ducati hypermotard 1100 evo

- chiedetemi se sono felice? -

…Chiudo frettolosamente il mio Eastpak, mancano pochi minuti al suono della campanella ma ho già preparato tutto il necessario per scappare appena sentirò quel ‘driin’. Accanto al mio banco già pronto il casco ed il giubbotto, mi sento uno di quelli grandi, che la domenica vedo salire per il passo coperti da pelle bovina e cattiveria senza db-killer. Fuori scuola mi aspetta il mio HM top viola e marmitta Giannelli, che mi fa sentire come Van Den Bosch. È un acquisto recente, ce l’ho da qualche settimana, ma nonostante l’emozione iniziale adesso è tutto ridotto ad un sorriso che dura pochi metri. Federico del quinto anno giusto qualche giorno fa ha portato a casa uno stupendo Hypermotard nero col Termignoni ed ora ci viene a scuola. Ecco perchè ho furia.

Il bidello segnala il via libera ed io mi lancio giù per i due piani di scale che mi separano dal parcheggio, sperando di fare in tempo. Corro, è caldo e reggo come posso tutte le mie cose. Federico è già sulla moto ma faccio in tempo a sentirlo partire. Il desmo riecheggia nell'immenso atrio del mio istituto tecnico ed io lascio che quelle vibrazioni mi facciano respirare prima di andarmene. Sudo, sogno, sorrido. Chiedetemi se sono felice.

“ Freno forte di nuovo, scalo due marce ed entro. Tendo a scivolare su queste pedane però mi sostengo tanto col lavoro di gambe e braccia, piegando all’inverosimile fino al centro curva, punto dove l’Hyper sembra quasi chiudere la traiettoria con la gomma davanti. Ci si deve fare il callo, lì si arriva buttando fuori l’aria ed all’inizio potrebbe causare qualche principio d’infarto.”

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15 agosto 2023|   scritto e pensato dalla mente malata di Lapo Marchi   |   Inquadrato, scattato, editato dalla mano mossa di Andrea Del Serra

La sveglia in mattine come questa suona giusto perchè sono stato io ad impostarla ma potrebbe starsene zitta perchè ho già gli occhi aperti al pensiero della giornata. Mi alzo, faccio colazione ed indosso l’abbigliamento tecnico, importantissimo ora che i cavalli che provo a domare sono diventati di razza. Il luogo di ritrovo fissato con Massimiliano, il proprietario, è distante ed io sono, come di consueto, in ritardo. Con gli stivali non riesco a guidare la macchina quindi sono seduto come passeggero, posto che mi rende nervoso, come se questo test già non bastasse. Arrivo, scendo ed è già lì ad aspettarmi. 

Il rosso sta a Ducati come il pizzo ad Elisabetta Canalis e quella carenatura la veste come se fosse un bikini a due pezzi. Ti va se andiamo al mare?

Impressioni a ruote ferme

Alla fine degli anni 2000 la casa di Borgo Panigale si separa da Cagiva e decide di cambiare rotta lasciando l'onere creativo alla visione avanguardista di Pierre Terblanche. Per circa 10 anni il sudafricano firma con la sua penna alcune fra le moto più iconiche ed al contempo discusse fra noi appassionati, facendo il check-out dell’hotel di Claudio Domenicali proprio questa signorina qui. 

Il progetto Ducati Hypermotard è nato per raccontare l’ultima volontà di Terblanche di dare ai clienti più sportivi un oggetto del desiderio, da tenere nel box e tirare fuori nelle domeniche più arrabbiate, quelle in cui ci sentiamo Ruben Xaus anche se stiamo solo andando a prendere il caffè.

È la gemella eterozigota della Multistrada 1000/1100 con cui condivide l’immancabile monobraccio, parte dei rami d’acciaio che calano da sotto il serbatoio ed il motore, appeso come se fosse un frutto. Sarà questa la stagione di maturazione?

Camminandole attorno mi rendo conto che è snella da qualsiasi angolatura provi a guardarla. La linea in sé non si discosta da quella tipica di un supermotard: faro anteriore, serbatoio, carene minime e sella lunga fino alla coda; la peculiarità di questo progetto è stata però quella di aver voluto far congiungere il divertimento da kartodromo tipico dei cross a ruote lisce con le esigenze stilistiche delle Ducati da strada, riuscendo in una crasi estetica da eterni adolescenti.

