Fiat 127 Gr.2

- la rivincita delle sorellastre -

Nel 1978 la 127 era la figlia brutta di mamma Fiat. Poi, un bel giorno, arriva Piero Lavazza, la porta a casa, le dà tutto l’amore che non ha mai ricevuto e tira fuori dal cilindro la 127 Gruppo 2. Un’auto pazzesca che faceva piangere, in mano a piloti privati, le vetture ufficiali da rally del Gruppo FIAT. Com’è guidare una 127 simil-Gruppo 2 oggi?

Ve lo diciamo noi!

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18 dicembre 2020| scritto e pensato dalla mente malata di M.Carito | editato e corretto dal pensiero distorto di Gabry | Inquadrato, scattato, editato dalla mano mossa di Gabry

“Ciao ragazzi, un amico mi ha parlato di voi, vi può interessare una Fiat 127”?

Ora, per come sono fatto io (male), è una di quelle domande a cui di solito non rispondo. Non per maleducazione, anzi, semplicemente non voglio offendere nessuno. Sorrido di traverso e accenno un “...maaaa non so, simpatica eh, però sai, per Ruggine forse non va bene…”, poi inizio a parlare dell’economia degli stati centroafricani o qualunque altra cosa, pur di non dover rispondere con un “no” secco. Insomma, le auto “lisce” mi fanno simpatia, ma non sono molto eccitato all’idea di provare una utilitaria asmatica di 45 anni. Poi, se la domanda te la fanno 34 secondi dopo essere sceso da un’Audi RS3 da 420 cv, diventa persino difficile sorridere.

“Non è una 127 normale, è preparata, con motore Gruppo 2”.

Ecco, adesso non sto solo sorridendo, ma sto persino saltellando tipo Teletubbies alla quarta RedBull. Il perché è presto detto:

La Fiat 127 Gruppo 2 è un vero mito dei Rally.

Non fate quelle facce. Ok, non proprio uno di quei miti “mainstream”, come il Deltone, la Stratos o l’Audi Quattro. Fiat 127 Gr.2 è più un mito da gente che i Rally li conosce davvero. Gente che va oltre le ovvie (e pazzesche) auto sopracitate, figlie di mega-budget e di squadre ufficiali, ma conosce anche il molto meno ricco mondo dei rally piloti privati. Gente che corre per pura passione a colpi di sudore, sangue e notti in bianco. E anche a colpi di platani, ogni tanto. Quella di cui parleremo oggi, la 127 Gr.2, nelle mani dei piloti privati, è stata una vera spina nel fianco per le vetture ufficiali, quindi la mia simpatia verso di lei è enorme. Un pò di ripasso, che non fa mai male. Nel 1971, per sostituire la 850, Fiat presenta la 127. Trazione e motore anteriore, spazio interno sfruttabile, piccoli motori a 4 cilindri da 900cc. Eccitante come una rettoscopia fatta da uno con la tremarella, in fondo non è fatta per essere desiderabile ma utile. Obiettivo centrato, Fiat ne vende a tonnellate ed è un successo clamoroso. Nel 1978 il Gruppo Fiat decide di aggiornare il modello, tirando fuori la 2° serie. Tralasciamo le modifiche apportate e andiamo dritti al punto: “mamma Fiat”, che in quel periodo ha a listino la golosissima 112 Abarth, decide di ampliare la gamma e propone una 127 meno noiosa: la 127 Sport. Ora, persino dal nome si capisce che la 127, per Fiat, altro non è che la figlia sfigatella. Tipo Cenerentola ma coi brufolazzi e i denti dispari. In un momento in cui il glorioso nome “Abarth” viene aggiunto ad ogni auto sportiva dell’ecosistema Fiat (112, 124,131…) la 127 sportiva si chiama...Sport. Semplicemente Fiat 127 Sport.

So cosa state pensando “magari l’han chiamata così perchè non è spinta come le Abarth”.

