Subaru Impreza WRX STI “Bugeye”

- “O-o-o, occhi di insetto” -

“...questo motore ha una ferocia agli alti che lo rende uno dei miei esponenti preferiti della famiglia dei turbo e sentirlo gridare al limitatore è pura gioia a 100 ottani. Ha talmente tanta forza che quando riesco, in un tratto quasi rettilineo, a inserire la 3° e portarla a limitatore, la strada si trasforma in un tunnel tra due ali di verde indistinto che scorrono a velocità semi-eccessiva. Mi attacco ai freni, tornante destro in salita, che so essere l’ultima curva prima dell’arrivo, e quasi in automatico tiro il freno a mano in inserimento…”

La Subaru Impreza STI “Bugeye” ha portato il concetto di Impreza ad un altro livello: più rigida, grossa e cattiva, avvicinando la propria berlina pronto-rally a livello di ammazza supercar.

Oggi ne proviamo una sui 6 km di strada chiusa al traffico della “Rievocazione Storica Colle del Melogno”: sembra quasi troppo bello, vero?

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04 ottobre 2022| scritto e pensato dalla mente malata di M.Carito | editato e corretto dal pensiero distorto di Gabry | Inquadrato, scattato, editato dalla mano mossa di Sebastian Iordache

Abbiamo già testato una Subaru Impreza WRX STI “Bugeye”, avete ragione. Il primo assaggio di una “occhi da scarrafone” (in italiano è meno figo, vero?) è avvenuto con un esemplare pesantemente modificato (qua trovi la nostra prova completa): era adorabile, potente e velocissima, ma non propriamente veritiera per quel che riguarda le qualità del modello in questione. Quindi quando Luca, uno degli organizzatori (con il patrocinio di ASI Valbormida) della “Rievocazione Storica Colle del Melogno”, mi ha proposto di portare a spasso la sua Bugeye lungo 6 km di strada chiusa non potevo fare a meno che fare i salti di gioia.

Per chi non lo sapesse, “la Melogno” è una manifestazione motoristica molto particolare: facendo un riassunto, viene chiusa una bellissima e molto tecnica strada che si srotola tra i boschi dell’entroterra savonese e i partecipanti possono percorrerla quante volte vogliono. Non ci sono limitazioni, classifiche o restrizioni: c’è solo da andare e godersela. Potrebbe essere già abbastanza, ma c’è anche di più: il ricavato va in beneficenza. L’atmosfera che si respira è di pura passione ma anche di relax. Ci si gode le auto, la salita, le chiacchiere, senza troppa folla o tempi scanditi.

Bellissimo, ma torniamo a noi: l’Impreza WRX STI “bugeye”, prima rivoluzione Subaru dopo la mitica Impreza WRX prima serie (qua trovi la nostra prova completa), ha spostato l’asticella un bel po’ più su a livello di prestazioni. 265 cv tirati fuori dal mitico motore EJ 20, sempre turbo e boxer, cambio a 6 rapporti, telaio rinforzato e trazione evoluta. Si, sarà divertente.

Impressioni a ruote ferme

L’Impreza di seconda generazione è decisamente più grande della prima. Più lunga, più larga e capace di una potenza di fuoco maggiore, rappresenta una vera evoluzione\rivoluzione, basata però sui concetti base del mitico modello GC8 che l’ha preceduta. Vero, si porta dietro 200kg in più, ma non si può voler tutto. E poi, con quell’aspetto da berlina dopata, non potrebbe essere altro che una Subaru…o una Lancer, no? Ad un certo punto del processo, però, devono aver pensato di aver esagerato, perché in Europa è stata presentata con l’ala bassa al posto della mensola dell’Ikea, disponibile comunque come optional.

Ok, togliamoci il dente: i fari anteriori tondi sono stati criticati con così tanta ferocia che sono durati meno di un anno prima che la Subaru presentasse in fretta e furia un restyling correttivo. Posso dirlo? A me non dispiacciono, ma potrebbe essere dovuto al passare del tempo. La forma del cofano è simile a quella dell’antenata: piatta e senza troppi fronzoli, è impreziosita dai rigonfiamenti in corrispondenza del passaruota e che incorniciano i fari tondi (un po’ in stile 911, me ne sono reso conto solo ora) e dalla grossa presa d’aria centrale per l’intercooler. Il paraurti ha mantenuto l’aspetto verace che ha reso famoso il modello in tutto il mondo: grossa presa d’aria centrale e due enormi fendinebbia tondi ai lati, una specie di istigazione alla corsa notturna.

I passaruota anteriori sono muscolosi e la fiancata è massiccia e lineare, rigonfia anche all’altezza delle ruote posteriori. E’ seria ma al tempo stesso ha l’aria di voler far cazzate, come i diciottenni vestiti bene ai matrimoni. Il posteriore è piatto e l’ala bassa toglie un po’ di effetto Solberg all’accoppiata carrozzeria blu Mica / cerchi oro a dieci razze. A guardarla bene proprio stock non è: assetto e terminale tondo in stile obice della Seconda Guerra Mondiale non mentono. Sotto pressione, Luca ammette: “ha anche un filino di mappa, ma non so quanti cavalli sviluppi, l’ho già presa così…”

Come quando ti fermano al posto di blocco, insomma.

