Audi quattro
Ur-Quattro
"Una è la nuova Audi 80, una seriosa berlina, mossa però dal motore più potente della casa, un 2100 cc, 5 cilindri turbocompresso da ben 170 cv, che andrà poi montato sulla più lussuosa Audi 200. L’altro mezzo è l’Iltis, che a discapito del nome da Istituto Tecnico è invece una sorta di vasca da bagno a forma di fuoristrada che Audi sta sviluppando per Vw…"
Nell’articolo di oggi vi raccontiamo come, a fine anni ‘70, tra questo mix di vetture improbabili è nata l’Audi Quattro. Un’auto che ha rivoluzionato il mondo delle corse su strada, fino a quel momento destinate a vetture che a vederle con gli occhi di oggi sembrano quanto di più sbagliato tecnicamente, quantomeno per un Rally. No, davvero, ci pensate che la Stratos veniva considerata l’arma perfetta per una competizione con sterrati e fondi ghiacciati?
Febbraio 1977. Su una pista ghiacciata non meglio precisata in Finlandia, l’Ing. Bensinger di Audi ed il suo team si stanno gelando i piedi a -30°C per effettuare dei test su due nuove nate della casa degli Anelli. I test sono decisamente empirici: si prende un mezzo, lo si porta in mezzo alle tempeste di neve e lo si fa girare fino a quando dimostra di non uccidere gli occupanti. Non sempre, almeno. Pensando ad alcuni mezzi anni ‘70/’80, mi viene da pensare che forse non tutte le Case sono state così attente ai “dettagli”, come la tenuta di strada, ma vabbè. Audi si sta impegnando sul serio. Cocciuti come solo i tedeschi durante la conquista della Polonia sanno essere. I due mezzi che i nostri eroi assiderati stanno testando sono decisamente diversi tra loro. Una è la nuova Audi 80, una seriosa berlina, mossa però dal motore più potente della casa, un 2100 cc, 5 cilindri turbocompresso da ben 170 cv, che andrà poi montato sulla più lussuosa Audi 200. L’altro mezzo è l’Iltis, che a discapito del nome da Istituto Tecnico è invece una sorta di vasca da bagno a forma di fuoristrada che Audi sta sviluppando per Vw. Sotto il cofano c’è un motore da 76 cv. Come ogni fine giornata il team recupera i mezzi dalla pista ghiacciata e con essi va a cercare un posto dove mangiare cosce di renna e scongelare i piedi, tipo “Quattro salti in padella” ma con le unghie. Come immaginate, le strade Finlandesi degli anni ‘70 in pieno inverno, non si discostano molto dalla pista sul lago ghiacciato che hanno appena lasciato. Ghiaccio ovunque, alberi a bordo strada e buio, molto buio. A pensarci mi sa che sono ancora così, in effetti.
Ecco, sulla strada ghiacciata verso il ristorante più vicino, ciò che salta agli occhi di tutti è che l’Iltis sta dando la paga all’Audi 80 e non di poco. Come può essere possibile? Beh, mentre l’80 sbanda da tutte le parti, con le ruote anteriori alla disperata ricerca di trazione, l’Iltis procede bello dritto e sereno, usando la sua rudimentale trazione integrale per avanzare, frenare e persino curvare. Mmm, interessante. Dovete sapere che il nostro l’Ing. Bensinger non è propriamente il primo arrivato, ha già una certa esperienza ed è famoso per il suo caratterino amorevole. Ha lavorato in Porsche, che ha lasciato dopo essersi permesso di dire che la 356 e la successiva 911 “sono dei disastri a livello di tenuta di strada”. Si è poi cercato un impiego in BMW, reparto ricerca e sviluppo, ma l’ambiente non faceva per lui. Mercedes? Ha lavorato anche per loro, in effetti, ma se n’è andato sbattendo la porta litigando con il management, che a suo dire era interessato solo a noiose berline di rappresentanza. Per esclusione, il nostro Ing. Incazzuso si trova a lavorare per Audi: questo per dire che, insomma, il ragazzo è intelligente ed ambizioso, oltre che poco incline alla banalità. Ma torniamo a noi: annotata la disfatta dell’Audi 80 sulle strade comuni, il mattino seguente il team cronometra, sulla pista ghiacciata, l’umiliata Audi 80 contro l’Iltis. Così come sulle strade viscide della sera prima, non c’è gara. Mentre l’80 vaga per la pista, sprecando la potenza in inutili sbandate, l’Iltis avanza, imperturbabile. Lento, ma costante, come la calvizia. Ora, lo so che nel 2021 questa conclusione è degna della Dottoressa Grazia Arcazzo, ma a quei tempi le sportive seguono uno schema ben preciso: trazione posteriore, alta potenza e sguardi rivolti verso il cielo nell’attesa di una bella giornata di sole. Per dire, le auto che si sfidano nel mondiale Rally in quegli anni rispondono al nome di Ford Escort Rs, Opel Ascona 400, 131 Rally, Lancia 037 e Stratos. Cioè, l’arma che il glorioso Reparto Corse ha sviluppato per vincere il Mondiale Rally è una piccola sportiva a motore centrale e trazione posteriore. Sulla terra e sul ghiaccio. Insomma, tanto ovvio non deve essere, no?
