alfa romeo 147 gta

- punto -

”...aggiungo al blocchetto di accensione il mezzo giro che serve per risvegliare il V6. Il motorino di avviamento gira un pochino, ma ho il sospetto che lo faccia solo per far crescere l’attesa, e poi il motore torna in vita anticipato da una vibrazione che risale il telaio verso la mia colonna vertebrale. Dico “torna in vita” perchè ha un suono così vibrante, irregolare, gorgogliante, da sembrare un ringhio di avvertimento di un grosso cane, di quelli bassi e cupi, che avvisano il malcapitato di non fare un altro passo. La lancetta del contagiri si assesta su un ruvido minimo, premo la frizione, metto la prima. Ci siamo, finalmente…”

GTA: tre letterine che fanno vibrare il cuore di tutti gli appassionati. E’ ora di levarci la “scimmia da Busso”: è ora di guidare una splendida Alfa Romeo 147 GTA.

InstagramFacebookTikTokYouTube
20 dicembre 2022| scritto e pensato dalla mente malata di M.Carito | Inquadrato, scattato, editato dalla mano mossa di Sebastian Iordache

Prima cosa, nel caso qualcuno oramai la desse per scontata: è bellissima, la migliore segmento C mai costruita, quantomeno a livello estetico. In veste GTA, poi, semplicemente non riesco a non guardarla con occhi da maniaco sessuale. Ovviamente parliamo dell’Alfa Romeo 147, chiaro come il sole. Di solito sono più uno da sostanza che da apparenza, e ammetto di trovare affascinanti auto disegnate al buio solo perché tecnicamente sono eccitanti, ma c’è qualcosa nell’estetica della 147 che mi rende orgoglioso del fatto che sia un prodotto nostrano. E, al tempo stesso, che mi fa intristire peggio che nel finale di “Io e Marley” pensando che il suo posto è stato preso dalla Tonale…

Ma bando alla tristezza e alle polemiche da boomer, oggi siamo qua per onorare. Per prima cosa, in ordine di apparizione, la linea di questa vettura, disegnata da Walter Da Silva, ancora attuale e bella. Ma, anche e soprattutto, l’arroganza di fondo che ha sempre reso speciali le Alfone. Già, perché come se non bastasse lo schema sospensivo di gran lunga migliore della categoria, con il mitico "quadrilatero alto” all’anteriore e il MacPherson evoluto dietro, la 147 GTA ha anche un cuore fuori misura, un vero e proprio dinosauro dei tempi che furono. Dei maledettamente analogici ed eccitanti tempi che furono... Svelata al mondo ad Ottobre 2002, ecco la 147 più cattiva di tutte: basti pensare che ogni singolo pannello, ad eccezione di tetto, portiere e baule, sono specifici, allargati e gonfiati per far posto alla meccanica sovradimensionata.

Sotto al cofano anteriore, lucido e teso come un pezzo d’artiglieria, troviamo il 3179 cc V6 24 valvole, uno dei mitici figli della stirpe “Busso” nata negli anni ‘70. 250 a 6200 giri\minuto e 300 NM di coppia. Va bene, roba da compatta sportiva nemmeno troppo spinta nel 2022, ma non è questione di numeri. Una delle cose che la GTA vuole insegnare è che non contano i freddi dati, ma come questi ti fanno sentire mentre li spremi. E sfido qualunque turbo moderno ad eguagliare la croccantezza di questo V6. Un po’ il discorso del “non conta la dimensione ma di come lo si usa”, parlando sempre di motore, ovviamente. Fermo restando che, venti anni fa, 250 cv non erano certo pochi.

Impressioni a ruote ferme

La GTA di Pietro, un vero guru di queste tre letterine (ha anche due 156 GTA, una berlina e una station) si staglia sulla campagna circostante come una mezza apparizione. Ora, di 147 ne abbiamo viste un sacco, considerato che ne hanno prodotte 650.000, e non è raro che il “maranza” di turno modificasse una JTD come una GTA de noantri, ma una vera GTA (5029 pezzi costruiti) ha una presenza scenica unica, inconfondibile. Sono stupito di quanto ascendente abbia su di me: eppure si tratta di una trazione anteriore over 200 cv senza differenziale autobloccante, roba che di solito mi fa andare via indignato. E’ morbida, flessuosa, sexy e nel suo abito nero nasconde un po’ i muscoli, salvo poi svelarli all’improvvisto quando la luce la colpisce leggermente di traverso.

