lotus elise 111s

- semper fidelis -

“...c’è una cosa che dovete capire, e parlo con voi, amanti delle auto moderne: vi stanno derubando. Bastano otto metri a bordo della Elise per capire quanto ci è stato sottratto negli ultimi 25 anni di sviluppo automobilistico. Per la verità ho la bocca aperta perchè la piccola Lotus non è la delicata bambolina che mi aspettavo, ma a parte questo sono bombardato da sensazioni che ormai davo per perse. A velocità moderata, passando sopra le crepe sulla strada il volante trema leggermente, mentre sulle asperità più grandi si contorce e tira colpi. Il pedale del freno è duro, esattamente come ci si aspetta da un comando privo di servofreno, sensazione ormai aliena. L’acceleratore trasmette nettamente la sensazione di tirare il cavo del corpo farfallato, tanto è diretto e immediato nell’azione…”

In un turbinio di nostalgia canaglia ci siamo voluti congedare a modo nostro, con colpevole ritardo, dalla Lotus più famosa di tutte: la piccola Elise, uscita di produzione nel 2021 dopo 25 anni di gloriosa storia. Già che ci siamo, perchè non portare a spasso una delle circa 50 Elise 111S vendute sul suono italiano?

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08 novembre 2022| scritto e pensato dalla mente malata di M.Carito | editato e corretto dal pensiero distorto di Gabry | Inquadrato, scattato, editato dalla mano mossa di Sebastian Iordache

Già un anno senza di lei. Ci pensate? Parlo della Lotus Elise, che dopo 25 gloriosi anni ci ha lasciati, uscendo dal listino della Casa di Hethel per fare posto ad una Suv. Elettrica. No, non è la trama di un film dell’orrore. E’ giunto il momento di protestare a modo nostro, portando sulla mia strada preferita una delle Elise Mk1 più prestazionali, Exige e Sport 160 a parte: la 111S, una delle (circa) 50 guida a sinistra ancora circolanti su suolo italiano. Va bene, c’è stata anche la Sport 190, ma era talmente illegale per l’uso stradale che veniva venduta come kit di potenziamento “track use only”. Se ve lo state chiedendo, la ”S” sta per Sprint, esattamente come per le Elan più grintose degli anni ‘60, mentre “111” è il numero che identifica il progetto Elise all’interno della Casa. Questa versione speciale, rispetto alla Elise “normale”, vede il classico motore Rover Serie K arrivare a 145 cv a 6250 giri/minuto grazie all’adozione della testata VVC.

La faccio breve perché il funzionamento meccanico di questa testata è roba da ingegneri con tendenze suicide: il sistema VVC è un tipo di fasatura variabile continua che agisce solo sulle valvole lato aspirazione. Comunque, a noi basta sapere che è in grado di aggiungere circa 30 cavalli al motore di serie. Un incremento che, considerati i 714 kg (in ordine di marcia) di peso della Elise, fanno una grande differenza. C’è più Sprint, insomma, anche grazie ai rapporti del cambio presi dalla sorella Elise 135. Ad inizio articolo, se ricordate, ho accennato alla Elise Sport 160, ulteriore evoluzione del motore 111S. Ecco, questi 160 cavalli vengono ottenuti grazie ad un intervento ad aspirazione e scarico, oltre che ad un ritocchino alla centralina. Facile no? Sì, ed infatti Marco, il proprietario della “nostra” 111S, ha pensato bene di farlo anche alla sua Elise. Non posso che attendermi fuoco & fiamme dal test di oggi.

Ma speriamo non dal Rover K, che ha una certa tendenza alla tragedia…

Impressioni a ruote ferme

La genialità di questa vettura è chiara come il sole. Basta guardarla: se non vi sciogliete come neve al sole davanti alle sue linee avete il cuore di Jeffrey Dahmer. E’ piccola e sfrontata, una sorta di incrocio tra lo spirito indomito delle mitiche Elan e l’estetica da barchetta da guerra in miniatura delle compaesane Ginetta G12 di metà anni ‘60. La 111S riesce a cancellare gran parte della delicatezza del modello di base con poche semplici mosse: fari anteriori carenati, cerchi a 6 razze OZ Racing, ala posteriore e voilà, la timidezza è sparita.