Apro la portiera, come da tradizione senza cornice superiore, ed entro a bordo. I sedili STI sono perfetti per lo scopo, contenitivi, dritti e non troppo fighetti, avvolti come sono in tessuto tecnico e con i fori per le cinture a quattro punti sul poggiatesta. La seduta è un filo più alta del dovuto, ma hai tutto a portata di mano e poi, così, puoi prendere la mira con i passaruota bombati.

Il volante MOMO a quattro razze è identico a quello della WRX WWW della precedente edizione, e quindi la critica è esattamente la stessa: è troppo grande e serioso. Il contagiri con fondoscala a 9000 giri\minuto, centrale, è esattamente dove dovrebbe stare, con il tachimetro a destra e i vari indicatori a sinistra.

Il pomello tondo è montato su una lunga asta, in stile castelletto: mi basta inserire qualche marcia, da fermo e a motore fermo, per godere di un comando a corsa corta e dagli innesti precisi. La STI è tutta qua, più o meno, ed è abbastanza.

Su strada

Ho già percorso i 6 km del Melogno qualche ora fa a bordo dell’antenata della STI, la WRX WWW GC8 (qua trovi la nostra prova completa) e quindi mi sento un po’ più rilassato e consapevole. Almeno ricordo qualche sequenza di curva e la temperatura dell’asfalto si è alzata di qualche grado. Per fortuna, direi, perché ho già assaggiato questa STI nella sessione fotografica precedente al test e quel “filino” di mappatura di cui mi parlava Luca si è rivelata.. un vero e proprio gomitolo di prepotenza: sarei stupito se scaricasse meno di 300\320 cv. Il modo in cui divora la strada non lascia dubbi sulla forza delle boxer là davanti.

Saluto con un cenno della mano il commissario alla partenza e attendo che dia il via. Come successo alla partenza con l’antenata cerco di rispettare il più possibile la trasmissione al via, ma vuoi per il suono martellante che esce dallo scarico, vuoi per la visione della presa d’aria sul cofano, la mia vena del buonsenso resta aperta per meno tempo del call-center dell’Inps. Tempo di inserire la prima curva a sinistra e mi sistemo meglio sul sedile, rilasso le spalle, prendo un bel respiro e alzo il ritmo.

Come ho già detto, l’EJ 20 di questo esemplare sembra andare a Red Bull: la spinta passa da vigorosa, diciamo fino a 5500 giri\minuto, a feroce e scatenata, tanto che il muso della Impreza punta leggermente il cielo nonostante l’assetto irrigidito. La lancetta del contagiri centrale si lancia verso la tacca degli 8000, il volante si alleggerisce di una frazione e il timbro del boxer si trasforma in una specie di uragano, sempre più “soffiante” man mano che i giri si alzano, con i classici sbuffi contrariati quando rilascio il gas conditi da qualche scoppio dallo scarico. Scoppi veri eh, non quelli fatti “in centralina", da raduno statico. In una 90° destra a cui si arriva dopo un piccolo rettilineo capisco che i riferimenti precedenti presi con la WW valgono… e non valgono.

Ciò che indubbiamente è rimasto immutato, rispetto alla GC8, è il come l’Impreza affronti la strada. Certo, è decisamente meno flessibile a livello di telaio, il motore sembra avere il doppio della coppia e dei giri disponibili e la carreggiata è maggiore, ma in qualche modo sembra esattamente ciò che è, cioè una profonda evoluzione del concetto iniziale. Prendiamo lo sterzo: come per l’antenata, è ancora sensibilmente demoltiplicato ma in qualche modo mantiene una certa precisione ai piccoli angoli che instilla fiducia nel pilota, che sa di poter sempre contare su di lui nel caso serva una correzione di emergenza. E’ quasi automatico, a questo punto, alleggerire appena il gas in entrata delle curve meno impegnative, sentire l’anteriore caricarsi e curvare, per poi tornare a ridare potenza al quattro cilindri boxer, il tutto quasi senza muovere il volante.

I freni sono decisamente più potenti che in passato ma, forse per via dell’assetto più rigido che permette di “leggere” meno i trasferimenti di carico, preferisco non usarli mai troppo, preferendo un approccio soft in questa prima fase. Lunga curva sinistra, freno con leggero anticipo e uso l’ultima parte della frenata, a velocità oramai ridotta, solo per tenere il muso schiacciato in traiettoria e poter poi tornare sul pedale del gas con tutta la violenza possibile. Ecco un altro momento tipico del DNA Subaru: in uscita, se avete gestito per bene il trasferimento di carico in ingresso, la potenza sembra “torcere” la struttura usando i differenziali come leve, e si può sentire il leggero sottosterzo trasformarsi in un sovrasterzo di potenza appena accennato che alza di due tacche l’agilità della STI. E’ un momento meraviglioso, sul serio, perché è la certificazione di aver fatto tutto come andava fatto, il premio Subaru per il tuo impegno.