Il frontale è basso e rastremato e il paraurti specifico ha un’aria leggermente imbronciata a causa della forma della presa d’aria inferiore e del lip. Gli indicatori di direzione sono annegati nella parte alta della presa d’aria centrale, una caratteristica che non ricordavo: sono quasi troppo moderni per lo stile vagamente barocco del resto della vettura. Cambio angolazione e la luce mette in risalto, finalmente, i passaruota anteriori: sono stati allargati di una spanna ma nascondono questa muscolarità con una design fluido, quasi biologico. Da qui rivedo le incredibili 156 che correvano nell’ETCC del 1998, lo stesso avantreno gonfio e piantato a terra, la stessa aggressività un po’ retrò, la stessa sensazione di atletismo. Come per i pit bull, dove puoi intuire che è dalle spalle e dal petto che deriva gran parte della loro forza, i passaruota allargati sottolineano allo stesso modo il fulcro attorno al quale gira la magia della GTA, ovvero un grosso motore da tenere a bada.

Bellissimi ed evocativi i cerchi in lega da 17 pollici con il classico disegno “a fori”, che aiutati dall’assetto rivisto di questo esemplare riempiono i passaruota perfettamente. Sono dei cerchi stupefacenti: Pietro pensa che siano i più bei rappresentati di questo stile mai montati su un’Alfa, e io concordo. La fiancata della 147 è ben riuscita anche nelle versione “liscia” ma la palestra fatta dalla versione GTA è ben visibile nella minigonna, sporgente e decisa in stile mascellona di Rambo mentre spara 890 colpi da un caricatore da 100. La vista da dietro, poi, cattura lo sguardo in modo un po’ lascivo.

Il piccolo spoiler sul lunotto è l’unico elemento “timido” del design ma basta far scorrere l’occhio più in basso per ritrovare l’animo deciso di questa creatura. Prima cosa ci si imbatte nel badge “GTA”, che fa bella mostra di sé sul baule, forte del font classico e svolazzante. Il paraurti è gonfio, sporgente, figlio di molte sedute di squat pesante, e solo le tre prese d’aria alleggeriscono la linea monolitica. Da sotto quella di sinistra fuoriescono due terminali di scarico tondi, in questo caso Ragazzon, optional ufficiale Alfa Romeo. Nell’abitacolo l’atmosfera non cambia assolutamente, anzi, se possibile rafforza l’idea di un modello nostalgico, concettualmente a cavallo tra due epoche, tra gli anni ‘70 e 2000.

Prendete i sedili dal poggiatesta integrato: sono spigolosi, profilati e belli da vedere ma non rinunciano al rivestimento in pelle nera e soprattutto alla finitura della parte centrale “a cannelloni”, un grande classico Alfa Romeo degli anni che furono. La pedaliera metallica illumina un abitacolo quasi prettamente dominato da toni scuri. Entro e chiudo la porta, la pelle dei sedili scricchiola sotto il mio peso, fredda e tesa. Il volante a tre razze è stranamente sottile ma è della giusta dimensione ed è bello da vedere, mentre la strumentazione è quanto di più Alfa Romeo ci possa essere, con i due strumenti principali racchiusi in elementi circolari con al centro un piccolo schermo a fondo rosso a bassa risoluzione. Il tondo pomello del cambio a sei rapporti è montato su una bella e sottile asta della giusta lunghezza, quindi inizio a palpare sedili e piantone dello sterzo alla ricerca delle regolazioni per trovare la posizione ideale.

Purtroppo il sedile non scende abbastanza, quindi mi accontento di trovare una discreta posizione delle gambe e una corretta per le braccia. Impugno la chiave, primo scatto, attendo che le spie di controllo motore si spengano, occhiatina per accertarmi che il cambio sia in folle e poi aggiungo il mezzo giro che serve per risvegliare il V6. Il motorino di avviamento gira un pochino a vuoto, ma ho il sospetto che lo faccia solo per far crescere l’attesa, poi il motore torna in vita anticipato da una vibrazione che risale il telaio attraverso la mia colonna vertebrale. Dico “torna in vita” perchè ha un suono così vibrante, irregolare, gorgogliante, da sembrare un ringhio di avvertimento di un grosso cane, di quelli bassi e cupi, che avvisano il malcapitato di non fare un altro passo. La lancetta del contagiri si assesta su un ruvido minimo, premo la frizione, metto la prima. Ci siamo.

