Le Mans 1969: Jacky Ickx, John Woolfe

e la Porsche 917

Le Mans 1969. Dietro al nome della corsa di endurance più famosa del mondo si nasconde una vena di follia che nemmeno Shining. Coraggiosi piloti lanciati a 340 km/h su auto prive di elettronica e con una aerodinamica primitiva. Tutto ciò su cui possono contare i piloti, per quelle 24h, sono il proprio talento e la fortuna. Come se non bastasse, beh, ci sono da rispettare tradizioni al limite del Darwin Award. Tipo quella di iniziare la gara correndo a piedi verso le proprie auto e poi partire senza nemmeno chiudere la portiera o, peggio, senza allacciare la cintura di sicurezza. Questa è la storia di come Jacky Ickx inizi una protesta contro questa tradizione pericolosa e di come, suo malgrado, John Woolfe e la Porsche 917 diventino il simbolo della lotta stessa. Con un intreccio di storie che Netflix spostati veloce...

19 marzo 2021| scritto e pensato dalla mente malata di M.Carito | editato e corretto dal pensiero distorto di Gabry

Gli anni ‘60 sono, per l’automobilismo sportivo, un’epoca eroica. Sotto le filanti ed aerodinamiche carrozzerie, le auto non sono altro che enormi serbatoi, un grosso e potente motore, quattro ruote e poco altro. Legati in mezzo a telai in traliccio, attorniati da 100 litri di benzina, i coraggiosi piloti raggiungono e superano abbondantemente i 300 km/h sul rettilineo della Mulsanne, a Le Mans, per 24h di fila, sotto la pioggia o con il sole.

Riuscite ad immaginarlo? Pensate che ora c’è gente che si tatua “Vida Loca” sulla schiena ed il maggior pericolo che hanno corso è stato ordinare un kebab molto piccante. Per dire eh. Ora, capite bene che le gare dell’epoca sono un balletto tra piloti e morte dove spesso quest’ultima balla meglio di MJ ai tempi d’oro. Come se ciò non bastasse, alla 24h di Le Mans c’è anche un’altra usanza che fa a pugni con l’istinto di conservazione: la procedura di partenza. Ha persino un nome: “Partenza Le Mans”. Spiego brevemente: alle 16,00 in punto del giorno della gara i piloti attraversano correndo la carreggiata del rettilineo di partenza per raggiungere le proprie vetture, disposte a lisca di pesce come un qualsiasi parcheggio dell’Esselunga. Una volta raggiunte saltano a bordo, mettono in moto e partono più in fretta che possono. Non è un’usanza di poco conto: le Porsche, che a vincere in terra francese ci tengono da sempre, hanno addirittura posizionato il blocchetto d’accensione a sinistra, invece che a destra, per facilitare l’operazione di partenza al pilota. Tutto molto folkloristico, ma questo aggiunge enormi pericoli ad una corsa già ai limiti di suo. Perchè? Beh, tanto per cominciare dalla foga molti piloti non riescono a chiudere bene la portiera, ma questo è il meno. La cosa davvero inquietante è che, per risparmiare qualche secondo, nessun pilota allaccia la cintura di sicurezza prima di accelerare sul rettilineo di partenza. La chiuderanno con una mano sola, in mezzo ad altre decine di piloti che tentano di fare lo stesso, a gara in corso. Follia vera e propria. Non pensiate che questa “procedura di partenza” sia accettata solo per carenza di immaginazione da parte degli organizzatori, perché qualche problemino in passato c’era già stato. Nel 1968, ad esempio, Willie Mairesse salta in auto, chiude la porta e parte. Ma la portiera della sua GT40 n°8 non si è chiusa completamente ed in pieno rettilineo si spalanca. Nel tentativo di chiuderla, a 240 km/h, il buon Willie perde il controllo e vola fuori strada. Risultato? Un paio di settimane di coma, ossa frantumate peggio delle crostatine nello zaino di scuola e carriera finita. Ma questo episodio non basta per far cambiare le cose e, nel nome della tradizione, anche all’edizione della 24h del 1969 ci aspetta la solita partenza da Darwin Award.