Ginetta G12
Lotus Elan Sprint

Il frontale è tutto un rincorrersi di curve e controcurve ed è semplicemente meraviglioso, con i 4 fari tondi dall’aspetto vintage a fare da contraltare alla geniale presa d’aria larga come il parabrezza, un tocco puramente racing. Il paraurti anteriore, morbido e flessuoso, sembra aprire le branchie in corrispondenza dei due piccoli flap aerodinamici ai lati. Ora, se ne avrete mai una davanti, un consiglio: inginocchiatevi all’altezza della ruota anteriore e guardate la fiancata. Nonostante la dimensione tascabile è cattiva come una mangusta con i cinque minuti: nella parte bassa la minigonna\brancale forma una specie di rigonfiamento morbido, come i cannoni nei caccia della Seconda Guerra Mondiale, che termina sui parasassi in carbonio non verniciato a protezione degli ampi passaruota posteriori.

Questi ultimi, a loro volta, sporgono dalla silhouette come le zampe muscolose di una rana. Appena più su, leggermente inclinata verso l’avantreno, ecco l'ampia presa d'aria, una cosa che urla “motore posteriore!” a tutto il mondo. Il tutto, poi, è completato da un piccolo e sporgente specchietto che sembra un traliccio in miniatura. E’ una meraviglia, ed una volta di più posso affermare che la forma funzionale batte sempre il puro design, che lo vogliate o no. E’ come mettere Kimbo Slice a fare a botte con una cintura nera di karate: non ce n’è, a voglia a fare inchini e kata, quello ti gonfia e poi se la ride con gli amici. Il tetto in tela abbassa ancora di più la linea generale della Lotus, che chiude il cerchio con il posteriore semplice e perfetto così: quattro piccoli fanali tondi, scarico centrale ovale che sbuca dal centro del paraurti e più su la muscolosa ala della 111S, che si appoggia a filo di una coda già studiata per creare un piccolo e commovente spoiler. Mi allontano di qualche passo, bastano e avanzano per abbracciarla tutta con lo sguardo, e me la gusto nell’insieme. Non saprei davvero cosa cambiare, è assolutamente perfetta così.

Mano destra nell’incavo creato dalla presa d’aria sulla fiancata e con il pollice premo il nottolino tondo, in stile vecchie Fiat: la piccolissima portiera si apre senza alcuna resistenza. Lo spazio è appena sufficiente per entrare, anche se la manovra necessaria assomiglia ad un parto podalico. Il grosso brancardo obbliga ad una manovra “a tenaglia”, in stile A-Team: gamba destra dentro, rotazione del busto, lascia scivolare il posteriore nel sedile e, una volta più o meno comodo, porta dentro la gamba sinistra cercando di non dire “oplà”. Eccoci: il volante a tre razze, che fa orgogliosamente sfoggio del mitico stemma giallo e verde della Casa, è una delle poche cose con cui è stato arredato l’abitacolo.

L’altro oggetto è la lunga leva del cambio, leggermente inclinata verso il guidatore, sormontata da una palla di metallo. La strumentazione è analogica, tranne che per un piccolo display in stile Casio 1992 che riporta la temperatura e poco altro. I sedili dallo schienale fisso sono sottili, scarni, e stento a credere che proprio nella 111S siano stati imbottiti un po’ di più. Tra le altre cose la seduta si può “gonfiare” per avere un po’ di morbidezza in più, ma la verità è che non lo fa nessuno perchè bisogna agire su una pompetta identica ad un clistere… Nonostante questo sono comodo e tutta la schiena viene accolta e trattenuta ben aderente allo schienale, sull’attenti. I miei piedi si appoggiano su una meravigliosa scultura in metallo che funge da pedaliera e i tecnici Lotus non hanno neanche provato a nascondere la vasca di alluminio non verniciato che funge da struttura centrale della Elise. Per fortuna, perché è una gioia per gli occhi. Piccola curiosità: questa vasca pesa 68 kg, un risultato decisamente impressionante, se consideriamo che l’analoga struttura dell’Alfa Romeo 4c, in carbonio, pesa 65 kg. Comunque: vuoi per i sedili fissi, vuoi per la carrozzeria minuscola, ma la posizione di guida è praticamente perfetta da subito. Ci si sente dentro qualcosa costruito con un unico scopo, ed è strano non trovare delle cinture a quattro punti. L’Elise ti obbliga a stare dove devi stare e nel giusto stato mentale, e per la verità non vorrei essere da nessun'altra parte.