Su strada

Devo concentrarmi: ha piovuto fino a qualche ora fa, trasformando lo sporco superficiale di questa bellissima strada in una sorta di infido e sdrucciolevole mix di fanghetto e umidiccio e la temperatura è decisamente bassa. La GTA di Pietro ha le gomme nuove di pacca e vengo avvisato che, probabilmente, sul battistrada c’è ancora lo strato protettivo. Eppure, nonostante tutti questi più che ragionevoli appunti, il mio cervello continua a tirarmi coppini urlandomi: “premi ORA l’acceleratore, SUBITO!”. La GTA sembra studiata apposta per parlare al tuo lato più antisociale, ma i primi momenti di adattamento fanno emergere leggere incongruenze.

Alcuni comandi sono più leggeri di quanto mi aspettassi: lo sterzo, che con quel grosso e pesante motore piazzato proprio sopra l'asse, avrei scommesso essere pesante e sostanzioso, più timone che volante se capite cosa intendo. Invece è leggero e rapido nell’azione, diretto ma poco “precaricato” a livello di resistenza. La frizione e il cambio idem, i rapporti entrano senza sforzo da parte della gamba sinistra e lo stacco è facile e intuitivo, non troppo meccanico. A tutto questo, però, si contrappone con forza il V6. Appena si sfiora il pedale dell’acceleratore, in qualunque rapporto voi siate, lui risponde con un ringhio e una “schiena” impressionante. La 147 GTA pesa 1435 kg (dichiarati) ma il Busso fa dubitare di questo dato: riesce ad imprimere cambi di velocità in modo così noncurante da modificare la percezione di massa. Anche qua non è questione di numeri, ma di sensazioni: ho provato vetture ben più veloci, ma la GTA stimola i processi neuronali giusti, dopando le percezioni con la qualità dei propri input. A questo punto non posso esimermi dal lasciarmi andare: 3°, giù tutto il piede destro. La risposta è immediata, ma ormai me lo aspetto. La lancetta del contagiri si arrampica verso la tacca del “7” e il ruggito pervade l’abitacolo, mentre la velocità aumenta a ritmo costante, stoppata solo dal cambio di rapporto. 4°, tengo ancora giù un po’ il piede, e poi mollo. Ripeto l’esperimento un altro paio di volte, fino a quando vedo Pietro iniziare a muoversi nervosamente a scatti sul proprio sedile. Il V6 è orgogliosamente vecchia scuola, si sente la cilindrata, la forza di base creata dalla pura dimensione dell'esplosione in camera di combustione. La spinta è regolare, costante, e mentirei se dicessi di percepire nettamente il picco di potenza a 6200 giri\minuto.

Ora, so che lamentarsi di un Busso è lesa maestà, me ne scuso in anticipo, ma sono fresco di V6 Nissan (350Z qui trovi la nostra prova completa) e mio malgrado non posso che confrontare le due esperienze. Il Busso spinge con più forza e ha un carattere molto più deciso del propulsore giapponese, ma quando ti aspetti un ulteriore cambio di tonalità, una esplosione di meccanica pura ad alti giri, resti un filo deluso. Il Busso è un generoso, dà tutto subito, sempre: dai 2000 ai 7000 giri\minuto, una sorta di generatore di potenza tarato per essere costante e stabile. Questo può essere considerato una sua grande forza, perché puoi attingere sempre dalla sua riserva di potenza e coppia, senza paura di rimanere mai “appeso”. Però, per i miei gusti, manca una zona “folle” del contagiri, quegli ultimi 1000 giri\minuto di definitiva rottura degli argini del buon senso. Ma d’altronde il V6 Busso, da buon pezzo di storia, ha la cara vecchia fasatura fissa, quindi inutile pretendere chissà cosa. In tutto questo, però, inizio a prenderci un po’ la mano. In molti, ai tempi, criticarono la GTA per il sottosterzo, quindi viste anche le condizioni del manto stradale me la prendo con calma, tenendo bene a mente ciò che so di lei. Ad esempio, nonostante la prontezza e la sicurezza con cui reagisce l’impianto frenante firmato Brembo, che prevede all’anteriore pinze a 4 pompanti con disco da 330 mm, cerco di non caricare troppo l’anteriore con grosse frenate ritardate. La massa critica del V6 si percepisce al primo inserimento in curva: se non si eccede con la velocità di ingresso è una sorta di “perno” attorno al quale far girare la GTA, anche grazie ad un posteriore tra i più fluidi e collaborativi che io abbia mai provato, ma è chiaro che ogni azione di guida che sposti in avanti ulteriore peso vada ponderata e gestita con attenzione.

