volkswagen golf 5 r32

- l'ultima golf dal cuore grande -

“...Qualunque versione o motorizzazione scegliate la “MkV” sfoggia un pianale nettamente più rigido della precedente versione, progettato ad hoc e su cui lavorano sospensioni posteriori multilink a 4 bracci, uno schema decisamente migliore del ponte interconnesso delle Golf 4 non AWD. Tutta sta lezione di tecnica per dire che, insomma, mi aspetto una guida di un certo tipo, nonostante le recensioni dell’epoca non siano state così entusiasmanti…”

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13 dicembre 2023|   scritto e pensato dalla mente malata di M.Carito   |   editato e corretto dal pensiero distorto di Gabry   |   Inquadrato, scattato, editato dalla mano mossa di Sebastian Iordache

Sono su un bel nastro d’asfalto che conosco a memoria. Dovrei comunque notare i campi, ancora umidi dalla notte di inizio autunno appena passata. Dovrei gustarmi le colline dolcissime che, continuando giù per questa strada, ci scorterebbero fino alle strepitose Langhe Astigiane. Dico “dovrei” perché, in effetti, c’è qualcosa che mi distrae, rapendomi quasi completamente. Eppure sono al volante di una Vw Golf, e non me ne vogliano gli appassionati di questo modello mitico, ma di solito a bordo di quest'auto si viene colpiti dall’efficienza o dall’efficacia, più che rapiti a livello sensoriale. Un filo gas, scalo un rapporto premendo la paletta di sinistra del cambio DSG e porto il pedale destro a tappeto: la pelle d’oca mi si alza ancora di un paio di tacche. Le orecchie fanno la hola quando, attraverso lo scarico completo Supersprint, il V6 urla a tutto volume, nobile e ricco di sfumature. Una Golf che suona come una supercar esotica e non con il tipico “muuuuuuu” delle GTI e delle R moderne? Già, esiste, anche se è ormai roba di venti e più anni fa: si chiama R32. Una delle idee migliori della casa Tedesca, per quel che mi riguarda. Oggi ne abbiamo addirittura 2: una R32 di 5° serie, praticamente stock e di cui parleremo in questo articolo, e una R32 di 4° serie che invece è un tentativo hardcore di tirare fuori la Golf definitiva mischiando le carte come mai avevo visto fare prima… ma ne parleremo nel prossimo episodio, per ora torniamo sulla più normale e moderna 5.

Impressioni a ruote ferme

La Golf di 5° generazione è stata una vera rivoluzione stilistica rispetto alla precedente. Anzi, a dirla tutta è stato un ritorno all’establishment tedesco dopo il tentativo di rivisitazione stilistica della 4° generazione, rimasta una sorta di unicum nella storia stilistica della dinastia Golf. I suoi stilemi sono arrivati fino ai giorni d’oggi, quindi, che dire, ben fatto designer conservatori. Avevate ragione voi. Gran parte del fascino di questa vettura, almeno per me, è nell’incredibile corto-circuito dato proprio dalla carrozzeria tutto sommato comune da cui scaturisce un suono devastante, all’altezza di una supercar. Per i pochi che non lo sapessero, lo strumento capace di tutto ciò è un V6 24 valvole da 3189 cc, 250 cv a 6300 giri\minuto e 320 NM di coppia, il tutto scaricato a terra da un sistema AWD tanto sicuro quanto criticato, ma ci arriveremo dopo. Esteticamente, per gli standard estetici da Drag Queen a cui siamo abituati nel 2023, è quasi timida.

Cioè, parliamo di una Golf con un motore V6 di grossa cilindrata, eppure nel suo grigio argento potrebbe tranquillamente passare per un bell’esemplare di 2.0 TDI particolarmente curato. E’ quasi come se i tedeschi avessero deciso di non spaventare la clientela, dopo l’esuberanza della serie precedente, lasciando intravedere solo da piccoli dettagli l’erretrentaduezizzazione del modello. Difficilissimo da scrivere, ma ce l’ho fatta.

Il paraurti anteriore, specifico del modello, sfoggia grandi prese d'aria ma nel complesso sembra più intenzionato ad allungare la linea, più che ad allargarla. Per la verità la mascherina centrale è rifinita in un grigio alluminio tipico del modello, che renderebbe la R32 facilmente riconoscibile, ma l’esemplare messo a nostra disposizione da Daniele ha la carrozzeria quasi del medesimo colore, annullando così completamente l’effetto scenico. I fari anteriori sono accigliati, ma gli spigoli e le linee sembrano stati smussati con la carta vetro fino a renderli meno aggressivi. I passaruota sono leggermente allargati e contengono alla perfezione i cerchi da 19 pollici di cui è dotata questo esemplare, premuti a terra con efficacia da un assetto H&R. La fiancata, in particolare nel caso abbia 5 porte come quella che sto osservando, è forse la vista meno eccitante: le minigonne sono leggermente più aggressive, ok, ma lo spoiler potrei giurare di averlo visto su tante TDI. E’ difficile essere eccitati da questa R32, se non la si è sentita arrivare.

