QUE JE T’AIME...FORD MUSTANG

Immaginate il Rally più famoso del mondo dove piloti cazzutissimi che si battono per la vittoria si mischiano a celebrità del mondo dello spettacolo presenti soltanto per un po’ di sana adrenalina. Il palcoscenico perfetto dove si esibiscono in contemporanea una rockstar e Sandro Munari al suo debutto mondiale. Al tutto aggiungete giudici di gara che ci mettono del loro e la miscela perfetta è pronta ad esplodere.

Vi racconto la storia del Rally di Montecarlo più pazzo di sempre.

19 febbraio 2021| scritto e pensato dalla mente malata di Baffo | editato e corretto dal pensiero distorto di Gabry

Gli anni ‘60 sono stati un decennio pazzesco per il mondo sotto tutti i punti di vista. Culturale, tecnologico ed al centro i motori. Basti pensare alla cultura “Hippie” motorizzata da Maggioloni Volkswagen, Renault 4 e Citroen 2 cavalli! Oppure il programma lunare e tutti i lanci culminati nel 1969 con lo sbarco sulla luna. E la musica la lasciamo da parte? Certo che no. Infatti nel 1969 si svolse il concerto rock più famoso di sempre: Woodstock. Chissà che profumi esotici si potevano sentire in quella radura! Poi era tutto più bello, le donne avevano gonne più corte ed erano tutti un po’ più “rilassati” grazie alle erbe biologiche. Almeno così mi hanno raccontato, io ancora non c'ero.

Ad ogni modo, sono stati anni matti, dove tutto si intrecciava e tutto faceva scalpore. Come nel 1964 quando la Mini si aggiudica a sorpresa il Rally Montecarlo (per saperne di più cliccate qui). Già, ma cosa successe negli anni successivi? Ve lo racconto.

Partiamo dal 1965, ci troviamo sempre nel principato di Monaco e la Mini vuole la riconferma nel rally che l’ha resa celebre. Quest’anno però, sulle strade del Principato si affacciano nuovi concorrenti e non americani ma bensì europei: Porsche e Lancia. Eh già, perchè a questo appuntamento del campionato vengono presentati due modelli estremamente importanti per entrambi i marchi, la 911 S (che vinse a Montecarlo nel 1970) e la Fulvia 1600 HF (che vinse a Montecarlo nel 1972). Ad ogni modo, le piccole vetture inglesi non sembrano accorgersi dei nuovi concorrenti in gara e continuano a vincere. E la Ford Falcon che fine ha fatto? Semplicemente sparita, perché tutte le risorse aziendali vennero impiegate in altri progetti. Precisamente nello sviluppo delle GT40 con il chiaro obiettivo di battere Ferrari sul circuito più prestigioso: Le Mans nell’edizione del 1966.

Come raccontato nel film del 2019, “La Grande Sfida” la Ford porta a casa un risultato che rimarrà nella storia dello sport automobilistico con l’arrivo in parata delle 3 vetture partecipanti.

Non tutti ricordano, però, che Ferrari rispose allo smacco di Le Mans nella gara successiva sul circuito di Sebring con l’arrivo in parata delle tre vetture rosse. Enzo, in fondo, aveva l’anima da ragazzino, ma questa è un'altra storia.

Torniamo in terra francese con la Mini sempre costantemente davanti a tutti con ben 3 vetture, tanto che gli inglesi riservarono un intero pub per festeggiare con fiumi di birra.

Ma i festeggiamenti qua in Francia si fanno con lo champagne. Tutte le auto vennero squalificate perché i fari non erano conformi alla versione stradale. La vittoria andò a Toivonen sulla DS21 davanti a due equipaggi Lancia, ma credo che il premio sia ancora da ritirare. In ogni caso, gli Inglesi la presero bene, probabilmente perché già completamente ubriachi nonostante la mancata tripletta.

Il male
Il bene

L’edizione del '66 si chiuse tra mille polemiche, con un'auto francese che vince in terra francese (strana coincidenza), mais c’est la vie.

Arriviamo così al 1967, anno della rivincita per la Mini (grazie ad Aaltonen Rauno) che, con i fanali giusti, vince la 35° Edizione davanti alla Lancia Fulvia 1600 HF (Ove Andersson) alla Porsche 911S (Vic Elfrod) ed, ai piedi del podio, le Fulvia di Leo Cella e Sandro Munari (la sua prima apparizione in campo internazionale).

A tal proposito, vorrei raccontarvi brevemente un curioso episodio capitato proprio a Munari, che lo allontanò quasi in modo definitivo dal palcoscenico dei Rally. Lo rivela Flavia Pretolani (moglie di Munari) in una intervista di qualche tempo fa. Siamo nel 1966 e Sandro sta correndo una gara in salita, la Pontedecimo-Giovi, sotto un diluvio universale. L’arca di Noe era già pronta per salpare, mancava solo la Flavia 1800 Zagato, che stava affrontando l’ultima curva prima del traguardo, ma qualcosa non va. L’auto si trova davanti un fiume e va in aquaplaning, Sandro non frena e la lascia andare in testacoda, tagliando il traguardo in derapata (vincendo la gara)..

