vauxhall Vx200 / Opel Speedster 2.0 turbo

- la Opel con un Tornado nel cuore -

“...All’istante le mie sinapsi si sintonizzano a ciò che sento attraverso i pantaloni, leggero sovrasterzo, controllo solo con i polsi, e poi posso rilassarmi, lasciando che il motore mi investa per l’ennesima volta con le sue sovrabbondanti prestazioni. E’ un animale più rozzo e feroce dell’aspirata, più cattiva e imprecisa, un pugile welter con la potenza di un medio-massimo che, conscio di questo, nel bel mezzo dell’incontro lascia da parte la tecnica e inizia solo a sganciare bordate a tutto braccio…”

La Speedster Turbo, o Vauxhall VX220, è una bestia rara, quantomeno alle nostre latitudini. Unisce, prima ta tutte, il telaio Lotus Elise con un grosso e cattivo motore turbocompresso, regalando un'esperienza decisamente diversa dalla sorella aspirata: più ferocia, detta in soldoni, e un atteggiamento quasi da supercar. In particolare se, come nel caso di quella del test, subisce una cura dimagrante e una bella iniezione di cavalli…

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23 maggio 2023|   scritto e pensato dalla mente malata di M.Carito   |   editato e corretto dal pensiero distorto di Gabry   |   Inquadrato, scattato, editato dalla mano mossa di Sebastian Iordache

Sapete di cosa stiamo per parlare. avete già sbirciato titolo e foto. La Opel Speedster è un’auto unica e anche se non ha mai raggiunto lo status di mito assoluto della cuginetta Lotus Elise, su cui è basata, resta indiscutibilmente un oggetto unico e irripetibile. Se volete immergervi nella storia del progetto vi rimando al nostro test della Speedster mossa dal 2.2 lt. aspirato (Qua trovi la nostra prova completa). Scusate questo inizio sbrigativo, oggi andremo direttamente di al sodo, alla ciccia del discorso: la guida. Già, quest'auto grigia che vedete è una rara Speedster Turbo, motorizzata con il medesimo 2.0 4 cilindri sovralimentato che possiamo trovare anche sotto le Astra Turbo del tempo. 200 cv per 930 kg, 243 km\h effettivi e uno 0-100 km\h in soli 4.9 secondi, numeri in grado di offuscare gran parte delle Elise contemporanee, a ben guardare.

Potete crederci? La Speedster ha 20 anni, eppure mai come oggi il mondo dell’automobile avrebbe bisogno di un progetto così fuori di senno, così incentrato al puro piacere, alla pura passione. Forse un discorso utopistico per le leggi del mercato moderno, ma basta stare vicino ad un mezzo come la Speedster Turbo, anzi, in questo caso ad una Vauxhall VX220 (è un esemplare di importazione UK) per sentire una straziante nostalgia mista ad una sorta di incredulità: Opel, quella delle Mokka e delle Corsa, costruiva un UFO come questo che mi romba davanti.

Incredibile.

Impressioni a ruote ferme

Guardatela bene. E’ un grosso giocattolo, un insieme di metallo e plastico con un unico scopo, ovvero divertire e far sentire speciale chi la guida. Eppure trasmette un po’ la sensazione di un gioco pericoloso, un po’ come fare i salti dalla scogliera: sai che si può fare, i ragazzi davanti a te lo hanno fatto senza conseguenze, ma quando guardi l’acqua sotto di te non puoi non pensare che stai per sbattere su qualche pietra.

Questo esemplare amplifica questa sensazione: sulla già strepitosa linea della Speedster “liscia” Simone, il proprietario, ha aggiunto due belle mani di cattiveria in stile. Il colore grigio semiopaco è una tinta Mercedes e rende la VX220 decisamente più “seriosa", direi professionale, rispetto al giallo originario. I cerchi in lega ATS DTC da 17 pollici riempiono gli spigolosi passaruota alla perfezione, anche grazie all’assetto Nitron Clubsport, un grande classico delle Lotus (ops, Opel…) modificate per la pista. Amo la linea tesa che sormonta il passaruota posteriore, così come la zona “schiacciata” al centro del musetto. E’ talmente piccola che basta fare un passo a destra o a sinistra per cambiare completamente il punto di vista.