E’ solo girandoci attorno che, finalmente, posso godermi la vera firma estetica di questo modello. Il paraurti, fino alla zona inferiore, è tutto sommato normale, ma abbiate fede e guardate meglio. Dove la plastica grigia lascia spazio ad una zona nera, centrali ma distanziati in modo originale, ecco due scarichi tondi lucidi come canne di un organo. Organo che, come detto, suona da Dio. Ecco, questo scorcio è quello che preferisco, di gran lunga. Anche l’abitacolo è un tripudio di rigore germanico, anzi, di più. I sedili, che prima del test avrei giurato fossero Recaro, sono invece dei Konig, esattamente come quelli decisamente più aggressivi della R32 4° serie. Sembrano decisamente semplici, ma ad uno sguardo più attento rivelano uno strano mix stilistico: la parte inferiore e il poggiatesta sono morbidi e arrotondati, mentre i fianchetti sono spigolosi e stranamente ”appuntiti”. Sono comodissimi, ovviamente. Davanti a me, il volante è degno di una seconda occhiata: sembra un po’ banale, in particolare nella zona centrale, ma sfoggia una impugnatura molto buona e una parte inferiore leggermente schiacciata, con la razza centrale che porta con orgoglio il badge “R32”.

La strumentazione, invece, risente dell’ondata hipster della New Beetle, uscita in quel periodo. Non ricordavo che, nei quattro strumenti circolari principali, le cifre “girassero” attorno alla scala centrale, in stile anni ‘50. O in stile Opel, se vogliamo. Strano. La posizione di guida è rilassata, anche se troppo alta a livello di seduta, ma i piedi si appoggiano comodamente sui due bei pedali in alluminio. Già, due pedali: abbasso lo sguardo giù per la consolle centrale, di una linearità quasi spiazzante, ed ecco il pomello del cambio automatico DSG, accompagnato da due “maniglie” in stile Audi TT prima serie (Qua trovi la nostra prova completa). La mia adrenalina si sta abbassando a livelli preoccupanti, quindi è arrivato il momento per una bella botta di vita: cerco per un attimo un tasto di accensione sborone (mannaggia alle cattive abitudini moderne) e non trovandolo giro semplicemente la chiave nel quadro. Il V6 squarcia la tranquillità della campagna, portandomi immediatamente su un altro livello di concentrazione e schiarendo il mio cervello, con le sue note acute, da tutte le noiose valutazioni estetiche. 

Su strada

Torniamo per un attimo al motore, è una diretta evoluzione di quello montato sulla precedente R32: qualche cavallo in più, ma poco altro. La vera evoluzione, la 5° serie, la nasconde nel comparto sospensioni, alla faccia di ciò che l’uomo medio (italiano, alfista?) pensa. Qualunque versione o motorizzazione scegliate la “MkV” sfoggia un pianale nettamente più rigido della precedente versione, progettato ad hoc e su cui lavorano sospensioni posteriori multilink a 4 bracci, uno schema decisamente migliore del ponte interconnesso delle Golf 4 non AWD. Tutta sta lezione di tecnica per dire che, insomma, mi aspetto una guida di un certo tipo, nonostante le recensioni dell’epoca non siano state così entusiasmanti. Ho già detto che conosco questa strada come le mie tasche ma oggi è particolarmente infida, perché alterna zone perfettamente asciutte ed altre bagnate e lucide di umidità, la classica combinazione che potenzialmente può portare a tante scuse e molti debiti. Mi muovo quindi con una certa cautela, cercando il più possibile traiettorie rotonde e di gestire il gas con calma.

Capisco da subito che la trazione non sarà un problema, perché il sistema AWD scarica la potenza senza alcuna fatica apparente. Se si lascia per un attimo da parte l’incredibile suono del motore la Golf infonde una calma e una pacatezza degna di un monaco buddista. Scorre sulla strada e filtra moltissime informazioni, trovando sempre il modo di adattarsi agli input col minimo sforzo. Ovviamente ho settato il DSG su Sport, mi è sembrato doveroso. Il proprietario ha deciso di montare degli estensori metallici per le piccole palette del cambio: altrimenti, in pieno stile Vw, sarebbero rimasti nascosti dietro alle razze del volante, quasi fosse un disonore non lasciare fare all’elettronica del doppia frizione. Il cambio, pur non avvicinandosi alla velocità assurda raggiunta oggi dai doppia frizione made in Wolfsburg, è magistralmente tarato e si muove da un rapporto all’altro con una precisione e una tempestività encomiabili. Il leggero distacco del DSG è il giusto contorno a tutto ciò che la R32 mi sta dicendo, dal primo metro: stai calmo, non c’è fretta, goditi il viaggio. E’ strano da dire, perchè di solito la definizione “Gran Turismo” si associa a grossi coupé e berline raffinate, ma la Golf in questi primi chilometri sembra rappresentare quasi alla perfezione ciò che una buona GT è, ma in salsa segmento C. E’ morbida, vellutata in ogni suo comando, con una sorta di ruvidità, quasi una spezia per dare piccantezza, che viene dalla meccanica fuori scala. Detto del cambio, lo sterzo è stranamente rallentato e leggero. Arrivo per la seconda volta in fondo al tracciato scelto, faccio inversione e decido che è giunto il momento di capire cosa è andato storto nella storia d’amore tra il sistema 4Motion e i tester dell’epoca.

