renault laguna coupè 3.5 v6

- l’étrangeté française -

“...Inserisco la 3° e la 4°, i rapporti sono decisamente lunghi, prima di frenare con decisione per prepararmi ad affrontare una lunga curva a sinistra delimitata da minacciosi guard-rail. La Laguna beccheggia in avanti, inserisco e con una certa sorpresa mi ritrovo a togliere precipitosamente angolo di sterzo. A questo punto, da qualche parte, un ingegnere francese se la ride di gusto, chapeau monsieur. Quello che sto provando, ovvero una capacità di rotazione del tutto inaspettata, è merito del telaio 4Control…”

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28 febbraio 2024|   scritto e pensato dalla mente malata di M.Carito   |   editato e corretto dal pensiero distorto di Gabry   |   Inquadrato, scattato, editato dalla mano mossa di Sebastian Iordache

E’ iniziata così: stavo pensando ad un potenziale test, da fare subito dopo le vacanze natalizie. Qualcosa di non troppo impegnativo, così da riprendere il giro senza doversi troppo impegnare, se capite cosa intendo. Sarebbe meglio un mezzo a cui… non teniamo troppo, ecco. Così, mentre scarto tutti i “pezzi da 90”, guardo fuori dalla vetrata dell’ufficio. E arriva l’illuminazione. Eccola là, dove è da almeno due mesi: una rarissima Renault Laguna Coupé 3.5 V6. Se ve lo state chiedendo, sì, da qualche mese lavoro in un concessionario di auto classiche e sportive, Classy Car Torino. E no, non sono completamente scemo: la Laguna, semplicemente, passa così inosservata che non mi era venuta in mente per un test, nonostante, letteralmente, le girassi attorno ogni giorno.

E questo la dice lunga sia sulla mia mancanza di attenzione che sul carisma di questa strana auto.

Impressioni a ruote ferme

Circa 20 anni fa il mercato dell’auto era decisamente meno “incasellato” dentro i binari noiosi delle piattaforme comuni e dei motori tutti uguali. Economie di massa, bleah. C’era ancora una certa verve, per così dire, una certa ricerca dell’originalità. Sull’onda di questa “voglia”, e di un accordo lampo con Nissan, Renault decise di creare una vettura in grado di giocarsela con Audi, BMW e compagnia bella. Almeno, l’idea era quella. Circa un miliardo di Euro e 6 milioni di km di test dopo la Laguna di 3° venne al mondo. Presi dall’entusiasmo, i nostri cugini mangia Brie tirarono fuori anche una versione Coupé. L’entusiasmo di cui sopra deve essere stato davvero tanto, perchè la versione di punta fu equipaggiata niente popò di meno che con un 3.5 litri V6 a benzina derivato direttamente dal propulsore che equipaggiava la Nissan 350Z, addolcito però da una aspirazione decisamente meno performante, tanto da scendere a 240 cv e 330 nm di coppia.

Tutto sommato sono numeri (e idea di fondo) molto simili a grandi successi di quegli anni: pensiamo all’Alfa Romeo 147 GTA (Qua trovi la nostra prova completa) e alla Golf R32 Mk4 (Qua trovi la nostra prova completa). Auto tutto sommato con ingredienti simili, se escludiamo la forma della carrozzeria. Quindi, perché nessuno si è filato la Laguna, né ai tempi né tantomeno oggi, tanto che un petrolhead come me le può passare accanto per intere settimane senza provare mai il desiderio di provarla?

Beh, per prima cosa non fa davvero nulla per farsi notare. Quando dico nulla intendo proprio niente, tanto che la si può completamente scambiare per una delle più comuni diesel. Vussei trelitriemmezzo sotto il cofano e qualcuno in Renault ha pensato bene di non dirlo a nessuno. Geniale. Oltre questo, possiamo dirlo: il design della Casa francese, in quegli anni, era quantomeno discutibile. Probabilmente erano convinti che tutte quelle caratteristiche estetiche, proporzionali e di volumi che han reso belle le auto fino a quel momento fossero sbagliate. Sì insomma, che tutti noi ci fossimo sbagliati e che fare l’esatto opposto sarebbe stata un'idea geniale, meravigliosa. Per farla breve, la Laguna Coupé somiglia ad una cozza disegnata da un artista Cubista.

Se guardiamo la fiancata troviamo linee morbide, con una parte frontale che si raccorda alla zona dell’abitacolo dolcemente e che, ancora più dolcemente, accompagna alla zona posteriore, leggermente allungata e con un accenno di coda tronca. Detta così sembrerebbe classica, bella, ma poi si sono un po’ persi. Il passo, nonostante sia stato accorciato di 6 centimetri rispetto alla berlina da cui deriva, risulta troppo lungo, cosa ancora più fastidiosa otticamente dalla portiera troppo corta, gettando della toilette quell’effetto slanciato tipico delle coupé, dovuto proprio alla portiera che occupa gran parte della fiancata.