La chioma dell’albero a traliccio allinea i quattro elementi sullo stesso piano e, per riuscire nell’intento di snellire la linea ai minimi termini, al Centro Stile hanno adottato alcune soluzioni degne di menzione. Il faro è una carenatura unica con il parafango, per dare compattezza all’anteriore, ed è tagliato a metà da una nervatura, donando all’intero gruppo una doppia faccia in base alla luce che ci si riflette contro. Dalla punta del parafango parte una linea che si prolunga fino alle carene laterali che si stringono verso la zona di seduta e su fino al serbatoio, bombate come a voler abbracciare la forcella. Da questo incontro nasce la sella, lunga come si concerne ad un motard, fino a coprire gli splendidi terminali sottocoda. Conclude con una manciata di carbonio: questo esemplare in prova è dotato di fianchetti (di serie), codino e scarichi che sembrano formare un pezzo unico inserito alla fine, come un sigillo. 

Il matrimonio tra funzione e design raggiunge la sua massima evidenza guardando i paramani: inglobano sia le frecce che gli specchietti, così da privare la Hyper da qualsiasi orpello banalmente stradale e donandole quella pulizia che generalmente appartiene ai mezzi pronto pista. Mi fermo ancora un attimo ad ammirare una linea che, forse proprio grazie alla sua semplicità, ha disegnato una famiglia che continua ad dominare le vendite di una categoria di cui è la sola rappresentante.

Su strada

Ci siamo. Afferro il manubrio, tiro verso di me la manopola di destra, faccio leva sul piede di sinistra e scavallo. Mi siedo, trovo l’appoggio con entrambi i piedi e sollevo il cavalletto. 

Chi guida già da qualche anno riesce ad avere delle sensazioni solo salendo su un mezzo a due ruote, ecco perchè nelle fiere motociclistiche le moto sono solo esposte ma le persone fanno comunque la fila per salirci. Mettere il culo su una sella fa sognare.

Accenno un sorriso perchè è leggerissima e tutto sembra dove dovrebbe essere. Questa, di sella, è dura e stretta, ma sento che è scavata sul passaggio delle gambe. Sono seduto in alto ma non ho problemi con il mio metro e ottanta a toccare terra. La posizione del manubrio poi da l’invito ad un orgasmo, mi basta stendere i gomiti per trovare le manopole ed ancorarmi ad una posizione quasi perfetta.

Giro la chiave, lascio che l’LCD faccia quel sinistra-destra-sinistra sulla scala dei giri, alzo l’interruttore e premo. Appena un’incertezza ed il desmodue si accende. Quella signora che da circa mezz’ora ci sta osservando dal terrazzo con la curiosità tipica del pensionato mi sta mostrando ora il suo disprezzo, vuol dire che la frizione a secco fa il suo lavoro. Accompagnato dall’inconfondibile rumore di posate nella lavastoviglie muovo i primi passi. Bastano davvero pochi metri, qualche movimento, per rendersi conto di come questa qua sotto le mie terga non sia altro che una mountain bike con il motore. Il manubrio è largo e percepisco la grande leva che riesce a darmi mentre io mi sento eretto nella guida e perfettamente centrale rispetto al mezzo. E’ davvero una bella sensazione, sembra un monocilindrico.

La EVO, come si può evincere, è la versione evoluta della 1100 che uscì nel lontano 2007. Ho avuto l’occasione di provare il motore 1100 DS (Dual Spark) di precedente generazione e sono curioso di capire come questa versione sia andata a migliorarlo.

La strada del test di oggi sembra una mezza mulattiera di asfalto e sassi. Panico, perchè questa Hypermotard ha tutti i controlli racchiusi nel pilota e non mi verrà incontro per nessun motivo. La dotazione, di natura biologica anzichè elettronica, prevede quindi ABS e TC nella mano destra ed antisaltellamento nella mano sinistra.

Provo a divertirmi, prendo le misure con la triangolazione, le gomme ed il motore, poi cerco di capirla un po’. Facendo avanti e indietro in questa stretta strada di campagna trovo una parte di asfalto nuovo, più ampia e con qualche curva dalla raggiatura più regolare. Ho già provato un paio di aperture in uscita di curva ma quando si trova asfalto con poca tenuta il posteriore tende ad andarsene per i campi circostanti.