Bel tentativo. Non è così, perchè sotto al cofano anteriore c’è un 1049 cc paragonabile a quello della gloriosa 112 Abarth per prestazioni, con la bellezza di 70 cv a 6500 giri\minuto, oltre che cerchi più larghi, barra antirollio anteriore più grossa, pinze freno della 128 e un’estetica sportiva. Quindi, a conti fatti, un’auto con le giuste credenziali per meritarsi il logo “Abarth” al centro del cofano, ma tant’è. Il successo della versione sportiva è incredibile ma Fiat decide di non farla correre. Ve l’ho detto che ce l’ha con lei. E’ ovvio, Perché ha già le sue figlie predilette: la 124 Rally, la 131 Abarth e, indirettamente, Lancia Stratos, Fulvia e Fulvia Montecarlo. Insomma, se fosse la scena di un film anni ‘70, ci sarebbe mamma Fiat che coccola amorevolmente le figlie predilette, le fa studiare e le esibisce con orgoglio in pubblico. Nella seconda scena si vede anche l’altra figlia, rinchiusa nella trattoria di famiglia, a pulire i bicchieri, con occhialoni spessissimi e porro in fronte: la 127. Come in tutte le fiabe che si rispettino, però, arriva sempre il principe azzurro.

Questo personaggio, anche se in calzamaglia e boccoli biondi sarebbe risultato un filo ridicolo, si chiama Piero Lavazza. Piero è quello che oggi chiameremmo genio. Ha gli studi da banchiere ma, per passione, molla il lavoro da conta soldi ed apre un’officina di preparazioni. Detta così sembra nulla, se non fosse che è talmente bravo da diventare famosissimo tra i privati che vogliono correre (e vincere) con le Fiat 500. Talmente bravo che, in via non ufficiale, lavora sui prototipi Lancia Stratos e sulle Fulvia da Rally ufficiali. Talmente bravo che, nel 1977, ha un lampo di genio: avete mai visto quelle 500 da corsa con paraurti allargati e gomme da kart? Ecco, quelle non sono gomme da kart, sono gomme e cerchi ripresi pari pari da quelli montati all’anteriore delle Tyrrel di Formula 1. Si, quella blu e bianca a 6 ruote. Grazie ai famigerati kit di potenziamento “Lavazza” per il bicilindrico Fiat, realizza la 500 definitiva che sbaraglia la concorrenza in gara tirando pedate a destra e a sinistra tipo Bruce Lee, trasformando la pista in un affare tra piloti dotati di 500 Lavazza. Nel 1978 Lavazza intuisce che la 500, più di così, non può essere sviluppata. Il nostro Piero ha anche un fiuto commerciale non indifferente, e decide che il prossimo “kit” deve essere sviluppato per un’auto poco costosa, che non corre ufficialmente ma che permetta di essere ugualmente competitivi. Cosa c’è di meglio della 127 Sport, che Fiat ha messo in un angolo? Ha il motore giusto e tutte le carte in regola...

Quindi, torniamo al film. Nella trattoria Fiat, mentre la povera 127 sbuccia fave con aria triste, si siede il nostro Piero, vede in lei un potenziale, la corteggia, tira fuori un albero a camme di un certo rilievo e, tra alzate (sempre delle camme eh) e scarichi diretti, strappa la figlia sfigata al proprio triste destino e scappa con lei. Mi rendo conto solo ora che questo film è un incrocio tra una commedia anni ‘70 e un film erotico vintage sull’asse Cicciolina-Banfi, in pratica.

Non ci perdiamo. Come detto, nel 1978 Lavazza inizia a lavorare sulla 127, ma solo nel 1979 fa esordire la figlia truccatissima, che ora è una belva vera e propria: la 127 Gruppo 2 Lavazza. Motore completamente rivisto, così come l’assetto ed il cambio. Con il pilota Zuccarello vince il Rally D’Aosta e da lì in poi è il delirio. Tutti i privati vogliono la nuova creatura di Lavazza, per giocarsela contro tutte le ufficiali. Nel 1980 una 127 Gruppo 2 partecipa anche alla Targa Florio. Ok, si ritira e non termina la gara, ma fino a quel momento la vettura è undicesima. Undicesima assoluta, non di categoria, quindi in mezzo a mostri da 300 cv marchiati Ferrari, Porsche, Opel e Alfa Romeo. Ah, sempre in quegli anni partecipa anche ad un campionato dedicato alle auto del gruppo Fiat: il Campionato Fiat, ovviamente. Vi lascio immaginare quale auto non ufficiale si porta a casa il titolo. In mezzo a tutto questo, la piccola pepata porta a casa un'infinità di gare vinte, ottimi piazzamenti ed un mito sempre crescente tra i piloti privati.

