BMW R 1150 GS
- superclassico -
“Una volta capito il giochino provo anche a dare qualche manata di gas ed il motore risponde provando a tirarmi delle secchiate di coppia nella schiena. Sono in total relax su questa poltrona, non mi accorgo di niente se non fosse per la lancetta del contachilometri che si posiziona oltre i 180. Fatemi passare.”
“Di quell’amor ch’è palpito / dell’universo intero / misterioso, altero / croce e delizia al cor”
Così inizia la quinta scena del primo atto della Traviata di Giuseppe Verdi.
Ma non stavamo parlando di motori? Se vi aspettate solo questo cercate altrove.
Oggi parliamo di amore, odio, ghisa e tanta razionalità bavarese.
Da qualche mattina mi sveglio con un’aria più positiva. So che fuori casa mia mi aspetta un ammasso di ghisa con il quale, durante l’ultima settimana, ho stretto un rapporto speciale. La strada che percorro per guadagnarmi il pane la mattina dura (scelta di parole non casuale) una quarantina di chilometri e molto spesso provo a rendere il tutto meno noioso con una moto ed un paio di pasticche di Xanax (scherzo è solo un frullato).
Quando l’occasione di provare la GS per eccellenza mi si è presentata davanti non ho certo rifiutato, visto che da anni ormai domina le classifiche di vendita. È in listino BMW da più di 40 anni e nasce proprio con l’intenzione di dare alle persone un mezzo da usare sempre, sia per strada che fuoristrada. Dal 1980 i bavaresi stanno prendendo a schiaffi il mondo a suon di boxer e cardano.
È abbastanza tardi rispetto ai miei orari ma il traffico non mi preoccupa se uso la moto, quindi faccio colazione con calma. Continuo a bere il mio frullato e mi godo qualche raggio di sole che entra dalla finestra. Respiro profondamente, non mi capita spesso. Settembre è un mese niente male, la mattina è fresco (ricordati una felpa) ed il pomeriggio la temperatura si assesta sulla civile quota di 30 gradi. Diciamo che le variabili ambientali sono state a mio favore per tutta la durata di questo “long test”. Timida, dietro il cancello di entrata, c’è lei, che spunta col suo becco grigio e quello sguardo da pazza, anche se ormai ci ho preso un po’ di familiarità ed interpreto la cosa come un invito.
Son quasi le otto. Raduno tutte le mie cose sapendo che qualcosa lascerò comunque a casa. Nello zaino c’è il necessario per sopravvivere ad una giornata d’ufficio. Prendo casco, guanti e giubbotto, rigorosamente di pelle che fa figo. Andiamo a lavoro và.
Impressioni a ruote ferme
Chiudo casa a doppia mandata, mi volto e la guardo. È un peso massimo, non si può negare. L’inconfondibile becco parte dalla ruota anteriore e si estende fino a raccordarsi al largo ed alto serbatoio in un pezzo che sembra quasi un tutt’uno. Finito qua il capitolo carenatura.
I fari, asimmetrici sono diventati una vera e propria firma per BMW e secondo me hanno donato carattere a questa moto, l’hanno resa riconoscibile. Mi rendo conto che nella mia testa questa GS è sinonimo di turismo, il modo in cui sono riusciti a rendere armoniosi gli oltre 250 kg è invidiabile. L’occhio mi casca sempre su un particolare: al centro della barra longitudinale del sistema Telelever che collega la forcella al telaio spunta la vera e propria sospensione. È un dettaglio curioso, non si vede su tutte le moto, perchè generalmente è la forcella che sbriga tutti i compiti mentre qua sono divisi. L’anteriore è completato da una sottile ruota da 19 pollici con dei miseri dischi freno morsi da pinze flottanti. Davvero bastano a frenare tutto questo?
Il vero protagonista però non può che essere lui, il motore. Guardandola da lontano il boxer domina la parte centrale della moto e sembra assemblato come un pezzo unico con quei due cilindri che spuntano orizzontalmente avvolti dall’immancabile paracilindri. Non mi dilungo oltre, i freddi numeri riguardo a coppia e cavalli non spiegherebbero a dovere come questa moto riesca a muoversi su strada.