La taratura delle sospensioni è sostenuta, era intuibile. L’anteriore sorregge bene quando cerco la staccata cattiva, dove preferirei forse una diversa taratura in compressione, ma restituisce un gran feeling sulla gomma davanti. Dal mono posteriore vorrei invece un maggior sostegno quando allungo in uscita, mi sembra non proprio sincero rispetto a quello che succede sotto la ruota posteriore, dovrebbe bastare una regolazione. La combinazione tra il manubrio largo, la modulabilità del doppio disco e la forcella mi fanno rendere conto sempre dove si trova la ruota anche in frenata ma, in caso di buche o avvallamenti, restituiscono senza sconti dei sinceri colpi ai polsi. Sento che le Mitas Touring Force che monta non sono esattamente quello che si meriterebbe, mi piacciono nel disegno della sezione ma le trovo poco comunicative quando cerco velocemente l’edge della gomma. 

Nel guidato ho l’istinto di direzionarla come un vero motard con busto alto, piede giù e braccia a comandare il tutto. Sia chiaro, la classica guida corpo fuori impuntato su pedane e manubrio è possibile ma nello stretto soprattutto lo stile da supermoto mi permette di cambiare direzione in modo più rapido.

Ogni volta che apro il gas l’Hyper si proietta in avanti e punta in alto la ruota. Il desmo spinge quei 95 cv e non si fa domande. Lo sapevo che quel tipo a scuola si divertiva tornando a casa. C’è una doppia a sinistra che mi piace, è leggermente in salita e l’asfalto è buono. Dopo averla percorsa per qualche volta provo a cercare il limite, arrivando molto veloce e frenando all’ultimo, facendo ballare il posteriore come quelli bravi. Se nel cittadino la frizione a secco mi porta ad appoggiare la marcia prima di rilasciarla completamente durante nella guida più sportiva il funzionamento è immediato ed il cambio ritrova quella fluidità che sembra perdere fra i semafori. Freno forte di nuovo, scalo due marce ed entro. Tendo a scivolare su queste pedane però mi sostengo tanto col lavoro di gambe e braccia, piegando all’inverosimile fino al centro curva, punto dove l’Hyper sembra quasi chiudere la traiettoria con la gomma davanti. Ci si deve fare il callo, lì si arriva buttando fuori l’aria ed all’inizio potrebbe causare qualche principio d’infarto. In uscita meglio comunque restare sopra i 3 mila giri, sotto questo limite il bicilindrico saltella ed ha qualche incertezza di erogazione, seppur migliorata in questa versione a candela singola.

I numeri arabi parlano di 1460 mm di interasse e 24° di inclinazione del cannotto di sterzo, 845 mm di altezza sella e 172 kg di peso. Ovvero l’altezza e l’agilità di un motard abbinata alle quote corte e stabili di una sportiva. Sono le sensazioni che arrivano alla mia amigdala mentre ci sono sopra. Ducati ha fatto centro di nuovo.

Continuo a passare davanti ad Andrea con la faccia da ebete ma capisco da alcuni suoi cenni che è pronto a scattare. Mi fermo, scendo e mi tremano le gambe. Qualche foto e poi facciamo le ultime considerazioni prima di renderla a me Massimiliano.

In conclusione

Rientra per me fra le moto d’eccellenza. Rispetta la regola aurea delle moto da strada e sprigiona originalità da ogni angolatura. Dopo averla guidata riesce a lasciarti addosso un’euforia in stile Kool & The Gang e nel misto rilascia una quantità di soddisfazione paragonabile ad un figlio con un’ottima pagella. Mi piace. E’ stata un perfetto soggetto per i miei sogni di ragazzino appassionato di due ruote ed oggi, riuscendo a possederla, a quelle immagini nella mia testa ho potuto dare tridimensionalità e sapore. 

La comprerei? Si. La guardo ferma su quel cavalletto ed ho la netta sensazione che mi stia chiedendo di guidarla di nuovo. La capisco, sembra soffrire quando è ferma ed anche io non sto benissimo, vorrei fare un altro ballo. Mi lascia addosso un vuoto perchè nel misto guidato, lento o veloce che sia, risponde perfettamente agli input che riceve, riuscendo ad essere sempre lì dove la si vorrebbe mentre sul rettilineo si mantiene stabile anche quando si supera la velocità di codice. 

Sostiene ancora oggi la bandiera delle supermotard bicilindriche e si continua a vantare ogni weekend delle sue doti dinamiche nei piazzali dei più guidati passi di montagna. Ne vorreste una in garage?

Grazie Massi, per la fiducia e la disponibilità, provare la tua Hyper è stato un privilegio ed un divertimento. Goditela e guidatela ovunque tu possa, ve lo meritate.

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