Se il retro, con i fanali orizzontali, l’accenno di spoiler e il doppio, timido scarico che sbuca da un paraurti privo di nervature tutto sommato è accettabile, il frontale sembra figlio di un collage tra immagini di scala diverse. Fatto al buio. Di fretta.

I fari, come da consuetudine Renault dell’epoca, sono troppo grandi e fastidiosamente spigolosi, resi otticamente ancora più ingombranti dalle linee della fiancata che confluiscono nel piatto paraurti anteriore in modo da, e sono convinto che l’abbiano pensata proprio così, peggiorare la situazione. Lo sbalzo anteriore è inutilmente ampio, tanto che la porzione frontale sembra sospesa nel vuoto anche a causa dell’assetto troppo alto. Un formichiere. Poi c’è il tocco di classe, l’enorme “bocca” frontale, talmente grande da occupare praticamente tutto il paraurti. Sembra la risata di un folle. Un folle con evidenti problemi odontoiatrici, vista la griglia a maglie larghissime. Mah. Detto questo, la luce invernale di oggi ce la sta mettendo tutta per nascondere le magagne del design e far brillare il grigio canna di fucile nel miglior modo possibile: il tre quarti posteriore non appare troppo brutto, dai. Basta posteggiarla sempre nel modo giusto.

Interni

Gli interni sono un tripudio di opulenza in salsa francese. La V6 che abbiamo a disposizione è una full-optional, ma anche se non lo fosse, ai tempi fu studiata come una vera GT. C’è da dire che i ragazzi francesi, nonostante fossero evidentemente ciechi, a livello qualitativo ce la misero tutta. I sedili, completamente elettrici, sono rivestiti in pelle nera lucida e robusta; la consolle centrale è impreziosita da finiture in metallo lavorato molto gradevole e ogni comando appare solido, preciso e coerente. La strumentazione principale racchiude un grosso tachimetro e un altrettanto imponente contagiri, dal tipico (e piacevole, quando va detto va detto!) font Renault dell’epoca. Il fondoscala a 280 km\h e la zona rossa a 6500 giri\minuto sono gli unici due indizi della presenza di un motore di un certo peso, mentre tutto il resto è ben curato ma molto serioso. I sedili sono comodi e la posizione di guida è quasi perfetta. L’unica caduta di stile, a voler fare proprio i pignoli, è la cloche del cambio automatico a sei rapporti, l’unico disponibile per questa motorizzazione (sempre più forti, eh, questi di Renault): pomello in stile mazza da golf, serio e asettico, su una rachitica asta di metallo. Il volante, nella parte centrale, è a forma di fronte di Lurch della Famiglia Adams, altra stranezza stilistica. E’ giunto, però, il momento di essere seri e di fare convinti complimenti alla qualità costruttiva raggiunta da Renault su quest’auto. Tutto quello che ho attorno, così solido, funzionante e privo di evidenti segni d’usura ha percorso la bellezza di 303.000km. Sì, avete letto bene, trecentotrèmilachilometri. Bravi. Se immagino una Alfa Romeo Brera di 303.000km, tanto per fare un nome a caso, visualizzo solo un sacchetto di pezzi sparsi, quindi che dire, complimenti. Ora però basta con le chiacchiere da arredatori di interni: ho appena inserito l’apposita “card” nella fessura studiata ad hoc sul cruscotto e ho il ditino curioso appoggiato sul pulsante di accensione del motore. Premo ed il V6 si sveglia con una nobile vibrazione e un corposo ringhio che mi solletica le orecchie e le natiche attraverso il pianale. A volume basso, ovviamente, ma senza ombra di dubbio si tratta di un suono piacevole e indiscutibilmente plurifrazionato, qualcosa che non smetterò mai di onorare, anche se sempre di più mi sento come un pazzo a cavallo di un dinosauro…

Su strada

La Laguna è comoda e rapida, più che veloce sul serio. Questo lo so da prima di aver tirato la prima marcia, lo so perchè è palese che sia così. A bordo ci si sente un po’ borghesi, tipo dentisti francesi. I sedili accoglienti e morbidi, il cambio automatico che snocciola i rapporti con calma e il suono dei V6 ch educatamente viene smorzato da ettari di rivestimenti insonorizzanti, capace di imprimere all’auto un incedere sopra la media ma leggermente svogliato. L’assetto lascia fluttuare la cassa della vettura come un materasso ad acqua e i comandi principali sono leggeri e poco contrastati, anche se apprezzo moltissimo che parte della meccanica, in qualche modo, riesca ad arrivare fino alle mie sinapsi.