Willie Mairesse prima della partenza…
La GT40 n°8 dopo l’incidente causato dalla portiera non chiusa.

Alla partenza dell’edizione del 1969 c’è anche un giovane pilota, di appena 24 anni, che con la corsa francese ha un certo feeling, tanto da essersi guadagnato il soprannome di “Monsieur Le Mans”: il belga Jacky Ickx. Jacky prenderà il via con la vettura che da anni domina in terra francese, la Ford GT40, che quest’anno viene presentata ancor più evoluta, tanto per non sbagliare. Oltre ad essere un fenomeno del volante, il belga sembra essere anche uno dei pochi ad avere il cervello funzionante. Protesta con l’organizzazione contro la “Partenza Le Mans”, per la scarsa sicurezza che questa comporta. Ickx continua a ripetere che in una gara di 24h partire senza allacciarsi la cintura per risparmiare una ventina da secondi è da stupidi, ovviamente. Non viene ascoltato. Anzi, qualcuno nei box gli fa il gesto del pollo appena si gira. Al buon Jacky viene un’idea per far aprire gli occhi anche agli altri piloti… Ma non c’è solo Ickx, questa edizione della “Le Mans” del 1969 è un intreccio di storie che nemmeno Beautiful. Una di queste è quella di John Woolfe, un trentasettenne britannico con il sogno di correre una Le Mans. E’ uno di quelli che oggi chiameremmo “gentleman driver”, la gentile definizione di “ho soldi a sufficienza per pagare per correre e lo faccio”.

Icks, “Monsieur Le Mans”
John Woolfe alla Le Mans del 1969

Woolfe, nonostante abbia già corso in altre occasioni e fondato una scuderia di dragster, è un pilota non professionista che vuole togliersi lo “sfizio” di correre alla 24h più famosa del mondo. Chi può biasimarlo? Cerca quindi un’auto competitiva con cui correre in terra francese ed è qua che entra in scena un’altra storia, che si intreccia indissolubilmente con le altre in attesa della 24h. E’ quella della Porsche che, nel tentativo di tornare alla vittoria, ha sviluppato quella che dovrebbe essere la sua arma definitiva: la 917 a coda lunga. Questo mostro altro non è che una 908 con il posteriore modificato per montare un enorme V12 boxer di 4500 cc da 520 cv a 8000 giri/minuto. L’aerodinamica del posteriore viene rivista per ottenere una velocità massima più alta, perfetta per gli infiniti rettilinei francesi. La 917 ha lasciato però qualche problemino di liquidità in quel di Stoccarda. I costi di sviluppo della nuova nata sono stati enormi e, per rientrare in parte della spesa, i vertici decidono di vendere alcune delle 25 unità realizzate a qualche pilota privato.

Sono 25 Porsche 917, contate pure
Differenza tra “coda corta” e “coda lunga”

Le cose non vanno proprio liscissime per Porsche. Nelle gare precedenti alla 24h di Le Mans i piloti ufficiali rifiutano di correre con la 917 a coda lunga, preferendo tornare alla più lenta 908. Perchè? Beh, perchè la nuova vettura risulta sì velocissima in linea retta, ma è più instabile di Vittorio Sgarbi e assolutamente inguidabile, una combinazione non proprio allettante. Oramai, però, il programma di avvicinamento alle Le Mans è iniziato e tra gli ingegneri Porsche la speranza è che sui velocissimi rettilinei la 917 si comporti meglio. Per non lasciare nulla al caso, i tecnici della casa di Stoccarda modificano le sospensioni posteriori e le dotano di appendici aerodinamiche mobili. I commissari che analizzano l’auto contestano questa soluzione, ma, dopo diverse pressioni (pressioni costose a suon di sponsor, pare), la vettura viene incredibilmente approvata. Tra coloro che tirano un sospiro di sollievo c’è anche il nostro Woolfe, che ha speso 140.000 Marchi per acquistare una 917 con numero di telaio 005. Il suo è l’unico team privato che, dopo le premesse da “widowmaker” della 917, ha avuto il coraggio di acquistarla. Woolfe crede che la 917 possa finalmente garantirgli un salto in avanti a livello di prestazioni. Già, perché per il nostro amico britannico, questa non è la prima partecipazione ad una competizione importante. John corre dal 1957, anche se a livello amatoriale, ed ha portato in gara vetture difficili come la Cobra 7 litri. Si sente pronto, ma la 917 è di un altro pianeta come difficoltà. Gli suggeriscono di partecipare alla Le Mans con un’altra vettura, ma Woolfe e il compagno di squadra, Digby Martland, sono carichi come delle molle e non sentono ragioni.

