Yamaha Niken

- la donna dalle belle ciglia -

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02 settembre 2021|   scritto e pensato dalla mente malata di Lapo Marchi  |

“La strada che dallo Chalet porta verso Firenze è costituita da una serie di curve per niente banali condite da un po’ di sali scendi. Bastano una manciata di curve per rendermi conto che siamo nella strada giusta con la moto giusta (e che abbiamo staccato il gruppo, ops).”

Il motto di Netflix è “siate pronti al cambiamento costante”. Ci sono certi cambiamenti però che non riusciamo proprio a mandare giù perché troppo lontanti dalla nostra comfort zone, come l’ananas sulla pizza. La Niken nel 2018 quando fu presentata mandò in tilt il cervello della maggior parte dei motociclisti. Le regole fino a quel momento erano chiare: o era una moto o aveva 3 ruote. Ad Iwata avevano capito come buttare del sale su una ferita che non sapevamo di avere.

Suona la sveglia, spalanco gli occhi. È relativamente presto per i miei orari ma per i test ride si fa questo ed altro. Casco, giacca, guanti, jeans con protezioni, stivali. Colazione, caffè e sigaretta. Sembra il tipico sabato fra motociclisti con la Toscana da contorno: un sacco di curve che conducono a splendidi passi di montagna, ma oggi l’obiettivo è diverso. Parto quasi guidato dal sole che sorge sapendo che mi aspetterà un po’ di autostrada, la kryptonite. Intravedo Firenze (ma niente romanticismi per oggi) quando scorgo l’uscita di Calenzano. Freccia a destra, percorro la rampa in modo allegro, la pedana di sinistra sfiora l’asfalto e mi rendo conto che con la moto sono tutt’uno. Oggi ci divertiamo.

L’appuntamento è allo Chalet Raticosa per le 13 ma sono in largo anticipo quindi mi snodo fra le curve delle Croci di Calenzano fino all’imbocco del Passo del Giogo: è strettissimo e mi costringe ad una guida di bacino e braccia, quasi da motard. 2°, 3°, 4° tornante ed arriva la nebbia. Cos’è successo? Era un tempo stupendo, maledetto maggio! 

Questo test ride non s’ha da fare.

Sono sempre stato un testardo e quindi proseguo fregandomene persino della pioggia che incontro in cima al Giogo ed in un’ora circa sono allo Chalet. 

In perfetto stile Silent Hill

La nebbia che trovo è fittissima, sono fradicio e dall’entrata del bar non vedo quasi le moto nel piazzale che è pieno come sempre. Chissà se Yamaha sarà così clemente da farci comunque provare la moto.

Guardo l’orologio e le lancette formano un angolo acutissimo, mi metto gli occhiali e mi rendo conto che sono le 11:05. Rifocilliamoci.

Davanti all’entrata sono parcheggiate una decina di Niken che non guardo, voglio assaporare il momento successivamente. 

Il tempo passa, ho finalmente lo stomaco pieno e madre natura ci concede un piccolo favore: le nuvole che stavano accarezzando le colline confinanti fra Toscana ed Emilia lasciano il posto a qualche lieve raggio di sole facendo spuntare dei timidi sorrisi sulle facce dei presenti ed ovviamente sulla mia.

Ragazzi briefing!” mi urlano dallo stand Yamaha. Guardo in terra ed è bagnatissimo, era impensabile che l’asfalto asciugasse quindi mi dirigo dagli steward con un po’ di timore. 

Convenevoli e raccomandazioni, gli ultimi brividi di freddo mi fanno tremare mentre parlano.


Impressioni a ruote ferme

Due cose mi colpiscono subito guardando la Niken dal lato cavalletto: il blu quasi accecante delle doppie forcelle anteriori (sorregge una, direziona l’altra) e la piastra in metallo satinato (in netto contrasto coi colori scuri del resto della moto) che sorregge la parte posteriore dei parafanghi delle due ruote anteriori 

Per i feticisti del "ricavato dal pieno"

Continuo a scrutare l’anteriore che lascia intravedere lo schema Ackermann, magistralmente adattato da mamma Yamaha su una moto. Il tutto è coperto da una carenatura molto larga ma striminzita, basta abbassarsi un po’ per scorgere tutta la meccanica, esattamente come facevamo da bambini quando guardavamo sotto le gonne delle signorine.  Ecco perchè sono eccitato.

