Rally di Montecarlo 1964: Mini Vs V8
Avete presente le elementari, dove i bambini variano tra gli scriccioli e i cuccioli di elefante? Ecco, se siete stati tra i primi, quanto avete sognato di prendere il bulletto che pesava il doppio di voi e lanciarlo nel bidone dell'umido? La Mini Cooper S, nel 1964, ha fatto più o meno questo….
E ora ve lo racconto
Anni ‘50, Inghilterra. E’ un'epoca di forte espansione per il mercato dell’auto e, dopo anni di ristrettezze, l’economia decolla e tutti vogliono il proprio mezzo a 4 ruote. La maggior parte degli inglesi scorrazza per l'isola con le Morris Minor, tristissima auto presentata nel 1949, in parte progettata da un uomo mezzo inglese e mezzo greco, un certo Alec Issigonis. Le Mini Morris sono auto arretrate, ma costano poco e si riparano dal falegname. Non scherzo, le versioni Traveller hanno tutta la sezione posteriore tenuta su da listelli di legno. Così, anziché riverniciare, si spalma antitarme. Comodo.
Le Morris sono talmente “belle” che diventano le auto preferite dalle suore, e anche qua non scherzo. Sono così tristi da completare il "ciclo vita" e diventare cool per davvero negli anni ‘70, quando James Hunt usa proprio una Traveller per andare in giro a bere, fumare e strusciarsi con le modelle. Ma torniamo a noi: nel 1952 nasce, dalla fusione tra la Austin e la Nuffield, la BMC (British Motor Corporation). Se non conosci la Nuffield, beh, siamo in due: ma a noi basta sapere che si trattava dell’azienda che possedeva, tra gli altri, il più noto marchio Morris. La BMC appena fondata, in teoria, avrebbe dovuto avere a capo Lord Nuffield. Ma gli inglesi, sotto quei parrucconi, sono infidi e bastardi. In realtà a capo della BMC mettono Leonard Lord (che, con un cognome così, sotto la parrucca ha pidocchi grossi come pastori tedeschi) proveniente dalla Austin, così come in ogni posto dirigenziale che conta. In tutti tranne che in un posto: il capo progettista sarà un uomo Morris, Alec Issigonis, quello della Morris in legno. Perchè? Beh, ha talento, è un mago delle sospensioni e sembra sia amico di gente potente. La BMC lo incarica di lavorare ad un’auto per le masse, piccola, leggera e con la trazione anteriore. Il progetto non viaggia spedito come ci si aspetta. Così, il nostro Alec, a metà anni ‘50, si fa spostare la scrivania (con la scusa di lavorare ad una sportiva di 3 lt) alla Alvis. Alvis, quella che costruisce carri armati, mezzi da sbarco, ordigni, bombe, sommergibili, ecc. Ora, mi sembra chiaro che ci sia qualquadra che non cosa (o qualcosa che non quadra?): che c’entra la Alvis con un'auto da città? E con una sportiva di 3000 cc? Boh, non ci è dato sapere, ma in qualche modo è sembrata a tutti una buona idea.
O forse sono vere le voci che vogliono Alec Issigonis molto vicino agli ambienti dei servizi segreti, che guarda caso alla Alvis son di casa. Torna un anno dopo (1958) in BMC con un bel progetto ultimato, nome in codice “ADO 15”. Si tratta di un’auto di poco più di 3 metri, a trazione anteriore, con sospensioni e gomme ridotte per risparmiare spazio interno (altrimenti occupato dai passaruota), piccoli fari tondi e poco altro. E’ come se i servizi segreti abbiano mostrato ad Alec Issigonis i progetti di quello che i Giapponesi (sconfitti in guerra e con una forte ingerenza anglo-americana negli affari interni) stanno facendo in patria con le Key-Car. Che so, ad esempio i progetti della Suzuki Suzulight del 1955 o la successiva Suzulight Tl del 1960. Per dire eh, non sto insinuando nulla, e NON STO facendo l’occhiolino, mi dev'essere entrato qualcosa nell’occhio... Scherzi a parte (che fastidio all’occhio) il progetto che porta Alec in BMC si differenzia dalle Suzukine: ha il motore a 4 cilindri, il vecchio motore della Minor ma ridotto di cilindrata (pensa te) a 848cc...altro non mi viene in mente.