Ora capite anche voi il perchè del mio entusiasmo. Entusiasmo che sto provando proprio ora, davanti al telone che copre la “nostra” 127. Dal telo spunta solo un meraviglioso set di cerchi in lega scomponibili anni ‘70. Aiuto Graziano, il proprietario, a sollevare il telo per scoprire quello che c’è sotto. Eccola, la mitica 127, che già da ferma sembra tesa e arrabbiatissima. Lo so cosa state pensando: ma... viola?? Graziano, oltre che vivo appassionato, è soprattutto un tenero padre di famiglia e, in fase di restauro, ha fatto scegliere il colore dell’auto alla piccola figlia. Anche se avrei preferito un aspetto più “rally”, devo ammettere che dal vivo non è affatto male: da alcune angolazioni sembra quasi un viola melanzana, da altre è un pò più luminoso. Per fortuna (nostra e di Graziano) la figlia non era fan di Peppa Pig…

Oggi fa abbastanza freddo e la macchina è ferma da un pò ma, dopo un paio di mancate accensioni, il 4 cilindri si mette in moto sparando nuvole di fumo e facendo un casino pazzesco. Due cose mi sono subito chiare: 1) mi sta venendo la faccia da pazzo nell’attesa di sentire il motore girare a 8000 giri\minuto; 2) i vicini di Graziano devono volergli un bene dell’anima. C’è un’altra cosa che non vi ho detto: questa 127, che ha un valore sentimentale enorme per il giovane proprietario, non l’ha mai guidata nessuno, a parte lui. Già, perchè l'auto viene utilizzata solo ed esclusivamente in pista o nei raduni statici. Questa è una sorta di tributo che il proprietario ha realizzato mescolando i ricordi del 127 di suo papà ed il 127 Sport di un vicino di casa. Una volta cresciuto bello malato di motori (Graziano è da 16 anni nel campo della ricambistica di auto e titolare del negozio Store Xtreme vicino ad Avigliana - TO) ha deciso di costruirsi la propria 127, che è proprio quello che ora sta scalciando sotto il mio sedere. Cosa è venuto fuori? Una bestia con un motore simil Gr.2 in stile Lavazza da 100\110 cv a 8500 giri al minuto, frizione rinforzata, volano alleggerito, cambio a 5 rapporti con coppia conica del 112 Abarth, assetto rivisto e su powerflex, freni Uno turbo con pompa freno Ducato. Questo a grandi linee: per entrare nel dettaglio ci vorrebbe un articolo a parte. Rispetto alla massima evoluzione delle Gr.2 dell’epoca mancano solo i pistoni prestampati e camme ancora più spinte, ma a quel punto il motore sarebbe stato veramente inutilizzabile su strada. In questo momento, per la prima volta in vita mia, mi rendo conto che la definizione “troppo estremo per un utilizzo su strada” ha un senso. Spiego. Di solito, durante i test, per il sottoscritto la sessione di foto dinamiche è un momento di impazienza. Non vedo l’ora di testare l’auto e andare avanti ed indietro mentre Gabri scatta è un esercizio di autocontrollo difficile. Tipo lanciare la pallina e dire al proprio cane “fermo!”. Eppure, oggi, sono contento di poterci prendere un pò la mano, perchè nonostante sia una “piccola” 127, l’auto non è molto collaborativa. Se scende troppo di giri si spegne, se in partenza non regoli al millimetro l’attacco della frizione, l’auto saltella o parte sfrizionando come gli anziani con la Panda verde acqua. Se invece provi a dare un pò più di gas, il 1049 cc ti spara in avanti con forza. Il pedale del freno è spugnoso, il cambio è un pò “vago” nella sua corsa ed i pedali sono disassati sulla destra, oltre al fatto che, così vicini, si deve pensare bene ai movimenti, per non rischiare di schiacciare il pedale sbagliato. Nonostante la vicinanza, però, l’acceleratore si trova troppo in basso rispetto al freno e questo non rende possibile il punta tacco per aiutarti durante le scalate. Il pomello, che qua è il pistone di una Vespa (non scherzo) è piccolino e l’asta sembra scollegata dalla scatola del cambio, tanto il movimento è impreciso. Il volante è inclinato in avanti, ma qua c’è un bel calice che permette di stare abbastanza comodi. La sensazione delle gomme “spalla 70” dà una sensazione ulteriore di “poca collaborazione” della vettura in generale. Ci si mette persino lo specchietto laterale: alla prima vibrazione o dosso, si ammoscia tipo marionetta e devo tirarlo su con la mano, per poi vederlo di