Tutto bene quindi? Insomma. Durante le prove, mentre percorre la curva Tertre Rouge, Martland perde il controllo della 917 ed esce di pista, senza gravi conseguenze se non per le mutande, irrecuperabili. Quando torna al box, Digby comunica che non ha alcuna intenzione di correre con quella trappola mortale da 140.000 Marchi e si ritira ancora prima dell’inizio della gara, consigliando all’amico Woolfe di fare lo stesso. Inutile dire che Woolfe non ci pensa nemmeno di mollare la 917… Per il posto libero lasciato da Digby come compagno di squadra, a Woolfe viene in soccorso niente meno che la Porsche stessa, che vuole assolutamente evitare un ritiro ancora prima dell’inizio della competizione stessa. Pessima pubblicità per il marchio. La Casa fornisce a Woolfe un altro pilota, questa volta un professionista, Herbert Linge. Tra l’altro, la cocciutaggine di Woolfe non è supportata dai risultati in prova: nonostante la velocità massima di cui è capace la 917, il britannico non va oltre il 21° tempo, distruggendo anche un motore nel tentativo di migliorarsi. Le Porsche 917 ufficiali fanno segnare i primi due tempi, dimostrando di essere incredibilmente veloci in mano ai piloti professionisti. Insomma, ci siamo, è il momento di correre. A piedi, tanto per cominciare.

15,59 del 14 Giugno 1969, il giorno della gara. Le vetture sono già schierate a lisca di pesce, come da tradizione. I piloti hanno su il casco e alcuni si mettono in posizione, come se dovessero partire per uno sprint di atletica più che per una corsa in auto. Ve l’ho detto che è assurdo, ma è così che si è sempre fatto. Ickx invece è rilassato, tranquillo. Molto più in fondo allo schieramento del belga, pronto a scattare verso la 917 bianca n°10, c’è il nostro Woolfe. Il britannico ha deciso poco prima della partenza di forzare ancora una volta il destino, come se già non fosse abbastanza. Proprio in virtù della difficoltà della partenza “lanciata”, il Team di Woolfe ha deciso di far partire per il primo turno di guida il professionista Linge. Mi pare una buona idea, in effetti. Non fosse che Woolfe all’ultimo momento decide di stravolgere i piani e di partire lui per il primo turno di guida. Perchè? Semplice, sugli spalti, proprio di fronte alla vetture schierate per la partenza, c’è la sua famiglia appena arrivata dall’Inghilterra. Cosa ci sarebbe per loro di più emozionante che vederlo scattare verso la propria vettura e partire a tutto gas? Il Team si oppone, ma Woolfe è quello che finanzia e quindi, in definitiva, è quello che decide. Eccolo, quindi, pronto a scattare verso la sua Porsche V12.

16.00 in punto, si parte. I piloti scattano urlando “alla bersagliera!” verso le proprie auto. Tutti tranne uno, il nostro Jacky Ickx. Lui si avvicina camminando con calma verso la sua GT40 n°6 in livrea Gulf.

nel cerchietto Ickx che cammina verso la sua auto
tutti gli altri piloti, urlando “alla bersagliera”!

Mentre gli altri si fiondano in auto e partono sgommando, con le portiere ancora aperte e ovviamente senza cintura di sicurezza allacciata, il belga cammina in tranquillità e controlla di aver allacciato bene il casco. Poi entra nell’abitacolo, chiude con cura la portiera, allaccia la cintura, controlla i liquidi, specchietto ok, accende il V8 Ford e parte, ovviamente ultimissimo. Vuole dimostrare quanto sia stupida la procedura di partenza della Le Mans, ma sa che per far arrivare il messaggio ai piani alti dovrà comunque portare a casa una prestazione di rilievo.