Tornato di corsa al quartier generale Audi, il nostro Bensinger riferisce ciò che ha capito ad un certo Ferdinand Piech, il direttore tecnico della casa. Che, non essendo l’ultimo dei fessi, capisce subito il potenziale dell’intuizione. Quindi, pronti via: a Bensinger ed al suo team viene concesso di progettare una vettura sportiva che sfrutti la trazione integrale. Prendono un’Audi 80, montano la trazione integrale dell’Iltis e due assali anteriori dell’Audi 200. Si, non mi sono sbagliato: con il budget risicato che si ritrovano in mano, usano un assale anteriore della 200 e un’altro, ruotato di 180°, come assale posteriore. Risultato? La trazione integrale così “dura e pura” è un mezzo disastro su fondi lisci, e l’assenza di un differenziale centrale rende ogni manovra stretta un incubo. Piech finalmente apre il portafogli e decide di progettare in casa un proprio sistema di trazione integrale, da zero, a patto che questo sviluppo riporti l’Audi nelle competizioni. Sempre con carrozzeria mutuata dall’Audi 80 e con tanto di motore a 5 cilindri turbo, il nuovo prototipo viene portato a Hockenheim ad Aprile. Così, per avere un termine di paragone, viene anche portata una nuovissima Porsche 928 V8 da 240 cv. A fine giornata i risultati eclatanti saranno due. Il primo è che l’Audi gira praticamente con gli stessi tempi della Porsche, dimostrando quanto il nuovo sistema di trazione integrale sia prestazionale. Il secondo risultato della giornata è meno positivo. Audi ha portato anche un altro prototipo, dotato di un sistema che innalza la pressione di sovralimentazione e la cavalleria fino a 290 cv, anche se per brevi periodi. Una roba tipo NOS in Fast And Furious, ma senza canotte e crocifissi da mezzo chilo. Peccato che durante una di queste “botte de cattiveria” da 290 cv, a metà del test il prototipo va a fuoco, distruggendosi. Non è una perdita inutile, però: l’Ing. Bensinger, furbo come una faina, usa l’incidente per convincere i vertici Audi a sviluppare un nuovo intercooler che aiuti il raffreddamento del motore. Anche perché, a dirgli di no, chi lo sente poi?
Novembre 1979: il prototipo, ulteriormente affinato ma ancora con le sembianze di un Audi 80, viene fatto testare niente meno che a Hannu Mikkola, un pilota del mondiale Rally con grande esperienza. Mikkola ha appena firmato con il Team Ford per la stagione 1980, ma appena scende dal prototipo chiama il suo avvocato, disdice tutto e firma nuovamente con Audi, al volo. Mikkola è uno che la sa lunga e capisce subito le potenzialità della nuova nata, nonostante sia brutta come un cambiale. Per ora...
Non rimane quindi che dare una forma definitiva alla vettura. Piech vuole che la nuova nata sia venduta in almeno 400 esemplari, così da ottenere l’omologazione per il mondiale Rally e per il Gruppo B, di cui già si parla. Quindi prendono la carrozzeria della nuovissima Audi Coupè, disegnata da Giugiaro, e la “calzano” sul prototipo.
Le fiancate bombate e l’ala posteriore sono le modifiche più evidenti rispetto alla Coupè “liscia” e sono necessarie per far stare la meccanica 4x4 sotto il vestito minimalista della donatrice. Resta da decidere il nome: il reparto marketing, gente ben pagata che ha studiato, tira fuori il nome “CARAT”, acronimo di “Coupè-All-Rad-Antrieb-Turbo”, cioè “Coupé a trazione integrale turbo”. Anni di studio per questi creativi, esami, soldi spesi, ecc. Peccato che CARAT sia anche il nome di un famoso profumo femminile dell’epoca. Quindi, oltre ai problemi legati al copyright, l'arma definitiva di Audi per i Rally verrebbe associata ad una donna profumata. Ripeto, laureati. Per fortuna il team di sviluppo ha già da tempo un nomignolo con cui chiama il prototipo: “Quattro”, come il numero di ruote motrici. E basta così, che abbiamo da fare.
Ci siamo: l’Audi Quattro viene presentata al salone di Ginevra del 1980 e suscita un interesse pazzesco: una sportiva a trazione integrale?
Vi vedo mugugnare, là dietro, a voi nerdacchioni. Ok, non è la prima nella storia a utilizzare il 4x4. C’è stata la Jensen Interceptor FF, nata un decennio prima, ma si tratta di una coupé inglese poco più che artigianale, prodotta in piccola tiratura. Se vogliamo proprio fare i pignoli, c’è stata anche la Subaru Leone, ma anche in questo caso si parla di una station wagon mai uscita dal suolo giapponese. Quindi, a prova di proteste: la Quattro è il primo tentativo di portare la trazione integrale su una vettura sportiva prodotta su larga scala, in Europa.