nuovo andare giù. La 127 mi sta mettendo alla prova. Anche viola e senza i sedili a scocca, non ha molta intenzione di farsi portare a spasso tranquilla. Ovviamente la colpa è anche mia: è sempre difficile abituarsi alle auto “di una volta”, ma qua oggi abbiamo anche un’auto “di una volta” scorbutica e poco incline al compromesso. Finite le foto ci avviamo verso il percorso del test. La strada si apre davanti a me, sono in 2°, è spuntato il sole ed è il momento di mostrare a questa macchinetta incazzata che non mi ha spaventato. Più o meno. Ci siamo, butto giù tutto il gas. La reazione è immediata, i due carburatori Weber dcnf 40 di derivazione Dino Ferrari (per dire…) tirano una secchiata di benzina ai pistoni per svegliarli dal torpore del mattino e la spinta diventa impressionante. Quel motorino la davanti sale di giri con una rabbia impressionante, cambiando suono da forte ad assordante in un attimo ed è felicissimo di raggiungere gli 8000 sparando i 740 kg di peso vettura in avanti. Oh, è un 1049 cc e, per quanto abbia studiato, un lato del mio cervello restava scettico, come il saputello di scuola che alla fine non sa mai nulla: “ma sì, è un 1048 cc, aspirato, quanto può essere forte? Si sa che i miti del passato vengono sempre accresciuti dai racconti…” Caro il mia saputello, ora che siamo seduti qua dentro e la lancetta sorpassa il numero “8” sul contagiri non parli più eh? Davvero, una roba così va provata. La strada che si arrampica davanti a noi oramai la conosco abbastanza, quindi provo a rilassarmi e a capire la dinamica un pezzo alla volta. L’azione sul volante è una questione di avambracci, non di dita, perchè in uscita di curva bisogna aiutare il volante a ritrovare la posizione centrale mentre la coppia e la potenza provano a togliertelo dalle mani. Mi aspettavo uno sterzo meno demoltiplicato, ma trasmette bene cosa sta succedendo sotto le cicciotte gomme anteriori. Come da impostazione tipica delle “tutto avanti” dell’epoca, il motore (quindi il peso) è praticamente attaccato davanti all’asse anteriore. Tipo una Porsche 911 che procede in retromarcia. Questo si traduce in un sottosterzo iniziale che non ci si aspetta da un mezzo con così poca inerzia. Questo momento di incertezza dell’anteriore in inserimento non mi permette di attaccare come vorrei l’uscita di curva. Risultato? Non riesco a dare gas abbastanza presto, rimanendo un pò “appeso” in uscita, con il motore che borbotta 2000 giri più in basso di dove dovrebbe essere. L’azione dei freni risulta sempre un po’ spugnosa, mentre la sensazione generale di ondeggiamento sugli pneumatici resta viva. Quello che mi piace fin da subito è l’assetto, rigido ma ben accordato con i movimenti della scocca, e l’azione del posteriore. Volete sapere quante prove ha fatto Graziano per ottenere questo risultato? 17. Diciassette assetti diversi, e sta aspettando il 18… Nonostante sull’assale posteriore ci siano semplici balestre, il posteriore esegue fedelmente ciò che l’anteriore impartisce e, complice il passo cortissimo, da dietro non dà alcuna preoccupazione. Con una disposizione dei pesi così particolare ed un motore così appuntito, è chiaro che sbandate o perdite di aderenza sono solo deleterie per la fluidità della piccola Fiat: bisogna guidare puliti e precisi per tirare fuori il massimo dal pacchetto. Mi concentro completamente sull’anteriore e sui giri motore, perchè sono l’unica chiave per entrare in sintonia con quest’auto. Oggi il tempo è poco e non pretendo di capire completamente la dinamica di un’auto così particolare, ma rimarrei davvero deluso se non riuscissi nemmeno a scalfire la superficie di questa sfida. Una cosa è certa, il motore “motora” in maniera impressionante e, anche se la piccola cilindrata su alcune salite arranca un pò, resta un pezzo impressionante. Va però tenuto sempre su di giri e quando intendo su di giri, intendo davvero in alto, manovrando un cambio non precisissimo e dalla leva molto lunga. Se porto troppa velocità in curva, il sottosterzo peggiora e non riesco ad inserire e ad aprire il gas. Se sono troppo cattivo in uscita, la mancanza di un differenziale autobloccante si sente, aggiungendo sottosterzo al sottosterzo.