Non voglio dire che la GTA non sia capace, anzi: resto stupito, in particolare nelle curve più scorrevoli, di quanta aderenza e trazione riesca a generare sfruttando gli pneumatici da 225 mm di sezione fino all’ultima tacca di battistrada. Su questo percorso ci sono un paio di chicane veloci che amo profondamente. Sono quasi tutte a vista ma variano il proprio raggio di curvatura e anche l’inclinazione del manto stradale, un vero test per comandi, scorrevolezza e aderenza. Con un po’ di “mestiere”, in breve tempo, riesco ad affrontarle con un ritmo arrembante, tanto che Pietro comincia (di nuovo, scusa…) a muoversi tarantolato accanto a me. Posso comunque capire il perchè ai tempi fu criticata: se la si guida senza rispettare le sue caratteristiche tecniche, beh, si viene puniti subito. Se portate troppa velocità in curva e l’aderenza si stempera velocemente, diventando una leggera scivolata all'avantreno, ma sarà quando chiamerete la potenza in uscita che questo leggero sovraccarico diventerà una scivolata vera e propria. Comunque, il limite è così netto che capite al volo come comportarvi: oltre un certo momento la fisica pretende il proprio rispetto e trasforma il peso dell’avantreno in forza centrifuga. E’ chiaro come il sole che nella GTA c’è uno sbilanciamento e che la trazione anteriore non può fare miracoli per quanto sviluppata ad hoc, anche aiutata dal controllo della trazione e della stabilità. E’ quasi naturale, quindi, tararsi su uno stile di guida più fluido. Freno forte a ruote dritte e uso l’ultimissima parte di frenata, delicatamente, per aiutare l’inserimento. Aspetto un attimo che l'avantreno si assesti e poi sfrutto a fondo il V6 per uscire dalle curve. Si sente la mancanza di un differenziale autobloccante, ovviamente, ma il limite di trazione non è poi così basso. Quando faccio tutto per bene posso sentire l’avantreno piazzato, “bloccato”, in attesa di ricevere potenza. Quando invece porto “dentro” troppa velocità la ruota esterna è troppo compressa e quella interna è già al limite dell’aderenza, e in uscita quindi il V6 non ci mette molto a farle alzare bandiera bianca. E’ un limite tecnico, chiaro: va fatta scorrere e richiede mano esperta, ma ripaga con la soddisfazione di averla fatta lavorare vicina al suo limite.