La neonata ha sotto al cofano il consueto 5 cilindri in linea da 2144 cc portato a 200 cv, dotato di turbo KKK e intercooler, per evitare falò indesiderati. Sospensioni Mcpherson davanti e dietro, perchè l’idea di ruotare di 180° un asse anteriore dell’Audi 200 e montarlo al posteriore alla fine è piaciuto, quindi perchè non tenerlo? La trazione integrale ha ben tre differenziali, che possono essere bloccati e sbloccati a piacimento dal pilota, permettendo così di massimizzare la trazione su ogni terreno. Insomma, un’astronave.
L’anno prima, nel 1979, l’Audi ha presentato alla FIA domanda per iscrivere una vettura a trazione integrale. Alla FIA han fatto spallucce: “massì, chi vuoi che porti qua un fuoristrada per correre contro mostri del calibro della Stratos?” Ottima idea. Eccoci quindi nel 1981, Mondiale Rally: l’Audi schiera due Quattro al via del Rally di Montecarlo. Ora, ok, le vetture si rompono tutte e due per problemi di gioventù, ma già al successivo Rally di Svezia, il pilota Mikkola mette dietro tutti. Imprendibile sulla neve. L’Audi che viene fatta gareggiare è praticamente una vettura stradale, a parte il motore che adesso eroga 300 cv. Per la prima stagione di partecipazione nel mondiale Rally, la Quattro viene iscritta a soli 8 appuntamenti su 12 previsti.
Nonostante l’impiego part-time e gli inevitabili problemi di sviluppo, la nuova nata conquista ben 3 vittorie assolute nel campionato ed alla fine Mikkola è terzo nel mondiale, mentre l’equipaggio tutto al femminile Mouton/Pons arriva 8°. Non male. L’anno successivo, il 1982, l’Audi inizia la stagione con una Quattro decisamente più affilata. Questo per il marchio sarà un anno di transizione tra il Gruppo 4 e le famigerate Gruppo B. Audi è decisa ad imporsi a tutti i costi. Spinta dai 340 cv sviluppati dal nuovo motore con basamento in alluminio la Casa vince 7 gare, portandosi a casa il Mondiale Costruttori e finendo 2°, 3° e 4° nella classifica Piloti.
Oramai è chiaro a tutti che la trazione integrale nei rally è il futuro: nonostante qualche estemporanea vittoria su asfalto di Rohl su Opel Ascona e della Lancia 037, è lampante che la trazione Quattro porta enormi benefici prestazionali. La Lancia 037 strapperà proprio nel 1983 il mondiale Costruttori, ma dovrà cedere a Mikkola su Audi Quattro il mondiale piloti. I tempi sono maturi: nel 1984 fa ancora meglio. Mikkola vince il secondo Mondiale Piloti consecutivo e l’Audi vince anche il Mondiale Costruttori, lasciando le briciole agli avversari.
Ormai la Quattro è imbattibile, e anche i concorrenti corrono ai ripari. Pensionano le proprie vetture a trazione posteriore e iniziano a sviluppare armi a trazione integrale, sfruttando il regolamento del Gruppo B: Peugeot T16, Lancia Delta S4, Ford RS200, vi dicono qualcosa? Sono tutte nate per contrastare l’Audi Quattro, trasformata già a fine 1984 in “Sport Quattro”, una Quattro all’ennesima potenza. Sviluppata sul regolamento “vale tutto” del Gruppo B: telaio accorciato di 34 cm, alleggerimenti sino alla soglia dei 1000 kg, 450 cv (dichiarati…) e aerodinamica degna di una Formula 1.
Ne verrà prodotta anche una versione stradale, denominata per l’appunto “Sport Quattro”, in solo 224 esemplari: 300 cv, 150 kg in meno e un prezzo da supercar. La Quattro normale, comunque, resta a listino e viene aggiornata ogni anno per essere sempre più veloce e competitiva anche nel tragitto palestra-parrucchiere.
Ormai il solco è tracciato. Con la cancellazione del Gruppo B, Audi esce di scena dal mondiale Rally, non prima però di aver rivoluzionato il mondo delle corse su strada. A fine produzione, nel 1991, furono prodotte più di 11.000 Audi Quattro stradali: altro che le 400 sperate dal management Audi.
Quando il pericoloso Gruppo B viene cancellato dal panorama delle competizioni, nel 1986, nessun costruttore pensa più di abbandonare la trazione integrale. Il nuovo Gruppo A prevede vetture decisamente più lente del Gruppo B, ma le auto che nascono restano nel solco tecnico tracciato dalla Quattro. Lancia Delta Evoluzione, Subaru Impreza WRX, Mitsubishi Lancer EVO, Ford Escort Cosworth: in tutte c’è un pizzico di Audi Quattro e forse tutte queste auto non sarebbero mai esistite senza l’intuizione di Audi e del team capitanato da Bensinger.
Ed a quella vasca da bagno chiamata Iltis, ricordiamocelo.
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