Mi sposto leggermente verso destra e indietro ed ecco la parte più modificata dell’auto, ovvero la zona posteriore. La semplice copertura motore del modello stock è stata sostituita con un kit che incorpora una presa d’aria sul tetto, in stile mini LMP, e trasforma la piccola Opel in una vera coupé, con tanto di griglie per lo sfogo dell’aria calda proveniente dal 2.0 lt. Turbo posto dietro la schiena del pilota. Lo specchio posteriore della Speedster sembra disegnato con le Lego, tanto è spigoloso, ma la Opel aggiunge un tocco clamorosamente figo, ovvero il doppio carico, uno sopra l’altro, posto proprio al centro del sottile paraurti. Ieri sera ha piovuto, ma oggi il cielo è terso e la campagna sembra esplodere di Primavera compressa. La luce è limpidissima, i tulipani ondeggiano nella brezza leggera e le colline sono verdi come certi disegni a pastello dei bambini: in tutto questo la VX220 sembra trattenere la luce, leggermente maligna.

Apro la portiera destra, spingo tutto indietro i sedili Lotus e poi infilo il piede sinistro, prima di girare su me stesso, far scivolare le mie regali natiche nel sedile per poi tirare dentro la gamba destra. Prima di afferrare la porta e chiuderla guardo velocemente l’asfalto, a pochi centimetri dal mio gomito destro, quasi fossi in un grosso kart coperto. Chiudo la leggera portiera e mi guardo attorno. Il classico interno Elise è, se possibile, ancora più spartano. Ogni pannello di plastica o metallo è stato sostituito con un pannello in carbonio grezzo, lo stesso destino riservato ai già rachitici pannelli porta. Il sedile mi accoglie con naturalezza, senza obbligarmi ad adattamenti particolari, nonostante sia duro e minimalista. Il volante OMP 300, montato su un bellissimo distanziale in alluminio, regala una posizione di guida strepitosa. Il pomello del cambio è vicinissimo alla mano sinistra, mentre la pedaliera sembra una scultura che viene fuori direttamente dalla vasca metallica a vista.

A destra, attraverso il piccolo finestrino, vedo un piccola porzione di mondo, limitata dal tetto opzionale e dall’alta portiera: davanti, invece, grazie al grande parabrezza la visuale è strepitosa, con i due passaruota appuntiti che possono essere presi come “mirini” per gli inserimenti. Giro la chiave, il quadro si accende, e poi premo il tasto al centro del cruscotto. Il motore parte con un brontolio profondo, irregolare, brutale. Inizio a vibrare con lo stesso ritmo del motore, che a qualche centimetro dalla mia schiena sembra promettermi guerra aperta. Ci sto.

Su strada

Nell’attesa che il mio cervello carichi completamente il file guidaadestra.exe cerco di capire con cosa ho a che fare. Sono stato fortunato abbastanza da avere già guidato la Speedster aspirata e alcune cuginette Lotus, sia con motore Rover Serie K che con il successivo Toyota 2ZZ-GE, ma nessuna di loro era sovralimentata. Quindi, se con l’esperienza pregressa percepisco chiaramente i punti di contatto tra le varie auto, è la coppia inedita della Turbo a colpirmi come un pugno. Per quanto stia solo sondando la profondità dell’accelerazione, è già chiaro che il turbo trasforma la piattaforma Lotus in qualcosa di profondamente diverso. Il motore di questo esemplare è stato portato ad uno ”Stage 2,5”: la lista delle modifiche è lunga e la potete trovare in fondo all’articolo, ma il risultato sono 245 cv e 365 NM di coppia, che devono muovere un peso di soli 863 kg, misurati con 3\4 di benzina nel serbatoio. Come se non bastasse, la ripresa è stata ulteriormente affinata grazie ad una coppia conica aftermarket destinata alla preparazione dei motori aspirati, una scelta decisamente aggressiva visti i numeri del 2.0 turbo. Tutto questo si traduce in un cambio di passo assolutamente immediato: basta contrarre le dita del piede destro per far balzare in avanti la VX220.