Insomma, nel 1959 la BMC presenta la Mini al mondo e il mondo scopre di volere una Mini, da subito. 34cv, 4 posti, cerchi da 10 pollici (la Vespa Piaggio li montava da 8…), lunga 3 metri e 5 centimetri, volante quasi orizzontale, comoda e agilissima. Ciò che forse non era nei piani dell'azienda è che la nuova l’auto non è molto veloce in linea retta, ma in curva stupisce. Il passo cortissimo, la trazione anteriore ed il baricentro bassissimo la rendono facile da guidare e veloce. Insomma, se hai il piede pesante sui tornanti (in discesa però…) non ce n’è per nessuno. E così, nel 1960, un certo John Cooper ha l’ideona: perchè non usarla per correre? Cooper chi? Quello che ha vinto due titoli F1, che ha messo il motore dietro al pilota rivoluzionando la F1, quello che nel suo garage monta e smonta auto da corsa che poi battono i marchi più blasonati sui circuiti di mezzo mondo? Si, proprio lui. Ed ha capito le enormi potenzialità della Mini. Alec non è molto d’accordo, ma per fortuna alla BMC sono meno noiosi del progettista e danno il via libera al buon John. Risultato: motore portato a 997cc (così stiamo dentro alla categoria fino a 1000cc), due carburatori SU HS2, leva del cambio arretrata e due dischi freno anteriori (sviluppati dalla Lockeed), 54cv, 150km\h di velocità massima e brutte sorprese per tutti i proprietari di Jaguar e
MG che incrociano una Mini Cooper (così battezzarono la nuova nata) tra le curve. La BMC inizia a produrla senza apportare modifiche e, inutile dirlo, anche questa vende tantissimo. Beh, ma allora facciamola correre no? C'è un problema: la Mini Cooper è ancora vista dalla massa come un’auto da donna. E infatti, nel 1962 Pat Moss e Ann Wisdom vincono la Coppa delle Dame al Rallye di Montecarlo. Chi è Pat Moss? Esatto, la sorella del grande Stirling. Nella famiglia Moss va forte persino la nonna con il treppiede. Pat è anche la moglie del pilota ed esperto di Saab, Carlsson, che vince Rally di Montecarlo come fossero briscole al bar. Vi vedo, brutti maschilisti, che fate la faccia da “Vabbè ma la Coppa delle Dame…”. Avevano la stessa faccia un pò tutti, almeno fino a quando lo stesso equipaggio si porta a casa anche l’assoluto al Rally dei Tulipani. L’assoluto eh. Ora non ridete più eh?
E allora dai, facciamo sul serio? Qual’è il Rally più famoso del mondo? Quello di Montecarlo, ovvio. Detto fatto, nel 1963 la casa partecipa con la Cooper proprio al Rally del Principato e chiude 3° dietro alla Citroen DS19 di Toivonen e ovviamente alla vincitrice Saab 96 col motore 3 cilindri a due tempi guidata da Carlsson che, come detto, guida a Montecarlo come se fosse il giardino di casa sua. Lo svedese è amato ed acclamato dalla folla ed il fatto che Carlsson sia 193 cm per 105 kg lo aiuta parecchio nei rapporti interpersonali.