Su strada

C’è una cosa che dobbiamo capire, e parlo a tutti noi, fruitori delle auto moderne: ci stanno derubando. Bastano otto metri a bordo della Elise per capire quanto è stato sottratto negli ultimi 25 anni di sviluppo automobilistico sotto il profilo di feeling e puro piacere di guida. Nella Elise è tutto diretto, chiaro, limpido anche a costo di essere brutale e ogni sensazione viene sparata dentro il tuo cervello senza filtri. Ho la bocca aperta dallo stupore, in parte anche perché la piccola Lotus non è la delicata bambolina che mi aspettavo, ma soprattutto perché sono bombardato da sensazioni che ormai davo per perse. A velocità moderata, passando sopra le crepe sulla strada, il volante trema leggermente, mentre sulle asperità più grandi si contorce e tira colpi.

Il pedale del freno è duro da premere, esattamente come ci si aspetta da un comando privo di servofreno, qualcosa di alieno al giorno d’oggi. L’acceleratore trasmette nettamente la sensazione di tirare il cavo del corpo farfallato, tanto è diretto, graduale e immediato nell’azione. E’ tutto un turbinio sensoriale, e per altro penso di aver completamente sbagliato le aspettative con cui mi sono avvicinato alla 111S. Fuori è piccola, delicata, ma ogni comando va azionato con un 25% di forza in più di quanto mi sarei aspettato. Lo sterzo, privo di servoassistenza, è pesante ma contro ogni previsione sembra avere qualche attimo di inattività nei primissimi gradi di rotazione, salvo poi diventare diretto e perfetto nell’azione; i freni, come detto, vanno premuti con forza anche solo per rallentare, mentre la cambiata non è così veloce e pura come lo scarno pomello potrebbe far sperare. Nonostante questo, però, porto senza troppo impegno la Lotus ad un ritmo che potrebbe già essere definito “interessante: questo avviene semplicemente come qualcosa di intrinseco nella natura stessa della piccola Lotus.

Questa semplicità e purezza rende l'approccio alla Elise un miliardo di gradini più veloce che su una vettura più complessa, perché l'onestà è sempre alla base di un bel rapporto di fiducia, come direbbe la vostra compagna\o. Quando porto il 1800 cc verso la parte alta del contagiri il suono che sprigiona è quello del tipico motore vecchio stampo, roco e pieno, ruvido. E’ così pronto ai medi da scrollarsi di dosso i 700 kg abbondanti di vettura e lanciarsi nella successiva curva senza dover per forza ricorrere alla marcia inferiore. Più la guido e più mi rendo conto che la fisicità di base richiama altri mezzi creati al di là della Manica, ovvero i mitici sfilatini tipo Caterham & affini, che per altro devono la loro esistenza proprio al genio di Colin Chapman, fondatore della Lotus. Anche durante la prova della Roadrunner SR2 (qui trovi la nostra prova completa) avevo dovuto riadattare la forza sui comandi principali e al tempo stesso aggiornare il file reattività.exe nel mio cervello prima di potermi rilassare veramente. E quindi eccoci, ci sono: sento finalmente le mie sinapsi in sintonia con la 111S.

Inizio a portare sempre più velocità in ingresso e a obbligare, con pochissima rotazione del volante, le gomme esterne a spalmarsi a terra. Il layout a motore centrale sale immediatamente in cattedra, tutta la Lotus ruota attorno al proprio asse centrale senza che io debba porre particolare attenzione a qualcosa in particolare: lavora con tutti gli angoli e fluisce, guizza. Freno forte, rilasciando il pedale centrale man mano che il muso si inserisce, e sul punto di corda torno a dare gas, con decisione e convinzione, senza nessuna paura. La Lotus schizza fuori dalle curve e nel palmo delle mani posso leggere la strada come poche volte in vita mia: conosco il percorso e sfrutto questa conoscenza per appoggiare l’Elise alle pendenze della carreggiata, guadagnando ancora più velocità di percorrenza, in stile micro paraboliche in mezzo alle vacche. La stretta carreggiata della Elise, 1700 mm, permette di fare traiettorie “cattive” senza prendersi troppi rischi, altra possibilità che le vetture moderne con i loro problemi di sovrabbondanza dimensionale ci hanno negato. L'avantreno è semplicemente magnetico: una volta in appoggio resta perfettamente al suo posto, stabile e sicuro e ogni volta che sembra che stia per cedere tira fuori altra aderenza inaspettata. In questo momento lo sterzo comunica alla perfezione il grado di carico delle ruote anteriori, restando stabile e tranquillo quando resto ben dentro alle capacità di aderenza e alleggerendosi gradualmente quando mi porto vicino al limite. Il posteriore, se la si guida in modo pulito, permette di scaricare tutta la potenza sempre e comunque, cedendo ad un accenno di sovrasterzo solo se si fa l’asino col volante. C’è una curva in particolare che mi fa mugolare di piacere: si arriva da una lunga sinistra e, dopo un corto rettilineo in discesa, ci si presenta una destra a 90 gradi, in contropendenza, che dal punto di corda in poi inizia a risalire. E’ la classica curva che punisce duramente un ingresso sbagliato, perchè se si frena troppo o non si lascia scorrere ci si ritrova “piantati” esattamente sul punto di corda, distruggendo il ritmo impostato precedentemente.