L’inerzia della macchina però continua inesorabile e sta per finire rovinosamente addosso al tavolo dei cronometristi. Sandro se ne accorge e, per evitare il peggio, controlla la sbandata che si trasforma quasi in retromarcia, l'auto urta violentemente il muro di una casa e arresta la sua corsa.

La povera Flavia va distrutta ma nessuno resta ferito, solo qualche controllo in ospedale pro forma. Questo incredibile episodio però, segna in modo profondo il povero Munari, che decide di attaccare i guanti al chiodo a titolo definitivo. Ha rischiato di uccidere, questo pensiero lo terrorizza e questo mal si sposa con lo spirito del pilota.

Un pilota sa che gioca con la sua vita e lo accetta, ma non accetta di giocare con quella degli appassionati.

Sandro Munari torna a Cavarzere nella sua casa, intenzionato a rimanerci. Ma l’allora Direttore Sportivo (Cesare Fiorio), non è dello stesso avviso. Così si presenta una sera a casa sua ed i due parlano per 48 ore consecutive in giro per le campagne circostanti a bordo di un trattore (magari un Lamborghini). Dopo 2 giorni di chiacchiere, Fiorio riesce miracolosamente a far cambiare idea al pilota. E meno male, aggiungo io!

Le nuove rivali

Torniamo al 1967. Il Rally sapete già come finì, ma la nostra storia si occupa di quello che succede nelle retrovie.

Partiamo dalla Ford che ha appena presentato al mondo la seconda serie della Ford Mustang, la prima con motore Big Block (6.4 litri di cilindrata per 320 cavalli). Dopo Le Mans, gli americani si sentono padroni del mondo. Hanno appena battuto Ferrari e quale modo migliore di lanciare un nuovo modello sportivo se non con una gara internazionale? Alla guida mettono il Direttore del reparto corse francese Henry Chemin (ve lo dicevo che la gente era molto più rilassata) e come navigatore un certo Jonny Hallyday (ma chi il cantante rock? Esatto, proprio lui!). L’auto ha il numero 105 sulle fiancate ed è iscritta ufficialmente da Ford France (gli equipaggi quell’anno furono 221).

Le nuove rivali

La curiosità è che dopo di loro partiva un equipaggio assortito in modo strano. C'erano due perfetti sconosciuti a bordo di una DS21 (la tanto odiata, ora possiamo dirlo) ed erano niente popò di meno che le guardie del corpo del cantante (incredibile ma vero).Come mai? Beh, la questione non è così semplice, mi spiego meglio. In quegli anni Jonny Hallyday (al secolo Jean-Philippe Smet) si era da poco sposato con Silvye Vartan, celebre cantante/soubrette francese di origine bulgara all’apice della sua notorietà. Ora, il percorso di Ford per giungere al rally di Montecarlo prevede il passaggio in auto per città come Amsterdam, Bruxelles e Liegi. In ogni singola città attraversata dall'equipaggio è un bagno di folla. La scelta non sembra una genialità assoluta, tanto che, in una delle città straniere attraversate dall'equipaggio, nella confusione della folla vengono rubate le placche con il numero di gara ed i fendinebbia alla povera Mustang. I due gorilla, costretti ad entrare in azione, allontanano la folla e permettono a Johnny di fuggire a bordo della vettura di un altro concorrente. In Francia la cosa non va meglio, tanto che a Poitiers la rockstar è obbligata a rifugiarsi nella concessionaria Ford locale per liberarsi dai fan. Persino alla partenza della seconda tappa Johnny salta in macchina di corsa all’ultimo secondo per sfuggire dalla calca dei fan. Alla fine della tappa la Mustang rompe il ponte posteriore, ma tranquilli, Chemin chiama Parigi e nella stessa notte si fa portare il ricambio a Riez. Il giorno successivo è già pronta l’assistenza al team. L’auto arriva al traguardo sui cerchi con gli pneumatici completamente scoppiati. I meccanici si danno da fare ed in venti minuti rimettono a posto la macchina per poter proseguire la gara (in fondo è sempre l’auto del capo). A Chambery però, i soliti giudici si rendono nuovamente protagonisti, esattamente come l’anno prima, squalificando l’equipaggio perché uno degli pneumatici non era in regola. Qualcosa mi dice che qualcuno perse il lavoro quel giorno (dai oh, l’auto del capo). Jonny probabilmente dava le indicazioni di guida al pilota cantando, magari accompagnando con una chitarra.

No non credo, perché gliele hanno suonate eh!

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