Sempre nel corso del 1963 in BMC decidono di sostituire il motore da 997 cc della Cooper con uno da 998 cc, usato su altri modelli della casa. Che passo avanti eh? La potenza ora passa da 54 a 56 cv (numeri che fanno girare la testa…). Per fortuna c’è Cooper che ci mette le mani sopra, tirando fuori quasi un motore quadro, di 1071 cc, che sviluppa la bellezza di 68 cv a 5700 giri/minuto. Nasce così la Mini Cooper S. Le Mini Cooper S preparate per il Rally di Montecarlo 1964 arrivano a 85 cv di potenza per 600 kg di peso, un bel salto avanti. All’interno dell’abitacolo delle Mini da competizione troviamo gli ultimi ritrovati della tecnica: doppio serbatoio nel baule posteriore, niente gabbia di protezione, sedili standard con cintura non inerziale (in pratica una semplice cinta che ti tiene legato al sedile), nessun estintore tanto se sbatti muori sul colpo, tachimetro con fondoscala a 160 km\h. Per evitare l’appannamento, il vetro posteriore è rivestito in Perspex trasparente, così come il parabrezza. Dietro al volante, troviamo un pannello del medesimo materiale per aiutare il riscaldamento dell’auto a spannare i vetri. Fuori troviamo la bellezza di 7 (sette) fari anteriori, per illuminare le tappe in notturna al Monte. Ho detto 7? Ho sbagliato, in effetti sono 8 i fari. Infatti ce n’è uno anche sul tetto che può essere mosso dall’interno tramite una maniglia. Tipo pattuglia dei Carabinieri quando ti beccano di notte in due sopra lo scooter senza casco. Non so perchè conosco questo dettaglio, lo giuro agente… Preparata così, penserete, non ci sarà storia: quest’anno al Montecarlo si vince a mani basse, Saab o non Saab. Peccato che la Ford abbia deciso di provare a farsi un pò di pubblicità in Europa. E cosa c'è di meglio che vincere la gara di Rally più famosa del mondo? Gli americani si presentano al via della gara con le Ford Falcon Sprint, delle bestie con motori V8 da 4,7 litri e quasi 300cv. Che poi siano auto enormi, pesanti e assurde per i canoni europei, non sembra fregare molto agli uomini Ford che, anzi, si presentano in conferenza stampa dichiarando “La Falcon farà polpette di tutti gli avversari”. In effetti a vedere una a fianco all’altra la Falcon e la Mini, sembra di vedere un’automobile ed una vettura giocattolo. D’altronde sono americani e sono fatti così: le Falcon sono due metri più lunghe, una volta e mezza più larghe e hanno più di tre volte la potenza delle Mini. Perchè "grosso è meglio" e perchè, forse, non hanno mai visto il Rally di Montecarlo. O forse pensano ci sia un premio speciale per la metratura del cofano. Gli organizzatori, intuendo che la Falcon è leggermente “fuori scala” per cilindrata (4,7 volte quella della Mini) e potenza (più di 3 volte rispetto alla Cooper S), impongono un sistema ad handicap (sotto forma di tempo aggiunto a fine tappa) per pareggiare gli svantaggi tecnici delle auto europee. Ma come detto, in conferenza, gli americani non se ne preoccupano: d'altronde la Mini è grossa come la cuccia del cane di un medio americano...
Il Campionato Mondiale Rally ancora non esiste ed il Rally di Montecarlo è una follia composta da centinaia di chilometri di prove speciali. Si parte dalle strade del Principato e sulle veloci strade costiere. Asfalto asciutto, belle donne e mignoli alzati bevendo Champagne. Come ci si aspetta, la Falcon bianca e azzurra guidata da Bo Ljungfeld domina, seguita dalla Saab di Carlsson e dalla prima delle Mini, quella rossa targata 33EJB. L’equipaggio è composto da due inglesi, ovviamente. Il navigatore è Harry Liddon, sembra appena uscito da scuola, alto e con gli occhiali spessi come fondi di bottiglia. Ottima scelta per un navigatore che, per definizione stessa, dovrebbe fare da guida. Dovrebbe. Dietro al volante, dal lato destro della vettura (inglesi…) troviamo Paddy Hopkirk: aspetto fisico da lanciatore di coriandoli, panzetta, guanciotte rosse e un carattere rissoso da pub. Talmente ignorante che la sua Mini ha il posacenere, sempre pieno, perchè fuma due pacchetti di sigarette al giorno. Più inglese di così si muore (di problemi ai polmoni, penso).