Autobot o Decepticon?
Inquadrature perverse

Il frontale mi ipnotizza, è stranissimo. Quell’ampio muso ingloba due fari molto piccoli affiancati da altrettante luci a led verticali lasciando l’onere della silhouette alle plastiche made in Iwata in un’alternanza di lucido e zigrinato che fa un po’ posticcio ai miei occhi. Quei cerchi in lega da 15 anteriori mi fanno sorridere, nella mia testa è roba da scooter, però il 5 razze sdoppiate blu elettrico fa pendant con le sospensioni. Non male dai. Continuo a camminargli intorno, come se fossi un ghepardo che studia la preda. Il motore CP3 già lo conosco ed è ottimo sotto più punti, molto fruibile (almeno così era sulla Tracer) e sempre pronto. 

Un motore così sta bene su tutto

Il posteriore è la parte che apprezzo maggiormente. La Niken ha una coda molto affilata (grazie mille MT-09) ed ora ha le frecce letteralmente attaccate accanto allo stop in un tripudio di led e vetri trasparenti. La targa sulla ruota fa sì che la vista di ¾ al posteriore regali al codone una forma molto spiovente e pulita. Manca la ciliegina sulla torta: il monobraccio ma comprendo la scelta, il bibraccio è più leggero ed efficiente. La scheda tecnica parla di oltre 260 kg in ordine di marcia, staremo a vedere.

Su strada

L’asfalto davanti allo Chalet non è pianeggiante ed appena provo a montare in sella mi rendo conto che ho calibrato male la forza, tirarla su dal cavalletto richiede quella spinta in più che non mi aspettavo. La sella accoglie dolcemente le mie terga, è molto larga e ben imbottita, potrei farci molti chilometri senza stancarmi. Provo a scuoterla a destra e sinistra facendo leva sul manubrio per capire il peso una volta in piedi e mi accorgo di sentire sulle manopole i bilancieri del complesso sistema di sterzo che lavorano, è una sensazione diversa da qualsiasi altra moto. Cerco la chiave di accensione là davanti, la giro e si accende il quadro strumenti: sfondo nero e scritte chiare, è un po’ piccolo e forse un filo lontano ma non mi importa per ora.

Accendo il tre cilindri ed un attimo prima di partire la guida mi fa segno di avvicinarmi a lui. Tiro la frizione (morbidissima), metto la prima e provo a fare una leggera svolta a sinistra in discesa per compiere i pochi metri che mi separano dalla guida. Ok è come spostare un elefante con due stuzzicadenti ma ci riesco, sotto gli occhi un po’ preoccupati di Paolo (nome di fantasia) che mi dice di non aver paura della strada bagnata e di provare a guidare come se fossi sull’asciutto. Come scusa che hai detto? Il CP3 al minimo quasi non si sente ma una manata di gas utile a fare i primi metri su strada gli fa alzare una splendida vocina. Siamo su strada e per l’appunto sono il primo dei tester, subito dietro a Paolo che per far allineare tutti compie un destra/sinistra ampio, in discesa ed a bassa velocità che mi fa notare come la Niken sotto i 50 km/h dondoli quasi in modo autonomo. Paolo si gira indietro ed io mi sposto sulla destra così da fargli controllare se ci siamo tutti; mi guarda, chiude la visiera ed apre. Mi fido ed apro anche io, voglio vedere che intenzioni ha. Snocciolo frettolosamente seconda, terza e quarta aiutandomi con la frizione e maltrattando il motore con delle manate di gas che mi proiettano ad una destra larga che faccio come se fossi su una moto a due ruote fino ad una sinistra quasi a gomito. Terza, seconda, Paolo non frena quindi nemmeno io, percorriamo insieme la curva e rido perchè la Niken va giù quasi da sola. Voglio di più.

Lui si gira per vedere se ci sono e gli faccio segno di andare, sorride e comincia a fare sul serio. La strada che dallo Chalet porta verso Firenze è costituita da una serie di curve per niente banali condite da un po’ di sali scendi. Bastano una manciata di curve per rendermi conto che siamo nella strada giusta con la moto giusta (e che abbiamo staccato il gruppo, ops). 