Viene naturale, anche su una strada secondaria come questa, assestarsi su un’andatura veloce, rilassarsi e magari provare l’impianto a 10 casse opzionale di questo esemplare, ma non sono qua per invecchiare a vista d’occhio, vero? Prima cosa, spengo la radio; seconda, sposto il selettore del cambio a sinistra, così che possa scegliere io il rapporto da inserire spingendo avanti e indietro la leva, in stile sequenziale. I 303.000 km mietono una piccola vittima: lo schermo di servizio tra tachimetro e contagiri diventa rosso fuoco, indicando di fermarmi a causa di una foratura. Foratura che non c’è, per fortuna, così tiro indietro la leva un paio di volte per passare dalla 4° alla 2° e affrontare a passo di carica la serie di curve di fronte a me. Piccola nota a margine, la logica “sequenziale” del cambio è al contrario di quello che reputo naturale: spingendo in avanti la leva si sale di rapporto, non si scala, cosa che mi provoca qualche problemino cognitivo. Spingo a fondo l’acceleratore, in 2°: la spinta cresce, senza mai diventare veramente feroce, fino alla tacca de “7” prima che il limitatore mi riporti alla realtà dei fatti. Ok, 68cv/l e 1600kg rendono la Laguna rapida ma mai veramente feroce o cattiva.

Nonostante la leggera delusione, però, non penso sia decisamente più lenta di, che so, una Golf R32 di quinta generazione (Qua trovi la nostra prova completa), vettura che nell’immaginario collettivo è sicuramente più “sportiva”. Il suono diventa via via più granuloso, piacevole, ma il volume resta basso. Inserisco la 3° e la 4°, i rapporti sono decisamente lunghi, prima di frenare con decisione per prepararmi ad affrontare una lunga curva a sinistra delimitata da minacciosi guard-rail. La Laguna beccheggia in avanti, inserisco e con una certa sorpresa mi ritrovo a togliere precipitosamente angolo di sterzo. A questo punto, da qualche parte, un ingegnere francese se la ride di gusto, chapeau monsieur. Quello che sto provando, ovvero una capacità di rotazione del tutto inaspettata, è merito del telaio 4Control. Detto in soldoni, fino a 60 km\h le ruote posteriori curvano di 6 gradi massimi in senso contrario alle ruote anteriori e, viceversa, nella stessa direzione oltre questa velocità, così da donare una agilità del tutto inaspettata. All’improvviso sono decisamente interessato alla strana francese, così la porto in una zona del tracciato che prevede una serie di tornanti in sequenza. Incredibile ma vero, riesco ad affrontarli senza dover staccare le mani sulla corona del volante dalla posizione 9:15, roba da superleggera incazzata. E’ incredibile quanto questo sistema riesca a rendere interessante la guida semplicemente aumentando la direzionalità della vettura.

Funziona talmente bene che velocemente mi lascio andare ad inserimenti decisamente aggressivi; e, altrettanto rapidamente, la Laguna mi riporta sulla terra, sottosterzando con veemenza urlando “libertè, egalitè, ma non esagerè”. E’ chiarissimo che il sistema 4Motion, se da una lato è una grande cosa, dall’altra rivela ancora più velocemente tutti i limiti dovuti all’impostazione eccessivamente turistica della Laguna. Non è solo colpa dell’assetto, ma anche del peso che quel grosso motore si porta dietro. L’inerzia dell’avantreno c’è ed è qualcosa di incontrastabile; certo, puoi frenare in inserimento per mettere un po’ in rotazione il posteriore, ma i limiti di aderenza dell’anteriore restano tutto sommato bassi. Insomma, la smetto in fretta di fare il cretino.  Anche perché, e l’ho scoperto sulla mia pelle, consuma come un Russo a Capodanno.

Considerazioni finali

Concludere in modo costruttivo questo articolo è una sorta di esercizio buddista sull’equilibrio. Mettiamola così, in una ipotetica scala da 1 a 10, dove 10 è un’auto un’auto capace di spingerti ad uscire la domenica mattina alle 6 solo per farti un giro in santa pace, e all’1 c’è un Suv Elettrico da tre tonnellate, la Laguna si piazza ad un 7 meno meno meno. D'incoraggiamento, visto il dilagare dei suddetti Suv sulle strade moderne. No, non mi sveglierò ma presto per guidare una Laguna e no, non racconterò di lei agli amici. Eppure, mi è chiaro quanto sia un oggetto curioso, unico, irripetibile. Una sorta di animale raro, capace di regalare sensazioni ben definite, ovviamente al proprio ritmo, accompagnati da quella voce cavernosa e quello sterzo iper-diretto che merita un applauso convinto ai nostri cugini d’Oltralpe. Ok, è bruttina, ok è automatica, ok butta via benzina alla velocità di una petroliera incagliata, ma (per il momento…) viene via al prezzo di una Panda grandinata, è già nella lista delle vetture di interesse storico e il suo valore, data la rarità, sarà destinato ad aumentare.

Insomma, se siete amanti delle auto strane pensateci. Solo, cercate di parcheggiarla con la giusta angolazione. Consiglio mio…

Un enorme grazie a Paolo e a Classy Car Torino, che come sempre ci presta delle chicche introvabili. Grazie mille!

Se volete info sulla Laguna V6, che è in vendita, o su altre vetture “strane” non esitate a contarli. Sono in Via Solero 2, Torino.

Cel: 347.82.83.953

Email: ingo@classycar.it

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