Il posteriore è forse quello che risente più il peso degli anni, soprattutto a causa del gruppo faro/frecce là dietro dal design visibilmente di qualche tempo fa. La presenza delle borse laterali rende tutto un po’ più vintage (quanto è figa la scritta “touring”) ed anche se in BMW non sono riusciti a farle delle stesse dimensioni la loro solidità è da riferimento. Mi sdubbia un po’ il sistema di apertura visto che devo tirare entrambe le leve per aprirle e solo una per sganciarle. Mi sarei aspettato l’esatto contrario ma i bavaresi evidentemente avevano bevuto un po’ troppa birra quel giorno.
La parte sella è comoda a guardarla ma visibilmente riempita all’estremo, è apprezzabile la divisione in due parti e mi colpisce soprattutto la parte del pilota, raccordata al serbatoio ben oltre il punto di seduta così da coprire anche i “gioielli di famiglia”.
Metto a posto tutte le mie cose, mi infilo il casco e mi concedo un attimo per assaggiare con mano la pelle della sella prima di infilarmi i guanti. Scorro tutta la silhouette fino al tappo benzina come se fossi Nicolas Cage con Eleanor. È robusta, si sente proprio.
Su strada
Finiamola con le chiacchiere che sono in ritardo. Giro la minuscola chiave e tenendo la levetta “dell’aria” sul blocchetto di sinistra metto in moto. Il motore emette un suono metallico a cui non ho ancora fatto l’orecchio, i cilindri danno il primo scossone, il cassonetto dall’altra parte della strada trema e finalmente questa GS entra in moto. Faccio perno col piede sulla pedana sinistra e monto in sella, la moto è sul centrale e quando mi siedo do un colpo di braccia e busto così da farla scendere dal cavalletto, tiro la frizione ed inserisco la prima. Non entra. Mollo e la tiro di nuovo, inserisco la prima e con un filo di gas puntato inizio a muovere i primi metri. Ho sempre avuto moto abbastanza leggere quindi per spostare tutta questa mole uso qualche precauzione. Seconda. Ti accorgi subito della duttilità del motore, la senti nel polso. Passati i 20 all’ora avviene il miracolo: il peso sparisce, il larghissimo manubrio ti fa sentire padrone della moto e la sella ti comunica che per le prossime 6 ore lei c’è, a prescindere da ciò che tu voglia fare. Ruoto un po’ di più il durissimo comando del gas (a cui si fa l’abitudine) ed infilo anche la terza. Poi la quarta. Poi il tecnologissimo cruscotto mi annuncia che ho messo la quinta. Sto girando in città con una mucca da oltre 2 quintali e mezzo e sono in quinta. Ok.
Svicolo fra le strade quasi vuote del quartiere fino ad imboccare la circonvallazione. Percorro la rampa in quarta continuando a tenere bassi i giri, evito di maltrattarla visto che è freddo. Controllo dallo specchietto se arriva qualcuno. Non vedo niente, sono troppo piccoli. Mi giro, una macchina sta arrivando ma faccio in tempo. Inserisco la quinta in corsia di sorpasso e mi dirigo verso l’autostrada. Una volta al casello rallento, poi freno e scalo fino alla seconda. A pochi metri dalla sbarra do un colpetto al cambio che inserisce la folle. È semplicissima da trovare, entra sempre, che spettacolo. Prendo il biglietto, la sbarra si apre, giù la visiera, riparto ed infilo le marce dalla prima alla quinta fino alla rampa. Una volta in autostrada posso finalmente inserire la sesta, di tipo overdrive. In pratica una sesta lunga, di quelle che ti fa viaggiare a 140 all’ora a 4 mila giri. Ma che goduria. Il cruscotto mi mostra la temperatura dell’olio ed il liquido carburante sulla sinistra, nel mezzo la marcia inserita. È in temperatura e lo sento bene, i due cilindri stanno iniziando a scaldare le mie Vans infreddolite.
Mi stabilizzo su una quota di crociera di 130 km/h e realizzo perchè il comando del gas quand’ero in città opponeva così tanta resistenza: una volta scelta una velocità rimane lì quasi senza sforzo, a tutto vantaggio del polso destro.
Nonostante da fermo io riesca a toccare con entrambi i piedi (sono 1 metro e 80 centimetri di vergogna) in marcia la posizione in sella è molto alta. Questo permette di avere una posizione piacevolmente dominante quando si viaggia, soprattutto in autostrada. Sotto i piedi però ho una sensazione strana data dalle pedane, come se la loro dimensione non fosse sufficiente e sul lato sinistro l’appendice che permette di tirare giù il cavalletto laterale si posiziona fra la pedana ed il cambio. Non mi da molto fastidio, ma se avessi avuto un piede più grande sarebbe stato un problema.