Questo esemplare è dotata di pneumatici Yokohama NEOVA AD08r semislick, ma purtroppo sono un po’ datati: nonostante questo cerco di scaldarli il più possibile prima di iniziare a darci dentro. Lo sterzo è diretto, cristallino e trasparente, ma curiosamente a basse velocità sembra meno “tosto” rispetto al comando della Lotus 111s provata su questa stessa strada (Qua trovi la nostra prova completa). Si percepisce ancora più chiaramente che il motore è esattamente al centro, forse perché il 2.0 lt. è più pesante degli aspirati. Viene fuori sotto forma di una certa latenza di risposta dell’avantreno, leggerissima ma percepibile chiaramente: questa VX220 non sembra lanciarsi in traiettoria alla minima rotazione del volantino, aspetta che il fulcro dell’auto inizi a partecipare per poi fare presa con decisione. Il cambio è un’altra caratteristica nettamente diversa dalla versione aspirata: è duro, solido nella sua azione, ma non appare velocissimo. Certo, azionarlo con la mano “sbagliata” forse non aiuta, ma sembra un comando perfettamente accordato con l’azione brutale del motore. Se con un aspirato serve cambiare spesso e velocemente, qua persino il cambio sembra dirti: “smetti di smanettare con quella leva, scegli un rapporto abbastanza lungo e premi il gas, ci penso io…”. Su un tratto leggermente in salita, finalmente, affondo il pedale del gas, in 2°. Vengo investito da un’ondata di coppia, il posteriore scivola leggermente ma fa presa, 3° che dura incredibilmente poco, 4°, sbaglio la cambiata, poi la ripresa si fa cocciuta e violenta e vengo investito da un mix di rumore e velocità. Vedo la lancetta superare i 100 e avvicinarsi ai 120, salvo poi ricordarmi che si parla di miglia orarie, così mi attacco ai freni prima di un tornante destro. Il pedale centrale è duro ma meravigliosamente regolabile. Il muso inizia immediatamente a seguire tutte le crepe e i cambi di pendenza della strada, quindi mi ritrovo a stringere con forza il volantino per contenere la frenata, e poi inserisco.

E’ stato un assaggio decisamente chiaro della differenza tra aspirato e turbo: ora che dovrei unire i puntini, cioè un inserimento fluido e una fase di uscita il più efficace possibile, so di dover porre decisamente più attenzione di quanto farei con le sorelline ad alto numero di giri. Arrivo ai punti di frenata con uno slancio degno di una sportiva di razza, di quelle con tanti cilindri e con motori due o tre volte più grandi del 4 cilindri che grida dietro di me. L’ennesima dimostrazione che sono il rapporto peso\potenza e quello tra coppia\peso i veri dati importanti, se si parla di pure prestazioni, con il surplus di pura agilità che una vettura da 900 kg scarsi si porta dietro. Grazie a frenate più decise aggiungo peso sulle ruote anteriori e queste aderiscono meglio, cancellando quella piccola incertezza presente alle velocità minori. Cerco traiettorie più aggressive e uso anche la parte di carreggiata rovinata vicino ai bordi, ma così l’assetto inizia a sembrarmi troppo rigido, troppo poco disposto a copiare certe imperfezioni. E’ un peccato, perché tutto il resto della VX220 sembra divertirsi un mondo a essere maltrattata, con il delizioso sterzo in grado di comunicare sempre meglio all’aumentare dell’impegno richiesto. Ho adattato il mio stile di guida al turbo e alla coppia immediata che la VX220 riesce a scatenare sempre, come un tornado, ad ogni pressione sul gas. Prima cosa, è inutile insistere con i rapporti più bassi: in 2°, in uscita dalle curve più strette, il posteriore scappa sotto l’assalto della coppia e mi ritrovo a dover cambiare quando ancora la curva non è completamente finita. Meglio lasciare la 3°: in questo modo, dal punto di corda in poi, posso praticamente affondare il pedale destro, correggendo con un leggero controsterzo eventuali perdite di aderenza, giusto in tempo per godermi poi la furia del motore.