Nulla, non ci sono, mi sento goffo. Se voglio davvero sfruttare l’auto devo infilare la 1° nei tornanti ed entrare tanto aggressivo. Ma l’auto non è mia, la neve a bordo strada si sta sciogliendo creando rivoletti d’acqua sulla carreggiata e Graziano ha un sacco da pugile appeso nel cortile di casa. Oggi quindi mi concentrerò sulle curve più aperte, da 2° marcia. Pian piano, con meno carico laterale, capisco come lavorano le gomme: dopo l’iniziale deriva dovuta alla spalla alta, la ruota esterna si comprime e si può sentire esattamente quando inizia a trasformare il moto in avanti in rotazione. In quel momento ci vuole presa salda (ma morbida) sul volante e gas giù. Decisi ma graduali, per gestire il sottosterzo di potenza, “telegrafando” sul gas fino a quando, con le ruote dritte, si può aprire tutto. Sicuramente con più “mano” (e molto,molto più tempo) si può imparare a gestire quella sottile finestra tra gas aperto e chiuso, tra sottosterzo e neutralità, per tirarne fuori molto di più. Proprio perchè così difficile (almeno per le mie capacità, in 20 minuti di guida) le rare volte in cui riesco a far combaciare aderenza, direzionalità e curva di potenza, la soddisfazione è grande, tanto da sorridere e guadagnarmi i cenni di assenso di Graziano. I complimenti mi arrivano anche da sotto il cofano: quando riesco a fare tutto per bene, il quattro cilindri resta nel corretto range di funzionamento e per ringraziarmi tira fuori una voce da pelle d’oca, allungando verso la curva successiva, solo per farmi intuire se ho capito come funziona o se è stata una botta di fortuna.

Ci vuole una discreta mano, concentrazione ed una buona conoscenza del percorso, ma ne vale la pena. Non c’è nulla di sbagliato, le corse sono una cosa seria e la 127 Gr.2 ha un DNA di tutto rispetto, è giusto sudarsela. Quando scendiamo dall’auto sono accaldato ma non soddisfatto pienamente, sono solo riuscito a capire in maniera superficiale quest’auto. La piccola è ancora accesa e borbotta al minimo, ma quando capisce che la festa è finita, mestamente si spegne. Ha ragione, o si balla o si dorme. Non oso immaginare quanto siano cattivi i 1050 Gr.2 al massimo della loro evoluzione, con 120/130 cv a 9500 giri/minuto (!). Il mio rispetto verso quei piloti privati che correvano prove speciali lunghe centinaia di chilometri con un livello di concentrazione così alto è, se possibile, ancor più grande. Ripensando al valore di quegli uomini la mia insoddisfazione svanisce: è giusto non aver la pretesa di dominare un mezzo così tecnico in così poco tempo. Anzi, in verità, a livello di telaio/sospensioni le Gr.2 che correvano all’epoca erano ancora più estreme. Probabilmente con maggior rigidità torsionale ed un differenziale autobloccante, parte del sottosterzo che ho riscontrato oggi si sentirebbe meno... Forse.

Quando torno a casa e scopro, leggendo online, che per i piloti dell’epoca la 127 Gr.2 era un’auto “semplice, veloce nel misto stretto e affidabile” un pochettino il mio orgoglio vacilla, ma è solo un momento. Quella era gente cresciuta gestendo ogni aspetto dell’auto durante la guida, in continuo, in un’epoca in cui andare forte significava saper guidare sopra i limiti tecnici della propria vettura. Erano PILOTI, scritto tutto maiuscolo. Anzi, ora mi sento persino un po’ orgoglioso di quei momenti in cui sono riuscito a far funzionare un’auto di questo livello. Se però queste sono auto “semplici”, quelle “complesse” da guidare come sono?

Chi mi presta una Stratos? Solo per capire eh...

Un ringraziamento speciale va a Graziano per averci dato in prova una vettura così speciale, in particolare per lui.

Andate a trovarlo presso: Store Xtreme, Via Moncenisio 165, Drubiaglio-Grangia, Avigliana, Torino.

Sito Web | Tel. 011.9367077 | Mail: ferriera@storextreme.com.

Se fuori trovate una Fiat 127 viola, chiedetegli di accenderla, non ve ne pentirete.

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