Familiarizzo con il timone facendo qualche sorpasso un po’ sostenuto visto che la larghezza mi permette di avere una direzionalità non banale. Faccio i 130 ma sembra di essere a 60 all’ora. Come cazzo è possibile? Una volta capito il giochino provo anche a dare qualche manata di gas ed il motore risponde provando a tirarmi delle secchiate di coppia nella schiena. Sono in total relax su questa poltrona, non mi accorgo di niente se non fosse per la lancetta del contachilometri che si posiziona oltre i 180. Fatemi passare.
Sono quasi all’uscita dell’autostrada ma da lontano vedo un po’ di coda. Pivelli.
Freccia a destra, giù un paio di marce e col sorrisetto sotto il casco passo qualche macchina incolonnata. Più avanti la coda è fitta, devo darmi una calmata. Seconda e prima sono le marce giuste, sapientemente dosate con un po’ di frizione. È in questo contesto che apprezzo davvero tanto l’ampio raggio di sterzata di questa moto perchè, unito ad un discreto bilanciamento dei pesi, mi permette di muovermi fra le auto come se fossi su uno scooter. Certo, ci va presa un po’ la mano ed è necessario stare attenti a non fare frenate brusche perchè in quel caso il peso si fa sentire, però giocando col manubrio e spostando un po’ gli equilibri con le spalle si passa quasi ovunque. Pago e riparto, facendomi largo fra altre auto. Fortunatamente ho ancora un po’ di strada da fare prima di arrivare in azienda ed oggi scelgo quella variante tutta curve che generalmente non considero perchè troppo lunga.
La strada che percorro inizia con un tratto in salita scandito da un destra, sinistra, destra molto ampio e grazie al freno motore che mi regala il boxer non tocco nemmeno i freni percorrendo le tre curve quasi a gas costante fino ad una chicane un po’ stretta dove freno in modo deciso. Sono arrivato troppo forte ma l’architettura del motore coi cilindri laterali fa si che la moto scenda in piega quasi da sola tramite una semplice spinta sul manubrio, io mi preoccupo solo di tenerla in traiettoria. Mi rimangono un po’ di curve prima della discesa e provo a spingere un po’ per cercare il limite ma bastano un paio di staccate più decise per capire l’altra faccia del sistema Telelever: se durante la normale marcia mantiene la moto in linea come se avesse delle sospensioni ad aria paga il prezzo nella guida più sportiva filtrando la comunicatività delle gomme. Capisco da solo che non devo spingermi oltre quando sento grattare il paracilindri. Se nelle curve veloci il GS percorre la strada come se fosse su un binario quelle più strette risentono del peso della moto, chiudendo la linea di percorrenza un po’ prima del previsto. Non mi aspettavo niente di diverso da tutto questo.
Sta per iniziare la discesa, apro il casco ed inspiro col naso, l’aria delle colline fiorentine mi entra nei polmoni e sento il battito che rallenta. Percorro le ultime curve tutte con una mano e tengo la quinta, che spinge dai duemila fino quasi ai settemila. Che bella mattinata.
In conclusione
Qualche giorno fa, quando mi è stata data questa moto, la guardavo quasi con sdegno, era grossa e pesante e queste due caratteristiche non mi sono mai piaciute. Come suggerisce la narrativa però ho avuto modo di ricredermi, scoprendo un vero e proprio mezzo di trasporto a due ruote. Grazie ai più giorni a disposizione l’ho usata un po’ per tutto: ci sono andato a lavoro, a fare la spesa, in palestra, al mare, in montagna. È stata a tutti gli effetti la mia compagna di “avventure” per ben otto giorni.
È innegabile che la maggior parte dei motociclisti viva la propria moto quando ha del tempo libero portandola a sgranchire su una strada tutta curve. BMW però ha creato qualcosa in più: è riuscita nell’intento di far mettere il culo su una moto al proprietario tutto l’anno attraverso un’esperienza d’uso sinceramente appagante e fuori dagli schemi grazie alla semplicità con cui il GS si lascia condurre. Il 1150 però fra tutti i modelli della famiglia è quello che meglio unisce il tipico stile bavarese ad una meccanica tanto cruda quanto solida regalando al possessore la certezza di un mezzo affidabile ed attuale nonostante gli oltre 20 anni che si porta sulle spalle.
La muccona entra di fatto nella categoria delle superclassiche.
Qualcuno di voi ce l’ha?
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