In questi frangenti la Speedster procede a grandi balzi, come se fossi dentro una macchinina e ci fosse un bambino gigante a spingermi a tutta forza sui brevi rettilinei. Ribadisco, è  un tipo di guida decisamente diverso da quello tutto ritmo, precisione e delicatezza delle sorelle aspirate. Intendiamoci, anche la Turbo è tattile, ma quasi istintivamente si pone meno attenzione al cercare la traiettoria perfetta, preferendo traiettorie più spigolose ma che permettano di aprire il gas di più e prima. Sono concentrato al massimo: freno forte, inserisco, piede sul gas e poi via sul rettilineo successivo, con le orecchie martellate dal suono industriale e brutale del motore Opel. Ad un certo punto mi rendo conto di aver raggiunto un ritmo “limite”, quantomeno su strada aperta al pubblico. Inizia ad emergere un certo sottosterzo in entrata che poi, quando torno sul gas, si trasforma in leggero sovrasterzo, con una netta rotazione attorno al fulcro dell’auto, posto dietro la mia schiena. Sto giocando con il sublime equilibrio delle vetture a motore centrale, ma le gomme vecchiotte perdono e riacquistano aderenza in un attimo, così il buon senso mi consiglia di abbassare di un paio di tacche la velocità. Direi che ci siamo divertiti abbastanza, io e la VX220.

Considerazioni finali

Guardo andare via la Speedster Turbo con la stessa leggera nostalgia con cui l’ho vista arrivare. E’ un’auto incredibile, da tutti i punti di vista, che si parli dell’estetica da vettura endurance in miniatura o delle prestazioni clamorose. Ma, più di qualunque altra cosa, è irripetibile per ciò che richiede al fortunato dietro al suo volante: di guidare. Già, perché se all’inizio non si vede l’ora di poter premere il gas per essere proiettati in avanti, pian piano che l’esperienza cresce si iniziano ad apprezzare altre sfumature, altri dettagli dinamici che una volta percepiti si installano nel tuo cervello, strato dopo strato, fino a costruire la guidata perfetta. Gestisco la frenata, controllo il muso iperattivo, inserisco usando i muscoli più adatti all’angolo della curva, ovvero avambracci per le curve più leggere o quelli della schiena quando va tenuta in traiettorie più lunghe. A questo punto aspetto che il telaio inizi a ruotare e poi giù il gas. All’istante le mie sinapsi si sintonizzano a ciò che sento attraverso i pantaloni, leggero sovrasterzo, controllo solo con i polsi, e poi posso rilassarmi, lasciando che il motore mi investa per l’ennesima volta con le sue sovrabbondanti prestazioni. E’ un animale più rozzo e feroce dell’aspirata, più cattiva e imprecisa, un pugile welter con la potenza di un medio-massimo che, conscio di questo, nel bel mezzo dell’incontro lascia da parte la tecnica e inizia solo a sganciare bordate a tutto braccio per il solo gusto di fare sfoggio di violenza, e al diavolo lo stile.

E’ pura libertà a quattro ruote.

Grazie Simone! Sei stato davvero un grande e la tua VX220 è un mezzo incredibile che ricorderò per sempre.


Modifiche della VX220 del test:


Motore


Ciclistica


Carrozzeria, interni e alleggerimenti

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