Gas a fondo, in 2°, il V6 ruggisce schiarendo le proprie note verso il limitatore, 3°, freno convinto prima di una destra in salita con doppio punto di corda. Ciò che sto per dire è forse figlio dell’ultima esperienza su una Golf R, una 8° generazione da circa 430 cv (Qua trovi la nostra prova completa), ma la R32 non sembra poi così veloce. Intendiamoci, agli alti regimi dimostra i 250 cv dichiarati, ma forse per il peso per un qualche motivo mi aspettavo di più. Ecco, probabilmente i circa 1500 kg in ordine di marcia non aiutano. La 147 GTA (Qua trovi la nostra prova completa) testata sul medesimo tracciato dimostrava una esplosività maggiore, una schiena e una spinta molto più decisi. Insomma, era più memorabile. Stando così le cose tengo praticamente sempre il piede piantato a fondo corsa, anche nei brevi rettilinei, dove grazie al DSG riesco sempre a trovare la marcia giusta per sfruttare tutto il potenziale del V6. Quel suono! So di averlo già detto, ma ora che mi sto impegnando nella guida posso dire che aggiunge un sapore che nessun turbo potrà mai riprodurre. Se chiudessi gli occhi (non l’ho fatto, non vi preoccupate) potrei giurare di essere su una qualche vettura da pista degli anni ‘70. La Golf cerca di assecondare, anche se in modo molto serioso, le mie richieste. Arrivo però velocemente al momento in cui il sistema di trazione integrale decide di salvarmi da me stesso con la stessa inutile solerzia di mia madre quando mi diceva di non sudare durante una partita di calcio. Insomma, se sto facendo sport forse voglio sudare, o no? In fase di uscita di curva, tutto sommato, il sistema funziona benino: trazione ottima e leggero sottosterzo correggibile con il gas. Ma è in fase di inserimento che le cose diventano irritanti: ogni mio tentativo di sfoggiare qualche trucchetto per aumentare l’agilità viene castrato con decisione, anzi, punito con decisione. Ogni volta che il sistema legge una leggera “rotazione” del posteriore, per quanto minima, crea una sorta di “spinta” da parte del retro dell’auto che causerà un sottosterzo sensibile. E’ come se ogni volta che cercassi di fare il brillante ad una festa arrivasse uno a versarmi la birra sui pantaloni.

Arrivo forte in curva e cerco di portare la frenata fino al punto di corda, tanto per guadagnare inserimento, ed ecco che appena le inerzie iniziano a lavorare a mio favore il posteriore si anima e spinge l’anteriore fuori dalla traiettoria impostata, costringendomi ad aumentare l’angolo di sterzo. Cosa che succede anche se tento qualche ingresso un po’ più aggressivo o una traiettoria un po’ più spigolosa. Mi ritrovo un po’ spiazzato, perché è un atteggiamento quasi punitivo. Provo a cambiare stile di guida, pulendo gli inserimenti per non svegliare il 4Motion, salvo arrivare ad un momento in cui il sistema legge una velocità di ingresso troppo elevata per l’angolo di sterzo usato e si attiva, punendomi di nuovo con un sensibile sottosterzo. Sul serio, c’è un esatto momento in cui tutta la vettura ti ordina di smetterla, e posso sentire chiaramente una delegazione dei più noiosi ingegneri tedeschi ridere soddisfatti alle mie spalle. A malincuore eseguo ciò che l’auto mi ordina, anche perchè c’è poco che io possa fare, e riduco la velocità di ingresso. Magicamente la R32 ricomincia a scorrere sui binari, sicura di sé e con un aplomb invidiabile. Ora sembra pronta ad attraversare tutta l’Europa a 240 km\h, in pieno stile Autobahn, per poi scaricarmi a destinazione fresco come una rosa. Penso di aver capito l’antifona.

Considerazioni finali

Rileggendo le ultime righe del test, poco più su, forse potrei essere frainteso: la R32 non è un’auto noiosa, né banale. Anzi. Per la verità continua a sembrare speciale per tutto il giorno, solo che lo fa con degli ingredienti che non toccano le corde dell’appassionato di guida veloce. Non è la giusta partner se desiderate un’auto brutale e aggressiva, o se desiderate che il mezzo meccanico vi parli a cuore aperto e vi renda partecipi del processo creativo: cose che per me sono fondamentali, nella scelta di un’auto. Eppure, nello strano mix tra meccanica esotica e filosofia teutonica, si è creato un prodotto con una caratteristica che rispetto e ammiro, ovvero la libertà espressiva. Chi ha deciso che non si può avere una Golf che si crede una GT vecchio stampo, comoda, veloce ma non intimidatoria, e con una voce da supercar?

E’ veloce come una GTI turbo? No. Ma è un’auto che risponde a domande diverse, quelle stesse domande che oggi non hanno risposta. E tanto mi basta per essere felice che sia esistita.

Un grazie a Daniele per avermi portato la sua R32 da Verona fino a Torino: a buon rendere!

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