Woolfe che salta sulla propria 917
Sempre lui che si lancia in abitacolo

Davanti a Ickx, da qualche parte lungo il circuito, c’è Woolfe, che è partito forte. Posso quasi sentire l’adrenalina che gli scorre in corpo, ora che è dentro la sua Porsche da 850 kg per 520 cv, circondato da altre auto, con il suono del motore che gli rimbomba nel cervello e la voglia di dare il massimo. E’ partito bene, dicevo, insegue il gruppo dei primi e vede davanti a lui i piloti di punta, quelli con i quali ha sempre sognato di battersi. Sul rettilineo delle Mulsanne, sfruttando i 340 km/h di cui è capace la 917, ha persino sorpassato alcuni di loro, piloti veri, ufficiali. Si sente forte, immagino, al settimo cielo. Arriva così nell’ultima parte del tracciato, sta per chiudere il primo giro. E’ un settore della pista più guidato del precedente, fatto di lente chicane, qualche allungo e diverse traiettorie da raccordare. Supera la curva Arnage e si lancia verso la “S” Maison Blance. Imposta la prima curva a destra ma entra con troppa foga, con troppa voglia. La 917 mette due ruote sull’erba e Woolfe perde il controllo, andando a sbattere il posteriore con violenza contro le barriere. L’impatto è molto forte, i 100 litri di benzina nel serbatoio esplodono. Uno dei serbatoi in fiamme finisce sotto la Ferrari di Chris Amon, che seguiva a poca distanza la 917, obbligando il pilota di Maranello a saltare fuori dalla vettura in corsa per non bruciare insieme a lei. L’incidente è brutto, ma non il più brutto nella storia della 24h. E’ avvenuto in una zona piuttosto lenta del circuito, ma il povero John non ha scampo. Nella foga della partenza, come del resto quasi tutti gli altri, non ha allacciato le cinture di sicurezza e nell’impatto viene scaraventato fuori dall’abitacolo, morendo sul colpo.

Una parte della 917 di Woolfe, dopo

Dopo la ripartenza la 24h fila liscia senza grossi inconvenienti. E’ una gara combattuta, vinta per pochi secondi dalla solita GT40. E’ la stessa GT40 che ha vinto nel 1968, telaio n°1075, guidata da Ickx e Oliver. Il pilota belga ha così dimostrato che non c’è alcun vantaggio nel partire di corsa ignorando la sicurezza. Al contrario, ha dimostrato che quello è solo un modo pericoloso di fare spettacolo, giocando sulla pelle degli stessi piloti. Cosa dimostrata, poco meno di 24 ore prima e pagando il prezzo più alto, dal britannico John Woolfe.

la GT40 n°6 di Ickx-Oliver taglia il traguardo per prima

La “protesta” di Ickx e la tragedia di Woolfe scrivono la parola fine alla “Partenza Le Mans”. Dall’edizione del 1970, infatti, i piloti partiranno già a bordo delle proprie auto, con le cinture già allacciate. Qualche anno dopo venne anche introdotta la partenza lanciata, in stile Indy, per evitare gli incidenti nelle prime concitate fasi di gara.

Il giorno dopo il termine della gara del 1969, il lunedì, Jacky Ickx sta guidando verso casa a bordo della sua Porsche 911. In prossimità della cittadina di Chartres, una vettura sbuca all’improvviso davanti a lui che, per evitarla, sterza all’improvviso e centra in pieno un palo a bordo strada.

Jacky, nonostante il botto pazzesco, scende illeso dall’auto. Grazie alle cinture di sicurezza. Tanto per convincere anche gli ultimi scettici sull’importanza delle cinture di sicurezza nelle automobili, meravigliose, coinvolgenti ed ammalianti, ma che possono rivelarsi mortali.

Vedi a cosa servono le cinture?

Leggere questi episodi oggi ci sembra assurdo. Eppure sono stati necessari diversi sacrifici umani per capire che una cosa è l’eroismo, un’altra è l’assurdità di giocare con la morte.

Che, si sa, balla meglio di tutti.

la 917 di Woolfe ricostruita ai nostri giorni

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