In tutto questo, il cambio dalla corsa cortissima e dagli innesti secchi è puro piacere, così come la pedaliera che invoglia la punta-tacco. Allo stesso momento, però, l’aumento delle prestazioni generali e del peso hanno un prezzo che appare chiaro su una strada impegnativa e non troppo conosciuta come questa. Già, perché se con la “WWW” ci si può lasciare andare, contando su una bassa inerzia e sulla minore velocità pura per correggere “al volo” eventuali errori di valutazione, sulla STI il margine di errore si riduce, e di molto. Curva in salita, so che è una specie di tornante che allarga in uscita, ma comunque arrivo troppo forte. Freno fin dentro il punto di inserimento, nel tentativo di mettere in rotazione il posteriore e di aiutare le gomme anteriori, che iniziano a lamentarsi sotto la spinta dei 1400kg, ma per quanto mi impegni incappo in un grosso sottosterzo. Me lo aspettavo, quindi “tolgo sterzo” e continuo a frenare, fino a quando recupero la direzionalità e ridò gas, ma quasi per punirmi la STI resta goffa e “pesante” sulle ruote esterne, senza attivare quella magica sensazione di rotazione. Comprensibile, ovviamente, perchè ho sbagliato di brutto l’ingresso, ma questo mi fa capire come la STI sia un “giocattolo” più professionale e che per quanto sia felice di assecondare non ammette distrazioni troppo grandi.

Bisogna capire con cosa si ha a che fare, in particolare quando si inizia a “mettere in movimento” il telaio, e non si deve perdere l’attimo fuggente azione\reazione. L’assetto, che in un primo momento sembra molto meno incline alle imbardate dell’antenata, tira fuori tutto il suo lato “Subaru” a velocità più alte, e lo fa chiaramente e senza incertezze, quindi bisogna essere pronti. In un primo momento sembra voler sottomettere la strada al suo passaggio, ma con più velocità viene fuori quella fluidità, quel copiare l’asfalto che rende tanto adorabili le Impreza old school. Con questo bene in mente imposto un ritmo leggermente più conservatorio in entrata per poi sfruttare tutta la trazione e i cavalli dell’EJ20 in uscita. Sembra una buona idea, ma mi rendo conto che se si è troppo prudenti in ingresso non si riesce ad attivare il posteriore quel tanto che basta per fargli compiere la sua magia in uscita. Ecco, per quel che mi riguarda, l’esperienza STI sta esattamente in questo limbo: arrivo forte (ma non troppo!) in entrata di curva, frenata fino all’inserimento, frontale inchiodato in traiettoria e posteriore leggero, giù il gas. Se lo si fa bene si gode, e tanto, perché si viene sparati fuori in un unico movimento fluido e questo motore ha una ferocia agli alti che lo rende uno dei miei esponenti preferiti della famiglia dei turbo e sentirlo gridare al limitatore è bellissimo.

Ha talmente tanta forza che quando riesco, in un tratto quasi rettilineo, a portare a limitatore la 3° la stretta strada si trasforma in un tunnel tra due ali di verde indistinto che scorrono a velocità semi-eccessiva. Mi attacco ai freni, tornante destro in salita, che so essere l’ultima curva prima dell’arrivo e quasi in automatico tiro il freno a mano. Vorrei dirvi di aver spazzolato il tornante alla McRae, ma sono stato troppo timido, così riesco solo a far “sbuffare” leggermente il posteriore, prima di tornare sul gas e uscire sparato con la fionda boxer sul breve rettilineo finale.

No dai, già finito?

Considerazioni finali

Inutile che ve lo dica, se siete arrivati fino a qua avrete capito che la STI mi è piaciuta. Ed è strano, in parte, perchè l’ho spesso considerata già troppo grande per divertirsi sul serio sulle strade secondarie. Ma, vuoi per l'aumento drammatico delle dimensioni delle auto moderne, vuoi perché oggi la STI è stata tutto tranne che goffa, mi sono dovuto ricredere, e ne sono felice. La STI è perfettamente in grado di attaccare senza sosta una strada come quella del Melogno e di farlo con così tanta forza, quantomeno un esemplare con un filino di mappa come questo, da mettervi anche nei guai. Ma anche questo fa parte del divertimento: al contrario della precedente GC8, qua dovete agire con più calma e coscienza, ma avrete accesso a momenti di adrenalina vera. Trovate il ritmo entrata uscita, mi raccomando: fatelo e scoprirete come 1400 kg possano ruotare con l’agilità di Roberto Bolle.

Ma con la voce di Sauron con la raucedine.

Luca, grazie mille dell’auto e dell’occasione: la “Rievocazione Storica Colle del Melogno” è un evento fantastico. Non vedo l’ora di tornarci!

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