Allargo un po’, staccata forte, rilascio, inserisco e appena sfioro il punto di corda affondo il gas. La somma tra le qualità telaistiche, la contropendenza della strada, la mia leggera vena chiusa e la traiettoria corretta portano ad una velocità di percorrenza clamorosa. Ci si sente praticamente invincibili, perché oltre alla capacità di generare velocità e trazione c’è una enorme qualità di smorzamento delle asperità: la 111S scorre imperturbabile e velocissima, pur sfruttando la zona interna delle curve, tutta avvallamenti e crepe. Le sospensioni lavorano con calma e competenza, risultando sia ben frenate che morbide e flessuose, un mezzo miracolo aiutato dalla massa da peso mosca della 111S. In tutta questa qualità, però, ci sono alcuni dettagli che non mi convincono appieno. Il cambio, semplicemente, non è ingegneristicamente all’altezza del resto: in senso assoluto non è lentissimo, ma su un oggetto affilato come la Elise sembra preso direttamente da una Kia Rio. Ok, forse sto esagerando, ma questo difetto mi disturba sul serio, in particolare perché il comando montato sulla cuginetta “umile” Opel Speedster (qui trovi la nostra prova completa) è decisamente migliore a livello di innesti, anche se paga una rapportatura peggiore. L’altra cosa che un po’ mi lascia perplesso è quella piccola zona inerte dello sterzo vicino alla posizione 0: una sfumatura, ma non ne capisco proprio la ragione d’essere. Comunque sia, il ritmo che questa piccola scultura può tenere senza apparente sforzo è assurdo: intere sezioni del percorso vengono divorate in un fluire di gesti calmi e misurati, ma spesso a gas spalancato. La mancanza di inerzia fa apparire l’Elise sempre in punta di piedi, reattiva, pronta, facile e intuitiva.

Più lo spingo e più mi convinco che il motore Rover ha nella ruvidità e nell’impegno gran parte del proprio carattere: da buon 16v spinge di più agli alti, con una spinta crescente fino a 6500 giri\minuto, ma appare più indaffarato che “speciale”. C’è da ammettere che il rapporto peso/potenza della 111S la rende interessante anche nei tratti tra una curva e l’altra, quantomeno fino alla 4°, cosa non così ovvia per una vettura con 160 cv. Tutte queste considerazioni sono state fatte a mente fredda: sul momento erano poco più che appunti mentali. La verità è che dietro il suo volante mi sono divertito un mondo. Sarei potuto andare avanti tutto il giorno, anche perché la 111S ha la capacità di apparire sempre più felice e stabile man mano che la velocità aumenta, in un vortice di capacità unico e senza tempo.

Considerazioni finali

Che soddisfazione: sento di aver celebrato come si deve l’uscita di scena della Elise. Io e la 111S ci siamo divertiti su una strada che sembrava disegnata per lei e il ricordo di certi momenti resterà a lungo indelebile nella mia mente. Ricordatevi, anzi, ricordiamoci tutti di questa piccola auto, capace di trarre da semplicità e intelligenza una incredibile capacità. Sì, ci sono cose che non mi sono particolarmente piaciute e non le ripeterò, se siete arrivati fino a qua avete già letto a cosa mi riferisco. Nulla che non si conoscesse già. Ciò che sono contento di dire, in modo poco originale, è che la Lotus Elise è una delle creazioni più geniali, meravigliose e pure mai costruite, punto.

Quindi, per noi appassionati l’Elise non smetterà mai di essere attuale. Che la costruiate ancora o no.

Un enorme ringraziamento a Marco, il generoso proprietario della meravigliosa 111S del servizio. E’ stato epico!

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