Lo sterzo riesce ad essere adorabile e leggermente fastidioso nello stesso momento: ora che la velocità è aumentata mi piace tantissimo la scatola di sterzo diretta e reattiva anche ai piccoli angoli, ma con un po’ di resistenza in più penso potrebbe essere fenomenale sul serio. C’è una veloce curva con due punti di corda ben distinti: entro con poco sterzo, freni ancora leggermente premuti, lascio scorrere, riapro il gas, il V6 nei carichi parziali è davvero efficace, ma subito dopo devo aggiungere un po’ di sterzo e alleggerire l’acceleratore per aiutare l’avantreno a stringere la seconda traiettoria, ma la forza necessaria per l’aggiunta di sterzo, a causa della leggerezza del comando, va centellinata, ragionata. Il peso dello sterzo stona proprio con il resto dell’auto, con il modo “di forza” con cui va fatto tutto il resto: la risposta del gas, il bide dei freni, la sensazione di “presenza” in curva quando la si fa aderire a dovere. In questi frangenti, comunque, le sospensioni della 147 funzionano benissimo, con il posteriore che ruota leggermente e le ruote anteriori inchiodate all’asfalto. La GTA continua a dispensare epicità: c’è un momento, tra i 3500 e i 5000 giri minuto, in cui ogni ritorno sull’acceleratore provoca una risonanza da brividi e una spinta in avanti ben superiore a quella che i freddi numeri suggeriscono. Però sedetevi: arriva il secondo atto di lesa maestà al Busso, perdonatemi, se potete. Il suono del V6 è meraviglioso, musicale e così struggente che, a fine test, sentire andare via la GTA non può che creare una fitta di nostalgia, ma da dentro l’abitacolo non si gode della stessa qualità sonora di cui possono godere i passanti. E’ come ascoltare una bellissima canzone da dietro una finestra chiusa: alcune frequenze vengono eliminate, il volume è più basso e i diversi suoni si mescolano coprendosi a vicenda, invece che restare distinti e netti come sarebbero senza filtri. E’ un peccato enorme.

C’è da dirlo, se apprezzate le vetture da maltrattare a piacimento, sempre dalla vostra parte, la GTA non fa per voi. Chiede, anzi pretende, uno stile di guida così preciso che obbligatoriamente, se vuoi godertela, finisci per adattarti tu non lei. Ad esempio, quasi inconsciamente, evito le zone del tracciato con l'asfalto più rovinato: un po’ per rispetto verso la delicata geometria dell’anteriore, un po’ per paura di toccare l’asfalto (è bassissima!) e un po’ perché buche e rughe fanno perdere immediatamente scorrevolezza all'avantreno, facendo emergere prepotentemente la disposizione dei pesi sbilanciata verso l’avantreno. Per questo rallento nei tratti più rovinati e lancio la GTA nelle chicane più veloci, dove mi concentro per guidare come più le piace. Così facendo, la 147 torna a brillare immediatamente, ricominciando a sedurmi all’istante. Ma è ora di restituire la GTA a Pietro.

Considerazioni finali

La 147 GTA è una vera ammaliatrice. Ha la capacità di titillare tutti i sensi fino a che non sorridi senza motivo, leggermente sovraeccitato. Prima gli occhi, poi l’udito e infine il tatto, si viene immersi completamente dentro il mondo GTA. Se la immagino come una donna la vedo affascinante, formosa, bruna e sexy, con gli occhi maliziosi e il portamento sicuro di chi sa di avere la capacità di entrare in qualunque stanza e stoppare all’istante le conversazioni. Non so bene il perché, la immagino anche con l’accento emiliano, che fa molto commedia sexy anni ‘80.

Detto questo è ovvio che abbia dei limiti tecnici, per nulla nascosti o irraggiungibili. La GTA è una trazione anteriore mossa da un grosso 3,2 lt. V6 senza autobloccante: come la immaginate, lei è. Ha comunque talento e ce la mette tutta, chiedendo al contempo al guidatore di fare la propria parte, in quanto elemento fondamentale per la corretta dinamica. Richiede un buon lavoro di squadra e forse è anche il motivo per cui sa regalare soddisfazione, come quella di un lavoro ben fatto, o di un premio dopo aver faticato. Non è questione di velocità, è chiaro, ma di come il viaggio assieme crei momenti di guida da ricordare. Ma ricordate: se volete godervela dovete mantenerla nei suoi limiti, obbligatoriamente. Punto, inutile forzarla a fare cose che non può fare.

Se pensate che in Alfa Romeo non conoscessero i limiti della propria creatura vi sbagliate, di grosso. La GTA “EVO” è pronta ma non fu mai presentata, nel pieno filone delle occasioni speciali perse dal Gruppo Fiat.

Nelle segrete di “Arese”, infatti, è presente una 156 GTA Q4. Oltre che una 147 Q4.

Bastardi.

Pietro, grazie. Avere “Mister GTA” a disposizione è un orgoglio per Ruggine Magazine. A presto!

Ti è piaciuto l'articolo?

Supportaci cliccando sul pulsante qua sotto!

Ruggine Magazine è gratis. Se ti piace quello che facciamo e vuoi aiutarci a migliorare, puoi farlo cliccando sul pulsante.