzare bandiera bianca, ma si fece avanti l’idea di dover intervenire. Al mezzo venne attribuito anche un soprannome “de neus” (il naso), perchè il camion visto di profilo aveva il cofano motore allungato che somigliava ad un naso. Questa edizione, tra l’altro, passò alla storia per il recupero del figlio del primo ministro britannico Margaret Thatcher, che si era perso nel deserto (va beh). Ma torniamo a noi, nel 1983 il buon Jan partecipò con un DAF 3300 “de Koffer” (la valigia). Andò un po meglio, perché si piazzò 34° ma ancora nulla di memorabile insomma. Le magie iniziarono l’anno successivo nel 1984, quando venne presentato un DAF a doppia cabina, una avanti e una dietro, un po come i tram. Il soprannome era “Tweekoppige Monster” (mostro a due teste), probabilmente per la sua stravaganza. Oltre alla forma bizzarra il mostro a due teste nascondeva un grosso segreto sotto la carrozzeria: montava 2 motori diesel, uno per ogni asse ruota per una potenza totale erogata di 800 cv.

Il primo tentativo non andò molto bene perché si dovettero ritirare, ma il team ci riprovò anche gli anni successivi. La pazza idea di questo olandese era quella di vincere la classifica assoluta con un camion! Il regolamento era piuttosto aperto, tanto che volendo era permesso montare anche la turbina jet di un aereo di linea che nessuno avrebbe obiettato nulla.

Il naso
L avaligia
Il mostro a due teste
Il toro

Arriviamo così al 1985 e, in una logica di miglioramento, viene tolta la seconda cabina, così la parte posteriore del camion era “spiovente”, tanto da meritarsi il soprannome “the bull” (il toro) perché nella vista laterale assomigliava ad un toro. Tipo Red Bull per intenderci.

Il doppio motore però rimase e anche nella stessa posizione. La differenza era la cavelleria che ora era di 420 sull’asse posteriore e 340 sull’asse anteriore. Il risultato fu incredibile perché finalmente vinse la Dakar...e invece no. A causa degli innumerevoli interventi meccanici non consentiti dal regolamento, furono aggiunte 15 ore di penalizzazione all’equipaggio, quindi alla fine arrivarono secondi. Ormai la strada era tracciata, mancava veramente poco alla vittoria e il detto recita “squadra che vince non si cambia”, quindi si decise di optare per un camion completamente nuovo (probabilmente in Olanda il detto è diverso). Basta giocare e basta soprannomi, la DAF decide di dare una mano a De Rooy per portare a casa il bersaglio grosso e presenta il modello FAV 3600 Twin Turbo I. Le modifiche rispetto al modello precedente furono sostanziali: sempre il doppio motore ma ora entrambi sono turbocompressi e sommati sprigionano circa 1000 cv. Tutta la parte di equipaggiamento viene ridotta al minimo. In questo modo il peso totale si ferma a 10.5 tonnellate ed il cambio ora è automatico. Il risultato è un mezzo feroce, perché alla velocità massima (si parla di oltre 200 km/h sullo sterrato) se la batte faccia a faccia con le auto, tanto da rimanere in Top 10 assoluta fino a tre tappe dalla fine. Poi, anche questa volta, succede l’inaspettato. L’asse anteriore si spezza e addio vittoria. Non oso immaginare un camionista incazzato per un guasto, figuriamoci se poi è anche un ex rallista.

Arriviamo così al 1987 e la DAF continua a migliorare il camion, concentrando la maggior parte delle attenzioni sul peso. Riesce infatti a ridurlo ancora di circa una tonnellata e la scelta risulta azzeccata. Finalmente Jai De Rooy vince la classifica dedicata ai camion, però niente top ten nelle velocità. La classifica auto viene vinta dalla Peugeot 205 T16 (visto che non poteva gareggiare nel mondiale rally perché non fu mai prodotta in serie) alzando di molto le velocità medie. DAF è pienamente soddisfatta dal risultato avendo dominato il raid ma Jay no, neanche un po’ perché il suo obiettivo è e resta quello di vincere la classifica assoluta.

DAF Twin Turbo I
DAF Twin Turbo II
DAF Twin Turbo X1

Passa un altro anno e nel 1988 DAF presenta al via un nuovo camion, il DAF 95 X1 Twin Turbo ed un pilota molto agguerrito e testardo. La miscela esplosiva perfetta. Sul 95 X1 il numero dei turbo sale a 3 (avete capito bene), uno dei quali con la funzione unica di comprimere aria per gli altri due. La potenza complessiva ora arriva ad 1200 cv e la coppia sale fino a 4700 Nm! Il telaio è di alluminio, questo garantisce un peso contenuto intorno alle 10 tonnellate. Inoltre, gli ingegneri DAF montano un doppio cambio automatico sincronizzato azionato da una sola leva nell’abitacolo. Le prestazioni sono spaziali, uno scatto 0-100 in 7.8 secondi e velocità autolimitata a 220 km/h! Insomma, Godzilla con la velocità di Usain Bolt. La superiorità è imbarazzante, tanto che fino all’ottava tappa il DAF è terzo assoluto, perché si aggiudicò ben 6 tappe! Gli equipaggiamenti erano 2, il primo guidato da Jay De Rooy e il secondo da Theon Van Rijt. Nel corso dell’ottava tappa il secondo equipaggio viaggia sulle dune alla mostruosa velocità di 180 km/h, atterra male ed il camion si ribalta rotolando per 6 volte. Nella carambola addirittura un seggiolino si stacca e vola fuori. Nell’incidente perde la vita il co-pilota Kees Van Loevez mentre il navigatore ed il pilota rimangono gravemente feriti. Il ritiro dalla Dakar è inevitabile e definitivo. Come la storia ci insegna, nel regolamento Dakar, molto cambiò dopo quella terribile esperienza. Oggi infatti i camion in gara non possono superare la velocità massima di 130 km/h. Il camion di De Rooy riposa attualmente al museo della DAF ad Eindhoven, mentre la carcassa vittima dell’incidente è rimasta per sempre tra le sabbie del deserto.

carcassa nel deserto
e chi se lo scorda questo sorpasso
Team De Rooy

Voglio concludere questa incredibile storia con un’immagine bella e famosa, quella del DAF che svernicia sul dritto la Peugeot 405 T16 di Ari Vatanen, non proprio un asino dei rally.

Aggiungo, per concludere, un’altra curiosità: De Rooy tornò ai rally raid con il figlio Gerard e sempre nella categoria camion vincendo la Dakar nel 2012 e 2016, questa volta con un mezzo italiano: l’IVECO Powerstar Torpedo 4x4.

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