Nonostante tutto, Hopkirk e socio, stanno guidando la Mini Cooper S n°37 ottimamente. La cosa divertente del Monte, però, è che si corre in inverno. Quindi, man mano che la gara si sposta dalla Costa Azzurra alle Alpi, salendo di quota, la strada si trasforma. Prima diventa più stretta, dopo si rovina anche l’asfalto, attraversano gli orsi, compaiono cumuli di neve non ancora disciolta e per ultimo neve fino ai finestrini e mammut. Pian piano che le condizioni meteo e del manto stradale peggiorano, diventa chiara anche un'altra cosa: la Mini si arrampica come una capretta sui monti e su queste stradine strette va forte. Siamo giunti alla penultima tappa: finita questa resta solo la gara sprint finale, di nuovo tra le asciutte strade del Principato, di nuovo su un terreno favorevole alle Falcon. I piloti si trovano a correre di notte in mezzo ad una nevicata talmente fitta che persino lo Yeti si metterebbe la maglia di pile. Qua, sul Col de Turini, in mezzo al buio, alla neve, alle dita dei piedi congelate negli scarponi, Paddy fa i miracoli. Sa che se vuole avere qualche possibilità di vittoria sulle Ford, oggi deve contenere il distacco, sperando poi nell’handicap che per regolamento viene assegnato alla grossa e potente Falcon. Poi, non gli resta che difendere la posizione l’indomani su strada asciutta. Paddy ha un suo stile di guida: freno a mano e gas perennemente incollato a terra, mentre con una mano spanna il parabrezza (non funziona benissimo l’idea del Perspex) e va incredibilmente forte. Ok, questa penultima tappa la vince in effetti Ljungfeld con la Falcon, ma per l’handicap si trova seconda in classifica generale a 17 secondi dalla stupefacente Mini n°37 di Hopkirk e Liddon, che ora è al comando.
Il giorno dopo, una volta scongelati a bagnomaria i partecipanti, si scende tra le strade del Principato: come detto, si tratta di una gara sprint, pura velocità. Le Falcon sperano, su un terreno a loro più congeniale, di recuperare lo svantaggio, handicap o non handicap. Riempiono il serbatoio delle loro barche Ford (auto, volevo dire auto…), accendono il V8 e si preparano a far valere la propria forza bruta. Peccato che la Mini N°37 non abbia nessuna voglia di farsi mettere i piedi in testa. Hopkirk e Liddon, con l'acceleratore della Mini oramai saldato al pianale, riescono a contenere il recupero della Ford ed a portarsi a casa la vittoria, davanti alla Falcon di Ljungfeld e alla Saab di Carlsson, 3°. Non solo, le altre Mini in gara si piazzano bene e la BMC vince anche la Coppa Costruttori. E’ una vittoria talmente inaspettata e la Mini è così un mito che a Hopkirk arriva un telegramma: “Ormai sei uno di noi, Paddy…” Firmato: The Beatles.
Ora so a cosa pensate, che la Mini abbia vinto solo per il regolamento favorevole. Certo, ci sarebbe da discutere sul fatto che si possa correre con un’auto di 4700 cc contro una di 1071 cc, ma ve lo concedo. Così, per non saper né leggere né scrivere e non sentivi brontolare, la Mini continua ad evolversi e si porta a casa anche il Montecarlo del 1965 e nel 1967. Per essere precisi, anche nel 1966 ha vinto, anzi la BMC piazza 3 Mini ai primi tre posti. Peccato che i simpaticissimi francesi le escludano per una difformità tecnica grave. Motori fuori regolamento? No, peggio. Ruote? Ma no, è una cosa gravissima…Il problema è il filamento dei fari anteriori. Già, un grave filamento fuorilegge. Guarda caso vince una Citroen Ds21, riportando in Francia il trofeo dopo anni.
Nel 1968, purtroppo, la BMC è in piena crisi economica e viene assorbita dal carrozzone statale chiamato “British Leyland”, uscendo di fatto dalle competizioni. Ma ormai il mito è nato: la Mini Cooper S è un piccola auto, solo che non lo sa e gareggia come un’auto da corsa.
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