Si ok i giapponesi non sono dei fenomeni con l’infotainment

Paolo rallenta un po’ per far ricompattare il gruppo ed io mi concedo qualche secondo per smanettare con una levetta (che ho scomodamente a destra) con scritto “MODE”. La spingo col pollice verso l’interno e vedo che sul cruscotto il 2 si trasforma in un 3, con la Niken che mi muore sotto il culo. Eccheccazzo. Spingo di nuovo. Il 3 si trasforma in un 1 e riprendendo in mano il gas capisco che non sono freddi numeri, scalcia! I 115 cavalli adesso si sentono tutti.

Qui c’hanno messo ciò che non stava nel blocchetto di sinistra
La leggenda narra che tenga fino ai 45°

Il gruppo ci raggiunge, mi giro anche io e vedo diversi sorrisi sotto il casco, vuol dire che non sono l’unico che si sente sulle montagne russe sopra a questo “attrezzo”. Mi affianca un altro tester: “c’è anche il cambio elettronico!”. Mi ero dimenticato questo dettaglio ma già lo sapevo, funziona solo in alto e non ha il blipper però, uffa. Decido di usarlo lo stesso, un po’ contrastato ma fa egregiamente il suo lavoro e non si impunta. Ripartiamo più spediti di prima e nonostante sia Paolo a fare il passo mi rendo conto che ne avrei di più: l’anteriore si piazza lì dove voglio, la frenata con i due dischi anteriori non rende quanto vorrei ma colmo questa mancanza scalando una marcia in più ad ingresso curva e pelando il freno posteriore da 298 in percorrenza. La Niken scende in piega con un accenno di sforzo sul manubrio e basta ma provo lo stesso a guidare di corpo, è molto reattiva! Alzo il ritmo e riesco persino ad entrare di traverso in un paio di strette a sinistra. Sento grattare le pedane, sono al limite.

Qualche chilometro dopo ci fermiamo in un ampio parcheggio assieme al gruppo così da fare qualche considerazione insieme alle guide; appena ci fermiamo Paolo mi guarda e mi fa i complimenti. 

Chissà se faranno un restyling...

“Torna anche gli altri giorni così mi diverto un po’ anche io”.

“Magari!”.

Riprendiamo la strada al contrario per tornare allo Chalet e scambio la mia moto con quella di un amico così da apprezzare lo scarico non di serie della sua.

In conclusione

Sulla via del ritorno, passando fra i paesini, capisco che la vera ciliegina sulla torta non era il monobraccio bensì lo scarico: i musicisti di Akrapovic hanno alzato la voce al CP3 donandogli un’ottava in più e rendendo questa moto una vera tamarra mangiapassi.

All’arrivo ci fermiamo coi ragazzi del test a scambiarci due opinioni e siamo tutti concordi: la Niken si guida con la paura in tasca, non addosso. Il doppio 15 pollici regala un senso di fiducia sconosciuto ai più, dando appoggio in qualsiasi condizione di asfalto o meteo, grazie soprattutto alla sintonia con le sospensioni anteriori che, per quanto avrei preferito con una taratura più sostenuta, sono in linea con il tipo di moto.

Avrei voluto portarne via una

Aveva ragione Paolo, in sella ci siete solo te e lei, l’aderenza è una variabile da non considerare (almeno finché non si guida col coltello fra i denti). Lo schema Ackermann presenta i suoi limiti nelle manovre a bassissima velocità e nei cambi di direzione più accentuati dove si sente che la mole da spostare non è poca spingendoti ad aiutare il trasferimento col corpo. La triangolazione sella-pedane-manubrio è a dir poco perfetta ed il contesto della prova mi ha portato a pensare addirittura a delle pedane arretrate, magari abbinate ad un mono aftermarket che schiacci meno il retro nelle uscite di curva più da pelo sullo stomaco. La possibilità di provare per strada ed in questa modalità una moto da circa 16 mila euro mi ha stupito tanto da chiedere spiegazioni allo stand.

“Come mai fate provare una moto così costosa e delicata?”

“Nonostante Yamaha ottenga molti riscontri positivi dai tester non riesce a venderne quante vorrebbe quindi cerca di arrivare a più persone possibili in questo modo”

Ho capito! Come la donna dalle belle ciglia, tutti la vogliono ma nessuno la piglia. Brutta, sgraziata, enorme, comoda, strana, giocattolo, triciclo, inutile.

Voi come la definireste?

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